L’avvocato Renato Perticarari
di Renato Perticarari*
La vicenda del cosiddetto “ospedale unico” ha del surreale. Con ciò non voglio dire che non sia seria, tutt’altro, ma che sembra affrontata in modo tale da non farla apparire seria agli occhi di molti. Dico subito, per evitare equivoci, che sono assolutamente favorevole all’idea di un ospedale unico provinciale, ma un’opera di questo tipo (e di tale rilevanza socio-economica) non è solo una questione sanitaria ed esaminarne solo gli aspetti sanitari, che sono ovviamente preponderanti, appare comunque riduttivo. Da cosa, in genere, si manifesta la serietà di una proposta, di una volontà politico/amministrativa? Ho sempre pensato che la serietà dipenda esclusivamente da due cose (peraltro strettamente legate tra loro): 1) risorse destinate; 2) tempi di realizzazione ragionevoli. Se sono velleitarie o incerte le prime e sono biblici i secondi, allora è grande il sospetto che la serietà sia poca. Ovviamente, le mie considerazioni si basano su quanto ho letto dalla stampa (leggi l’articolo) che riportava i contenuti di un richiamato “studio di pre-fattibilità” (presumo della Regione/Asur) e, quindi, possono essere erronee e se è così me ne scuso sin d’ora; tuttavia, se ciò che si è letto è vero, sembra di capire che:
La conferenza di sindaci di Area Vasta 3 sul tema dell’ospedale unico
Ora, è ragionevole scatenare per una simile proposta l’inevitabile “guerra di campanili” tra chi vuole ospitare il nuovo ospedale? E’ ragionevole farlo quando nemmeno uno, non uno, degli elementi che ho citato è supportato da qualcosa che sia minimamente concreto ? Non mi voglio dilungare sugli aspetti più strettamente tecnici (anche se ricordo che lo “studio di fattibilità” di un’opera pubblica – e perfino quello di pre-fattibilità – non è uno strumento inutile e, tanto meno, uno strumento privo di concretezza. Tanto che presso la presidenza del Consiglio dei ministri opera l’Uval-Unità di valutazione degli investimenti pubblici, che svolge attività di supporto tecnico alle amministrazioni pubbliche, elaborando e diffondendo metodi per la redazione e valutazione dei progetti e dei programmi d’investimento pubblico ex ante, in itinere ed ex post), ma voglio porre l’attenzione su alcuni profili che forse meritano un approccio, anche politico, più adeguato. Infatti, se è vero ciò che tutti dicono di volere – e cioè una assistenza sanitaria migliore per i cittadini – allora i comportamenti politico/amministrativi dovrebbero essere coerenti.
Innanzitutto la localizzazione. Ebbene, affrontare questo tema – per un’opera di tale importanza sociale – in termini “campanilistici” è davvero la negazione di ogni regola di buon senso. Anche a me farebbe piacere avere il nuovo ospedale a due passi da casa e comunque a Macerata, ma se si cerca di pensare in modo oggettivo, allora si dovrebbe dire che la localizzazione dovrà rispondere solo a tre essenziali requisiti: la più agevole fruibilità in termini viari e di raggiungibilità per l’intero bacino di utenza, la migliore fruibilità in termini di edificabilità e, non ultimo, la meno problematica e più economica disponibilità delle aree, visto che il risparmio sulle aree potrebbe significare anche maggiori risorse sulle dotazioni tecnologiche per le cure mediche. Tale ultimo requisito, in particolare, merita una riflessione poiché esso può (dovrebbe) rappresentare un elemento dirimente. Infatti, stiamo parlando di un’area inevitabilmente molto estesa, ben collegata o collegabile alla viabilità principale, e dalle connotazioni morfologiche che rendano più agevole (e più economica) possibile la costruzione e gestione. Ora, in ogni “studio di fattibilità” che si rispetti e che abbia le “gambe per camminare”, l’incidenza del