«Stufo di vergognarmi dell’assessora Laviano:
Parcaroli difenda l’immagine della città»

MACERATA - L'intervento di Alessandro Savi, segretario cittadino di Art.1, sul post dell'esponente leghista della giunta sul Reddito di cittadinanza: «Qualcuno le faccia capire che rappresentare le istituzioni è una cosa seria»

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Alessandro Savi

 

«Il problema è l’immagine della città deturpata da una persona che, come fanno altri suoi colleghi di Giunta, dovrebbe limitarsi a pubblicare nei social ciò che realizza all’interno del suo assessorato a favore dell’ambiente e dei diritti degli animali: ciò che farebbe a suo figlio se rientrasse in casa con le unghie laccate è affar suo e della sua famiglia. Cortesemente, qualcuno le faccia capire che rappresentare le istituzioni è una cosa seria». Sono le parole di Alessandro Savi, ex consigliere comunale e segretario cittadino di Art.1, che mette nel mirino il post dell’assessora leghista Laura Laviano sul Reddito di cittadinanza.

«Durante un viaggio in treno mio figlio e dei suoi amici assistono ad un discorso tra due ragazzi: “appena mi arriva il reddito di cittadinanza ti porto fuori a cena in quel bel posticino” – ha scritto la Laviano su Facebook – Loro, diciottenni, schifati, gli hanno riso in faccia. Per fortuna esistono ancora dei ragazzi con sani valori. Questa è la generazione che vuol far crescere i pentastellati? Pagare i giovani in cambio di voti. Domenica 25 settembre potete decidere le sorti del nostro Paese. Ogni x sarà un voto cosciente che avrà un significato. Volete che i vostri figli restino sdraiati su un divano in attesa dei soldi dello Stato per andare a cena fuori? O preferite che con quota 41 chi ha diritto alla pensione possa andarci dignitosamente per lasciare spazio ai giovani?».

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Il post dell’assessora Laura Laviano

Parole che avevano già scatenato la polemica, con le risposte al vetriolo dei consiglieri Andrea Perticarari (Pd) e Roberto Cherubini (M5S). Savi parte da un ragionamento generale sull’uso dei social. «La domanda apparentemente confidenziale (a cosa stai pensando?) utilizzata da uno dei più conosciuti social media nasconde, in realtà – dice – l’insidia insita nel suo esatto contrario giacché il pensiero di un momento, a volte scritto d’impulso, rischia di scatenare battaglie mediatiche a colpi di insulti e di consegnare al pubblico ludibrio chi si lascia ingannare dalla innocua domanda. Bisogna riflettere prima di scrivere, pesare bene le parole, chiedersi se si è lucidi o, piuttosto, ottenebrati da rabbia o altri pericolosi stati d’animo che minano la nostra obiettività. Se questa accortezza vale per tutti, è ancora più stringente quando ad utilizzare i social sono i politici, soprattutto quelli che, in qualità di rappresentanti delle istituzioni, rappresentano una collettività intera. Un tempo, a torto o a ragione, si diceva che il “privato è politico” proprio per sottolineare che la stragrande maggioranza delle oppressioni subìte dai singoli individui potevano essere affrontate e risolte solo rendendole pubbliche e trattarle, appunto, come una questione politica: oggi l’uso smodato dei social consente, da un lato, l’emersione a livello pubblico di questioni private ma, dall’altro, una loro banalizzazione ed una conseguente dispersione delle stesse nel mare di superficialità che domina in tali contesti. C’è una pagina divertentissima nel libro di Stefano Benni “Bar Sport” in cui si narrano le vicende dell’incazzato da bar che ce l’ha con “loro” senza preoccuparsi di specificare chi in realtà siano questi “loro”: il governo? La Cia? Il Kgb? Semplicemente si tratta di “loro” o di “quelli là” oppure di “quelli lassù” che, con ogni probabilità, sono i soliti politici. Si tratta ovviamente di una figura caricaturale di cui i bar di un tempo erano pieni, nulla di più. Il problema vero è che oggi tali figure caricaturali sono migrate dai bar ai social media e, talvolta, indossano una fascia tricolore in rappresentanza di una intera città».

«Leggere i post dell’assessora Laviano – continua Savi – è un po’ come leggere Stefano Benni: so io cosa ci vorrebbe per quelli là. Se mio figlio tornasse a casa con le unghie dipinte so io cosa gli farei. A lui e a tutti quelli come loro. Quelli là che prendono il reddito di cittadinanza dovrebbero fare la loro fine. Manca solo l’invocazione di fascistissime purghe o di gulag staliniani per completare pienamente la caricatura benniana. E’ il trionfo della superficialità. E’ dire (o scrivere, fa lo stesso) ciò che la maggioranza degli italiani di oggi vuole sentirsi dire da un politico: parole rivolte allo stomaco, bassi ragionamenti di cui tutti sono capaci che ti consentono di identificarti in chi li propone in modo tale da farti sentire al suo stesso livello. Il vero problema sta nel fatto che dietro le esternazioni dell’assessora tale strategia è del tutto assente: con ogni probabilità, il suo ragionamento e le sue parole sono queste, nulla più di un chiacchiericcio al livello di portineria, al livello di una servetta di mercato (con tutto il rispetto per le servette di mercato e dei portinai che però non indossano la fascia tricolore). Non sono amico di questa amministrazione di destra, è risaputo. Tuttavia non ho difficoltà a riconoscere quando il mio avversario politico fa scelte che condivido come, ad esempio, quella di non sprecare soldi pubblici per lo spettacolo pirotecnico di San Giuliano».

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Laura Laviano

«Il bene di Macerata – sottolinea il segretario di Art.1 – prevale sempre in ogni mio ragionamento e in ogni mia scelta e, francamente, sono stufo di vergognarmi dell’assessora Laviano e delle sue gaffe agghiaccianti che talvolta assurgono addirittura a livello nazionale. Lei rappresenta anche me quindi dovrebbe comprendere che le sue esternazioni private (nell’ultimo tristissimo caso si tratta addirittura di un “riferito” di un adolescente a sua volta condiviso pubblicamente) danneggiano una intera comunità, non solo la sua dimensione privata della quale, francamente, non m’importa nulla. Il mio è un appello al sindaco Sandro Parcaroli, avversario politico ma persona mite e riflessiva, chiamata a difendere l’immagine della città da esternazioni superficiali, offensive e financo cattive di una esponente della propria Giunta che crede di essere un personaggio del Bar dello sport. Non voglio entrare nel merito dell’episodio che peraltro tradisce una scarsissima conoscenza sul tema del Reddito di Cittadinanza così come non mi interesso di Fedez e delle unghie laccate né della sua compagna influencer Chiara Ferragni. Il tema della psico-labilità è sicuramente più interessante ma fa il paio con le devianze declamate da Giorgia Meloni. Il problema è un altro. Il problema – conclude Savi – è l’immagine della città deturpata da una persona che, come fanno altri suoi colleghi di Giunta, dovrebbe limitarsi a pubblicare nei social ciò che realizza all’interno del suo assessorato a favore dell’ambiente e dei diritti degli animali: ciò che farebbe a suo figlio se rientrasse in casa con le unghie laccate è affar suo e della sua famiglia. Cortesemente, qualcuno le faccia capire che rappresentare le istituzioni è una cosa seria».

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