Secondo un vecchio e saggio proverbio, quando tuona significa che da qualche parte piove. E il tuono, stavolta, è stato forte. E la pioggia, se cadrà, non sarà una pioggerellina. Da notizie di ottima fonte che Cm ha saputo cogliere nel loro pur riservatissimo fluire da Roma (leggi l’articolo) pare infatti che la volontà del governo sia di portare a sessanta il numero delle attuali 107 Province e, per quanto riguarda le Marche, di ridurre a tre le cinque Province esistenti salvando Pesaro-Urbino e Ancona, cancellando Macerata e Ascoli e lasciando la sola Fermo a gestire una sorta di preannunciato “Distretto delle Marche Sud”. Naturalmente bisognerà vedere se tutto questo diventerà legge – il cammino, come sempre, non sarà agevole e nemmeno breve, visto che già si parla di rinvio – ma il primo passo è stato fatto e sarebbe sciocco fingere che non sia accaduto nulla.
A che cosa risponde questa pensata? Di sicuro alla logica della “spending review” perché, come vedremo, consente di abolire due Province invece che una e di realizzare un pur modestissimo risparmio nel vacillante capitolo della spesa pubblica . Molto meno, però, risponde a un’altra logica, quella della storia, della tradizione e dei reali interessi delle rispettive popolazioni. E cercherò di spiegarlo.
Un passo indietro. Il sogno populistico e un po’ demagogico dell’annullamento radicale di tutte le Province è ormai superato sia perché ci vorrebbe una defatigante modifica di ben quattro articoli della Costituzione sia perché ci si è resi conto che un ente pubblico intermedio fra Regione e Comuni non è affatto inutile e anzi, per certe materie e per certi territori, è indispensabile. Tuttavia non v’è dubbio che il numero delle attuali Province è eccessivo: nel 1947 erano 91 e adesso, dopo ripetute concessioni a clientelismi, localismi e calcoli elettorali, sono 107. Troppe, con l’aria che tira. Dunque si procede col sistema dei cosiddetti accorpamenti, grazie ai quali è possibile ridurre fortemente quel numero senza aprire ferite profonde nel sistema complessivo dell’amministrazione pubblica periferica. Giusto. Scelta questa strada, si è poi deciso di salvare solo quelle Province che rispondono ad almeno due dei seguenti criteri: popolazione superiore a 350 mila abitanti, estensione superiore a tremila chilometri quadrati, numero di comuni superiore a cinquanta. Bene. Pesaro-Urbino ne rispetta due: popolazione e numero di Comuni. Ok. Ancona, che rispetta solo il criterio della popolazione, è tuttavia capoluogo regionale e merita un occhio di riguardo. Ok. Macerata ne rispetta soltanto uno, quello del numero dei Comuni. Ascoli e Fermo neanche uno. Fuori, quindi, Macerata (le basterebbero appena 201 chilometri in più). E fuori, senza remissione, Ascoli e Fermo.
Veniamo allora agli accorpamenti. Considerando che la Provincia di Fermo ha soltanto sette anni di vita e che la sua istituzione – ma questa è una mia contestabilissima opinione – è stata uno dei tanti errori della politica e che, al contrario, le Province di Macerata e Ascoli risalgono alla creazione dello Stato unitario, mi son preso la briga di fare qualche conto e mi sono convinto che la soluzione migliore sarebbe l’abolizione della giovanissima e inopinata Provincia di Fermo e il conseguente trasferimento in parte a Macerata e in parte ad Ascoli delle sue caratteristiche demografiche, territoriali e comunali. Il che consentirebbe alle Province maceratese e ascolana di rispettare almeno due di quei criteri e perciò di salvarsi.
Vediamo meglio. Oggi la Provincia di Macerata ha 320 mila abitanti, 280 mila chilometri quadrati e 57 Comuni. Non è in regola, quindi, per gli abitanti e per l’estensione. Quella di Ascoli ha 210 mila abitanti, 1.230 chilometri quadrati e 33 Comuni. Fuori gioco su tutto. Quella di Fermo ha 175 mila abitanti, 860 chilometri quadrati e 40 Comuni. Anch’essa fuori gioco su tutto. Se, con l’abolizione di Fermo, alcuni dei suoi Comuni per un totale di 31 mila abitanti passassero a Macerata, quest’ultima rispetterebbe due criteri su tre e sarebbe salva. Idem per Ascoli, se potesse contare sul ritorno all’ovile di 140 mila abitanti e 18 Comuni che ora appartengono alla Provincia fermana. Il discorso è ovviamente più ampio perché l’eventuale cancellazione della Provincia di Fermo determinerebbe una situazione analoga a quella precedente alla sua istituzione, con la perdita, per Fermo, del ruolo di capoluogo provinciale. Ma qui mi sono limitato a considerare ipotesi strettamente aritmetiche.
Ovviamente bisognerebbe studiare bene i meccanismi di tale ripartizione, prendendo anche atto che non pochi Comuni oggi del Fermano gravitano nell’orbita maceratese – si pensi a Civitanova e alla zona calzaturiera – e che altrettanti Comuni oggi fermani gravitano invece nell’orbita ascolana. E’ innegabile, intendiamoci, che ciò costerebbe sacrifici per Fermo, il cui legittimo entusiasmo per la recente conquista della Provincia è ancora vivo. Fra l’altro a favore di Fermo gioca la posizione geografica, che può funzionare da baricentro equilibratore del grande territorio marchigiano a sud di Ancona. Ma non vedo perché sottovalutare i sacrifici ben più pesanti – la storia, signori, la storia – che l’eventuale creazione di siffatta Superprovincia fermana imporrebbe a Macerata e ad Ascoli. E’ assurdo ritenere che a Palazzo Chigi ci si rifletta un pochino?
Da ultimo vengo al durissimo prezzo che la città di Macerata sarebbe costretta a pagare per questo ipotetico “Distretto Marche Sud”. Lungi da me l’intenzione di assumere atteggiamenti di gretto campanilismo. L’estrema difficoltà della situazione economica nazionale è sotto gli occhi di tutti e che il governo Monti intenda ora mettere in campo una severa riduzione della spesa pubblica è parte decisiva delle non molte speranze di far uscire l’Italia dalla morsa della recessione e dallo spettro di un fallimento tipo Grecia, anche se questo mortifica aspirazioni e financo diritti delle realtà locali. Tuttavia, oggi che si parla del rilancio del centro storico e del parcheggio di Rampa Zara, mi pare ragionevole auspicare che non solo da noi ma pure a Roma si badi alle ferali conseguenze che deriverebbero proprio al centro storico di Macerata dalla scomparsa della Prefettura, della Questura e della sede della Provincia. So già che se tutto questo accadesse si finirebbe col darne la colpa a Romano Carancini e alla sua giunta (è capitato pure per la perdita della Banca d’Italia, ignorando che la Banca d’Italia ha chiuso le proprie sedi in quasi tutti i capoluoghi provinciali d’Italia). D’accordo, così va il mondo. Ma non sarebbe una gran soddisfazione.
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Il discorso di Giancarlo Liuti non fa una piega. Io non saprei cosa sacrificare… Non certo Macerata e neppure Ascoli Piceno. Fermo, papalina e clericale, non c’è mai stata fin da quando sgarrò con i nuovi padroni dell’Italia unificata e non dovrebbe esserci in futuro.
Liuti ricorda giustamente che il territorio fermano è in effetti diviso in due parti: una che gravita verso Macerata ed un’altra verso Ascoli Piceno. Ricordo cittadini di Montegranaro e persino di Fermo che venivano alla Banca d’Italia di Macerata per i loro versamenti, in quanto questa era più vicina di Ascoli Piceno. Questi Comuni si potrebbero accorpare con la Provincia di Macerata. Il discorso è comunque molto difficile…
Dunque…non saprei da dove cominciare nel commentare questa notizia e quella del direttore di ieri sera…forse meglio partire dal fatto che Civitanova oggi è un comune del Fermano? ma dove le prendete le notizie? su Wikipedia? sicuramente no, visto che almeno lì le informazioni sono corrette….come si possono scrivere certe baggianate? che informazione è questa? nessuna!! infatti non state dando alcuna informazione ai cittadini…ma solo la vostra opinione…che si basa su cosa?? AUTOREVOLI FONTI??? è questo il modo di fare giornalismo? dare la fonte della notizia è la prima regola di chi vuole fare informazione, ma questo dovreste saperlo…altrimenti si può dire di tutto e di più…pensate per un attimo, cari lettori di CM, cosa succederebbe se queste “opinioni” non venissero confermate o se venissero smentite nei prossimi giorni? quale sarebbe la line difensiva di CM? che grazie al loro intervento e al loro allarmismo è stato evitato il dramma? io credo di no…penserei che si sono informati male, che hanno dato una notizia non corrispondente al vero…che hanno fatto disinformazione, magari volutamente per incrementare le visite e il dibattito dei commenti sul giornale. Una notizia è tale solo quando si è in grado di citare la fonte…se non siete in grado, cambiate mestiere, avete fatto ridere abbastanza!