costo dell’area è una voce molto importante, specialmente se, come in questo caso, deve essere molto estesa. Mi chiedo: ci sono amministrazioni pubbliche del territorio che hanno già la proprietà di un’area con queste caratteristiche? Macerata ha un’area pubblica (interamente pubblica, sufficiente, e da non dover essere integrata con quella di privati) adeguata? Me lo chiedo poiché, se così fosse, sarebbe scellerata la richiesta della Regione ai Comuni di candidarsi per ospitare il nuovo ospedale. Scellerata sotto tre profili: a) non avrebbe senso aggravare la già imponente previsione di spesa (circa 200 milioni) con i rilevanti oneri per acquisire una vasta area dai privati; b) la disponibilità di un’area di proprietà pubblica – se avente anche le necessarie caratteristiche – renderebbe molto più agevoli le inevitabili procedure urbanistiche necessarie; c) verrebbero meno i contenziosi che l’eventuale esproprio di aree private produce costantemente con inevitabili allungamenti dei tempi. Per esempio, se la memoria non mi inganna, la stessa Asur aveva (allorché si realizzò la zona logistica di Montecosaro nei primi anni 2000, non so se l’ha ancora, ma credo di si) la proprietà di una vasta area (circa 50 ettari) a ridosso dello svincolo della superstrada a Montecosaro Scalo. E’ così? Se lo fosse, e l’area fosse adeguata, la Regione dovrebbe avere il “coraggio” (ma sarebbe solo buon senso) politico di fare una scelta, poiché non ci sarebbe motivo di cercare altre aree.
E non si dica che a Montecosaro non si può fare perché è troppo vicino al futuro mini-ospedale previsto a Campiglione di Fermo (leggi l’articolo), nulla lo impedisce. Semmai, se si avesse molto buon senso, si dovrebbe pensare che proprio a Montecosaro Scalo, vista la vicinanza (15 chilometri da Campiglione) e la agevole viabilità, si potrebbe realizzare un unico grande Ospedale di area vasta per le due province, allora si che le sinergie sarebbero molte e si realizzerebbe il secondo polo ospedaliero regionale ma capisco che questa è fantapolitica. Comunque tale scelta per l’area Asur di Montecosaro, ove praticabile, avrebbe peraltro il vantaggio di far uscire la discussione dal pantano in cui rischia di finire per mesi e dimostrerebbe che la volontà è seria. Inoltre, poiché è da ritenere che tale nuovo ospedale dovrà servire per i prossimi 50-60 anni, la dimensione dell’area consentirebbe anche di pensare a futuri ampliamenti. Inoltre, individuata l’area, sarebbe facile predisporre un adeguato “studio di fattibilità” che valuti in modo più concreto i costi e verifichi in modo forse più approfondito quali siano effettivamente i risparmi conseguibili dalla chiusura dei vecchi ospedali, visto che attraverso tali risparmi di ritiene di finanziare l’operazione. E’ da sperare, infatti, che non si pensi (come invece si pure è letto sulla stampa) di finanziare l’opera con la “valorizzazione” delle attuali strutture ospedaliere. Non solo perché tale attesa sarebbe (per usare un eufemismo) del tutto aleatoria, ma soprattutto perché legare il finanziamento a questo significherebbe legarlo ad un evento incerto che ne potrebbe arrestare la realizzazione.
A fronte di tutto questo, appare onestamente singolare – per usare un eufemismo – che si ritenga di individuare la localizzazione mediante una “app” (leggi l’articolo) che i tecnici regionali avrebbero “in fretta e furia” creato per avere un responso oggettivo !!….è singolare sotto due profili: a) è noto che “l’oggettività” di un responso fornito da un programma di elaborazione dipende dagli input che si danno…basta modificare un input e “l’oggettività” cambia; b) rimettere ad una “app” la scelta (mascherandola come metodo oggettivo) è in sé la negazione della politica e del buon senso.
