Nessuno vuole la desertificazione,
in tanti però la provocano

IL PUNTO - Si prendono provvedimenti senza valutare le conseguenze. Lo sblocca cantieri ha bloccato gli appalti. A marzo verrà sospeso il Contributo di autonoma sistemazione. L’autocertificazione senza testo unico non risolve nulla. Il decreto terremoto non ha rinnovato i centri di deposito delle macerie. Declassati tre reparti dell’ospedale di San Severino
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Una chiesa puntellata a Ussita

 

di Ugo Bellesi

Ammettiamo pure, come ci ha proposto un nostro amico, e lo facciamo molto volentieri, che non ci sia nessuno che trami per la desertificazione dell’intera area terremotata. Ma allora bisogna anche riconoscere che c’è qualcuno (anzi, più d’uno) che prende provvedimenti senza prevederne le conseguenze, solitamente negative per il territorio e per i terremotati. L’esempio più calzante è quello di chi si ubriaca e poi si mette al volante di un’auto di notte e lungo strade poco illuminate. Sicuramente egli non avrà programmato di investire e uccidere delle persone ma non c’è dubbio che si sia messo nelle condizioni ideali per provocare un incidente.

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Ugo Bellesi

Abbiamo sotto gli occhi un esempio lampante costituito dal famoso Decreto sblocca-cantieri riguardante i bandi pubblici per opere di valore fino a 5 milioni di euro. Il provvedimento era stato concepito per modificare l’art. 97 del Codice degli appalti pubblici in merito alle offerte eccessivamente basse e quindi considerate anomale. Infatti le offerte troppo ridotte rispetto all’appalto nascondono spesso lavoro nero e materiale scadente se non addirittura il fallimento dell’impresa che vince la gara. Nonostante le buone intenzioni è successo che la Giustizia amministrativa abbia applicato quella normativa in maniera difforme e contrastante. Altra confusione è stata creata dal Consiglio di Stato che in due circostanze si è pronunciato in modo differente. L’interpretazione della nuova norma ha fatto sì che almeno cinque Tar regionali si siano pronunciati in modo difforme l’uno dall’altro. Si è reso quindi necessario un nuovo intervento del Consiglio di Stato per dirimere la questione. Senonchè prima del 4 giugno 2020 il Consiglio di Stato non si riunirà. Pertanto, da oggi a quella data, quando sarà emessa la “sentenza di merito”, tutti i bandi pubblici (fino all’ammontare di rilievo comunitario fissato in 5 milioni e 350.000 euro) non si potranno fare. Con il risultato che il Decreto sblocca-cantieri di fatto li ha bloccati. Ogni commento è superfluo. L’unica speranza è che almeno gli appalti per i danni lievi agli edifici terremotati vadano avanti speditamente. Anche perché i progetti per questi fabbricati debbono essere presentati entro giugno 2020.

Ma a questo proposito c’è anche un’altra scadenza che grava sulle famiglie terremotate. Infatti entro marzo 2020 (quindi fra due mesi) verrà sospeso il Contributo di autonoma sistemazione (Cas) a chi non risiede nei comuni terremotati. Ci è stato spiegato che il provvedimento riguarda in particolare le famiglie che hanno trovato sistemazione provvisoria in alberghi della costa. Tuttavia, se dimostreranno di avere i particolari requisiti previsti dalla normativa, potranno continuare a beneficiare del Cas. Comunque sia non è che quanti vivano negli alberghi facciano vita da signori. Tutt’altro perché non è una loro casa, hanno delle regole da rispettare, vivono in una situazione completamente diversa da quella dell’entroterra e, soprattutto, se non hanno un lavoro, hanno l’angoscia nel cuore tutti i giorni. Non è neppure immaginabile la sofferenza di quanti hanno cercato, purtroppo inutilmente, di integrarsi in un ambiente nuovo e per tanti versi estraneo. E qualcuno, nei mesi scorsi, ma anche recentemente, si è suicidato. L’ultimo è stato un 50enne senza lavoro.

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Un’area sae a Camerino

Ma non è che sia una vita felice anche quella di coloro che abitano nelle “casette” burocraticamente chiamate Sae. Sono abitazioni provvisorie in cui «quando si apre una finestra – ci scrive un terremotato – si vedono le persone camminare ad un passo dalla loro stanza». Più volte abbiamo segnalato che sono aumentati i consumi di psicofarmaci. L’assistenza di queste persone, che spesso vivono sole e quasi sempre sono anziane, è affidata al personale della Croce rossa che si prodiga per mantenere i contatti anche quando neppure i parenti vanno più a trovarle. Tra l’altro in alcune zone non ci sono neppure i centri di comunità in cui magari incontrarsi con altri terremotati e scambiarsi pareri e consigli. La situazione, nei giorni scorsi, è stata spiegata bene ai giornalisti da un terremotato che ha preferito trasferirsi definitivamente a Civitanova. Si tratta di Eno Santecchia che, tra l’altro, ha detto: «Per chi è rimasto il dramma continua. Soprattutto lo vivono gli anziani che soffrono la solitudine. I giovani sanno adattarsi, gli anziani invece soffrono la solitudine e la malinconia…Ci sono danni diretti e indiretti, i ritardi per ripristinare le vie di comunicazione, la burocrazia che blocca tutto, le inevitabili frustrazioni di carattere psicologico e il rischio di vivere una vita da sfollati».