…….MACERATA GRANNE……
@ Guido: parole veementi le sue, ma definire baggianate quelle dell’ottimo Liuti…… Mi perdoni e’ abbastanza pesante. Premesso che non c’è bisogno di difese per le parole dell’articolo, sottoscrivo che CiVitanova Marche possa appartenere a Ferrmo in quanto il distretto calzaturiero a cui attinge lavoro e risorse e’appunto quello fermano, non certo quello maceratese, tipicamente contraddistinto da un terziario spinto.
Passando poi alla citazione di “autorevoli fonti”, ritengo che non si debba assolutamente criticare quanto scritto e riportato, in quanto la materia e’ senza dubbio in divenire, e non si tratta di fare allarmismo, n’è gossip, ma pensare che si voglia fare scoop per aumentare la visibilità, caro Guido e’ purafantascienza !
Viste alcune veemenze – Così ad occhio e croce sembrerebbe
che CM possa aver leso in passato qualche interesse particolare di qualche commentatore !!!!!
guido, si faccia dire una cosa: torni nel suo circo di appartenenza. Dallo stile sembrerebbe quasi che anche lei sia un giornalista… diciamo leggermente “rosicante” per il successo di Cm… Ma no, dai… non è possibile… E allora perchè tutto questo astio da un commentatore che improvvisamente compare sulle pagine di questo giornale? Se proprio dovessi risponderle, le direi che aprire un dibattito su un tema così attuale non può essere che positivo. Se poi chi ci governa dovesse tornare sui suoi passi, beh, meglio per tutti. Ma le garantisco che non è su queste notizie che si alimentano gli scoop. Ma lei questo lo sa già, vero?
Le Marche e il Regno Italico
Napoleone nel castello di Schönbrunn, firma il decreto che pone fine allo Stato Pontificio.
Tale decreto che va in vigore l’11 aprile sancisce che le Marche d’ora in poi faranno parte del Regno Italico, voluto da Napoleone, istituito tre anni prima cioè il 17 marzo 1805.
Il Regno Italico conta 24 Dipartimenti: ognuno di essi ha un Prefetto, un Intendente di Finanza e una Direzione delle Poste.
In esso dal 1806 è in vigore il Codice Napoleonico; si estende dal Fiume Sesia all’Isonzo e dalle Alpi al Tronto con una popolazione di 6 milioni e mezzo di abitanti e una superficie di 76.000 Kmq.
L’Umbria che faceva parte dello Stato Pontificio è unita all’Impero Francese. Le Marche invece al Regno Italico che ha percapitale Milano.
Sul modello della Francia anche i Dipartimenti delle Marche prendono il nome dai fiumi. Sono tre: il Dipartimento del Tronto con capoluogo Fermo; il Dipartimento del Musone con capoluogo Macerata; il Dipartimento del Metauro concapoluogo Ancona.
Vice-Prefetture del Dipartimento del Tronto sono Ascoli Piceno e Camerino. Però quest’ultima città, nel luglio 1808 passa al Dipartimento del Musone e come vice-prefettura subentra San Ginesio.
Costituiscono il Dipartimento del Tronto i seguenti “cantoni”: Sant’Elpidio, Montegiorgio, San Ginesio, Petritoli,Sarnano, Montalto, Ripatransone, Offida, Ascoli, e Camerino.
Quello del Musone, che come detto ha per capoluogo Macerata, è costituito dai cantoni di Civitanova, Caldarola, San Severino, Tolentino, Treia, Fabriano, Cingoli, Recanati, Loreto, Osimo, Monte Santo (=Potenza Picena) e Rocca Contrada (=Arcevia).
Il Dipartimento del Metauro oltre al capoluogo Ancona (invano insidiata da Urbino) ha i cantoni di: Colmurano,Corinaldo, Montalboddo, Urbino, Urbania, Sant’Angelo in Vado, Pesaro, Salodecchio ed anche Gubbio (che farà parte delle Marche fino al 1860).
Questa suddivisione delle Marche nei tre dipartimenti durerà fino al ritorno delle Marche al Papa.
Il Governo provvisorio Austriaco succeduto alla caduta di Napoleone e Murat stesso, mantengono in vita i tre dipartimenti marchigiani finché nel 1816 verranno istituite le Delegazioni Apostoliche.
Particolare significativo: Napoleone, nel castello di Schönbrunn, il 2 aprile 1808 pone fine allo Stato Pontificio con decorrenza11 aprile 1808. Il 2 aprile 1814 nello stesso castello viene decretata la detronizzazione di Napoleone e con decorrenza 11 aprile 1814 il Papa rientra in possesso dei suoi Stati.
Coincidenza casuale di date o contrappasso?
“Ai posteri l’ardua sentenza!”.
Gabriele Nepi
L’articolo ha un peccato originale, si base sulle prime indiscrezioni dei parametri. Nel decreto pubblicato venerdi (andare su http://www.gazzettaufficiale.it/guridb/dispatcher?service=1&datagu=2012-07-06&task=dettaglio&numgu=156&redaz=012G0117&tmstp=1341741654298 ,cliccare su provvedimento grafico e pagina 68) saranno presi in considerazione popolazione e territorio (entrambi verificati). I parametri saranno decisi entro 10 giorni (quindi entro il 16/07). Se rimangono questi (350.000 ab e 3000 kmq), non si salva neanche Pesaro.
@Guido. Il suo commento proprio non lo capisco. Deve convincere i lettori della poca serietà della testata o esprimere un parere su una questione di cui si deve inevitabilmente parlare? Perchè nel primo caso, da lettrice, la invito a non preoccuparsi. Non saranno parole così infuocate a spingermi o meno a leggere questo giornale. Se quanto scritto la infastidisce, non lo legga.
Ammiro molto il Dottor Liuti e gli spunti di riflessione a cui ci apre la domenica. Mi piace tantissimo Cronache Maceratesi. Questo commento stamattina mi ha molto colpito, negativamente. Sembra quasi rancoroso e si fa fatica a capire il perchè.
Per puro esercizio (tanto per quello che può contare…) mi sono divertito a fare 2 calcoli e in realtà ci sarebbero tre soluzioni (una più astrusa dell’altra :D):
1) visto che anche Ancona è fuori dai parametri, si accorpi Ancona con Macerata e riaccorpino Fermo ed Ascoli;
2) mantenendo per buono che Ancona è comunque intoccabile (!) e quindi non soggetta a parametri, per raggiungere la necessaria estensione di Kmq per “salvare” la provincia di Macerata è necessario inglobarci Cerreto d’Esi e Fabriano dalla attuale provincia di Ancona (io ci metterei anche Loreto, così tanto per cattiveria);
3) se si pensa ad un distretto Marche Sud, si faccia anche un distretto Marche Nord; due provincie e non ci pensiamo più: Pesaro-Urbino e Ancona, Macerata, Fermo e Ascoli.
Fantascienza e facezie a parte la domanda di fondo è: come si fa ad accettare che un governo tiri fuori dei numeri semplicemente facendo somme e divisioni che sconvolgono profondamente realtà radicate nei territori senza tenere conto di queste ultime? Ad una eventuale risposta “sono tecnici” è facile controbattere che anche il più somaro degli ingegneri in società con il più folle degli architetti non costruirebbe mai alcunchè senza aver prima fatto un’analisi del terreno su cui edificare.
Riguardo la “profezia” del dott. Liuti sulle eventuali responsabilità che potrebbero essere addossate al sindaco Carancini (ma la questione Banca d’Italia non era colpa di Meschini?)… beh… tutto può essere ma almeno per una volta prima dovrebbero essere addossate ai politici di “fascia alta”: quelli che stanno in Provincia, in Regione e prima ancora alle Camere.
Ciao.
prima di pensare alle province sarebbe bello fare una bella campagna di informazione nazionale per far sapere all’Italia Intera che Macerata NON è Matera, come ha corretto il TG5 poco fa. Non è la prima volta che sento dire che gli italiani confondono Matera con Macerata e viceversa.