L’ospedale di Macerata
E veniamo al secondo aspetto che ritengo esiziale: il destino delle attuali strutture ospedaliere. E’ un tema rilevante, viste le loro dimensioni e, in particolare per Macerata, la loro collocazione. Ed è un tema che va definito e risolto contestualmente alla realizzazione del nuovo ospedale. Non si può correre il rischio di far diventare le attuali strutture contenitori vuoti ed abbandonati; le conseguenze potrebbero essere disastrose per le città, in particolare per Macerata, vista la centralità della attuale struttura, ma anche per Civitanova. Nessuno, ma proprio nessuno, può permettersi di avere per anni nel contesto urbano una “cattedrale” abbandonata con gli inevitabili problemi di disagio urbanistico e sociale che questo sempre comporta. Io credo che, proprio perché non si dovrebbe far conto sulla valorizzazione di tali strutture, le stesse dovrebbero essere restituite all’uso cittadino. In particolare, ancora una volta, mi riferisco a Macerata: sarebbe molto interessante ipotizzare che una parte possa ospitare gli uffici Asur ed avere il coraggio di dire che la restante gran parte dell’attuale struttura dovrebbe essere demolita consentendo un ampliamento del parco della vicina “Villa Cozza”. Utopia ? Forse, ma a ben vedere forse meno utopico che pensare di fare una operazione immobiliare usando l’attuale ospedale. In ogni caso, e concludo, se non emergeranno subito elementi di concretezza rispetto all’obiettivo delineato, sarà sempre più fondato il sospetto di chi già oggi afferma che si sta parlando del nulla. Se c’è la seria volontà di andare avanti, si individui l’area (verificando se c’è un’area pubblica già disponibile e in tal caso avendo la serietà di non giocare più con le legittime pulsioni campanilistiche di ogni Comune) e si commissioni un serio studio di fattibilità appostando in bilancio la relativa spesa. Solo allora l’idea sarà concreta.
*Renato Perticarari, avvocato maceratese
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L’intervento dell’Avv. Perticarari, articolato e non privo di diversi spunti interessanti, meriterebbe una approfondita discussione non solo nelle “stanze della politica” ma anche (e soprattutto) tra gli addetti del settore (sanitario) e gli utenti finali.
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Effettivamente le 2 criticità riscontrate (tempi e spesa) già -da sole- basterebbero a far cassare IMMEDIATAMENTE il progetto.
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Sappiamo benissimo (visti i moltissimissimi precedenti italici, degli ultimi 40 anni) che i (lunghi) tempi di realizzazione tendono a dilatarsi [quindi: se si prevedono -oggi- 20 anni probabilmente, alla fine della fiera, ne serviranno almeno 25 o anche di più]
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E sappiamo altrettanto bene (visti i moltissimissimi precedenti italici, degli ultimi 40 anni) che i costi tendono sempre (sempre!!! SEMPRE!!!!!!) a moltiplicarsi [quindi ipotizziamo: se oggi si prevedono di spendere, esempio, 20 milioni di euro poi, in corso d’opera, i milioni necessari che serviranno saranno ALMENO 30, oppure 40 o magari anche 50…..]
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Quindi l’Ospedale UNICO è solo una gigantesca presa per il fondoschiena che, ha molte (ma molte e forse anche di più) probabilità, di non concretizzarsi mai, anche se finirà per ingoiare milioni e milioni di euro!!!
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Ben altro, invece, sarebbe una reale e seria riorganizzazione dell’ESISTENTE(senza -per forza- smantellare e ristrutturare e trasferire)
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Si potrebbe, invece, pensare ad un potenziamento dei “grandi” ospedali attuali (Civitanova, Macerata, Camerino) nei settori di prima emergenza (magari se ci fosse, come ipotizzano a breve, l’elicottero 24 ore su 24 avere le piazzole anche per gli atterraggi di notte!!) lasciando i reparti attuali aperti.
