Come sta cambiando
la sanità in provincia

Un approfondimento in vista del Consiglio Comunale aperto. I possibili effetti della spending-review

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Ricci Marcodi Marco Ricci

Domani (martedì) alle ore 15.30 nella sala biblioteca dell’Ospedale il presidente del Consiglio Comunale di Macerata Romano Mari, su richiesta delle cinque Liste Civiche, ha indetto un Consiglio Comunale aperto per discutere con gli operatori, le associazioni e i cittadini i possibili effetti dovuti alla riorganizzazione sanitaria che si renderà necessaria per l’entrata in vigore del decreto Balduzzi (spending-review) che impone alla Regione Marche una riduzione di spesa di oltre 120 milioni di euro. La cifra di per sé è notevolissima e va ad aggiungersi a tutta un’altra quantità di tagli a cui la Regione ha dovuto soddisfare negli ultimi anni e che arrivano ad un totale di più di 500 milioni. Considerando l’importanza, l’urgenza ma anche la complessità del tema, Cronache Maceratesi ha pensato di offrire ai cittadini una piccola e sicuramente incompleta panoramica sull’organizzazione sanitaria regionale e provinciale, spunti che vorremmo fossero utili ai lettori per comprendere un po’ meglio ciò che sta accadendo. Rispondiamo oltretutto volentieri all’appello lanciato dal Consiglio Comunale di Macerata ai mezzi di informazione per tenere alta l’attenzione su una vicenda così importante per l’intera provincia.

Bisogna premettere una questione. Parlare di sanità è difficile. In primo luogo perché bisognerebbe domandarsi che cosa sia in realtà la sanità e che cosa debba offrire la sanità pubblica. Può sembrare un paradosso gratuito ma non lo è. Ciascuno di noi, per età, patologie, residenza, ha un differente concetto di sanità a seconda dei propri bisogni. E così per sanità andiamo ad intendere spesso servizi completamente diversi tra loro. Per un malato cronico la sanità è principalmente un’assistenza più o meno continua, per un infartuato la necessità di raggiungere nel più breve tempo possibile una Unità di Terapia Intensiva Coronarica. Per una partoriente è la richiesta di far nascere il bambino o la bambina in sicurezza, per chi è sottoposto ad un intervento chirurgico complesso la presenza nella struttura di reparti di rianimazione. E, banalmente, per chi ha la febbre è un medico che ti sappia dire cosa hai. L’optimum sarebbe ovviamente avere tutto dappertutto. Ma questo è evidentemente impossibile anche nel migliore dei mondi possibili in cui, ahimè, non viviamo. La sanità, oltretutto, dovrebbe (magari!) obbedire ai tre principi fondamentali dell’amministrazione: efficienza, efficacia, economicità. La questione “sanità” verte dunque non solo nell’individuare le priorità, le necessità e i bisogni di un territorio per stabilire che cosa essa debba offrire, ma anche e sopratutto su come organizzarla. Perché in nessun altro ambito pubblico l’organizzazione è così vitale per il raggiungimento di quelle tre paroline magiche che sono appunto efficienza, efficacia ed economicità. Economicità che ovviamente di questi tempi significa tagli.

In principio erano le USL, 13 aziende con personalità giuridica distribuite uniformemente sul territorio regionale. Nel 2003, a seguito della riforma costituzionale e dell’introduzione di una nuova legislazione nazionale, la Regione Marche vara una prima grande riforma del sistema sanitario regionale. Nella nuova organizzazione scompaiono le vecchie USL e compaiono tre soggetti dotati di personalità giuridica e amministrativa: l’Azienda Ospedali Riuniti di Ancona, l’Azienda Ospedaliera di Pesaro e la ASUR, ovvero l’azienda Sanitaria Unica Regionale. Il territorio della ASUR (sostanzialmente tutta la Regione tranne Ancona e Pesaro) viene suddiviso in 13 Zone Territoriali con propria autonomia gestionale: Civitanova e la costa sono la numero 8, Macerata e il centro della provincia la 9, Camerino e l’entroterra la 10. All’interno di ogni Zona Territoriale si trovano i singoli distretti e presidi Ospedalieri, in una sorta di gioco delle scatole cinesi. E’ facile capire come questa prima complessa riforma abbia creato un sistema suddiviso in realtà troppo piccole e difficilmente coordinabili, un sistema poco idoneo ad evitare duplicazione nell’erogazione dei servizi. Dunque poca ottimizzazione della spesa e frammentazione del servizio. Notiamo a margine che questa prima riforma pone Macerata già in secondo piano rispetto ad Ancona e Pesaro. Se Macerata rientra infatti in una delle tante Zone Territoriali in cui la ASUR è divisa, sia Ancona che Pesaro hanno invece una propria Azienda Ospedaliera autonoma.