Per il DINDO mi Sa che El Dindo ha ragione
Grazie per gli ottimi spunti di riflessione dottor Liuti! Speriamo che inizino a riflettere anche i politici che vengono votati per difendere il territorio!!
Al commentatore guido dico che leggo cm almeno tre volte al giorno da tre anni e posso assicurare che non è certo un tipo di giornale che si inventa notizia ma anzi riesce a fare opinione cosa che ormai fanno veramente in pochi!!!
IL REGIO COMMISSARIO GENERALE STRAORDINARIO LORENZO VALERIO:
Proclama agli italiani delle MARCHE.
Voi domandaste la protezione del Re Galantuomo, invocandolo difensore contro mercenari stranieri, che hanno per legge il saccheggio e la strage, e che erano raccolti e spinti da quello stesso potere, cui in laccia a Dio ed agli uomini sarebbe toccato di tutelare le persone e le cose vostre. ll Re accolse la vostra domanda nel suo cuore italiano il grido del vostro dolore fu più potente di qualunque altra considerazione. Alla risoluzione succedette immediato l’ effetto; un corpo del suo valoroso esercito comandato da valentissimo capitano, già entrato nelle vostre terre. si avanza rapidamente accompagnato dalla vittoria.
Il Re, che vuole la vostra salvezza, vuole perciò un ordine di cose, che sia stabile e degno dell’ Italia e di lui; vuole che siano ordinate le vostre provincie e che voi vi mettiate in istato di poter esprimere liberamente il vostro voto sulla loro futura condizione politica.
Onorato dal Re dell’ incarico di rappresentarlo tra voi in questo periodo di transizione, che potrebbe essere fatale a tutta l’ Italia, se difettaste o di energia o di saggezza, io vengo pieno di fiducia in coloro, ai quali sono mandato perché penso che mi porgerete quell’ aiuto e quel concorso,che mi e necessario, per bene adempiere i voleri del Re.
Voi vi armerete per accelerare la conquista della liberta, e per conservarla; sarete obbedienti alle leggi, siccome e dovere d’ ogni cittadino, e come lo stesso Re ve ne da per primo l’ esempio, combatterete i nemici interni, e, vinti che li abbiate, sarete generosi.
Italiani delle Marche, figli dei Romani, discendenti dall’ antico gentil sangue latino, colla sapienza civile mostrate che la secolare oppressione non riusei a farvi degenerare, e cooperate a tar si che possa aver degno compimento la nobile ambizione del Re di restaurare in Italia i principii dell` ordine morale.
Viva Vittorio Emanuele – Viva l’Italia!
PROCLAMA Al CITTADINI DELLE MARCHE.
Finalmente la bandiera nazionale sventola sui vostri forti baluardi, e dice alla terra ed al mare, che valorose armi fraterne vi hanno resi alla libertà. I cuori gemono ancora pel sangue sparso, e per la perdita di persone care; ma questo è tributo che la provvidenza impone ai popoli. quando insorgono affinché il doloroso acquisto sia loro più caro, e più vigorosamente lo difendano.
Gloria ai generosi caduti sotto Castelfidardo e sotto Ancona! l Essi vivono ancora e sempre vivranno nel memore affetto della grande patria italiana. che fece suoi i vostri dolori, ed ora sente come proprie le vostre gioie.
Io vi porto il saluto del magnanimo Re, nel quale ha posto le sue compiacenze e le sue speranze l’ Italia. Sarò tra voi rappresentante di Vittorio Emanuele e di dodici milioni d’italiani, partecipe anch’ io, se mi e lecito il dirlo, della nobile ambizione di restaurare in queste belle Provincie i principii dell’ordine morale. E io sarò merce vostra, perché voi mi chiederete le armi e le leggi, ma l’ energia e la saggezza sono io, che le domando a voi.
Costituiscono sin d’ ora il munici io ed il comando della guardia nazionale basi prime ed indispensabili d’ ogni futuro ordinamento sociale. Queste magistrature saranno provvisorie. ln questo momento esse non possono derivare che dal potere delegato dal Re; ma in appresso dovranno uscire dalla libera elezione dei cittadini. Gli egregi uomini, che io chiamo ai pubblici uffici, faranno sacrificio del proprio riposo alla patria, cui debbono tutto per dovere di natura, ed al re, cui sono legati per la riconoscen2a e per l’ amore. Essi stimeranno invidiabili questi onori, solo perche ardui e faticosi. ‘
Nomino la Commissione Municipale provvisoria pel reggimento del comune di Ancona a norma del mio decreto da Senigallia 24 corrente composta dei signori Fazioli conte Michele presidente, Orsi conte Alessandro, Matteucci Francesco, Morichi Giovanni Battista negoziante, Ferretti Daniele capo-artiere, Fanelli conte Nicola, Berretta Cesare, Misturi Francesco, Ninchi avv. Annibale.
Nomino ii signor Cresci conte Ferdinando colonnello comandante provvisorio della guardia nazionale di Ancona.
L’esultanza della vittoria non vi faccia scordare che se molto è stato fatto, rimane a farsi ancora molto. Accorrete pronti nelle file della guardia nazionale, addestratevi alle armi, perche presto sarete chiamati a dividere le fatiche e le glorie di questo prode esercito, di questa invitta marina, a cui fate plauso. Siate ubbidienti alle leggi, docili alla voce dei magistrati; migliorate l’ educazione popolare, fonte d’ ogni virtù: agevolate tutte le buone istituzioni cosi nell’ ordine morale come nell’ordine materiale. Sia virtuosa la vita domestica, e sarà più lieta e più soave: sian fecondate dalla scienza le speculazioni commerciali e saranno più fortunate e più sicure. Le intelligenze gli affetti e le forze di tutti si uniscano strettamente come le verghe nel fascio del littore. Allora nessun nemico potrà contro di voi, e l’ illustre Ancona avrà la parte e l’ onore, che le competono nella grande opera di farsi Nazione.
Viva Vittorio Emanuele – Viva l’Italia!
PROCLAMA DEL COMITATO CENTRALE NAZIONALE DELLE MARCHE AGLI ANCONITANI.
Se una delle più grandi cagioni, onde viene contristata la vita, si e la tirannia; non vi ha d’altronde beneficio maggiore che la libertà, la quale evocata dai sacrifici e dalle lacrime d’ intere generazioni, si fa strada tra gli errori e le delusioni dei popoli, vince la violenza dei sistemi, spezza il giogo dei partiti e delle caste, per tornare tanto più gradita e per assidersi in tanto più sicuro trionfo i per quanto le sono compagni il senno, la prudenza civile, e le opere del valore e della gloria.
Cittadini, fratelli! Lo squillo delle trombe, onde risuona il cielo in ogni parte, la sacra tricolore bandiera su cui risplende la Croce di Savoia, questo addensarsi di fanti e di cavalli per le nostre vie, questo strepito di cani guerreschi, questo clamore di genti esultanti che in ogni parte prorompe, compendiano la scena dell’invocato trionfo, sono il preludio di una vita novella, portano la fiducia e la gioia negli animi, restin1iscono la pace alle nostre famiglie, creano una nuova gloria alla patria con1une. e di un alloro novello circondano la fronte del magnanimo ed invincibile nostro Re.
Cittadini fratelli! Consigliarvi a pubbliche manifestazioni di gioia, quando già tanto è il desiderio di questa libertà, alla quale dischiude la via la spada formidabile degli invitti capitani, che hanno trionfato dei nostri violenti oppressori, sarebbe disconoscere l’ animo vostro e la grandezza delle cagioni, onde l’intero popolo è commosso.
Oh l quanto gioverebbe a render piena la gioia di questa festa che le vostre grida giungessero all’ orecchio del magnanimo Vittorio Emanuele. Oh! come noi vorremmo che Egli sin qua penetrasse col guardo, per meravigliare di una città, che preda non a guarì dello squallore e del lutto, consegnata da mano sacerdotale ai duri flagelli della militare licenza, rialza italianamente la fronte, benedice la mano liberatrice, si conio1ta coll’ abbraccio degli esuli figli, si rianima di muove speranze e muove essa pure giuliva ad assidersi nel grande convitto della Nazione.
Ma se le manifestazioni di giubilo es degli animi riconoscenti riescono gradite a principe benefico,molto resta nullameno ad operare, perche intero sia soddisfatto il debito della gratitudine, e perche intero sia soddisfatto dei buoni tempi noi ci facciamo degni della presente civiltà e della libertà, a cui siamo condotti.
