Vaccinazioni, l’appello di Miccini:
«Si coinvolgano i privati per far presto
Ad Appignano potrei finanziarla io»

MESSAGGIO del ceo della Giesseggi che si rende disponibile ad acquistare dosi di vaccino anti Covid e anche un frigo per conservare quelli della Pfizer-Biontech se necessario

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Gabriele Miccini, ceo della Giesseggi

 

«Se accelerano con i vaccini Moderna e AstraZeneca, sarei disponibile ad acquistarli e a far vaccinare l’azienda e anche tutta Appignano a mie spese». Sono le parole di Gabriele Miccini, ceo della Giessegi, azienda di Appignano leader nel settore mobili. Il suo è una sorta di appello alle istituzioni a fare presto con la campagna vaccinazioni, coinvolgendo anche i privati se necessario, così da poter rimettere il Paese e l’economia in carreggiata quanto prima. «Siamo in ritardo con i vaccini – aggiunge Miccini – sia perché ne abbiamo pochi, sia perché impiegano molto a farli. Dovrebbero coinvolgere i privati in questo, perché con questa centralizzazione si va a rilento. I vaccini antinfluenzali li ho sempre fatti fare a mie spese in azienda a chi voleva, abbiamo un medico che organizza. Quindi potremmo mettere in campo la stessa macchina organizzativa anche con i vaccini anti Covid. Se Moderna e AstraZeneca non arrivano in tempi rapidi, sarei disposto anche a comprare un frigo per conservare i vaccini Pfizer-Biontech. Spesso sento dire che la sanità va male perché si è dato troppo spazio al privato, ecco per me è l’esatto contrario. Bisogna spingere sempre di più per un rapporto con il privato, perché se non iniziamo a coinvolgere di più i privati una brutta fine ce l’abbiamo davanti».

Il punto, per il ceo della Giessegi, è quello di mettere in sicurezza e cittadini e far ripartire l’economia. Chiusure prolungate anche in questo 2021 rischierebbero di costare troppo in termini di occupazione e Pil.  «Se continuano a non aprire – aggiunge Miccini – ci troveremo ancora più in difficoltà, per cui per forza di cose saremmo costretti a ricorrere alla cassa integrazione. E come noi, immagino un po’ tutti nel nostro settore. Non si possono chiudere tutte le classi merceologiche indistintamente e lavorare a singhiozzo. Nei Brico, per esempio, ci sono molti più assembramenti di quelli che ci potrebbero essere nei negozi di mobili, che invece continuano a restare chiusi, con danni peggiori di quelli già subiti nella primavera scorsa. Così si mettono in difficoltà le aziende, si è costretti a ricorrere agli ammortizzatori sociali, con costi per lo Stato e impiego di risorse che potrebbero essere dirottate altrove. Noi abbiamo ancora pochi giorni di lavoro, poi saremmo costretti a chiudere. E se iniziano a morire le aziende, voglio vedere dove lo Stato prende i soldi. Non avremmo più 2.700 miliardi di debito, ma molti di più. E saremo destinati a fallire come qualsiasi azienda che non riesce più a pagare gli oneri finanziari del proprio debito».

 

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