di Federica Nardi
I numeri della sanità privata e il doppio volto della nuova proposta di legge che pesa quasi 300 milioni di euro e che affiderebbe alla Giunta la massima discrezionalità su chi riceverà o no i fondi regionali. Sono settimane di fuoco per la sanità in Regione con gli ospedali unici di provincia e la chiusura dei punti nascita che hanno monopolizzato da mesi l’attenzione e il dibattito pubblico. Ma mentre da Pesaro ad Ascoli imperversa il “toto ospedale”, altre questioni più immediate impegnano i tavoli della Regione. Come quella della proposta di legge (presentata il 6 agosto dell’anno scorso) che ridefinirà, se approvata in Consiglio, chi quando e come tra i soggetti della sanità pubblica e privata potrà accreditarsi con il sistema sanitario regionale. Ripescata dal cilindro della giunta Spacca (errori di battitura compresi), la proposta di legge era vista da molti come l’opportunità di rendere il sistema di accreditamento delle strutture sanitarie e socio sanitarie pubbliche e private accreditate (cioè quelle che ricevono finanziamenti pubblici dalla Regione) più aperto e democratico, affidandolo al Consiglio regionale.
Ma la pdl, così come formulata nella prima versione, mette in mano alla Giunta tutti i poteri del caso. Da un lato questo agevolerebbe il procedimento, rendendo fruibili in tempo reale servizi necessari alla comunità, che rischierebbero altrimenti di rimanere ingolfati nella burocrazia del Consiglio. Dall’altro, come hanno sottolineato sia le consigliere di opposizione della Commissione sanità, sia molti dei soggetti ascoltati nella fase preliminare alla votazione degli emendamenti (leggi l’articolo), se si considera che è sempre la Giunta a firmare gli accordi economici con gli enti privati accreditati, il quadro che si profila nel caso la legge passasse senza modifiche è quello di una discrezionalità quasi totale affidata alla Giunta. Una discrezionalità che si traduce anche nella possibilità da parte della Giunta di indicare il tariffario (in parte dettato dal Ministero della Salute, ma che nei prossimi mesi subirà delle modifiche) e il fabbisogno. Tradotto concretamente: di decidere, sempre nei limiti di un tetto massimo stabilito dalla legge, quanti soldi investire per acquistare da queste strutture prestazioni che vadano, tra le altre cose, ad alleggerire la macchina della sanità pubblica. Sempre ricordando che il servizio reso dai grandi enti privati della sanità contribuisce non poco a contrastare il salasso della cosiddetta mobilità passiva, che si verifica quando i pazienti marchigiani scelgono di rivolgersi a strutture sanitarie di altre regioni ma continuano ad essere spesati da quella di provenienza. In tutto questo la reale portata finanziaria della legge non è chiara quasi a nessuno. Per avere un’idea della cifra in gioco bisogna mettere mano a documenti meno recenti ma più definitivi, come le centinaia di pagine che documentano i bilanci dell’Asur e le convenzioni al momento attive con i soggetti della sanità privata.
Il prospetto illustrativo dei fondi alla sanità privata accreditata nella relazione del direttore dell’Asur al bilancio di esercizio 2014
I NUMERI DELLE STRUTTURE SANITARIE PRIVATE – Sono 402 le strutture sanitarie private accreditate dalla Regione (comprese quelle termali), come risulta dalla lista pubblicata dalla Regione nel novembre del 2013. Quando la Regione firma un accordo economico con le varie strutture, i fondi sono poi erogati dall’Asur, che gestisce risorse per più di 2 miliardi di euro. Facendo riferimento alla relazione dell’allora direttore dell’Asur, Gianni Genga (ora direttore dell’Inrca), al bilancio di esercizio 2014, i ricavi maggiori, escludendo i contributi regionali che rappresentano il 93 percento delle entrate, vengono dalle prestazioni sanitarie e dal ticket pagato dagli utenti, con una fetta non indifferente ricavata dai medici che operano “intramoenia”, cioè a pagamento nelle strutture pubbliche (la forma più comune con cui la sanità privata fa concorrenza a quella pubblica). Sul fronte dei costi l’acquisto di prestazioni dalla sanità privata accreditata pesa sul bilancio del 2014 di circa 295 milioni di euro, di cui oltre 95 milioni (il 31 percento del totale) sono destinati agli istituti di riabilitazione.
