Catena non fa sconti al “suo” Pd:
«Una catastrofe che nasce da lontano
E’ ora di cambiare classe dirigente»

POST VOTO - L'analisi del sindaco di Montecassiano e coordinatore di Base riformista, grande escluso dalle liste delle regionali: «Un messaggio più chiaro di questo non poteva esserci, se ora il partito pensa di poter continuare sulla stessa strada allora non è un più un caso politico, ma clinico, da medicina d'urgenza». Sul risultato ancora più disastroso nel Maceratese: «Dopo anni alcuni big hanno consumato il proprio bonus credibilità, ecco perché occorre rinnovarsi»

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Leonardo Catena

 

di Giovanni De Franceschi

«Un messaggio più chiaro di questo non poteva esserci, se ora il Pd pensa di poter continuare sulla stessa strada allora non è un più un caso politico, ma clinico, da medicina d’urgenza». Non fa sconti il sindaco di Montecassiano Leonardo Catena al suo partito, dopo il tonfo registrato in quest’ultima tornata elettorale. Il coordinatore dell’area dem Base riformista, grande escluso dalle liste delle Regionali dopo essere stato indicato a gran maggioranza dai circoli del territorio, fa un’analisi impietosa del post voto, guarda in faccia agli errori commessi, li chiama per nome. Ma il suo vuole anche essere un appello a cambiare rotta a riconquistare la fiducia e il rapporto con i cittadini, che mai come questa volta hanno sonoramente bocciato il Pd e tutto il centrosinistra. Oltre ad aver perso la Regione dopo 25 anni, i dem in provincia di Macerata hanno fatto anche peggio. Se infatti a livello regionale è rimasta ancora la magrissima consolazione di essere il primo partito, a livello provinciale sono diventati il terzo partito dopo Lega e FdI e hanno perso il capoluogo, conquistato, anche in questo caso dopo due decenni, dal centrodestra guidato da Sandro Parcaroli.

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Maurizio Mangialardi

«E’ stato un risultato catastrofico per il centrosinistra e per il Pd, in particolare in provincia di Macerata, dire deludente è poco. Chiaramente la sconfitta nasce da lontano, e non può essere attribuita la responsabilità in toto al candidato presidente che ha fatto quello che poteva. Ci sono state scelte sbagliate negli ultimi 5 anni di governo, scelte sbagliate a livello regionale e provinciale sia nel percorso di formazione della coalizione, sia in quello delle liste e del candidato. Poi c’è da dire che sono anni che la classe dirigente del Pd si è allontanata dalle persone, si è fatta autoreferenziale, pensando più alle lotte intestine per mantenere il potere che al dialogo con le forze sociali ed economiche. Infine come non considerare il fatto che da anni il modello socio-economico delle Marche è andato in crisi, una crisi che il terremoto non ha fatto che acuire, e la politica non ha saputo interpretare il cambiamento e fornire le risposte adeguate».

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Nicola Zingaretti a Macerata con il segretario regionale dei dem Giovanni Gostoli

Insomma – evidenzia Catena – questo disastro è frutto di tanti errori, e fa delle Marche un caso nazionale, visto che nelle altre regioni dove si è amministrato bene i governatori uscenti sono stati riconfermati.  Una sconfitta che interroga tutta la classe dirigente del Pd marchigiana e maceratese. Ognuno quindi dovrebbe assumersi le proprie responsabilità e trarne le conseguenze. E in questo senso credo sia il momento di un nuova classe dirigente e di un nuovo modo di fare politica, in cui l’interesse pubblico venga prima di quello personale e dove il partito torni ad ascoltare i bisogni dei territori, con umiltà e con l’orgoglio di appartenere a una comunità politica importante che ha in sé per le risorse per tornare ad essere protagonista nel governo della regione e dei comuni. Dispiace anche per il candidato Ricotta che a Macerata non è riuscito a presentarsi come quel cambiamento che le persone chiedevano». Da questa storica debacle, insomma, il Pd dovrebbe trarre le giuste conseguenze, secondo Catena. Iniziando con le dimissioni di chi nel partito occupa i posti al vertice. «Ritengo – aggiunge infatti il sindaco di Montecassiano – che prima che qualcuno le chieda le dimissioni, si deve dare tempo a chi ricopre ruoli di maturare una decisione che mi sembra ovvia quando si subisce un tracollo di questa portata. Non significa cercare un capro espiatorio, ma mettere in discussione tutta una classe dirigente che ha portato a decimare i consensi. Non posso che fare gli auguri al nuovo governatore e ai consiglieri eletti, perché per loro adesso arriva il difficile: passare dagli slogan alle scelte concrete non è facile e noi dovremmo essere pronti a controllare che vengano sempre tutelati gli interessi dei marchigiani».

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L’ex governatore Luca Ceriscioli

Ed è proprio l’aver consegnato la regione al centrodestra senza neanche aver provato a giocarsela veramente, senza cioè marcare chiaramente una discontinuità col precedente governo, uno degli errori su cui punta il dito Catena. «Non so se la gestione dell’emergenza Covid avesse ridato consenso a Ceriscioli – continua – però è certo che se si sceglie la strada della discontinuità perché si ha la percezione diffusa che il governo regionale non goda di gran consenso, allora questa deve essere più incisiva. Era emerso il nome della Mancinelli, ma anche lì veti e problemi all’interno del partito. Poi non sono state ben interpretate alcune fasi che ci potevano dar tempo di formare una coalizione più ampia ed è stata forzata la mano per un candidato presidente. Così ci siamo negati la possibilità di contendere la regione alla destra, se avessimo atteso qualche settimana in più e insistito per una coalizione più ampia con un candidato diverso, quantomeno avremmo potuto competere testa a testa fino all’ultimo voto. Inoltre se si cambia il presidente uscente, si riconosce una difficoltà nell’azione di governo, bisogna anche riconoscere con umiltà anche gli sbagli, e questo in campagna elettorale è mancato».

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Francesco Vitali, segretario provinciale del Pd

Che è un po’ quello che aveva detto il governatore dell’Emilia Romagna Bonaccini quando è venuto a Civitanova per la chiusura della campagna di Mangialardi: togliersi la puzza sotto il naso e parlare con umiltà degli errori commessi. Infine nell’analisi di Catena entra anche il risultato ancor più catastrofico del Pd nel Maceratese.  «Non ne faccio una questione personale – ammette il coordinatore di Base riformista – io mi ero messo a disposizione, ma il partito ha fatto altro scelte. E se andiamo a vedere i numeri, emerge che alcune scelte non si sono rilevate corrette. Non che la mia candidatura avrebbe cambiato qualcosa, ma almeno non avrebbe mortificato la scelta dei territori.  Fa impressione poi vedere il Pd sotto al 10% in tanti comuni della provincia e questo richiama il concetto della credibilità della classe dirigente. Dopo anni e anni, alcuni big del partito provinciale hanno consumato il proprio bonus credibilità, ecco perché occorre rinnovarsi e ricostruire un rapporto di fiducia con gli elettori».

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