Dal nostro lettore, Gianfranco Cerasi, riceviamo:
Nel lontanissimo inizio degli anni ‘90 venne avanzata, da un gruppo di studenti dell’Università di Macerata, la proposta di “recuperare” le Casermette e trasformarle in un autentico Campus Universitario.
Tale proposta, che per almeno 2 anni venne periodicamente rilanciata attraverso i quotidiani locali trovando solo consensi sia nel “mondo universitario” che in quello della politica e dell’imprenditoria locale, era nella sua estrema semplicità assolutamente geniale e lungimirante: dotare l’Università di Macerata di una grande struttura per gli studenti e i docenti (tutto il complesso delle Casermette) dove potessero essere presenti laboratori, palestre, alloggi, mensa, strutture sportive polivalenti, biblioteche, uffici, campo di calcio, ecc. ecc.
Si era ipotizzato di realizzare/ristrutturare/ampliare la zona a fasi successive: un Campus che per 3 o 4 anni sarebbe restato un “cantiere aperto” dove le strutture, gli alloggi, i complessi abitativi fossero “rimessi a nuovo” e consegnati all’Università che, anno dopo anno, avrebbe potuto così ampliare il Campus fino ad averlo completo…
In pochi anni si sarebbe realizzato un Campus universitario che sarebbe diventato un polo di attrazione per gli studenti di tutta Italia e, unico nel suo genere, essere un Campus cittadino, nel verso e completo termine della parola, poiché innestato dentro la città.
Pur senza entrare nel merito tecnico-specialistico (gli studenti provenivano tutti dall’area giuridica), vedendo le mappe e le cartine si era ipotizzato (anche parlando e chiedendo spunti e suggerimenti con noti architetti e specialisti locali) un luogo dove poter far confluire almeno 3.000 studenti residenti; questo avrebbe comportato un innegabile “aiuto” concreto a tutta l’economia cittadina in quanto molti settori economici della nostra città avrebbero potuto incrementare, anche notevolmente, il volume di affari (pensate solo 3.000 studenti in più che mangiano, si vestono, vanno nei bar, vivono la città, ecc.).
Inoltre, dati i 3-4 anni necessari a ristrutturare tutto, anche le imprese edili (e l’indotto) delle nostre zone avrebbero potuto contribuire a creare nuovo lavoro e quindi a far girare l’economia cittadina. E si stava parlando di un periodo dove eravamo ancora con le “vacche grasse”.
Immaginatevi ora se quel luogo potesse, finalmente, essere riconvertito in Campus (con il necessario sostegno di Università, Comune, Provincia e Regione); ora che siamo in un periodo di vacche magrissime e che il comparto edile è fermo, che la città è statica, che l’Università non è più quel polo attrattivo che di 20 anni fa e l’economia cittadina è al collasso. Immaginatevi cosa significherebbe, economicamente, oggi poter dare lavoro, per i prossimi 3 o 4 anni, a molte imprese edili della nostra zona: assunzioni, stipendi, denaro che torna a girare.
Immaginatevi cosa significherebbe per il settore alimentare/forniture/pulizie fornire una mensa che sforna 5.000 o 6.000 pasti al giorno, luoghi da tenere puliti, biancheria da lavare, ecc. ecc..
Immaginatevi per la nostra città, sempre più ingessata, per la nostra economia stagnante, per i nostri negozi sempre vuoti avere un’Università che “porta” in dote oltre 3.000 studenti residenti che vivono quotidianamente la città, che girano, acquistano, vanno nelle pizzerie, ecc. ecc.
Immaginatevi, per la stessa Università, cosa significherebbe poter disporre di un Campus cittadino, di poter disporre di uno strumento unico in Italia per “catturare” nuove iscrizioni. Ne conseguirebbe un miglioramento necessario della didattica, una specializzazione dell’insegnamento che nel giro di pochi anni porterebbe l’Università di Macerata (già valida per storia e tradizione plurisecolare) ad essere un fiore all’occhiello per tutto il Centro Italia e, probabilmente, posizionarla tra le Università più prestigiose Europee in quanto diventerebbe automaticamente un punto di riferimento molto importante sotto il profilo culturale ed educativo.