Per quanto riguarda la ricostruzione post sisma, quella che era stata decantata come il toccasana per risolvere tutti i problemi, e cioè l’autocertificazione da parte dei progettisti dei restauri, si è rivelata scarsamente efficace. Infatti il presupposto era che, come richiesto dagli ordini professionali, fosse stato pubblicato un testo unico di tutte le normative in materia di ricostruzione. «Senza questo documento si va un po’ alla cieca» ci dicono alcuni professionisti. Infatti quando si presenta un progetto di ricostruzione, dopo averci lavorato quattro o cinque mesi, non si sa mai cosa può capitare. Sovente, dopo qualche mese, l’Ufficio ricostruzione comunica che il progetto va rifatto perché non si è tenuto conto di una ordinanza emessa magari nel 2017, modificata nel 2018 e ripubblicata come “testo definitivo” nel 2019. Se il progettista ha “saltato” qualcuno di questi passaggi deve rifare tutto il progetto e perdere altri quattro o cinque mesi di lavoro, ovviamente non retribuito da nessuno.

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L’impianto del Cosmari

A proposito dei ritardi provocati dalla burocrazia in questi giorni è emerso un altro caso eclatante. Nell’ultimo decreto-sisma non è stata prevista la proroga per l’attività dei centri di deposito temporaneo delle macerie (che si trovano a Macerata, Tolentino, Monteprandone e Arquata). Pertanto la Regione non è nelle condizioni di rinnovare la concessione non essendovi i siti in cui depositare le macerie. E questo ha provocato una seria reazione da parte di diversi sindaci. Il primo cittadino di Pieve Torina, Alessandro Gentilucci, ha dichiarato: «E’ una situazione che stiamo vivendo di grande frustrazione e sfiducia anche da parte dei miei concittadini. Per questi territori occorre fare di più altrimenti un pezzo d’Italia vera scomparirà per sempre». Ha rincarato la dose il sindaco di Castelsantangelo sul Nera, Mauro Falcucci, che ha detto: «La politica deve decidere se sostenere o abbandonare le aree montane. Deve dirlo con chiarezza e agire di conseguenza. La politica scelga se la montagna va salvata oppure no, altrimenti ce ne andiamo tutti». Un calcolo molto sommario valuta le macerie ancora da portar via sulle 30.000 tonnellate ma ne saranno molte di più quando si sarà decisa la sorte di diversi edifici pericolanti.

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Alessandro Gentilucci

I ritardi nella ricostruzione hanno creato una situazione del tutto paradossale. Infatti un pensionato di Pieve Torina, che percepisce come terremotato il contributo di autonoma sistemazione, ha calcolato che in tre anni ha percepito tanto più denaro di quello che sarebbe stato necessario per riparare la sua abitazione, che ha avuto danni lievi. Discorso analogo è da farsi per migliaia di sfollati ai quali sarebbero bastate poche decine di migliaia di euro per restaurare le loro case. «Si continuano ad erogare, giustamente, i contributi di autonoma sistemazione – ha sottolineato il sindaco di Pieve Torina Alessandro Gentilucci – necessari per chi non aveva più casa, ma sono tutti soldi che potevano essere risparmiati se si fosse accelerata l’approvazione dei progetti. Intanto – ha aggiunto il sindaco – la burocrazia ci attanaglia, i passaggi per arrivare solo a redigere un progetto per il recupero di un’opera pubblica sono una trafila infinita che dura mesi, e bisogna sperare che nel frattempo non cambi una legge, altrimenti si ricomincia…E lo Stato seguita ad investire sull’emergenza perchè non è in grado di ricostruire».

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Rosa Piermattei

Una vera e propria “mazzata” è arrivata invece addosso ad un altro Comune terremotato: San Severino. Infatti dalla sera alla mattina sono stati declassati tre reparti del suo ospedale. «Con grande sorpresa – ha scritto il sindaco di San Severino Rosa Piermattei – il 31 dicembre 2019, qualche ora prima dello scoccare della mezzanotte, l’Asur regionale ha emanato la determina n.742 con la quale ha declassato tre ‘Unità semplici dipartimentali’ dell’ospedale ‘Bartolomeo Eustachio’ di San Severino, a ‘Unità semplici’: l’hospice, l’oncologia e la radiologia». Il primo cittadino ha subito chiesto alla Regione che «ritiri immediatamente la scellerata decisione che, di fatto, cancella l’autonomia delle tre strutture che così possono esser soppresse in qualsiasi momento, inglobate o trasferite nelle strutture da cui dipendono…Esse sono indispensabili per il nostro ospedale e per garantire un diritto fondamentale quale è quello della salute per i cittadini…Quella di San Severino è una città terremotata e il suo ospedale è sempre stato un riferimento per tutto l’entroterra». C’è una continuazione costante tra causa ed effetto ed ormai deve essere a tutti chiarissimo come mai l’entroterra si spopola, anche se ci si assicura che nessuno lo vuole.

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