In fondo a quel “Pozzo”
Macerata perde identità
e si perde nella violenza

IL COMMENTO di Carlo Cambi - Uno scontro senza senso sulla sicurezza in città: Ricotta farebbe bene a ripensare alle giunte Carancini, ma Parcaroli deve riflettere sulle cause reali del disagio. La soluzione non è nella sorveglianza pur necessaria, ma nella qualità dell’esercizio di cittadinanza. Se si restringono gli spazi di relazione vengono occupati da chi spaccia. Servirebbe la lezione di Marc Augé sui non luoghi

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Carlo Cambi

di Carlo Cambi

Se potessi consiglierei al Sindaco la lettura di un saggio: “I non luoghi, critica della surmodernità”. E’ di alcuni decenni fa, l’autore, un gigante della ricerca sociologica e antropologica, è scomparso da poche settimane. Marc Augé ha tracciato una linea di demarcazione che chiunque amministri in Italia non dovrebbe mai oltrepassare. Mi dicono che il Sindaco si fida molto del suo assessore alla cultura: si faccia spiegare da lei il valore dello studio di Augé e come debba essere considerato se non viatico per il buon reggimento della cosa pubblica almeno uno spunto di profonda riflessione. L’assessore in questione dovrebbe leggerlo per comprendere che la cultura è produzione di idee e promozione di luoghi, non è proposizione di lavori altrui, che la cultura è stimolo alla creatività, non elencazione di opportunità e che soprattutto la cultura si dimostra, non semplicemente si mostra perché di mostre è lastricata la strada dell’apparenza. Lo suggerisco anche all’ avvocato Narciso Ricotta che guida la, ora sparuta, pattuglia del Pd in Consiglio comunale; eviterebbe di sentirsi ricordare le non emendabili colpe che le giunte Carancini di cui lui è stato magna pars e convinto sostenitore e laudatore hanno nel degrado di Macerata.

Mi trovo a fare questa riflessione mettendo insieme due notizie che apparentemente non c’entrano nulla l’una con l’altra. La prima è la riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica chiesta a gran voce da Sandro Parcaroli dopo l’arresto del nigeriano col machete e la guerriglia pan-magrebina dei Gardini Diaz. Una liturgia dell’impotenza da cui si esce con un presidio dei vigili urbani, una moltiplicazione delle telecamere e una dichiarazione di oggettiva constatazione che a Macerata non c’è un’emergenza sicurezza. Il che – sia detto per inciso –  non fa fare una gran figura a Parcaroli: di fatto lo hanno smentito. Lui grida al lupo al lupo dal Procuratore al Prefetto gli rispondon0: falso allarme. Allora una domanda: non sarà che più che questione di sicurezza della città è questione di insicurezza di chi l’amministra?

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L’ingresso de Il Pozzo in vicolo Costa

L’altra notizia è l’annunciata prossima chiusura dopo 40 anni de “Il Pozzo” con Paolo e Francesco, i gemelli Bragoni – sia detto per inciso: grazie ragazzi del tanto di buono che ci avete offerto – costretti ad alzare le mani di fronte a uno sfratto e alla richiesta di moltiplicazione alla enne del canone di affitto. Per la verità è l’ennesima stagione di difficolta di questo locale storico e non è questa la sede dove domandarsi perché si arriva a questa “morte” variamente annunciata. Che cosa leghi la percezione di insicurezza, il moltiplicarsi di episodi di microcriminalità, la sistematica “occupazione” di spazi dediti alla socialità da parte di spacciatori che li trasformano, per citare un grande film francese, in rifugi senza tetto né legge e la chiusura di un locale “storico” è spiegato proprio dal saggio di Marc Augé. Nella meditazione dei “Non luoghi” sta anche la soluzione del problema che il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica non ha neppure individuato. Il nostro egregio sindaco di fronte agli episodi di violenza ha sbotttato, come farebbe qualsiasi bottegaio sottoposto all’ennesima rapina, dicendo: basta, Macerata non merita tutto questo.