20 anni fa, nonostante l’interessamento di tutti, l’idea restò lettera morta (qualcuno ipotizzò che c’era molti interessi economici/edificatori in gioco e che piuttosto dell’Università era meglio che il complesso fosse ristrutturato/venduto ai privati: migliori incassi).
Oggi realizzare un Campus Universitario, al posto delle Casermette, è l’ultima speranza per arrestare l’inevitabile e improcrastinabile declino della città; altre soluzioni ed altre ipotesi, altri utilizzi per quell’area sono solo soluzioni miopi, parziali, inefficienti, inutili alla città.
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Il dibattito politico sulle Casermette (leggi l’articolo)
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era quello che auspicava la politica maceratese di allora, ma le solite lungaggini burocratiche e decisionali a tutti i livelli hanno bloccato tutto!!
Quello che sarebbe successo se venti anni fa le Casermette fossero state riconvertite in campus universitario non lo so, non ho la sfera di cristallo. Probabilmente sarebbe diventata più attraente, con tutto quello che ne poteva conseguire; dubito che questo avrebbe di per sé indotto miglioramenti nella didattica e nelle specializzazioni. Sono però convinto che una logistica più efficiente avrebbe contribuito a rendere tutta l’organizzazione più funzionale.
Le scelte che si fecero andarono in tutt’altra direzione, e considerato ciò che è stato fatto escludo siano dipese (come sostiene Marcello) da problemi burocratici. Che tali scelte siano state buone o cattive è un altro discorso.
Venendo all’oggi, la proposta è interessante ma ha un difetto che la accomuna a tutte le proposte che su quell’area si stanno facendo da un po’ di tempo. Si affronta il problema Casermette senza pensare alla città.
Tanto per essere concreti, realizzare oggi un campus universitario in quell’area significa lasciare vuoti alcuni palazzi del centro storico, e non mi sembra che ci sia una gran richiesta per queste strutture. La conseguenza immediata sarebbe quindi un ulteriore svuotamento del centro storico e maggiori difficoltà per i relativi commercianti; inoltre sarà comunque necessario provvedere ad una manutenzione delle strutture libere pena il loro progressivo decadimento.
Quanto ai maggiori servizi che verrebbero richiesti, questi sono tutti da verificare. Tali servizi infatti vengono forniti anche oggi per cui si tratterebbe solo di spostarli fisicamente. Un loro incremento potrebbe derivare solo da un maggior flusso di studenti; cosa però ben difficile da prevedere dall momento che le iscrizioni universitarie sono in calo da dieci anni in tutta Italia.
La proposta quindi non è né buona né cattiva, ma semplicemente sbagliata nell’approccio. Quale che sia la destinazione che si vuole dare alle Casermette, l’operazione deve essere fatta ragionando sull’intera città, altrimenti si rischia di creare problemi più grandi di quelli che si vuole risolvere.
La proposta di Cerasi, probabilmente buona a suo tempo, credo oggi arrivi fuori tempo massimo. L’Università negli anni ha speso moltissimo per acquistare e ristrutturare vecchi palazzi, per realizzare nuovi edifici ed oggi non credo abbia disponibilità per ulteriori e diversi investimenti. Ma questo è secondario rispetto al motivo principale che renderebbe inefficace ed antieconomica una iniziativa del genere. La crisi che ha investito ed investe l’Italia ha costretto le famiglie a tirare la cinghia,a limitare le spese. Di conseguenza la residenzialità degli studenti nelle città sedi delle università è scesa notevolmente. Oggi gli studenti si iscrivono ad università vicine alla loro residenza,fanno i pendolari per le lezioni e per gli esami. Mi sembra una proposta dello stesso genere di quella fatta da chi vorrebbe portare in quel sito le caserme della finanza e della forestale, ora che le stesse sono già in costruzione a S.Croce. Nulla di nuovo all’orizzonte.