REGINA RIABILITAZIONE – Sono proprio gli istituti di riabilitazione la punta di diamante della sanità privata accreditata, sia per qualità che per risorse assorbite. Come emerge anche in un altro documento risalente al 2014: l’accordo tra Regione e istituti di riabilitazione privati sempre a firma della giunta Spacca e pubblicato sul sito della Regione. Nell’accordo il budget previsto per i soli istituti di riabilitazione privati risultava ingente, anche se inferiore rispetto al dato definitivo del 2014 (circa 85 milioni di euro invece dei 95 milioni iscritti nel conto economico del 2014). Nel prospetto dell’accordo, che indica il budget annuale fino al 2015, un allegato è esclusivamente dedicato agli istituti che fanno capo ad un unico grande soggetto della sanità privata, che assorbono circa il 67 percento del budget (più di 57 milioni di euro). Gli altri istituti, una ventina in tutto, si spartiscono il restante 33 percento.
VERSO L’OSPEDALE UNICO – Ed è la riabilitazione, così come tutte le cure di “lungodegenza”, la chiave di volta anche dei futuri progetti previsti dalla riforma sanitaria. L’idea di costruire un ospedale unico per provincia che si occupi delle emergenze e accentri le specialistiche, lanciata da Ceriscioli e subito raccolta da tutte le amministrazioni locali, va di pari passo con quella di fornire, su tutto il territorio, servizi a supporto di tutte le fasi della cura che non sono più “acute”. Cioè che non richiedono più interventi urgenti e ad alta specializzazione. Un processo in corso e che dovrà affrontare sia una distribuzione ancora disomogenea sul territorio dei posti letto (specialmente quelli dedicati alle cure per gli anziani), sia i molti problemi organizzativi che hanno accompagnato fin dalle prime fasi l’attivazione degli ospedali di comunità (a partire dal mancato coinvolgimento dei medici di medicina generale). In questo scenario si fa strada la voce della sanità privata accreditata che, tetti di budget permettendo, è pronta a raccogliere i pezzi lasciati dalle difficoltà della riorganizzazione pubblica. Come affermava in un’intervista a Cm Giorgio Giombini, presidente dell’Assosanitar (associazione che raccoglie circa il 60 percento degli operatori privati della sanità marchigiana), quando indicava nell’ampliamento della rosa degli enti sanitari accreditati una soluzione per abbattere le liste di attesa e per occuparsi in modo migliore e meno costoso delle problematiche non urgenti dei pazienti.