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Quattro giorni fa la riunione del Comitato per la sicurezza dopo i fatti cronaca successi a Macerata

Vero sindaco, ma da lei, dalla sua giunta ci si aspetterebbe oltre alla sacrosanta denuncia anche un’intelligente proposta. Che non è solo repressione – pur necessaria – ma semmai è rimozione delle cause. Limitarsi – come hanno fatto e giustamente i capigruppo di maggioranza nel loro documento – a elencare le assunzioni di vigili urbani e gli investimenti in sicurezza non offre la comprensione del perché; a tutto concedere dà la misura della buona volontà. Il tema, a mio modestissimo giudizio, è oltre e altro. Dirò perché, ma prima è necessaria una puntualizzazione che rivela anche una insanabile contraddizione. Molti hanno invocato il ritorno del questore Pignataro che ha condotto una lotta dura e non condivisa allo spaccio di cui Macerata è uno dei centri di maggiore preoccupante traffico.

E’ scritto tutto nelle indagini della Dia e mi piace qui ricordare quanto l’avvocato Giuseppe Bommarito sulle colonne di Cronache Maceratesi abbia, purtroppo inascoltato, sollecitato a valutare la gravità della situazione. E’ constatazione amarissima che Macerata, come tutte le città universitarie, è oggetto di particolare attenzione da parte dei venditori di sballo. Una morte orribile ha funestato la nostra città e resta come cicatrice indelebile sulla nostra anima. Chi oggi imputa al Governo l’incapacità di fermare i flussi migratori non può dimenticarsi di cosa era diventata Macerata negli anni della massima accoglienza. E’ bene che il Pd locale e i suoi esponenti si ricordino cos’era allora e oggi non suonino eccessive grancasse sul tema dell’immigrazione. Il loro sistema di accoglienza almeno a Macerata è fallito e ha prodotto ciò che ogni maceratese patisce come dolore. La domanda inevasa resta come un macigno: arrestato Oseghale è tutto finito? O il “mostro” è la scopa che ha nascosto sotto il tappeto la polvere (in tutti i sensi)? Questo doveva chiedersi il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica, e questo dovrebbe chiedere il sindaco.

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Il sindaco Sandro Parcaroli, la vice Francesca D’Alessandro e Danilo Doria (comandante della Polizia locale) all’incontro in Prefettura sulla sicurezza

Ma una città universitaria ha degli anticorpi robusti al degrado, all’assedio delle belve dello spaccio se solo si sanno sollecitare. Il Pozzo era uno di questi anticorpi, lo è stato per 40 anni. Lo erano altri locali storici: tutti spariti. Il Giardinetto, le 4 porte, Venanzetti sono tante insegne e tanti angoli di identità spenti e scomparsi. Certo non è colpa del Comune se le gestioni hanno fatto acqua. Ma qui entra in causa la capacità di interpretare e produrre cultura, qui diventa decisiva la riflessione di e su Marc Augé. Prossimamente il Consiglio comunale dovrà assumere la delibera sulla lottizzazione Simonetti, l’ennesimo supermercato che fa scivolare ulteriormente a valle la città. L’attuale maggioranza e il sindaco in primis non possono farci nulla (Ricotta anche su questo dovrebbe meditare) devono ratificare un’eredità ingombrante del passato. Macerata così diventa sempre più un non luogo. Il grande francese ci dice che i luoghi per essere tali devono avere tre caratteristiche: essere relazionali, identitari e storici. E’ il profilo di Macerata prima che venisse deturpata. La piazza è il luogo per eccellenza e in una città piccola, magnifica, che ha stratificato il tempo con le stalattiti del sapere il mantenimento dell’identità è fondamentale. Più crescono i centri commerciali, più la città smotta a valle – non sarà sfuggito a nessuno che la presenza di un certo centro commerciale ha originato il non luogo di MaceDonia – più si diluisce l’identità. Servono invece luoghi – il Pozzo lo è stato – che sono gli anticorpi all’infezione che si mangia l’identità.

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L’assessore alla cultura Katusha Cassetta

Oggi siamo pieni di punti di somministrazione che però non diventano luoghi di aggregazione. La qualità dell’offerta non solo è cambiata ma è peggiorata. Servono invece angoli di cultura, di produzione musicale, punti di riferimento dove la parola e il pensiero si incontrano e si scontrano e dove cibo e il bere che sono cultura materiale diventano il lubrificante del confronto. La prima volta che venni a Macerata i miei ragazzi che ascoltavano le mie conferenze sul turismo e il giornalismo mi portarono al Pozzo per continuare a discutere, a celebrare il simposio nel senso più platonico del termine. Le città universitarie hanno bisogno di questi riferimenti, sono l’unico antidoto al solipsismo stupefacente. Sono gli eredi dei caffe letterari.

