Segnali di morte
per il Maceratese

L’idea di un “Distretto Marche Sud” gestito da Fermo conviene un pochino alla “spending review”ma fa a pugni con la storia. Ci sono altre soluzioni.

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liuti-giancarlodi Giancarlo Liuti

Secondo un vecchio e saggio proverbio, quando tuona significa che da qualche parte piove. E il tuono, stavolta, è stato forte. E la pioggia, se cadrà, non sarà una pioggerellina. Da notizie di ottima fonte che Cm ha saputo cogliere nel loro pur riservatissimo fluire da Roma (leggi l’articolo) pare infatti che la volontà del governo sia di portare a sessanta il numero delle attuali 107 Province e, per quanto riguarda le Marche, di ridurre a tre le cinque Province esistenti salvando Pesaro-Urbino e Ancona, cancellando Macerata e Ascoli e lasciando la sola Fermo a gestire una sorta di preannunciato “Distretto delle Marche Sud”. Naturalmente bisognerà vedere se tutto questo diventerà legge – il cammino, come sempre, non sarà agevole e nemmeno breve, visto che già si parla di rinvio – ma il primo passo è stato fatto e sarebbe sciocco fingere che non sia accaduto nulla.

A che cosa risponde questa pensata? Di sicuro alla logica della “spending review” perché, come vedremo, consente di abolire due Province invece che una e di realizzare un pur modestissimo risparmio nel vacillante capitolo della spesa pubblica . Molto meno, però, risponde a un’altra logica, quella della storia, della tradizione e dei reali interessi delle rispettive popolazioni. E cercherò di spiegarlo.

Un passo indietro. Il sogno populistico e un po’ demagogico dell’annullamento radicale di tutte le Province è ormai superato sia perché ci vorrebbe una defatigante modifica di ben quattro articoli della Costituzione sia perché ci si è resi conto che un ente pubblico intermedio fra Regione e Comuni non è affatto inutile e anzi, per certe materie e per certi territori, è indispensabile. Tuttavia non v’è dubbio che il numero delle attuali Province è eccessivo: nel 1947 erano 91 e adesso, dopo ripetute concessioni a clientelismi, localismi e calcoli elettorali, sono 107. Troppe, con l’aria che tira. Dunque si procede col sistema dei cosiddetti accorpamenti, grazie ai quali è possibile ridurre fortemente quel numero senza aprire ferite profonde nel sistema complessivo dell’amministrazione pubblica periferica. Giusto. Scelta questa strada, si è poi deciso di salvare solo quelle Province che rispondono ad almeno due dei seguenti criteri: popolazione superiore a 350 mila abitanti, estensione superiore a tremila chilometri quadrati, numero di comuni superiore a cinquanta. Bene. Pesaro-Urbino ne rispetta due: popolazione e numero di Comuni. Ok. Ancona, che rispetta solo il criterio della popolazione, è tuttavia capoluogo regionale e merita un occhio di riguardo. Ok. Macerata ne rispetta soltanto uno, quello del numero dei Comuni. Ascoli e Fermo neanche uno. Fuori, quindi, Macerata (le basterebbero appena 201 chilometri in più). E fuori, senza remissione, Ascoli e Fermo.

Veniamo allora agli accorpamenti. Considerando che la Provincia di Fermo ha soltanto sette anni di vita e che la sua istituzione – ma questa è una mia contestabilissima opinione – è stata uno dei tanti errori della politica e che, al contrario, le Province di Macerata e Ascoli risalgono alla creazione dello Stato unitario, mi son preso la briga di fare qualche conto e mi sono convinto che la soluzione migliore sarebbe l’abolizione della giovanissima e inopinata Provincia di Fermo e il conseguente trasferimento in parte a Macerata e in parte ad Ascoli delle sue caratteristiche demografiche, territoriali e comunali. Il che consentirebbe alle Province maceratese e ascolana di rispettare almeno due di quei criteri e perciò di salvarsi.

Vediamo meglio. Oggi la Provincia di Macerata ha 320 mila abitanti, 280 mila chilometri quadrati e 57 Comuni. Non è in regola, quindi, per gli abitanti e per l’estensione. Quella di Ascoli ha 210 mila abitanti, 1.230 chilometri quadrati e 33 Comuni. Fuori gioco su tutto. Quella di Fermo ha 175 mila abitanti, 860 chilometri quadrati e 40 Comuni. Anch’essa fuori gioco su tutto. Se, con l’abolizione di Fermo, alcuni dei suoi Comuni per un totale di 31 mila abitanti passassero a Macerata, quest’ultima rispetterebbe due criteri su tre e sarebbe salva. Idem per Ascoli, se potesse contare sul ritorno all’ovile di 140 mila abitanti e 18 Comuni che ora appartengono alla Provincia fermana. Il discorso è ovviamente più ampio perché l’eventuale cancellazione della Provincia di Fermo determinerebbe una situazione analoga a quella precedente alla sua istituzione, con la perdita, per Fermo, del ruolo di capoluogo provinciale. Ma qui mi sono limitato a considerare ipotesi strettamente aritmetiche.

Ovviamente bisognerebbe studiare bene i meccanismi di tale ripartizione, prendendo anche atto che non pochi Comuni oggi del Fermano gravitano nell’orbita maceratese – si pensi a Civitanova e alla zona calzaturiera – e che altrettanti Comuni oggi fermani gravitano invece nell’orbita ascolana. E’ innegabile, intendiamoci, che ciò costerebbe sacrifici per Fermo, il cui legittimo entusiasmo per la recente conquista della Provincia è ancora vivo. Fra l’altro a favore di Fermo gioca la posizione geografica, che può funzionare da baricentro equilibratore del grande territorio marchigiano a sud di Ancona. Ma non vedo perché sottovalutare i sacrifici ben più pesanti – la storia, signori, la storia – che l’eventuale creazione di siffatta Superprovincia fermana imporrebbe a Macerata e ad Ascoli. E’ assurdo ritenere che a Palazzo Chigi ci si rifletta un pochino?

Da ultimo vengo al durissimo prezzo che la città di Macerata sarebbe costretta a pagare per questo ipotetico “Distretto Marche Sud”. Lungi da me l’intenzione di assumere atteggiamenti di gretto campanilismo. L’estrema difficoltà della situazione economica nazionale è sotto gli occhi di tutti e che il governo Monti intenda ora mettere in campo una severa riduzione della spesa pubblica è parte decisiva delle non molte speranze di far uscire l’Italia dalla morsa della recessione e dallo spettro di un fallimento tipo Grecia, anche se questo mortifica aspirazioni e financo diritti delle realtà locali. Tuttavia, oggi che si parla del rilancio del centro storico e del parcheggio di Rampa Zara, mi pare ragionevole auspicare che non solo da noi ma pure a Roma si badi alle ferali conseguenze che deriverebbero proprio al centro storico di Macerata dalla scomparsa della Prefettura, della Questura e della sede della Provincia. So già che se tutto questo accadesse si finirebbe col darne la colpa a Romano Carancini e alla sua giunta (è capitato pure per la perdita della Banca d’Italia, ignorando che la Banca d’Italia ha chiuso le proprie sedi in quasi tutti i capoluoghi provinciali d’Italia). D’accordo, così va il mondo. Ma non sarebbe una gran soddisfazione.



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