Operiamo a che nell’acquisto dei nuovi diritti sia in noi animo proporzionato all’ adempimento dei relativi doveri.
Operiamo a che le antiche vergogne siano cancellate dalle presenti virtù.
Operiamo a che la liberta non sia per noi l’ebbrezza passeggera, né la soddisfazione di passioni recondite, ma sibbene la convinzione del temine degli antichi danni, susseguiti da quella serie di vantaggi, onde dallo svolgimentointe1o e soddisfacente delle facoltà individuale e delle rette passioni risulta il maggiore benessere universale conforme alle leggi dell’onesto e del giusto. La vita novella ricerca una migliore educazione e negli spiriti e negli intelletti
Operiamo a vincere molte abitudini, che sono il triste retaggio della tirannide. onde cadano a vuoto le opere dei nemici esterni ed interni, che insidieranno alle nostre liberta ed alla grandezza d’ Italia! Questo è il debito nostro.
A ciò sia diretto ogni nostro intendimento : impemccne la Patria ha d’ uopo di giusti e forti consigli, dipendendo dal valore degli animi e del braccio le nostre sorti presenti e quelle dell’ avvenire.
Noi però educati nella sventura, consapevoli dei tristi effetti delle cittadine discordie, come fummo strettamente congiunti nei giorni del dolore, cosi lo saremo in quelli, che preparano nuovi destini alla Patria.
Nel benemerito d’ Italia, Lorenzo Valerio, che il Re ci trasmette a supremo Governatore delle Marche, salutiamo il patriota valente, il sapiente politico, l’amorevole guida degli animi nostri, e sia desso il chiaro luminoso, che conduca a piena salvezza.
Viva Vittorio Emanuele – Viva l’Italia!
Ancona 29 settembre 186o.
DECRETO DI ABOLIZIONE DELLA INQUISIZIONE
Considerando doversi prontamente cancellare dalle tavole legislative di un popolo civile una istituzione che per secoli contrariò l’orbe cattolico, e che condannata dalla coscienza universale più non sussiste che in poca parte d’ Italia;
ln virtù dei poteri conferitigli col Decreto Reale 12 settembre 186o,
Decreta:
1. E abolito il tribunale della Sacra Inquisizione o Sant’Uffizio in quanto riguarda la sua giurisdizione sulle persone e l’ autorità di far eseguire le proprie sentenze in queste provincie, nelle quali nè esso potrà aver sede, nè le sue sentenze esecuzione od effetto alcuno.
2. Chiunque tenterà di pronunciare sentenze o prendere altri provvedimenti a nome del detto tribunale in queste provincie, incorrerà nelle pene inflitte dall’art. 131 del regolamento sui delitti e sulle pene 30 settembre 1832, che tuttora sussiste, e chiunque tenterà di eseguire tali sentenze o provvedimenti, ovunque pronunciati, incorrerà nelle pene inflitte dall’art. 132 dello stesso regolamento.
ll presente Decreto verrà pubblicato in tutti i Comuni delle provincie suddette ed inserito nella Raccolta Ufficiale degli Atti del R. Commissario Generale Straordinario, mandandosi a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Senigallia 27 settembre 1860.
ma cosa mi importa come si chiama la mia provincia Macerata, Ancona, Fermo, Ascoli…….abolire solo alcune provincie è uno stupido compromesso, che porterà un gran caos e una serie di liti, le provincie vanno abolite tutte……….
Scusate la mia estrema sintesi e semplicità, ma al cittadino comune di fatto cosa importa se appartiene a una provincia x o y, cosa ci guadagna o rimette??
Si tira in ballo la storia, le tradizioni ecc. ma di fatto si vuole difendere lo status quo di privilegio di città a vocazione burocrata che di fatto perderebbero il loro potere (città che non producono ma contano e comandano!).
A Civitanova, Tolentino, Montegranaro e alle tante altre realtà produttive della regione non penso che interessi molto se sulla targa delle proprie vetture figura la sigla MC AP FM o Paperopoli…..
Purtroppo il sig. Liuti dà notizie vecchie e superate (i requisiti per la soppressione delle provincie sono cambiati da almeno un giorno prima dell’articolo, il n. dei comuni non c’è più).
In realtà tutta l’impostazione del discorso (chi sarà il nuovo capoluogo) è un discorso vecchio e retrogrado, fatto per campanili e con prospettive pari a 0. Proprio questo tipo di discussione mette in mostra tutti i limiti della riforma delle provincie.
Per aumentare o diminuire le provincie basta una norma ordinaria, per sopprimerle totalmente, vista la previsione costituzionale, occorre una modifica costituzionale, che richiede tempi più lunghi, ma con la situazione attuale ha sicuramente maggiori prospettive.
Il fatto che serva o comunque sia utile un’organismo intermedio tra Regione e Comuni, non significa assolutamente che debba essere strutturato come Ente autonomo (ovvero poltrone poliche). Potrebbe benissimo essere un ufficio distrettuale della Regione, nè più nè meno come operano già analoghi uffici ministeriali e regionali.
L’unica cosa certa è che con questa vicenda viene solo dimostrato proprio quanto siano forti i campanilismi e quanto sia difficile sopprimere una provincia sì e una no. Dire che è dimostrato che ” Il sogno populistico e un po’ demagogico dell’annullamento radicale di tutte le Province è ormai superato sia perché ci vorrebbe una defatigante modifica di ben quattro articoli della Costituzione sia perché ci si è resi conto che un ente pubblico intermedio fra Regione e Comuni non è affatto inutile e anzi, per certe materie e per certi territori, è indispensabile.” è, secondo me, fuorviante, in quanto sottintende, senza dimostrarlo affatto, che viene accantonata per sempre la soppressione totale delle provincie.
Comunque la si giri, è una patata bollente difficile da pelare.
Se prendiamo in considerazione la realtà linguistica, tuttavia, l’area maceratese – fermana – camerte costituisce un territorio omogeneo che si distingue nettamente rispetto alle aree più a nord (dove si parlano i dialetti anconetano e pesarese) e più a sud (dove si parla l’ascolano), come insegna tra gli altri il compianto Flavio Parrino.
Le differenze dialettali tra i territori a nord e a sud del Chienti, che pure esistono, e motivano la distinzione tra area maceratese-camerte e area fermana (nella quale per altro graviterebbero anche i comuni maceratesi che fanno parte – non a caso – della diocesi di Fermo) non sono poi tanto più marcate di quelle che si riscontrano nelle parlate a sud e a nord del Potenza.
Insomma: linguisticamente parlando, l’ipotesi di una provincia di Macerata-Fermo non sarebbe poi campata in aria…
Non sarà che il Prof. si inventa storie che non sono nè carne, nè pesce per impegnarci in cagnare intestine, mentre lui si dedica ad altro?
Cronache Maceratesi è solo un giornalismo partecipativo, che ha solo una linea politica: quella di porre i problemi già presenti, o che sorgeranno, e farci discutere sopra la gente che desidera esprimersi (purtroppo poca gente, malgrado ci sia la libertà di esprimersi). CM dovrebbe servire ai politici di capire gli umori del popolo, ma qui fanno orecchie da mercanti.
L’istituzione “provincia” ha un senso tant’è che a quel che se ne sa proprio a quella istituzione in una nuova ottica verranno demandati solo alcuni compiti di programmazione, raccordo e realizzazione che interessino un determinato territorio e non vedo per quale motivo debba essere un ufficio regionale (basti ricordare “l’enorme pastrocchio” – chiamiamolo così in modo MOLTO bonario – del CUP Regionale non ancora sistemato costato milioni di euro) a gestire quelle competenze né tantomeno confido che possano i singoli Comuni riuscire a superare i campanilismi di cui si invoca tanto la messa nel dimenticatoio per le province. Il problema è che l’istituzione serve e basterebbe (sopprimerei piuttosto tanti altri poltronifici ops! scusate, Enti) per coordinare le tante esigenze se le cose funzionassero a dovere e se la provincia fosse un’organismo prettamente tecnico e non ridotto a sua volta a poltronificio. Pochi politici e tecnici competenti.