Possiamo fare tutti i discorsi e le ipotesi più fantasiose, possiamo sbizzarrirci con i progetti che riteniamo piu’ opportuni per il rilancio della città, quello che però dobbiamo sempre tenere a mente è che l’area in questione non è demaniale, ma privata. Per tale motivo, qualsiasi cosa si costruirà, il privato lo farà solo per suo interesse e non per per fare il benefattore cittadino, Quello che si deve pretendere, è che il comune, nelle veste del sindaco, tenga conto anche delle esigenze dei cittadini nel momento in cui gli vengono sottoposti i vari progetti e tuteli anche i lori interessi, non solo quelli del privato.
Cerasi è un genio, ha trovato la soluzione finale per affossare definitivamente il Centro Storico: portargli via anche l’Università!
Cerasi, sei pazzo? Proponi di spendere quando tutti dicono che bisogna economizzare?
Certo, sembreresti più savio di chi propose di fare buche a terra per poi ricolmarle!!! . . . ma quel signore dettò la ricetta per superare la crisi del 1929: era J.M. Keynes.
I monetaristi si sono sempre scontrati, anche a brutte parole, con i keynesiani. Monetarista è Monti, voluto dall’Italila e dall’Europa con i risultati che tutti conosciamo e stiamo subendo !!!
Piccola precisazione:
ne nella proposta fatta oramai oltre 20 anni fa, ne su quanto io ho scritto sopra si era mai ipotizzato di “sbaraccare” l’Università dal Centro Storico
L’ipotesi era che l’Università, fermo restando le strutture già occupate, avrebbe dovuto “allargarsi” alle Casermette
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@ Bonfigli
Keynes… Keynes?
Un economista minore, mi par di ricordare.
Nulla in confronto alle mirabolanti teorie dei Chigcago Boys, di cui Monti mi sembra un degnissimo erede 🙂
La domanda che il cittadino comune si pone è la seguente: “I noti speculatori edilizi, con l’appoggio degli amministratori cattosocialcomunisti, ci avevano messo gli occhi sopra per farci i loro lerci affari, così come hanno fatto con la cementificazione di Macerata?”
Ma a che serve????l’idea non sarebbe sbagliata,ma prima di fare un polo scolastico universitario così,bisogna aumentare le offerte di discipline universitarie,per quelle che ci sono ora, il numero di studenti iscritti ai corsi di laurea,mi sembra che sono sistemati in maniera adeguata..non costruiamo cattedrali nel deserto,ne abbiamo anche troppe di strutture inutilizzate,costruite solo per muovere denaro pubblico!
@Cerasi
Per chi non lo sapesse John Maunard Keynes, padre della macroeconomia, è considerato uno dei più grandi economisti del XX secolo. I suoi contributi hanno dato origine alla “rivoluzione keynesiana”. A lui si oppose proprio la scuola di Chicago il cui massimo esponente Milton Friedman ebbi l’occasione di sentire alla Bocconi più di 30 anni fa e ricordo che non mi convinse affatto.
Due nomi di keynesiani: Fausto Vicarelli e Federico Caffè. Ma vi sono anche Draghi, Visco, Spaventa e Ciocca che proprio pochi giorni fa è stato insignito della laurea onoris causa a Macerata.
Infine anche Cerasi con la sua proposta sembra un fautore della teoria keynesiana.
@ Bonfigli
Non mi avvicino nemmeno al sopracciglio di Keynes (anche se mi sembra che gli USA vennero fuori, abbastanza bene, seguendo le sue teorie): la proposta che venne fatta (e che reputo tutt’ora fattibile) era dettata solo da buonsenso e intelligenza.