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Ma fanno bene a prenderci a calci in faccia. Che si vuole pretendere da un popolo che vede Masterchief, L’Isola dei famosi, Il grande fratello e che si emoziona con Amici, C’è posta per tutti specie da Equitalia, Apm, Eni; Enel, Ufficiali Giudiziari e fra poco tonnellate di signori che invieranno le loro missive con i loro volti impressi in espressioni atte a suscitare in chi le vede senza strapparle prima di aprirle, fiducia, onestà, e vera abnegazione non quella simulata, per tutto il prossimo con la speranza di vederlo da una poltrona che lo tenga il più lontano possibile. Ogni volta che si vota è sempre peggio, si parla di criminalità organizzata e noi stupidamente pensiamo alle solite bande di briganti che con i loro tromboni assaltano le diligenze o ai crimini da mettere nella voce” Altro ed Eventuali “. Dopo aver votato ecco che ci ritroviamo con i soliti galletti da combattimento pronti a mostrare becchi ed unghie affilati per difendere le loro idee che coincidono con la spartizione degli utili dal bilancio dello stato se ci sono e anche se non ci sono tenendo presente che devono essere sempre divisi in maniera equa e solidale. L’articolo ce ne illustra uno dei modi che sarebbe perfetto se fossero solo gli assessori a decidere, ma quei mascalzoncelli dei consiglieri vorrebbero anche loro essere sentiti prima di tagliare la torta. Eh che diamine, non navighiamo tutti sulla stessa barca, pardon, nave da crociera. Tanto il popolino tra ticket, visite a pagamento per non crepare prima del tempo, visite dagli stessi dottori che ti hanno visitato all’ospedale ma che ti consigliano di vederti privatamente per un migliore approfondimento che i tempi caotici negli ospedali non permettono, alla fine se la cava sempre. Oh, sarebbe ora che ognuno impari ad arrangiarsi come meglio crede, cioè come noi vogliamo che creda e faccia. E poi diciamolo, anche da un punto di vista estetico, se si potrebbe vedere, questa legge non sarebbe uno splendido corollario a tutti quegli interventucci che si sono già fatti e che si faranno per rendere la sanità pubblica sempre più inutilizzabile, fatto salvo dove grossi e grassi interessi non si faranno certo sottomettere da quella privata, e qui andiamo un attimo a quegli ospedali unici che solo la provincia di Macerata non avrà perché i fiumi Foglia ( attraversa Pesaro ) e il Metauro ( Pesaro Urbino ) sono in secca. Caso mai come insinua l’articolo potrebbero apparentarsi, scambiarsi di posto magari anche di nome come ad esempio chiamarsi Dr Curo alla clinica “ Salutem tibi pecuniam meam “ o Dr Magillagorilla al “ Fatebenesorelle “.
Attila, al confronto, era uno che piantava margheritine.
Saranno contenti i vari capibastone e commissari del popolo della Provincia di Macerata che lo hanno fatto votare….
Cerasi, sarebbe già qualcosa ammettere di aver preso un abbaglio, anzi una bastonata tra capo e collo.
Non deve essere facile per i capoccia ammettere con se stessi di aver preso una cantonata tremenda e allo stesso tempo cercare di giustificare una scelta a cui è difficile trovare un nome che riveli tutta l’interezza della sua bassezza . Questo naturalmente se dotati ancora di amor proprio a cui è difficile mentire. Aver dato il potere a chi sta massacrando la sanità pubblica marchigiana con un occhio di disprezzo per il Maceratese, speriamo che sia la tomba che raccoglierà le spoglie dei tanti falliti che dal mare ai monti non so se avranno ancora il coraggio di ripresentarsi sempre che non succeda qualcosa prima, anche se più che con la maggioranza silenziosa mi pare di avere a che fare con una maggioranza che anch’essa prende bastonate tra capo e collo, un giorno sì e l’altro pure ma che appare avvilita, sottomessa, senza speranza.
Un plauso a Federica Nardi.
Invece cosa pensare di chi, e di come si gestisce la “salute” dei marchigiani?
Certo il Pd ha vinte le elezioni, aveva messa già nel cassetto la 735, e tacendo tutte le intenzioni, ora palesate sta dirottando sui canali prestabiliti, risorse ed energie.
I sindaci poi, che dire?
Non hanno alcuna voce in capitolo, ma si vendono “millantati crediti” regionali per tenere calmi i cittadini.
Le lobbies che gestiscono la sanità marchigiana hanno altro in serbo per noi.
Piano piano si attueranno tutte le decisioni già prese.
Attendiamo ora di sapere, se e dove si farà l’ospedale unico provinciale del maceratese, vincerà Villa Potenza, seppure la posizione penalizzerà tanti cittadini, ma chi se ne frega, oppure Morrovalle\Montecosaro?
L’importante è spendere, perché nella spesa sta il maggior guadagno.