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«Ergastolo ad Enea? Più un giudizio morale
che un reale accertamento dei fatti.
All’ora del delitto non era in casa»

OMICIDIO DI MONTECASSIANO - Gli avvocati del 22enne condannato all'ergastolo per l'uccisione della nonna Rosina Carsetti hanno presentato appello contestando diversi punti della sentenza di primo grado. In primis l'orario della morte della 78enne e la mancanza di tracce di dna del giovane sul corpo della vittima. Anche la procura ha impugnato le conclusioni della Corte d'assise, specie per quanto riguarda l'assoluzione dall'accusa di omicidio di Arianna Orazi

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Enea Simonetti e Arianna Orazi il giorno della sentenza di primo grado in tribunale a Macerata

di Giovanni De Franceschi

«C’è tutta una serie di elementi che depongono per l’assenza di Enea al momento dell’omicidio. Così come ce ne sono molti altri che rendono compatibile l’omicidio con la dinamica descritta proprio da Enea nel processo». Sono le parole degli avvocati Andrea Netti e Valentina Romagnoli, che hanno presentato appello per Enea Simonetti, il 22enne condannato dalla Corte d’assise di Macerata all’ergastolo per l’omicidio della nonna Rosina Carsetti, uccisa a 78 anni nella sua casa di Montecassiano il 24 dicembre 2020.

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Enea Simonetti

Nel processo di primo grado erano imputati anche la mamma di Enea e figlia di Rosina, Arianna Orazi (difesa dall’avvocato Olindo Dionisi), e il marito della vittima Enrico Orazi (difeso dall’avvocato Barbara Vecchioli). La procura aveva chiesto la condanna per tutti e tre all’ergastolo: per il sostituto Vincenzo Carusi, che quella notte del 24 raggiunse la villetta per accertare cosa fosse accaduto, a uccidere materialmente Rosina era stato il nipote, mentre la madre aveva organizzato. Secondo il magistrato si è trattato di una degenerazione dei maltrattamenti che venivano inflitti all’anziana. Oltre all’omicidio erano imputati a vario titolo anche di maltrattamenti, rapina, estorsione, furto e simulazione di reato. I giudici hanno deciso di condannare solo il ragazzo per l’omicidio, escludendo l’aggravante della premeditazione. Ariana ed Enrico, invece, erano stati condannati entrambi a due anni solo per simulazione di reato, perché in un primo momento avevano parlato e cercato di dimostrare che in casa fosse entrato un ladro, che li aveva sequestrati dopo aver ucciso Rosina.

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Il pm Vincenzo Carusi

Ora i legali di Enea hanno impugnato la sentenza di primo grado, perché a loro avviso non sarebbe stato il giovane ad uccidere la nonna. Anche la procura ha impugnato la sentenza di primo grado, presentando appello contro l’assoluzione dall’accusa di omicidio di Arianna. E ha deciso di impugnare anche l’esclusione delle aggravanti, prima fra tutte quella della premeditazione. La procura ha anche impugnato l’assoluzione di Enea, Arianna ed Enrico dall’accusa di maltrattamenti nei confronti di Rosina e l’assoluzione di Arianna dall’accusa di rapina, reato legato al fatto che aveva tolto il cellullare alla madre.

Per i legali del 22enne la sentenza di condanna è «fortemente sbilanciata e tende più ad un (errato) giudizio morale sulla personalità dell’imputato che al reale accertamento dei fatti». E per dimostrare ciò, i due legali nelle oltre 200 pagine di appello passano in rassegna i diversi punti della sentenza ritenuti contrastanti con quelle che a loro avviso sono le evidenze emerse durante le indagini e il dibattimento. Evidenze che porterebbero a ritenere molto più plausibile, sempre secondo la difesa di Enea, il racconto fatto dal giovane durante il processo e cioè che sarebbero stati Arianna ed Enrico ad uccidere a Rosina, prendendola da dietro con una coperta. Con Enrico che le avrebbe stretto un braccio intorno al collo e Arianna che avrebbe spinto su quel braccio. Per quelle dichiarazioni i giudici hanno disposto la trasmissione degli atti in procura. «La sua – ha sottolineato l’avvocata Romagnoli – non è stata una strategia difensiva, come hanno presupposto i giudici, ma un passo fatto verso la giustizia dopo due anni di sofferenze atroci, per liberarsi di un peso enorme».