Tra l’altro, lasciando in funzione TUTTO il polo ospedalero maceratese, questo potrebbe comunque essere funzionale a tutta la zona a valle del Potenza (Treia, Montecassiano, Appignano, Recanati, ecc.) che sarebbe “tagliata fuori”, se il nuovo mega-fantascientifico-ospedale si facesse sul versante Chienti
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E si potrebbe prevedere invece (probabilmente con una spesa assai minore e assai minori tempi di realizzazione) un polo ospedaliero (prefabbricato????) a valle (nella zona di Macerata verso Piediripa, per coprire le criticità del versante “montagna”) -sempre di prima emergenza-, magari con la creazione di alcuni reparti ASSENTI (o trasferiti)…
UN OSPEDALE A MONTECOSARO QUANDO A 10 KM CE N’E’ UNO NUOVO GRANDE IN COSTRUZIONE????? SAREBBE UNA FOLLIA, MA NON MI MERAVIGLIEREI DI NIENTE……
Caro Pelagall,
i 10 km sono ininfluenti, visto che si tratta di un diverso “bacino di utenza” e tale parametro (il “bacino”) è l’unico che la legge prevede…..ma, in realtà, al di lá di questo, il buon senso vorrebbe che fosse quello previsto a Campiglione a non essere fatto visto che si tratterebbe comunque di un micro-ospedale che servirá solo a sprecare denaro. Capisco, tuttavia, che pensare di non fare quello di Campiglione è troppo sensato per essere vero ma, certamente, questo non può impedire di pensare di realizzare l’ospedale “maceratese” dove ASUR ha già il terreno in posiziine strategica.
Aggiungerei garbatamente qualcosa dal punto di vista di un medico.
Parto con un argomento che mi vede in accordo con l’autore dell’articolo. Condivido una perplessità: come sia possibile che da una parte si segua un modello, quello toscano, del project-financing e dall’altra si pensi di impiegare un tempo per la realizzazione dell’opera che è 10 volte superiore rispetto al modello seguito (2-3 anni per gli ospedali toscani, 20 per quello maceratese) [1].
Pongo l’attenzione su un altro aspetto. Giusto badare alla componente economica, ma nel caso degli ospedali son da considerare primariamente la fruibilità, i bacini d’utenza e, soprattutto, la competività delle strutture, che sono a tutti gli effetti delle aziende (concordi o no, indignati o no, questa è la realtà).
L’idea di posizionare il nuovo ospedale presso la costa è fallimentare, non solo per la fruibilità, ma per la possibilità di sviluppo dell’ospedale e quindi per il servizio che esso potrà o meno svolgere per la propria popolazione. Spiego i motivi.
1. Fruibilità: il territorio maceratese ha un asse viario veloce formidabile, che copre tutto il territorio dai monti al mare (e arriva anche all’Umbria) che è la superstrada. La posizione centrale di quest’asse è nei territori fra Macerata e Tolentino e presso questi peraltro si concentra una notevole parte della popolazione.
2. Pensare che l’ospedale di Fermo (37.000 abitanti per una provincia di 175.000) sarà un “ospedaletto”, funzionale a servire solo il proprio territorio è molto ingenuo. Quello di Campiglione sarà l’ospedale dell’Area Vasta fermana e sarà supportato da una classe politica compatta, che mirerà ad espanderlo senza se e senza ma. Un ospedale da 329 posti letto e non 250, la mia fonte è piuttosto autorevole, il quotidiano sanità Marche [2]. Per intenderci, il nuovo ospedale di Fermo sarà grande circa quanto l’ospedale di Pistoia – città di 90.000 abitanti, con una provincia di 291.000 abitanti). Sì, è già sovradimensionato per il proprio bacino d’utenza e questo la dice lunga. Pensare di bloccarne la costruzione è fuori discussione, in quanto innanzi tutto si tratta di un progetto in fase esecutiva, secondo poi non è campo di discussione per l’area vasta Maceratese. Si tratta di un territorio diverso dal nostro, cui spetta un ospedale, punto.