Il Prof. Regnicoli dice cose esatte con cognizione di causa citando una fonte autorevole sul tracciato delle vie della romanizzazione nei territori delle Marche attuali:
1. la via Flaminia, che penetra nelle Marche per il passo della Scheggia e scende alla costa adriatica lungo la Valle del Metauro;
2. quella prima diramazione della via Flaminia che penetra nelle Marche per il passo di Fossato e scende alla costa adriatica lungo la Valle dell’Esino;
3. l’altra diramazione, che da Foligno penetra nelle Marche per il passo di Colfiorito, raggiunge Camerino e a Settempeda si scinde in due rami: quello per Treja e Osimo giunge ad Ancona, e quello per Tolentino, Urbisaglia e Falerio conduce a Fermo;
4. la via Salaria, che penetra nelle Marche lungo la Valle del Tronto e che per Ascoli raggiunge la costa adriatica a Castrum Truentinum, cioè a Porto d’Ascoli.
Per il Devoto la diversità di questi quattro itinerari della colonizzazione e della romanizzazione delle attuali Marche è il presupposto della frammentazione dialettale della regione.
Cfr. F. PARRINO, Sul parlare maceratese, a cura di C. Babini e A. Regnicoli, Pollenza, 1996, passim).
Si potrebbe continuare con le Costituzioni egidiane promulgate da Egidio Albornoz nel 1357… cioè ai tempi del Ducato di Spoleto e quando la Marca anconitana aveva sede a Macerata,
Qualche piccola precisazione:
1) La fonte della notizia sull’intenzione del governo di istituire un Distretto Marche Sud con sede a Fermo – intenzione che, come scritto, per ora è una proposta all’esame dei ministri e quindi non ha nulla di definitivo – è autorevolissima in quanto proviene da ambienti di Palazzo Chigi, sede del Governo.
2) La fonte stessa ha chiesto a Cronache Maceratesi di mantenere l’assoluta riservatezza su di essa.
3) L’articolo 2 della Legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti impone di “rispettare il segreto sulla fonte delle notizie quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse.
Bravo Zallocco! Una precisazione multipla niente male con etico e raro riferimento alla norma di deontologia professionale finale
@ Matteo
Non so come faccia la fonte di Palazzo Chigi a pensare di decidere dall’alto quando il decreto lascia, giustamente, la facoltà di scelta di come attuare il piano di riduzioni e accorpamenti al Consiglio delle autonomie locali; solo in mancanza di decisione entra in gioco il governo.
3. Il testo della deliberazione di cui al comma 2 è trasmesso al Consiglio delle autonomie locali di
ogni regione a Statuto ordinario o, in mancanza, all’organo regionale di raccordo tra regione ed enti
locali, i quali, entro quaranta giorni dalla data di trasmissione, deliberano un piano di riduzioni e
accorpamenti relativo alle province ubicate nel territorio della rispettiva regione. I piani di cui al
primo periodo del presente comma, costituenti iniziative di riordino delle province, sono trasmessi
entro cinque giorni al Governo, che acquisisce entro i successivi dieci giorni il parere di ciascuna
Regione interessata, ai fini di cui al comma 4.
4. Entro venti giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto,
con atto legislativo di iniziativa governativa sono soppresse o accorpate le province, sulla base delle
iniziative deliberate ai sensi del comma 3. Se a tale data tali deliberazioni in una o più regioni non
risultano assunte, il provvedimento legislativo di cui al primo periodo del presente comma è assunto
previo parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997,
n. 281, e successive modificazioni, che si esprime entro dieci giorni esclusivamente in ordine alla
riduzione ed all’accorpamento delle province ubicate nei territori delle regioni medesime.
A questo punto, se Macerata va con Ancona i discorsi sono chiusi, una sola provincia coincidente con la regione. A meno di tagli e cuciture sui singoli territori comunali.
Io non capisco, davvero non capisco, quali sono le attività della provincia che non potrebbero essere svolte da regione e/o comuni. Tutti quelli che dicono che le province non si possono abolire non entrano mai nel merito nè fanno esempi di attività che la regione o i comuni (da soli o in consorzio) non sarebbero in grado di gestire.
@NoUseItForAName
l’esempio di come gestisce le risorse la regione glielo ho dato ma forse le è sfuggito: CUP Regionale, NON FUNZIONA dopo 2 anni dalla sua creazione ed è costato MILIONI di euro (ed altri ne costa e costerà); campagna di promozione turistica promossa dalla Regione Marche 1.500.000 euro l’anno e nessun significativo aumento delle presenze turistiche; mobilità su rotaia soppresse fermate e corse regionali; se vuole ce ne sono altre ma credo che bastino queste ad inquadrare il problema di una gestione totalmente centralizzata.
Supponiamo ora che le province vengano totalmente soppresse e che i fondi relativi a quanto ora di loro competenza vengano distribuiti ai singoli comuni; la sua ipotesi di consorziarli mi pare poco praticabile: quali e quanti consorzi dovrebbero nascere per gestire le varie problematiche? viabilità, mobilità, sfruttamento del territorio, distribuzione di acqua ed energia, e via discorrendo: se fossi un politico vedrei subito la possibilità di tanti poltronifici e mi ci tufferei; ma c’è una possibilità peggiore: supponiamo che uno degli acquedotti attraversi 5 comuni (regolarmente consorziati) e che 3 di questi, quindi la maggioranza del consiglio di amministrazione del consorzio, si dicano contrari ad investire nell’ammodernamento di una parte dell’acquedotto che nei restanti 2 comuni ha delle perdite dovute alla vetustà dell’impianto… l’ammodernamento non si farebbe e glielo spiega lei ai cittadini di quei 2 comuni che devono pagare di più l’acqua perchè se ne spreca nella loro parte di condutture?
Ripeto quanto ho scritto nel mio intervento precedente: province si, organizzate razionalmente, con pochissimi politici amministratori e tecnici che conoscano bene il loro territorio di competenza.
@ cammellorob
Se il Cup fosse stato fatto dalla provincia, sarebbe garantito che funzioni? Se la provincia è di 57 comuni o di 100 fa una particolare differenza per gestire un acquedotto che riguarda 5 comuni? e se invece di provincia la chiamiamo regione e gli diamo le stesse competenze? cosa cambia di sostanziale? Se poi, da un punto divista operativo e organizzativo, occorre una maggior presenza sul territorio questo è un fatto tecnico che si traduce in uffici distaccati, come già ce ne sono a livello regionale. Ben diverso dal fare organismi provinciali, con tutto quello che ne consegue (Presidente, Giunta, assessori, segreterie varie, uffici di funzionamento (protocollo, ragioneria, provveditorato, personale, ecc.), che in sè non producono nulla, se non il funzionamento dell’organismo stesso. Ma costano.
invece che spostare i confini delle provincie per aumentare un pò i Kmq di qua e un pò la popolazione di la in una sorta di risiko da burocrate meglio fare una sola provincia. L’accorpamento serve un pò per risparmiare qualche euro ma principalmente serve per aumentare l’efficienza e il peso di un territorio e una provincia di circa 700mila abitanti pesa qualcosa in più delle 3 attuali. Il discorso storico a mio avviso non regge… il tempo passa, anche la Gallia per 3 secoli è stata parte dell’impero romano… vogliamo rivendicarla?! Non credo che a Mc cambi molto senza sua Eccellenza il prefetto o il signor questore ecc ecc il parcheggio di rampa zara (come molte altre cose), se serve, serve per per dare un posto auto a chi vuole andare in centro non di certo al prefetto e compagnia bella… e si! la responsabilità della realizzazione è del comune!quindi per favore….
”distruggere” una provincia storica come Macerata per salvarne una così recente ed INUTILE come Fermo non ha proprio senso. Pochi anni fa è stata resa provincia, ora ci sono problemi?Semplicemente si torna indietro e la si declassa. Perchè andare a toccare le altre province quando la soluzione più semplice sarebbe quella di far un passo indietro? Spero solo nel buon senso di chi avrà l’ultima parola a riguardo.
EHI, GENTE! SE QUALCHE POLITICO DOVESSE INTERVENIRE NEL DIBATTITO VUOL DIRE CHE SI E’ SVEGLIATO DA SOLO, SENZA IL RONZIO DELLE PALLOTTOLE ALLE ORECCHIE…
Ogni tanto vale la pena aver scritto qualcosa…. http://89.97.204.228/fparticolipdf/52437.pdf
Caro Giancarlo,
come sempre il tuo ragionamento è inoppugnabile.
Tuttavia, da maceratese-fermano quale sono (sebbene, al di là dei natali e dell’ascendenza materna fermani, io sia maceratese a tutti gli effetti), so bene quanto poca prossimità vi sia tra i fermani e gli ascolani. Non è un fatto di campanilismo: è un fatto di lingua, di cultura, di tradizioni, di storia (perché la storia – e qui ti faccio un appuntino, perdonami – non comincia dallo Stato unitario…), finanche di geografia (di conformazione della terra, di vegetazione, etc.).