Nel 2010 la Regione vara le prime corpose modifiche a quanto stabilito nel 2003. Viene infatti introdotto un ulteriore livello organizzativo, le Aree Vaste, che andranno a costituire le entità di riferimento per l’ottimizzazione dei servizi, la programmazione integrata e il coordinamento tra zone territoriali confinanti. Ciascuna area vasta corrisponde grosso modo a una provincia. La riforma accentra inoltre nella Giunta (e dunque nella Regione) più funzioni di quante ne avesse in precedenza, creando all’interno della regione un Dipartimento per la Salute e i Servizi Sociali. Buon ultimo la legge trasforma sempre in Ancona l’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico per anziani (INRCA), istituto anch’esso dotato di personalità giuridica e amministrativa.

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La complessità organizzativa del sistema è però evidente perché, anche in presenza delle aree vaste, molte funzioni rimangono alle piccole Zone Territoriali. Nel 2011, arriva quindi una successiva modifica. Scompare il livello organizzativo intermedio delle Zone Territoriali e il sistema si semplifica. Oltre al primo livello che è la ASUR, rimangono le cinque Aree Vaste Territoriali (più o meno le province) che a loro volta contengono i distretti e i presidi ospedalieri. Le Aree Vaste diventano dunque il principale livello su cui viene organizzato ed erogato il servizio sanitario regionale. E’ per questo che oggi se un servizio non lo eroga Macerata magari viene erogato da San Severino e Civitanova. Mutuando dai musei, siamo alla sanità diffusa.

Le riforme organizzative di cui abbiamo parlato non mettono però ancora seriamente mano a quelli che sono i punti di criticità della sanità regionale né tengono conto della serie di tagli effettuati dai governi centrali e che dal 2011, manovra dopo manovra, impongono alle regioni una forte diminuzione della spesa. Diminuzione che per le Marche arriva ad essere di circa quattrocento milioni di euro su una spesa complessiva di circa 2,9 miliardi a cui, come vedremo, si aggiungeranno con la spending-review altri 100 milioni di euro di tagli. Per un ragionamento sereno, bisogna partire proprio da questi due fattori. La presenza ancora oggi nel territorio regionale di 33 ospedali con una media di 166 posti letto (contro una media nazionale di 315) che fanno delle Marche la penultima regione in classifica e la forte diminuzione di risorse. Questa situazione spinge dunque la Regione a una nuova profonda riorganizzazione del servizio sul territorio, riorganizzazione ancora in corso che avviene con il varo del Piano Sanitario Regionale per gli anni 2012-2014 e che va effettivamente ad incidere sui territori, sulla spesa e sul personale. Sul piano va subito fatta una promessa. Ridurlo ad una mannaia è sbagliato. Se ne possono contestare alcune scelte di fondo ma è innegabile che al suo interno siano presenti eccellenti criteri di riduzione degli sprechi, valutazioni mirate delle singole strutture, centralizzazioni di funzioni amministrative, risparmi sull’acquisto di farmaci, sull’organizzazione amministrativa, sull’accreditamento delle strutture private, nonché attenti monitoraggi della spesa e dell’efficienza delle singole strutture. Come è innegabile che il piano tenti di individuare e rispondere alle cambiate esigenze della popolazione e all’ovvia evidenza che la medicina di oggi non è più quella degli anni settanta sia per attrezzature necessarie che per complessità e per prestazioni erogate. Sfogliandolo verrebbe quasi da dire che i tagli alle volte fanno miracoli. Proviamo comunque a descrivere, senza la minima presunzione di completezza, i dettagli del piano che sta già trasformando la sanità regionale e su cui andrà ad incidere, non sappiamo nel dettaglio ancora come, il decreto Balduzzi.

Il piano 2012-2014 individua tre diversi livelli di servizio: i servizi di Alta Specialità e Complessità che vengono dirottati quasi esclusivamente su Ancona e Pesaro (trapianti, cardiochirurgia, etc.); i servizi di media specialità (ad esempio chirurgia generale e medicina) erogati da ospedali come quello di Macerata; infine le prestazioni alla famiglia e alla cronicità che fanno capo all’INRCA di Ancona. L’idea di fondo è quella di avere sul territorio regionale e all’interno delle singole Aree Vaste pochi punti (più efficienti e sicuri) per il trattamento delle acuzie e al contempo un maggior numero di strutture in grado di offrire continuità assistenziale alle famiglie accrescendo, per sopperire all’invecchiamento della popolazione, il numero di posti letto di lungodegenza.Il piano prevede inoltre di raggiungere un rapporto posti letto/abitanti di 3,9 per mille per le acuzie (il decreto Balduzzi lo porterà a 3,7) e di 0,7 per mille per la lungodegenza, con un taglio nel primo caso e un incremento nel secondo. Per ottenere questa riorganizzazione è già in atto una forte riconversione delle strutture (non si può quasi in nessun caso parlare di vera e propria chiusura) e una ristrutturazione dei servizi di medicina d’urgenza (pronto soccorso, punti di primo intervento, disponibilità di mezzi e personale del 118, continuità assistenziale h24), nonché la chiusura di quei reparti sottoutilizzati con lo spostamento all’interno della stessa area vasta del personale verso i medesimi reparti più utilizzati.