Qui il Comune può e deve fare molto. L’assessore alla cultura farebbe bene a interrogarsi tra un incarico a un gruppo di Porto Sant’Elpidio e un tributo a una compagnia di Fermo, tra un bilancio in rosso del Mof e un tuffo in piscina fuori ordinanza, se un’apparente osteria sia un luogo di produzione culturale e quanta ne abbia offerta a Macerata e per Macerata. Se dunque non sia meritevole di tutela. Il sindaco farebbe bene a interrogarsi se lasciando che la città dilavi la sua identità non sia maggiormente soggetta al ricatto della violenza, non sia più debole nell’opporre i propri codici di comportamento a chi viene da altre prassi finendo per rimanerne vittima.

Tra le molte promesse elettorali ve n’era una rimasta sinora inevasa: la costituzione del centro commerciale naturale. Illudersi che bastino due lampadine a dare nuova luce è ingenuità sesquipedale, come è sbagliato affidarsi a comitati più o meno rappresentativi che tirano l’acqua ai loro mulini. Così come è sbagliato pensare che lo spaccio di calorie che viene organizzato con estemporanei aperitivi capaci di corroborare per qualche giorno le esangui casse di locali a cui si fa concorrenza con i centri commerciali sia bastevole a far diga all’altro criminale spaccio. E’ di tutta evidenza che se gli spazi di relazione si rattrappiscono quel vuoto viene occupato dagli spazi di trasgressione. Diventa inutile così anche il lodevolissimo investimento che è stato fatto per riqualificare i giardini Diaz: se la percezione d’insicurezza non li rende luoghi nel senso che Augé ha designato resteranno, pur abbelliti, in mano a chi ne ha fatto bottega di morte.

Il tema centrale è la residenzialità in centro storico, è il corroborare il cuore della città nella sua essenza di luogo storico, identitario e relazionale. Questo è il primo e più potente antidoto al degrado sociale che produce il fenomeno criminale; la militante, pacifica convivenza è il primo baluardo contro la violenza. Era stata assunta la necessità di rivitalizzazione del centro storico come priorità assoluta della nuova amministrazione. Lo si faccia. Anche perché, e questo è un aspett0 meritevole di ulteriore approfondimento, oggi Macerata deve affrontare un’altra sfida: la tenuta di iscrizioni all’università che, piaccia o no, è il primo motore economico. La città ha tutte le caratteristiche per essere un campus diffuso, per far si che gli studenti occupino spazi in centro e risolvano anche le aree di conflitto con i residenti. Ma serve uno sforzo di progettazione per restituire al centro la sua vocazione di essere il generatore dell’identità, il perpetuatore della storicità, il promotore della relazionalità elementi che definiscono Macerata come luogo.

Le precedenti amministrazioni con la prospettiva politica errata che il centro fosse la casa dei “ricchi” lo hanno lasciato degradare e di pari passo s’è avuto l’incistarsi nel tessuto urbano del virus della delinquenza. Se vuole, e ne è capace, la giunta Parcaroli, può ponendosi questo tema e agendo di conseguenza marcare davvero la discontinuità, assai più che annunciando cento progetti di cui non si vede l’inizio, di cui si scopre l’incertezza dei finanziamenti. Serve un disciplinare di qualità che riguarda gli appartamenti affittati ai ragazzi, i locali di ristorazione, i negozi, la manutenzione degli edifici. Serve un progetto che agevoli le giovani coppie ad abitare il centro, a fare del centro la culla dei loro figli e che del pari assicuri agli anziani la dignità della loro vita. Lo impone l’attualità di questi giorni. Lo impone anche la spia rossa accesa con l’abbandono de Il Pozzo, se ci sarà e il fatto che si organizzino cordate di azionariato popolare per salvarlo indica che c’è la percezione che si sta perdendo un valore. Mi auguro che il Sindaco rifletta su questo nesso tra perdita di identità e incremento della criminalità. La città – per dirla con Franco Battiato –  ha bisogno di un centro di gravità permanente e non di una permanente gravità in centro.

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