Senza dubbio, Fermo è prossima a Macerata in tutto e per tutto. Credo che – al di là della ferita per la perdita eventuale della costituzione in provincia – non sopporterebbero poi così gravemente la fusione con noi. Sarebbe invece una vera e propria guerriglia tornare sotto le grinfie di Ascoli Piceno.
Macerata Camerino e Fermo, come certamente saprai, costituiscono il triangolo in cui nei secoli si è formata la nostra lingua dialettale che – al di là di piccole varianti – è sostanzialmente identica. Ora, se c’è una lingua che cresce e si consolida in uno “slargo” identitario, questa non è segno solamente di sé stessa…
Trovo sinceramente imbarazzante leggere (non da parte tua, ovviamente, ma in molti commenti) di una presunta nullità di Fermo: che invece è stata città ben prima di Macerata, e con una sua Università, con un suo territorio amplissimo (se ne ha ancora riprova nel territorio diocesano di quella Archidiocesi, che è seconda in Italia soltanto a Milano). Non è un caso, voglio dire, se il centro storico di Fermo sia grande almeno il doppio di quello di Macerata.
Unita a noi – che il nostro sviluppo l’abbiamo conosciuto in epoca successiva ed attualmente abbiamo indubbiamente più chances per guardare al futuro (nonostante siamo amministrati così male…) – avremmo insieme l’apporto della Storia e quello della Contemporaneità ai loro migliori livelli. Ne guadagneremmo – è dato credere – entrambi.
Io ribadisco che unirei Ascoli Piceno a Teramo (storia, lingua, geografia etc. sono molto prossime, tra loro) e Macerata a Fermo.
Se poi è Macerata che ingloba Fermo (secondo i criteri della storia recente) o Fermo che ingloba Macerata (secondo i criteri della storia antica) a me pare secondario (possono dolersene, cioè, quelli che vivono di politica, ma a noi cittadini cambia poco).
Anche l’ipotesi di smembrare Fermo può essere percorribile, ma a livello ideale: ricorda, infatti, che i comuni dell’ascolano finiti nel fermano scelsero autonomamente di sganciarsi da Ascoli Piceno per entrare nella provincia di Fermo. Segno che, sia pure più vicini ad Ascoli Piceno, si sentivano – secondo quei criteri della storia antica che dicevamo – ancora totalmente fermani.
Ma anche l’ipotesi di smembrare Macerata può essere percorribile, o no?
Sotto Fermo, insomma, ci andrei. Sotto Ancona mai. Se poi è Fermo che viene con noi, ho fatto tombola!
Bravo Filippo. hai perfettaemnte ragione.
Ricordiamoci della storia, Fermo era importante quando Macerata ancora non esisteva e si chiamava Helvia Recina, ma non contava niente.
Poi, per vari motivi, Macerata è diventata più grande e importante. Non ultimo dei motivi, la sua immediata RESA e SOTTOMISSIONE alle truppe di Francesco Sforza che, nella battaglia di Montolmo, cobattuta sulle rive del Chienti, tra Piediripa e Corridonia, fece prigioniero il figlio del comandante dele truppe papali, Niccolò Piccinino.
Montolmo, da sola, ebbe il coraggio di opporsi alle truppe dello Sforza. Risultato: Montolmo fu distrutta e rasa al suolo, le sue mura ridotte in briciole, mentre Macerata…si tirò giù i pantaloni e cominciò ad avere più importanza.
Ma Fermo, già da tempo, era una CITTA’ importantissima, sia per la presenza del Vescovo (oggi Metropolita delle Marche, cioé il Vescovo più importante delle Marche), sia perché sede del tribunale ecclesiastico, sia per la sua storia.
Sarebbe un onore essere accorpati a Fermo, anche se preferirei che la sede dell’Ente, non so come si chiamerà, rimanga a Macerata, ma quesrto, lo ripeto, per pura comodità mia personale. Anche io dico NIMBY, come tutti. Almeno lo dico sinceramente, non trovo scusanti.
@Paolo
gli esempi CUP e promozione turistica regionale sono solo alcuni esempi lampanti di inefficienza di istituzioni centralizzate: sa benissimo anche lei che il CUP non è in carico alle provincie ma alle ASL, quello che sò è che prima funzionava ed ora no e che di soldi ne sono stati buttati in quantità industriale per peggiorare; certo che come da lei prospettato si potrebbero istituire uffici periferici molto semplicemente cambiando il nome a quelli esistenti nelle provincie dichiarandoli ufficio regionale periferico ma l’unica cosa che otterrebbe è che cambierebbe solo il rapporto con le forze politiche che amministrerebbero il territorio e non di certo una diminuzione del personale che passerebbe in blocco nelle nuove strutture senza tanti se e tanti ma: dovremo aspettare un bel pezzo per risparmiare da quel punto di vista, almeno fino a quando qualcuno avrà maturata la pensione e stia pur tranquillo che di uffici per allora se ne saranno inventati di nuovi;
riguardo l’esempio dell’acquedotto, che potrebbe essere traslato a qualunque tipo di infrastruttura intercomunale (viabilità, trasporti, ecc.), ciò che volevo dire è che anche l’eccessiva indipendenza non mi sembra una buona soluzione e che la creazione di consorzi tra comuni per ogni cosa diventerebbe una soluzione impraticabile. Mi sembra si sia daccordo entrambi sulla necessità di trovare una soluzione che permetta di risparmiare: la soluzione che propongo è di lasciare le Province come unico attore coordinatore del territorio (con meno politici) e come interlocutore della regione a livello politico (taglierei anche in regione parecchie poltrone, diciamo che in totale il numero dei politici, regione + province, dovrebbe essere quello degli attuali consiglieri regionali) e recidere senza discussione con effetto immediato tutti gli Enti, Ambiti, Associazioni, Autority, ecc. creati artificiosamente solo per dare una poltrona ed un piccolo centro di potere a coloro che a vario titolo si sono trovati “fuori dei giochi” e che altrimenti, “sventura somma”, si sarebbero dovuti trovare un vero posto di lavoro. Sà perchè insisto sul mantenimento anche di una ridotta struttura politica locale? Perchè, di qualunque sia il colore, non mi piacciono le centralizzazioni e ritengo che le province possano in tal modo avere anche una “funzione di controllo” dell’operato del consiglio regionale; inoltre meno politici significa anche maggior serietà nella presentazione ed attuazione dei programmi in fase di elezioni specie se non ci sono Enti “golenali” nei quali infilarsi e godersi a sbafo della comunità vitalizi vari e sparsi. A questo punto i costi della politica glieli ho ridotti, gli uffici ritengo costino la stessa cosa se regionali o provinciali, vogliamo provare a fare un conto di quanto si risparmierebbe con il mio sistema mantenendo una maggiore pluralità di rappresentanza?
Quando ci sono i conti da fare non si trova mai nessuno… va beh, indipendentemente dalle nostre opinioni le province resteranno, tanto vale attrezzarsi per farle funzionare nella maniera migliore possibile.
Buona giornata a tutti.
In linea generale, tutti i progetti devono avere uno scopo.
Qual è lo scopo di una riforma degli enti locali? Recuperare efficacia (cioè la capacità di raggiungere i propri obiettivi, una volta che sia deciso quali essi siano) ed efficienza (la capacità di raggiungere tali obiettivi utilizzando la quantità minore possibile di risorse).
Sembra ormai essere palese che gli attuali enti locali non siano in grado né di essere efficaci né di essere efficienti. Quali le ragioni?
Dimensionali: sono troppo piccoli, e quindi non ci sono risorse per gestire servizi ed attività né un bacino di utenza sufficiente a giustificare tali investimenti; oppure sono troppo grandi ed ingestibili.
Gestionali: gestire richiede competenze che o devono essere trovate nell’ente locale (se vi sono) oppure vanno acquisite (dietro pagamento).
Chiunque abbia studiato un po’ di Diritto degli Enti Locali e/o abbia un po’ di buonsenso, capisce che tutti questi “progetti” di modificazione degli enti locali sono tanto estemporanei quanto dillettantistici.
Un progetto vero deve essere organico e prendere in considerazione l’intero quadro, avendo ben chiari gli scopi da raggiungere.
Abolire le province brutalmente, senza un progetto organico, è sicuramente dannoso.
Forse è meno dannoso l’accorpamento.
