di Marco Cencioni
«Chi lavora in quelle condizioni lo fa come se ci fossero da recuperare persone vive. La speranza c’è sempre, perché quegli eventi possono aver dato luogo a situazioni molto particolari». Si aggrappano alle parole del capo della Protezione civile nazionale Fabrizio Curcio, pronunciate questo pomeriggio nella trasmissione “In mezz’ora” su Rai Tre, i familiari delle 23 persone – fra cui due giovani maceratesi, Emanuele Bonifazi di Pioraco e Marco Tanda di Castelraimondo – disperse nel dramma dell’hotel Rigopiano di Farindola (Pescara). Una giornata lunga come le altre quella appena trascorsa, densa di attesa, angoscia e speranza. L’hotel ha però restituito un altro morto: si tratta di un uomo, sesta vittima accertata della slavina che ha colpito il resort mercoledì. Poco dopo le 18 la conferma della notizia da parte dei vigili del fuoco, l’identità dell’uomo non è stata ancora comunicata. Le altre vittime sono il maitre dell’hotel Alessandro Giancaterino, il cameriere Gabriele D’Angelo, Nadia Acconciamessa e Sebastiano Di Carlo, genitori del piccolo Edoardo che si è salvato, e Barbara Nobilio, 51enne di Loreto Aprutino.
ANCORA DISPERSI – All’appello, secondo quanto reso noto dalla prefettura di Pescara, mancherebbero 23 persone, tutte disperse. All’elenco si è aggiunto l’immigrato senegalese Faye Dame, in possesso di permesso di soggiorno e regolarmente assunto dall’hotel Rigopiano. Lo hanno accertato gli investigatori, i quali confermano che l’immigrato era nella struttura al momento della tragedia. Fra i dispersi resta Emanuele Bonifazi, 31enne di Pioraco, che lavorava alla reception e in amministrazione all’hotel Rigopiano. Organizzava anche gli eventi nell’albergo, come ha spiegato ieri il padre Egidio (leggi l’articolo). C’è anche un altro ragazzo della provincia di Macerata nella lista, Marco Tanda, 25 anni, di Castelraimondo, pilota della Ryanair che vive a Roma. Era arrivato all’albergo il 18 gennaio con la fidanzata, Jessica Tinari, 24 anni, di Lanciano.
I SOPRAVVISSUTI – Undici le persone scampate alla tragedia. Ai due sopravvissuti recuperati all’alba di giovedì, il cuoco Giampiero Parete e il “tuttofare” dell’hotel Fabio Salzetta, si aggiungono la moglie di Parete, Adriana Vranceanu, e il figlio Gianfilippo. Tre gli altri bambini salvati: l’altra figlia di Parete, Ludovica, Edoardo Di Carlo e Samuel di 7 anni, il bambino di Osimo figlio del poliziotto Domenico Di Michelangelo e di Marina Serraiocco, ancora dispersi. Oggi il fratello dell’agente, contattato da Cronache Ancona, ha detto che “la speranza ora è in un altro miracolo” (leggi l’articolo). Altre quattro persone, Giampaolo Matrone (lievemente ferito), Vincenzo Forti, Francesca Bronzi e Giorgia Galassi sono state estratte vive dai soccorritori.
L’EMAIL PRIMA DELLA TRAGEDIA – “Vi comunichiamo che a causa degli ultimi eventi la situazione è diventata preoccupante”. Così il 18 gennaio l’amministratore unico dell’hotel Rigopiano, Bruno Di Tommaso, si rivolgeva in un’e-mail al prefetto di Pescara, al presidente della Provincia, alla polizia provinciale e al sindaco di Farindola perché fosse “predisposto un intervento”. Questa la comunicazione, inoltrata due ore prima che la slavina si abbattesse sull’albergo. Il problema erano “circa 2 metri di neve – diceva Di Tommaso nell’email – e nella nostra struttura al momento ci sono 12 camere occupate (oltre al personale)”. Persone “terrorizzate dalle scosse sismiche” e che erano disposte “a trascorrere la notte in macchina” dato che non potevano andarsene “a causa delle strade bloccate”. Un appello rimasto purtroppo inascoltato.
L’ANALISI DEL FENOMENO, I SOCCORSI, LE AUTOPSIE – “Come 4mila tir a pieno carico”: questa la pressione esercitata dal fronte di distacco della slavina che mercoledì ha devastato il resort abruzzese. I dati, raccolti direttamente sul posto dai carabinieri forestali del servizio Meteomont, fotografano in pieno la potenza del fenomeno. E’ il portavoce del Soccorso Alpino, Walter Milan, a spiegare le modalità di intervento che vengono utilizzate per il recupero dei sopravvissuti. “Dividiamo le aree in micro metri di movimento. La cautela è massima e prima di un minimo spostamento di neve, ogni soccorritore avvisa tutti gli altri di quanto che sta per fare. Di certo si tratta di una valanga anomala”. Nella zona della tragedia radar e operatori vigilano sul rischio valanghe (salito a 4 su una scala di 5) e sono arrivati gli strumenti per proteggere gli operatori che continuano a scavare tra le macerie. “I vigili del fuoco stanno avanzando all’interno della struttura lungo il percorso che ha consentito il ritrovamento dei nove superstiti – spiega in una nota la prefettura – Le difficoltà consistono nella necessità di aprire varchi attraverso murature di elevato spessore per accedere ai locali successivi. Parallelamente stanno operando sul fronte nevoso esterno per consentire l’apertura di ulteriori varchi sul lato opposto della struttura, per il raggiungimento e l’ispezione più rapida dei locali. Proseguono le operazioni di ricerca e soccorso, sia all’interno dell’hotel che all’esterno”. Nel frattempo sono state effettuate le prime due autopsie sulle vittime della tragedia di Rigopiano, Alessandro Giancaterino e Gabriele D’Angelo. E’ stato il primario medico legale dell’ospedale di Pescara, Ildo Polidoro, a chiedere espressamente alla procura di Pescara il nulla osta alle autopsie per non deteriorare le condizioni dei corpi. Gli esami si sono svolti nell’istituto di medicina legale di Chieti e le salme sono state sottoposte anche a Tac, perché vanno eventualmente rintracciate anche possibili cause traumatiche interne. L’ipotesi più plausibile è quella di una serie di concause che avrebbero determinato la morte delle vittime, trovate sepolte dalla neve.