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Gli avvocati Andrea Netti e Valentina Romagnoli

Secondo i due legali il primo punto è quello legato al presunto orario della morte di Rosina. Nella sentenza viene indicato tra le 17,15 e le 17,50. «Ma questo – ha detto l’avvocato Netti – non è compatibile con quanto attestato e testimoniato durante il dibattimento dai medici del 118 sulla mancanza di rigidità cadaverica al loro arrivo, alle 20. Tanto che sono riusciti ad inserire una cannula in bocca e hanno tentato le manovre di rianimazione. Il lasso temporale indicato nella sentenza è in totale contrasto quindi con la mancanza di rigidità cadaverica al momento dell’arrivo dei medici del 118. Piuttosto ci sono una serie di circostanze incontrovertibili ed evidenze scientifiche prodotte anche dai due consulenti di parte che collocano l’orario della morte tra le 18 e le 18,35, cioè in un momento in cui Enea non era pacificamente in casa». E’ stato infatti accertato che Enea alle 18 fosse in un supermercato di Montecassiano e che sia rimasto nel parcheggio in auto fino alle 19,38 circa quando poi è tornato a casa. Per questo i suoi difensori ritengono non possa essere stato lui ad uccidere la nonna. A sostegno di questa tesi i due legali citano anche l’esame dei cellulari. «E’ chiaro – dicono – che dalle 16,45 quantomeno fino alle 17,46, sia la Carsetti che gli imputati Arianna Orazi ed Enea Simonetti siano rimasti in contatto, costantemente, con il mondo esterno. Il che appare del tutto incompatibile con la tesi secondo cui l’omicidio possa essere stato consumato nel frangente che va dalle 17,15 alle 17,50». Anche perché altrimenti, secondo i due legali, Arianna dopo aver scritto l’ultimo messaggio avrebbero avuto pochissimi minuti per accorgersi che il figlio aveva ucciso la nonna, organizzare l’alibi del supermercato per il giovane e cercare di mettere in piedi la messinscena della rapina.

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Rosina Carsetti

Secondo i giudici di primo grado invece, vista la diversa interpretazione sull’orario della morte, l’allontanamento di Enea dalla casa sarebbe stato proprio un tentativo di costruire un alibi per il 22enne che avrebbe ucciso la nonna al culmine di una lite, strozzandola e schiacciandola col suo peso.  Anche questa seconda parte viene contestata dai legali del 22enne. Se infatti sono tutti concordi sul fatto che Rosina sia stata strozzata, è sulle altre lesioni presenti sul corpo della 78enne (costole fratture e clavicola lussata) che le versioni divergono. Per i giudici sarebbe stato Enea a provocare quelle ferite, mettendosi sopra la nonna. Per gli avvocati Netti e Romagnoli invece la fratture delle costole sarebbe da imputare alle manovre di rianimazione, mentre la clavicola lussata potrebbe risalire anche a un periodo antecedente vista la presenza di calcificazioni. «Inoltre – aggiunge Netti – il medico legale della procura è arrivato a queste conclusioni partendo da un presupposto sbagliato, cioè che il corpo si trovasse proprio nel punto in cui è avvenuto l’omicidio. In realtà il corpo era stato spostato prima per permettere le manovre di rianimazione ed era stato trovato tra una sedia, un tavolo e con il capo leggermente piegato appoggiato alla parete. Probabilmente se il medico legale fosse partito da questo punto, non sarebbe arrivato tanto facilmente alle stesse conclusioni sulla dinamica dell’omicidio».

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Enrico Orazi con il suo legale, l’avvocato Barbara Vecchioli

Altri due elementi che la difesa di Enea ritiene fondamentali sono la mancanza di tracce di dna di Enea sul corpo della vittima e il movente. «I Ris – spiega l’avvocata Romagnoli – hanno analizzato 13 reperti e non è stata trovata nessuna traccia del Dna di Enea e ciò ovviamente è incompatibile con un omicidio a mani nude. Ma anche col fatto che avesse potuto indossare guanti in lattice, visto che sono state trovate tracce dei soccorritori. E’ stata invece trovata una traccia di Enrico sulla manica del maglione di Rosina, il che rende ancora più attendibile il racconto di Enea. Racconto che peraltro è compatibile anche con le ferite riportate da Enrico a un polso e alla mano e con i lividi mostrati da Arianna su una spalla, in un primo momento attribuite da lei alla colluttazione con il rapinatore».

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L’avvocato Olindo Dionisi, legale di Arianna Orazi

«Per quanto riguarda il movente – aggiunge la legale – da un parte si dice che Enea era un principino viziato a cui non mancava nulla e dall’altro che sia proprio di carattere economico il motivo che aveva portato Enea ad un odio latente verso la nonna.  In realtà Enea dal punto di vista economico non aveva nessun tipo di problema e nulla da invidiare alla nonna, semmai erano gli altri componenti della famiglia ad avere dei problemi da quel punto di vista».

Tra le tante frasi intercettate, c’è una che Enea avrebbe detto alla madre: “Ma ti rendi conto di cosa ho fatto?”. Secondo i due legali questa non sarebbe riferita all’omicidio di Rosina, ma piuttosto al fatto che una volta rientrato avrebbe dato uno schiaffo al nonno, col cadavere di Rosina ancora a terra, e avrebbe poi aiutato ad allestire la messinscena della finta rapina.

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