Sicuramente benefico sarebbe:
accorpare le regioni e crearne 5 organiche di circa 12 milioni di abitanti cadauna;
accorpare tutti i comuni sotto i 500.000 abitanti, creando 110 comuni, e dividere le città metropolitane in municipi (è dal 1990 che si doveva fare compiutamente);
abolire le province;
gestire le differenze, all’interno dei nuovi comuni, tramite appositi municipi, da realizzare in numero ridotto.
Questo portebbe ad un recupero di efficacia e di efficienza, fornendo risorse ed un bacino di utenza, riducendo al contempo le spese di struttura date da 20 regioni, 107 province e 8.000 e passa comuni che sono tutti enti poco efficaci, poco efficienti e che usano un sacco di risorse solo per mantenere in vita la propria struttura (pagati stipendi e spese rimane pochissimo).
Il campanilismo è una malattia che fortunatamente non ho e non si sono mai visti burocrati avere un benefico effetto sulla comunità.
prima di pensare alle province sarebbe bello fare una bella campagna di informazione nazionale per far sapere all’Italia Intera che Macerata NON è Matera, come ha corretto il TG5 poco fa. Non è la prima volta che sento dire che gli italiani confondono Matera con Macerata e viceversa
E’ quello che vado dicendo da tempo, ma non mi crede nessuno. Io giro abbastanza per l’Italia e spessissimo mi capita che qualcuno scambi Macerata con Matera. Questo significa che la maggior parte degli italiani non sa dove sia Macerata. Figuriamoci se la può ritenere importante (valanga di manine rosse)
PROVINCIA (dal latino ‘provincia’, ambito d’attribuzione di un ufficio, facoltà di amministrazione e di governo). Dopo essere stata la principale articolazione territoriale del dominio romano, nell’ordinamento italiano la provincia è un ente pubblico territoriale, introdotto fin dall’origine del Regno sulla base dell’esperienza piemontese.
Dopo molti passaggi normativi e molte modificazioni geografiche, che – secondo l’avvicendarsi delle diverse fasi politiche del Paese – ne hanno largamente trasformato caratteristiche, funzioni, numero ed estensione (hanno raggiunto il numero record di 110 nel 2004, a partire dalle 59 del 1861), le province oggi hanno competenze soprattutto di promozione, di programmazione e di coordinamento per quanto riguarda gli assetti territoriali (ambiente, rifiuti, trasporti, infrastrutture, protezione civile, edilizia scolastica, ecc.), collocandosi in una posizione intermedia fra i Comuni e le Regioni. Dal 1993 entrambi i suoi organi, il Consiglio e il Presidente, sono eletti direttamente dai cittadini con voto amministrativo. Con numerosi atti legislativi, fra cui un disegno di legge costituzionale, il governo Monti ha decretato il progressivo scioglimento delle province, e la devoluzione dei loro poteri ai Comuni e alle Regioni.
L’istituto della provincia viene difeso da alcuni in nome della sua legittimità storica, ovvero perché le province sarebbero la vera fonte delle identità e delle appartenenze italiane, di un’Italia profonda strettamente radicata in territori, paesaggi, piante urbane, dialetti e costumi. L’Italia sarebbe insomma costituita da poche metropoli e da cento province, così che l’abolizione di queste la priverebbe di un’articolazione esistenziale necessaria.
Ora, ciò può essere in parte vero là dove le province ricalcano a grandi linee gli Stati preunitari (ma la piena sovrapposizione non si dà mai); ma in generale le province lungi dall’essere espressione delle identità locali nascono al contrario come una prima importante manifestazione del centralismo dello Stato unitario; le province servono originariamente a portare lo Stato sul territorio, a controllare gli spazi civili e sociali, a far sentire la forza del Centro sulla periferia: queste sono le funzioni del prefetto, del questore, dell’ufficio delle imposte, del distretto di leva, della Procura, del Tribunale, dei reggimenti acquartierati nelle caserme, degli uffici postali, dei licei classici. Non è lo Stato democratico dei servizi e del welfare quello che si manifesta nelle province, ma quello del potere, del comando, dell’autorità. Solo col tempo (verso la fine del XIX secolo, e poi, dopo il fascismo, con l’ordinamento democratico) la provincia diviene un ente territoriale con una componente elettiva, di autogoverno, e non resta solo la proiezione dello Stato sui territori.
Le riforme promosse dal governo Monti colpiscono tanto la provincia come articolazione dello Stato (con la riduzione del numero dei tribunali e delle prefetture, ad esempio) quanto la provincia come struttura politica dell’autogoverno locale. Il primo aspetto è una presa d’atto che lo Stato non ha più bisogno di esercitare, con le sue strutture di potere, una presenza fisica sul territorio; ed è quindi un esito della rivoluzione telematica e in generale del progresso che accorcia spazi e distanze. Il secondo aspetto delle riforme, invece, nasce dall’esigenza di realizzare risparmi di cassa a spese, tra l’altro, di quello che oggi appare a molti non come un momento di autogoverno democratico dei territori ma come un ente inutile, che serve solo da deposito di personale in esubero della Casta, o come un centro di spese e di privilegi ingiustificati; ed è quindi un esito sia della crisi economica sia del deficit di legittimità della politica. La provincia chiude la sua lunga parabola, tutt’altro che trascurabile, non per un capriccio del destino ma per cogenti motivazioni storiche. Una fine non ignobile, dopo tutto.
CARLO GALLI
@Filippo Davoli
Caro Filippo, rispetto il tuo attaccamento alle tue origini fermane ma io da maceratese posso notare solo quanto segue:
1- Sono andato a lezione a Fermo per due anni per cui un pò la conosco e ti poss0 assicurare che il centro storico non è così grande come dici…anzi!
2- Nonostante le antiche origini di Fermo, sono almeno due secoli che la città (arcidiocisi o no) è più piccola e meno importante di Macerata ed ora stiamo parlando del presente, cioè del 2012 e non della storia romana.
3- Non credo che i maceratesi accetterebbero di buon grado la convivenza con Fermo, figuriamoci sottomettervisi politicamente!
Sicuramente di situazioni simili se ne presenteranno molte in tutta Italia col risultato che i vari tagli previsti dalla famigerata Spending review verranno rallentati se non definitivamente bloccati. L’unica soluzione sarebbe abolire tutte le Province, così nessuno potrebbe lamentarsi!
Federico non per contraddirti. Ho vissuto per diversi anni nel centro del centro di Macerata e
sono stato cinque anni inFermo poi sono perito. Concedimela andava per la maggiore a quei tempi.
1- Fermo non ha mura storiche ben definite come ce le ha Macerata, ma declina verso i quartieri meno antichi in forma graduale. In queste condizioni è impossibile sostenere l’una o l’altra tesi.
2- Che sia più piccola di Macerata è anche possibile se non fosse che la perimetria di Fermo è ormai indistinguibile da quella di Porto San Giorgio e di Campiglione e la allungano almeno quanto dista Villa Potenza da Sforzacosta
3- Neanche Fermo accetterebbe di buon grado la convivenza con Macerata, ma se fosse proprio costretta con il coltello alla schiena, piuttosto che coabitare con Ascoli….
Poi sulla tua ultima considerazione sottoscrivo senza riserve.
Capponi: Noi non pensiamo di andare ne con Fermo, ne’ con Ancona. Le Province storiche e quindi la Provincia di Macerata possono attrarre nuovi territori solo se trasformate in Enti più efficienti, svolgono funzioni e servizi di area vasta in stretta collaborazione e sussidiarietà verso i comuni e si azzerano i costi della politica.
L’attuale governo stà facendo un grave errore se nella riorganizzazione delle funzioni degli Enti Locali (tra l’altro sono soprattutto i Comuni e poco meno le Provincie ad essere riconosciuti cone Enti Utili dai cittadini) pensa a tagli senza riorganizzare completamente le funzioni degli Enti locali con una sostanziale riorganizzazione di funzioni e ridistribuzione di competenze abbinata alla riorganizzazione del personale e della indispensabile semplificazione delle attuali prassi amministrative.
Le nostre valutazioni partono dalla considerazione che la norma contenuta nel “Salva Italia” lungi dal conseguire cosi com’e’ enormi risparmi – come indicato espressamente dalle relazioni tecniche della Camera e del Senato, che non hanno ritenuto di potere quantificare alcuna cifra dai risultati delle misure stesse – produce notevoli costi aggiuntivi per lo Stato e per la Pubblica amministrazione, ingenera caos nel sistema delle autonomie e conseguenze pesanti per lo sviluppo dei territori. Inoltre la norma non tiene minimamente conto dell’aumento della spesa pubblica, pari ad almeno il 25% in più, che si avrebbe dal passaggio del personale delle Province (56.000 unità) alle Regioni o dal trasferimento di competenze di area vasta ai Comuni e che il decreto non considera la difficoltà a computare e trasferire il patrimonio e il demanio delle Province: 125.000 chilometri di strade, oltre 5.000 edifici scolastici, 550 centri per l’impiego, sedi, edifici storici, partecipazioni azionarie dotazioni strumentali, ecc.