Ma cosa succede in pratica sulla regione e sulla Provincia di Macerata in base al piano 2012-2014? Con uno sguardo a volo d’uccello sulla regione si nota subito un rafforzamento del nord e del sud delle Marche con l’introduzione dell’Azienda Marche Nord (Pesaro) e Marche sud (Ascoli); un rafforzamento del ruolo di Ancona con la prevista costruzione di un nuovo centro per l’INRCA tra Ancona ed Osimo; infine un rafforzamento di Fermo con la costruzione di un nuovo ospedale. In questo scenario è indubitabile che Macerata non sfonda, in particolare se notiamo il ruolo baricentrico che va ad assumere Fabriano nei confronti di Camerino e San Severino. Oltretutto, a fronte della riconversione di vecchie strutture presenti in provincia, non c’è un chiaro rafforzamento dell’Ospedale di Macerata dove gli interventi del piano di riordino appaiono piuttosto esigui.E’ un po’ come se la nostra provincia scivolasse una parte verso Fermo, una parte verso Ancona e un’altra parte verso Fabriano. Non è detto però, lasciando da parte i campanilismi, che questo sia di per sé un male per i cittadini che vivono a San Severino piuttosto che a Cingoli o a Corridonia. O che il nuovo piano strategico peggiori le prestazioni erogate ai maceratesi “periferici” che possono raggiungere non solo l’Ospedale di Macerata ma anche altri centri di qualità di Aree Vaste confinanti. Ma lo scenario, da un punto di vista generale, è difficilmente contestabile.

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Dalla Regione addentriamoci nella nostra Provincia per capire più in dettaglio cosa accade. Prima della riorganizzazione l’Area Vasta 3 poteva contare su 1287 posti letto, di cui 248 per lungodegenza, suddivisi in 8 strutture ospedaliere pubbliche e 3 strutture private accreditate. L’entrata in vigore del piano va a diminuire i posti letto per acuti di 187 unità (arrivando a 852), aumentando però nel contempo il numero dei posti di lungodegenza/riabilitazione e di medicina post-acuzie portandoli a 384, con un aumento netto di 136 posti (nella tabella i dettagli per singola struttura) Gli otto ospedali vengono poi da un punto di vista amministrativo raggruppati in un unico presidio ospedaliero fatto di 8 strutture pubbliche e 3 private, con consistenti risparmi di spesa. Il piano prevede anche, tra le altre cose, la riconversione di alcune strutture sul modello di quanto già accaduto per l’ospedale di Treia, trasformatosi in Casa della Salute e dove oggi trovano posto il centro di riabilitazione e quello di lungodegenza. Vengono soppresse 3 Unità Operative Complesse, quelle di Medicina a Tolentino e Recanati e quella di Chirurgia a San Severino. Va inoltre segnalato che l’organizzazione del 118 verrà potenziata. Vediamo ora la situazione per i singoli presidi, tralasciando quello di Treia in cui la ristrutturazione e già grosso modo completata.

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Tolentino: la struttura è già interessata dal processo riorganizzativo con il potenziamento della Chirurgia odontoiatrica e protesica, del day hospital oncologico, dell’ambulatorio dermatologico chirurgico e dell’attività chirurgica di terapia del dolore. Presto verranno dati nuovi locali alla diabetologia e al servizio di dialisi. L’unità di medicina verrà trasformata in riabilitazione cardiologica e medicina post-acuzie. La chirurgia in day-surgery viene potenziata a scapito di Macerata, lasciando a Macerata gli interventi più complessi che venivano effettuati a Tolentino.

Recanati: l’attività di totale trasformazione è partita con la chiusura del punto nascite. I posti letto di medicina verranno trasformati in posti letto di lungodegenza e di medicina post-acuzie, consentendo però le funzioni di ricovero diretto per alcune patologie selezionate. Verrà ristrutturato il centro di dialisi e i poliambulatori esterni verranno ricondotti all’interno della struttura. Nel punto di primo intervento stazionerà un ambulanza con medico del 118 che, in caso di chiamata, verrà sostituito dal personale della struttura. Viene istituita la guardia interna h24.

San Severino: mantiene i posti letto per acuti nelle funzioni di Medicina, Oculistica, Oncologia, Pediatria, Ginecologia/Ostetricia e Chirurgia, trasformata però da attività ordinaria in week-surgery. Il Pronto Soccorso non può essere mantenuto in quanto la struttura non possiede unità di rianimazione e UTIC. Il Pronto Soccorso verrà trasformato in punto di primo soccorso come nei casi di Recanati e Tolentino.

