L’imperdonabile assenza di Farabollini

IL COMMENTO - Il commissario non si è presentato alla visita del Pontefice a Camerino perché invitato dall'arcivescovo ma non dal cerimoniale papale. E arriva anche a sostenere che Papa Francesco sia "vittima della disinformazione". Se la Regione guidata da Ceriscioli è tra i responsabili delle lungaggini post-sisma, questo governo ha accantonato una volta per tutte l'emergenza terremoto, dopo averla cavalcata per ragioni elettorali
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di Fabrizio Cambriani

C’è un passaggio davvero sconcertante in una intervista del commissario straordinario alla ricostruzione, Piero Farabollini, rilasciata oggi dopo la visita di Papa Francesco ai terremotati.  “Le parole del Papa e dell’arcivescovo sono il segnale eclatante della grande disinformazione che si è fatta e che si continua a fare sulla ricostruzione”, ha detto il commissario. Apprendiamo dunque dalla viva voce di Farabollini che Sua Santità, quanto l’arcivescovo di Camerino, siano caduti nel trappolone della “disinformacija”, ordito da non meglio precisati nemici del popolo, manco fossero due ingenue casalinghe – ammorbate dalla televisione – pronte a bersi qualsiasi stupidaggine.

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Il commissario Piero Farabollini

Ma a parte la mancanza di rispetto per le persone, prima che del ruolo, compare da questa incauta affermazione, una coda di paglia grande come una casa. Un scusa non richiesta da nessuno, ma che probabilmente deve aver toccato, vista l’improvvida risposta, un nervo scoperto. In casi del genere sarebbe del tutto inutile precisare che né Papa Francesco, ma nemmeno Mons. Massara abbiano puntato il dito contro qualcuno in particolare. È ovvio che – come fa la Chiesa da secoli – si sono semplicemente limitati a individuare nelle generiche maglie della burocrazia l’origine dei ritardi e quindi dello scoraggiamento collettivo di un intero territorio. Che, sia detto per inciso, tra un rimpallo di responsabilità, fra una parte politica e l’altra, da quasi tre anni è ancora fermo ancora alle macerie. Sulle quali però è cresciuta tanta erba selvatica. Tra l’altro, a volerla per forza buttare in politica, Farabollini avrebbe dovuto prendere in considerazione che tra la sua autorevolezza (absit iniuria verbis) e quella del Papa e dell’arcivescovo ci passa un abisso. Tanto è vero che tutti i sindaci del cratere hanno apprezzato e difeso le parole sagge, ma ferme, del loro nuovo Pastore e condiviso l’analisi sulla strategia dell’abbandono del rettore Claudio Pettinari (leggi l’articolo).

PAPA_CAMERINO_FF-33-1-325x216Quanto all’assenza del commissario straordinario alla visita straordinaria del Pontefice, Farabollini ha dichiarato, che benché invitato personalmente dall’arcivescovo di Camerino, non ha inteso partecipare perché non aveva ricevuto nessun invito ufficiale dal cerimoniale papale. Una roba degna del più becero “lei non sa chi sono io!” che lascia veramente di stucco se solo non fossimo nel Paese della commedia permanente. E allora meglio derubricarla e accostarla benevolmente a una gag di Totò e Peppino. Magari quella dell’onorevole Trombetta.

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L’arcivescovo Francesco Massara

Entrando nel merito dei fatti, Farabollini, con le sue parole riesce pure a trasformare il presidente Ceriscioli – uno dei principali responsabili del disastro delle lungaggini post sisma – in vittima. Lo chiama in causa per la sua attribuzione di vicecommissario, quasi dimenticando che il commissario titolare e a cui fa capo ogni responsabilità è invece solo ed esclusivamente lui. E che a lui e a nessun, altro fanno capo oneri e onori. Dimenticando, o facendo finta di dimenticare, che il governo Conte, che lo ha nominato, ha inteso attribuirgli completa carta bianca. Tanto da escludere dalle sue proprie ordinanze i pareri, prima obbligatori, dei presidenti di regione (i vicecommissari appunto). Ordinanze che dal suo insediamento – i primi di ottobre del 2018 – risultano rade e spesso inefficaci. A fronte dei 67 atti della gestione Errani-De Micheli, Farabollini ne ha prodotti solo 13 di cui una in sospeso e ben 7 in attesa del via libera dalla Corte dei conti. Ma, benché avaro di atti normativi (attività per cui è lautamente pagato) si rivela prodigo di critiche, talvolta oltremisura scomposte, verso tutto e tutti.

Una profonda delusione anche per chi, come me, aveva riposto in lui delle serie aspettative. Tanto che, in tempi non sospetti, non avevo esitato a difenderlo da inutili pregiudizi e stucchevoli dileggi. La verità vera è che l’impianto logistico imposto dal governo Conte per la ricostruzione dell’intero Appennino centrale è semplicemente demenziale. È infatti affidata al sottosegretario Crimi che si occupa di editoria. Infatti, mentre lui faceva in una commissione la battaglia contro Radio Radicale, in un’altra si parlava di terremoto e si creavano, naturalmente, dei gran pasticci. Per esempio sulla restituzione delle imposte.

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Piero Farabollini con il premier Giuseppe Conte

Con una struttura e dei comportamenti di siffatta natura non c’è bisogno della palla di vetro per realizzare una volta per tutte che quella che era l’emergenza terremoto, cavalcata ad arte per ragioni elettorali, è stata ora e da questo governo accantonata una volta per tutte. Lasciando sul territorio solo qualche prezzolato megafono che si presta ormai solo a una improbabile e sbiadita propaganda di facciata.
Che durante la visita del Pontefice non ci fosse nessuno del Governo è un chiarissimo segnale che indica questa inequivocabile direzione. Passi, per quanto paradossalmente lo si possa giustificare, il mancato invito da parte del Papa stesso, ma resta l’imperdonabile l’assenza, per testimoniare, se non altro, la vicinanza e la solidarietà ai terremotati tutti.
Una graffio lacerante che i tantissimi (ancora) senzatetto dei Sibillini non meritavano proprio. Ma che Papa Francesco – grazie al tempestivo invito di Mons. Massara – ha saputo lenire solo con la sua presenza fisica.



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