Tale norma impone una modifica della normativa tributaria, poiché le entrate tributarie, patrimoniali e proprie delle Province dovranno passare in quota parte a Regioni e Comuni per garantire il finanziamento delle funzioni, proprio nel momento in cui si stanno verificando le condizioni per il passaggio dalla spesa storica ai fabbisogni standard nelle Province attraverso l’attuazione delle norme sul federalismo fiscale e che la norma avrà effetti devastanti sulle economie locali, poiché produrrà il blocco totale degli investimenti programmati e in corso delle Province, perché i mutui contratti dalle Province, nei casi in cui questo fosse possibile, dovrebbero essere spostati alle Regioni o alle altre amministrazioni locali, e che ostacolerà i diversi progetti, anche pluriennali, finanziati dai fondi strutturali Ue o da sponsor o fondazioni bancarie in cui sono impegnate le Province, con il serio rischio di interrompere la gestione delle attività e dei connessi importantissimi flussi di spesa.
E’ giusto anche valutare il fatto che la norma cosi com’e’ produrrebbe un nuovo pericolo accentramento di funzioni verso le Regioni e noi sappiamo benissimo i danni prodotti in termini di offerta quantitativa e qualitativa alla comunità Maceratese di una visione “anconocentrica della sanità”, dello sviluppo economico e dei servizi a rete.
Noi riteniamo invece non piu’ funzionale ai ruoli della nuova provincia il mantenimento in vita degli attuali apparati politico-elettivi al vertice delle Provincie, dal momento che la domanda di servizi resi dalle Provincie alle comunità provinciali e al territorio e’ obiettivamente formulabile, in sede di scelte politiche, principalmente provenienti dai Comuni da un lato e in stretta relazione con le Regioni dall’altro. Questo aspetto inoltre incide profondamente sui cosiddetti “costi della politica” in quanto la tanto declamata “funzione di interprete della domanda di servizi di area vasta” si rivela poco più di un espediente retorico evocato da chi si ostina a riprodurre modelli e schieramenti politici nazionali o sperimentali orientando la Provincia verso ruoli che non deve avere e che mette in crisi spesso il vero ruolo e cioe’ quello di operare con la dovuta legittimazione a livello sovra-comunale, senza interferire nella inter-comunalità – cioè a dire nella collaborazione orizzontale tra Comuni – ed in modo autonomo rispetto alle Regioni.
E’ indubbio pero’ che le Province possono svolgere un ruolo insostituibile nello sviluppo di azioni e politiche di area vasta supportando, in regime di sussidiarietà, i servizi che i Comuni, soprattutto quelli di piccole dimensioni, non sono in grado di assicurare ai loro territori (Programmazione urbanistico-ambientale di area vasta, centrale unica appalti, centrale unica acquisti, sviluppo di sistemi integrati di e-governement e integrazione dei sistemi informativi, assistenza tecnico-amministrativa agli Enti di minor dimensione, produzione e condivisione delle risorse informative e la valorizzazione delle Banche Dati e dei patrimoni informativi pubblici, pianificazione delle reti commerciali della grande distribuzione, sviluppo dei distretti industriali caratteristici, piani di gestione dei reticoli idrografici minori) ed invece ipotizzare unioni di due o più ambiti provinciali per lo sviluppo di sistemi territoriali ottimali dove l’ambito territoriale, economico e sociale delle attuali provincie diviene sottodimensionato (Ambito gestione Rifiuti, Ambito gestione Trasporto Pubblico Locale, programmazione offerta formativa e dei nuovi ITS, creazione di validi Sistemi relativamente ai Distretti Turistici e ai Distretti Produttivi del Made in Italy e di altri settori, sviluppo di Poli di eccellenza Sanitaria e Socio-Assistenziali e anche il riordino delle amministrazioni periferiche dello Stato).
In questa ottica lo slogan “La Provincia Nuova” con il quale avevamo inteso dirigere l’azione della Provincia di Macerata a partire dal 2009 aveva questo obiettivo. Basta per questo valutare il ruolo della Provincia nell’accordo di programma tra il Ministero dell’Università e le due Università di Macerata e Camerino e l’ipotesi di costituzione di un accordo per l’Università delle Marche SUD, la rivalutazione del ruolo della conferenza delle autonomie, la promozione con i Comuni le associazioni di categorie e gli istituti scolastici dei tre ITS approvati, il progetto “Provincia 2020” e l’adesione a diversi programmi Europei a partire dal Patto dei Sindaci dell’intera Provincia (Covenant of Mejors) nell’obiettivo di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti di delle energia rinnovabile entro cui prevedere uno sviluppo del progetto di “Metropolitana di superficie”, la valorizzazione ambientale e turistica dell’area montana (Sibillini Outdoor Festival), un ulteriore qualificazione dei servizi di differenziazione e valorizzazione dei rifiuti.
Siamo anche noi convinti che la scomparsa totale dell’Istituzione Provincia porterebbe ad avere meno garanzie per i nostri territori e vi sarebbero meno garanzie di sviluppo omogeneo del nostro Paese, che verrebbero garantite meno opportunità a chi è più debole. Che diminuirebbe l’identità locale fatta di storia e cultura e le Istituzioni si allontanerebbero dai cittadini.
Siamo altresì convinti che si possono eliminare totalmente i costi della politica (almeno quattro milioni per lo svolgimento delle elezioni, le indennità degli organi e il supporto politico per ogni legislatura) e si potrebbero ottenere enormi economie da un’operazione di ridefinizione e razionalizzazione delle funzioni delle Province anche attraverso un preciso percorso di cambiamento organizzativo verso la semplificazione, la riduzione delle dirigenze e del divieto di esercitare funzioni non previste dalla Carta delle Autonomie, in modo da lasciare in capo alle Province esclusivamente le funzioni di area vasta ed eliminando tutti gli enti intermedi strumentali (agenzie, società, consorzi) che svolgono impropriamente funzioni che possono essere esercitate dalle istituzioni previste dalla Costituzione con il sostanziale impegno e rappresentanza di tutti i Comuni.
Tutte queste analisi sono anche riportate in un interessante studio che l’ Università Bocconi ha svolto di recente (Prof. Senn e Zucchetti) sul possibile riassetto delle Province Italiane.
Basta calcoli! Basta soluzioni alternative! Basta tecnicismi! ABOLITE TUTTE LE PROVINCE! Insieme a loro tutti quegli enti parassitari come le comunità montane & C.
Franco Capponi, per una volta, ha scritto una cosa condivisibile: ci vuole un progetto organico.
Credo che alla fine la questione venga riamandata di almeno anno per avere il tempo di studiare alleanze e competenze.
@ filosofo: dall’ingoiare il boccone di andare con Fermo ad “esserne orgogliosi” come dici tu……ce ne passa…. (almeno secondo me)
Se prima avevo forti dubbi sull’efficacia del provvedimento governativo circa la riduzione delle provincie, il commento di Capponi me li ha definitivamente tolti.
Sono proprio i paradigmi (superati dall’Europa) sottesi agli argomenti di Capponi che danno ragione a Monti circa la necessità di una ristrutturazione profonda dell’intero sistema istituzionale.
Non è solo un problema di risparmio economico (limitato nel tempo).
Comunque un rappresentante delle istituzioni, consigliere regionale, ex presidente della provincia, incapace di esprimersi per iscritto in italiano corretto (“stà” con l’accento, “provincie” al plurale con la i etc.) è davvero il tangibile esempio di che vergognoso flusso di responsabilità e soldi pubblici va (o sperabilmente andava) confluendo nelle mani di totali incapaci.
Il tutto valga come osservazione preliminare rispetto alle risibili proposte conservatrici avanzate nel merito, ormai davvero fuori dal tempo, su cui tendo a condividere alcuni commenti di chi mi ha preceduto. God bless the bailout
Bruno Cortona, allora Di Pietro e 3/4 della Lega li sopprimiamo direttamente……..
oh! ragassi! siam mica qui a commentare la Treccani (che tra l’altro dice che provincia al plurale si può scrivere sia province che provincie)
non ho mica capito, date i voti negativi alla Treccani?