3. La competività fra ospedali la si gioca sui servizi più avanzati, non quelli di base, servizi che sono però di peso, che fanno la differenza quando le malattie sono complesse. Attualmente l’unica arma contro una politica talvolta poco attenta alle reali esigenze dei cittadini (che spesso produce scelte scellerate) per un presidio ospedaliero è quella di offrire un servizio ad un ampio bacino d’utenza e in maniera congrua (i ricoveri e le prestazioni devono essere “appropriati” o i reparti vanno in perdita perché le prestazioni e i ricoveri stessi non sono rimborsati). All’area Vasta Maceratese che ha una popolazione di 320.000 abitanti (siamo tanti) spetta un presidio ospedaliero (uno, non due, non tre, non quattro) che può a tutti gli effetti essere un punto di riferimento non solo per servizi di primo e di secondo livello nella propria area vasta, ma anche per la presenza di servizi di terzo livello per il territorio regionale. Diciamo che mentre i servizi di base sono indiscutibili, le alte specialità subiscono più degli altri i giochi della politica (es. evidenti sono le stroke unit, la radiologia interventistica o anche, in futuro, la collocazione di un secondo centro di Terapia Intensiva Neonatale in regione). Le alte specialità producono salute, ma anche tanta competenza e, di fatto, incidono sulla vivibilità di un territorio.
Un ospedale posto da una parte a quindici minuti da quello di Ancona e da una parte a quindici minuti da quello di Fermo è debole perché non ha un proprio bacino d’utenza definito. Parliamoci chiaro: se ci si è messi in viaggio non costa nulla fare qualche chilometro in più ed arrivare ad Ancona o farsi un po’ di “dr. shopping” tra una struttura e l’altra. L’ospedale dell’Area Vasta maceratese dovrà essere messo nelle condizioni di lavorare bene, quindi di essere punto di riferimento per la provincia e, risultati alla mano, richiamare persone anche dai territori circostanti. Per far questo deve essere posto in territorio strategico, che certamente non è la costa, già inceppata da altri presidi. Perché pongo tanta attenzione su questo punto? Perché bisogna dimostrare, per ottenere servizi di terzo livello, di essere bravi. Essere bravi significa dimostrare, dati alla mano, di curare tanto, bene e spendendo poco, essendo virtuosi sui parametri di qualità (e non soltanto economici).
Mi permetto di dire che se fossi un politico di Fermo o di Ascoli, se il nuovo ospedale sorgesse sulla costa, qualora si discutesse sulla collocazione di un servizio di alta specialità, funzionale a tutta la regione, indipendentemente dai dati, alzerei la mia bella manina in consiglio regionale e direi: “sì, presso l’ospedale dell’area vasta macreatese saranno anche bravissimi, ma quel servizio di alta specialità non glielo dovete concedere perché lo stesso servizio lo fa il presidio di Ancona che si trova a pochi minuti d’auto di distanza”. Penso sia un discorso che farebbe presa.
Concludo con l’osservare amareggiato che ancora si fatica a comprendere che la regione, sulla base delle leggi statali, ha già indicato chiaramente che i servizi, in provincia, non saranno doppi o tripli. Vedo poi che si perde tempo a discutere di mantenere lo status quo invece che organizzarsi per ottenere il meglio da una riorganizzazione che è inevitabile. Siamo molto indietro rispetto alle altre provincie marchigiane che, invece, saggiamente, si stanno muovendo in questo senso.
Detto ciò, riprendo una speranza espressa dall’autore dell’articolo, che è anche la mia: spero che le logiche campanilistiche non affondino la sanità del nostro territorio.
[1] http://www.regione.toscana.it/documents/10180/23319/Brochure+nuovo+ospedale+di+Prato/95400a3f-c4ae-45e5-ac9c-0ed2da60e15c?version=1.0
[2] http://www.quotidianosanita.it/marche/articolo.php?articolo_id=38976