di Lucia Paciaroni
“Ciò che desidero è semplicemente uno sguardo affettuoso, o almeno amichevole rivolto ad una coppia di innamorati sepolti in un piccolo cimitero, insieme”. La parola “insieme”, Lucio Magri, l’ha sottolineata in quel post scriptum della lettera di addio letta questa mattina, durante la tumulazione nel cimitero di Recanati. A dar voce alle sue parole l’onorevole Famiano Crucianelli, nel corso di una piccola cerimonia dove si sono ritrovati i parenti, i volti di chi con Magri visse l’esperienza de Il Manifesto (c’erano Valentino Parlato, Luciana Castellina, Massimo Serafini) e i tanti amici marchigiani, tra i quali l’onorevole Valerio Calzolaio e il direttore dell’Istituto Gramsci Carlo Latini. E il suo desiderio, quello di uno sguardo affettuoso, è stato esaudito.
Il fondatore del Manifesto, classe 1932, ha scelto di morire lunedì mattina in Svizzera con un suicidio assistito, una morte che, per lui, aveva avuto inizio già da tempo, quando, tre anni fa, morì Mara Caltagirone, sua moglie. Non se ne è voluto andare, però, prima di aver mantenuto una promessa fatta alla donna che amava, quella di portare a termine un lavoro, un libro.
Sulla bara, posta accanto a quella di Mara, una bandiera, quella del PdUp (Partito di Unità Proletaria) e dei garofani. L’onorevole Crucianelli ha letto la lettera di addio e ha aggiunto: “A lui sarebbe piaciuto sentire Mozart”, e così un musicista ha suonato il Requiem di Mozart. “Compagno di una vita di cinquanta anni, anche un maestro e un esempio – il ricordo di Valentino Parlato, che ha vissuto con lui l’esperienza del Manifesto – Se ne è andato, ora cerchiamo di utilizzare quello che ci ha lasciato, ci ha lasciato molto. Questa morte non è una resa, ma significa “io crepo combattendo” “. “Rispetto il suo gesto, ma l’ho vissuto con grande dolore – ha detto l’amico Latini – Ho tentato di dissuaderlo, ma questa era la sua volontà, era determinato”.
La scelta del cimitero di Recanati, è legata a Mara, che nacque a Macerata nel 1946. Dopo aver frequentato il liceo classico si trasferì a Roma, dove ebbe contatti con l’ambiente della sinistra capitolina e conobbe Lucio Magri. Tre anni fa morì di cancro a Roma e il funerale si tenne a Macerata, ma il marito decise di darle una dimora diversa, in un posto che amavano e, affascinato dalle atmosfere della città leopardiana, scelse di costruire una tomba a Recanati, dove oggi c’è anche lui, disteso accanto a lei, dimostrando “che l’amo come e più che mai” e che “la morte è stata capace di spegnerci e non di dividerci”.
***
La lettera di Lucio Magri:
“La mia morte è cominciata da tempo. Quando Mara è scomparsa ha portato via con sè tutta la mia voglia di vivere, ed ero già pronto a seguirla. Lei lo ha intuito e in extremis mi ha strappato la promessa di portare a termine il lavoro che avevo avviato negli anni della sua sofferenza e che in altro modo era anch’esso in punto di arrivo.
La promessa è più un atto di amore, il regalo di un tempo supplementare. Era uno stimolo e un aiuto per dare una conclusione degna al destino che ci aveva fatto casualmente ma più volte incontrare e poi dato tanti anni di felicità totale. Era anche un appuntamento, o almeno così lo ho vissuto ogni giorno. Ora posso dire che la promessa la ho mantenuta al meglio che potevo. Il libro è stato pubblicato anche in Spagna, Inghilterra, Argentina e Brasile.
Nel lungo e doloroso intermezzo ho avuto modo non solo di riflettere sul passato ma anche di misurare il futuro. E mi sono convinto di non avere ormai nè l’età, nè l’intelligenza, nè il prestigio per dire o per fare qualcosa di veramente utile a sostegno delle idee e delle speranze che avevano dato un senso alla mia vita.
Intendiamoci, non escludo affatto che quelle idee e quelle speranze, riformulate, non si ripresentino nella storia a venire: ma in tempi lunghi e senza sapere come e dove. Comunque fuori dalla mia portata.
Per tuto ciò mi pare legittimo, anzi quasi razionale soddisfare un desiderio profondo che anzichè ridursi, cresce. Il desiderio di sdraiarmi a fianco di Mara per dimostrarle che l’amo come e più che mai, e dimostrare che la morte è stata capace di spegnerci, ma non di dividerci. Può essere solo un simbolo, ma non è poco.”.
A seguire, un post scriptum, in cui Lucio Magri chiedeva di evitare cerimonie funebri, rimembranze e giudizi dettati dall’occasione, ma “semplicemente uno sguardo affettuoso, o almeno amichevole, rivolto ad una coppia di innamorati sepolti in un piccolo cimitero, insieme“.
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“Cari fratelli dell’altra sponda
cantammo in coro giù sulla terra,
amammo in cento l’identica donna,
partimmo in mille per la stessa guerra.
Questo ricordo non vi consoli:
quando si muore si muore soli”:
(Fabrizio De Andrè)
E lui proprio perché si sentiva solo ha deciso di morire. Una lucida, legittima e soprattutto libera scelta.
Lucio Magri l’ha fatta
la sua vita
come l’aveva fatta
così l’ha fatta
finire
da materialista antico
o piuttosto filosofo
della negazione hegeliana
di quella sana
aria
che hanno respirato
i libertari di sinistra
come lui…
sigarette vino amori
politica pensiero vitalità
critica contraddizione
ostinazione lealtà…
basta alfabeto
adesso alla dialettica
si sostituisce la vita
il coraggio di chiuderla
in tempo
senza nostalgia.
Addio compagno
permetti una lacrima?
(Roberto Dall’Olio)
…A me, se di vecchiezza
La detestata soglia
Evitar non impetro,
Quando muti questi occhi all’altrui core,
E lor fia voto il mondo, e il dì futuro
Del dì presente più noioso e tetro,
Che parrà di tal voglia?
Che di quest’anni miei? Che di me stesso?
Ahi pentiromi, e spesso,
Ma sconsolato, volgerommi indietro.
(G. LEOPARDI, Il Passero Solitario)
Ci deve essere per forza un Paradiso per chi ha lottato per il successo di idee che riteneva giuste, per chi ha amato tanto intensamente la propria compagna, per chi ha molto sofferto per il cinismo del potere. Si, credo tra i ribelli onesti in Paradiso ci sia un posto anche per Lucio Magri.
@mus rugens
Il paradiso accoglie anche chi si suicida? Penso e spero prorio di no
@ Paolo,
Mi addolora la Sua speranza che Magri sia finito all’inferno. Non riesco sinceramente a comprenderLa. Lei parte dall’assunto che chi sceglie la fine della propria vita attraverso l’eutanasia, meriti comunque la dannazione eterna.Io so che Cristo ha lasciato un solo comandamento: “Amatevi”, e non mi appare un segno d’amore l’auspicio da Lei espresso, solo perché conforme al circuito nefasto, mille volte rivisto, corretto e persino ripudiato dal magistero. Posso osare un parallelo apparentemente blasfemo, ma che potrebbe far far fare qualche riflessione? Lei sarebbe pronto a ribadire il Suo desiderio di condanna eterna anche per Chi scientemente e per amore di altri ” ha praticato l’eutanasia più crudele, quella della Croce”?