Camerino: la struttura è provvista di un dipartimento di emergenza/urgenza con Pronto Soccorso, Rianimazione, UTIC, medicina e chirurgia. Verranno aumentati i posti letto di chirurgia e si prevede di attivare la chirurgia protesica.

Matelica: il piano prevede il raddoppio dei posti letto di lungodegenza e si configura una struttura ad alta complessità come quella di Treia.

Civitanova: assieme a Macerata e Camerino l’ospedale è dotato di Pronto-soccorso, UTIC e rianimazione ed è riconosciuto come servizio di eccellenza per allergologia. E’ previsto un aumento di 11 posti letto tra chirurgia e emergenza/urgenza. Il piano, oltre a mantenere i servizi esistenti, intende rafforzare il day hospital oncologico e la crescita di ematologia.

Macerata: l’ospedale racchiude molte delle funzioni specialistiche complesse dell’Area Vasta 3 e non è prevista una variazione significativa dei posti letto. Verranno aumentati quelli di lungodegenza e al sesto piano verranno creati nuovi spazi per oculistica. Sono previsti lavori di ristrutturazione del centro cardiologico e del pronto-soccorso, nonché l’apertura di una seconda sala di emodinamica.

E’ dunque da qui che più o meno partiamo. Ed è in questo che si andranno a inserire gli effetti del decreto Balduzzi di cui si discuterà martedì al Consiglio Comunale aperto e che obbligano la Regione a procedere in maniera più serrata alla riconversione di strutture ospedaliere, al taglio di Unità Operative Complesse, alla diminuzione di posti letto e spingendo ancora di più verso la trasformazione di posti letto per acuzie in posti letto di lungodegenza. Il decreto impone poi ulteriori riduzioni di spesa per il personale, per i dirigenti, per i farmaci ospedalieri e per quelli forniti dal sistema sanitario regionale sul territorio. La Regione, nelle sue linee guida, interverrà in modi diversi. Ad esempio con centralizzazione degli acquisti e con una maggiore economia di scala, l’aumento del day hospital e dell’assistenza domiciliare. Il personale invece dovrebbe essere recuperato con l’accorpamento di unità e spostando il personale verso i reparti più utilizzati (con la chiusura di quelli meno utilizzati) nel tentativo di evitare disservizi ai cittadini, nonché con il non rinnovare i contratti a tempo determinato e con il blocco del turn-over. Nel dettaglio il decreto Balduzzi, che indica inoltre tutta una serie di criteri stringenti da rispettare pena il commissariamento, apporterà alla sanità marchigiana ulteriori tagli di 23, 47 e 53 milioni di euro rispettivamente per gli anni 2012, 2013 e 2014, una contrazione di circa 310 posti letto nonché l’obbligo di riduzione di 18 Unità Operative Complesse e di almeno una struttura per Area Vasta.

Un quadro da ridisegnare, appunto. In una Regione che almeno fino ad oggi è considerata tra le regioni virtuose e che aveva appena messo in moto, tra molte resistenze, un complesso e corposo piano di riorganizzazione. I dettagli delle azioni che verranno intraprese ancora non si conoscono e forse non sono stati neppure definiti. Molti di questi dettagli, probabilmente, saranno vincolati dagli stringenti parametri della spendig review e ci si potrà poco girare intorno. Probabilmente anche sul fronte del personale, visto che il criterio da rispettare consiste nell’avere lo stesso numero di dipendenti del 2004 diminuito di un 3,5 per cento. Sicuramente ci saranno da prendere altre decisioni difficili ed è bene che la Politica (ho usato la P maiuscola) intervenga nella riorganizzazione della nostra Area Vasta non con inutili grida campanilistiche ma tenendo conto delle reali necessità delle nostre comunità in un momento storico in cui, vuoi o non vuoi, le risorse sono quelle che sono e devono essere utilizzate al meglio. La salute è troppo importante e la sua organizzazione troppo complessa per basarsi sulla logica del chi urla di più e del volere tutto sotto casa se vogliamo una sanità che non sia (come spesso è anche dalle nostre parti) fatta di liste di attesa infinite e di reparti vecchi di cinquant’anni. Ma è chiaro che oltre ai tagli ci vorranno misure di compensazione: un secondo elicottero di soccorso, una pista di atterraggio nell’Ospedale di Macerata, un miglioramento dei servizi di trasporto in particolare per gli anziani e chissà quante altre misure per ridurre l’impatto della nuova organizzazione e non penalizzare i cittadini, in particolare le fasce più deboli. E ci vorranno sopratutto responsabilità, competenza e, perché no, magari anche un po’ di fiducia nei decisori se sapranno ascoltare i bisogni, le peculiarità e le voci della provincia.

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