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C’è un elemento nuovo a illuminare meglio la realtà di Rigopiano, dove, a detta del pm Cristina Tedeschini, è «assodato che fosse zona di valanghe». Un tempo, i 9 chilometri di strada che collegano il centro abitato di Farindola al resort, in presenza di neve erano considerati «a rischio».
E si preferiva chiuderli al traffico piuttosto che garantirne la percorribilità.
Chi sa, tra i vertici delle amministrazioni locali, ne parla a mezza voce: «Sul ciglio c’è ancora il segnale stradale, pronto all’occorrenza». Ma così accadeva un tempo, appunto, quando Rigopiano non era ancora sinonimo di un albergo di lusso, la strada portava soltanto a una locanda nel cuore di una riserva naturale e a nessuno sarebbe venuto in mente di dannarsi per battere la neve in campo aperto. Le cose erano facili, al tempo: scendeva la neve, la sbarra bloccava la strada, la locanda chiudeva i battenti.
Tutto è cambiato, nel frattempo. Al posto di un antico casolare, trasformato in locanda negli Anni Sessanta, c’è ora un hotel di lusso che può accogliere fino a 200 ospiti. E dato che il resort è divenuto il pilastro dell’economia di Farindola, è impensabile chiudere la strada. Ma come siano cambiate le cose, e perché, sulla base di quali ricchi investimenti, e in forza di quale abuso urbanistico poi sanato dal Comune, c’è stato un processo a raccontarlo. Quel dibattimento per il reato di corruzione a carico di ex amministratori locali di Farindola (non per l’abuso, che era conclamato) si concluse con un’assoluzione e una generale prescrizione. Ora che si indaga per omicidio colposo e disastro colposo, però, i carabinieri hanno rispolverato il fascicolo e lo leggeranno con altri occhi.
Per arrivare al resort c’era una strada «difficile», insomma. È diventata impraticabile e si è trasformata in una trappola mortale, però, perché da queste parti le turbine antineve non funzionano. Inutile lanciare l’allarme meteo se poi gli uffici provinciali non sono in grado di reagire e rendere praticabili le strade. A Chieti, come ha scoperto il quotidiano locale «Il Centro», su una dotazione di sette turbine, cinque sono quelle scassate. A Pescara hanno una sola turbina ed è rotta dal 6 gennaio. La Provincia si difende agitando il suo bilancio ridotto all’osso. E c’è una curiosità che sembra darle ragione: tre mesi fa la Corte Costituzionale ha dato ragione proprio alla Provincia di Pescara in conflitto con la Regione Abruzzo perché non aveva ricevuto i fondi necessari a garantire il trasporto degli studenti disabili. Un servizio considerato essenziale che non può essere subordinato al pareggio di bilancio.
L’indagine dei pm ha intanto accertato che la strada di accesso all’hotel era ancora aperta la sera di martedì 17 quando va via una coppia di ospiti che si è spaventata per il maltempo, e con loro il direttore dell’albergo Bruno Di Tommaso. Lo spalaneve provinciale fino a quel momento ha fatto il suo dovere. È nella notte che riprende a nevicare. Il giorno dopo, già alle 7 del mattino è chiaro che uno spalaneve qualsiasi non sarebbe stato più sufficiente. «A Rigopiano non si va», dice un dirigente della sala operativa. Comincia la ricerca affannosa di un’altra turbina visto che la loro è rotta, ma a quel punto l’intero Abruzzo è in tilt.
Nel frattempo arrivano le scosse telluriche e all’albergo si spaventano. Il proprietario decide che è ora di far andare via tutti, clienti e personale. Un gruppo in arrivo di 7 persone è pregato di tornare indietro. Gli altri preparano le valigie e si sistemano nella hall. Viene promessa una turbina per le 15 e però l’intervento salta. Alle 15,44, Di Tommaso manda una mail di sollecito al sindaco, al prefetto e al presidente della Provincia. «I clienti – scrive – sono terrorizzati dalle scosse sismiche e hanno deciso di restare all’aperto. Abbiamo cercato di fare il possibile per tranquillizzarli, ma non potendo ripartire a causa delle strade bloccate, sono disposti a trascorrere la notte in macchina». Conclude che i duecento metri del viale privato sono stati ripuliti e chiede «di predisporre un intervento». Ma il presidente della Provincia Antonio Di Marco vedrà quel messaggio soltanto il giorno dopo. «È una mail ininfluente – dirà poi -. Nessuno l’ha sottovalutata per il semplice motivo che io alle 14 avevo incontrato la sorella dei proprietari e avevo dato loro rassicurazioni che entro la serata sarebbe andata una turbina a liberare la strada». Si garantisce un intervento per le 19. Arriverà prima la slavina mortale.
(fonte http://www.lastampa.it/2017/01/23/italia/cronache/la-strada-andava-chiusa-e-spunta-il-primo-allarme-lanciato-alle-del-mattino-e6qR33WybfbJl0r3Yr1UdP/pagina.html)