Daniele Antonozzi, Angelo Sciapichetti e Luca Menghi
di Monia Orazi
No della Regione Marche all’ipotesi di un nuovo inceneritore da costruire sul territorio regionale, con la capacità di incenerire 200 mila tonnellate l’anno di rifiuti (leggi l’articolo), poiché l’ente ha adottato “una politica di gestione dei rifiuti che assicura pienamente l’autosufficienza e scongiura situazioni di criticità e contenziosi per lo Stato Italiano”. Lo rende noto l’assessore regionale all’Ambiente, il maceratese Angelo Sciapichetti, in una nota che analizza i motivi del no a quanto previsto dal decreto del presidente Matteo Renzi, ai sensi dell’articolo 35 dello Sblocca Italia. Le Marche, come ricorda Sciapichetti hanno l’obiettivo di conseguire “l’autosufficienza di smaltimento, il Prgr (Piano regionale gestione rifiuti) contempla inoltre anche la possibilità del trattamento termico del rifiuto urbano residuo, ma solo quando sarà conseguito il prioritario obiettivo di recupero di materia (raggiungimento del 70 per cento di raccolta differenziata conseguito in ogni Ato della Regione)”. Nel Prgr approvato lo scorso aprile non si “ammette sul territorio regionale la realizzazione e l’esercizio di nuovi impianti di trattamento termico”.
Sciapichetti nella nota ricorda come le Marche siano una regione virtuosa nella raccolta differenziata, mostrando perplessità sulle quantità di rifiuti da smaltire tramite incenerimento, contenute nello schema di decreto di Renzi: “Si contestano i criteri di calcolo utilizzati, che determinano una massimizzazione delle necessità di incenerimento, non corrispondente alla situazione attuale della Regione Marche e ancor meno allo scenario previsionale del Prgr”. Nel piano regionale dei rifiuti è prevista nel 2020 una produzione di rifiuti inferiore del 6 per cento circa, rispetto a quella di oggi, inoltre Sciapichetti rivendica il fatto che nel decreto del governo nazionale l’obiettivo massimo di raccolta differenziata raggiungibile è del 65 per cento, mentre il piano regionale prevede una soglia di differenziata pari al 70 per cento, nel 2020, specificando che nel 2014 la raccolta differenziata ha raggiunto nelle Marche il 63,37 per cento. Il no delle Marche ad un nuovo inceneritore è motivato anche dal fatto che una minore quantità di rifiuti in discarica non renderà “sostenibile economicamente ed ambientalmente il ricorso alla termovalorizzazione”, spiegando che l’incenerimento dei rifiuti non è escluso dal Prgr “in un orizzonte successivo al 2020, è da valutare l’effettiva necessità ed utilità ambientale dell’attivazione tale linea di trattamento, che assumerebbe una significatività marginale ed una utilità economica discutibile”. Per Sciapichetti “attivare prematuramente uno scenario “incenerimento”, determinerebbe criticità indotte sulle previsioni di attuazione del Piano regionale”, “congelando” le politiche regionali sui rifiuti e quelle orientate a produrne sempre di meno. Nella sua lunga analisi l’assessore regionale sottolinea come secondo lo Sblocca Italia, l’autosufficienza nella gestione dei rifiuti urbani non debba essere ottenuta soltanto tramite inceneritori, dato che si concede la possibilità di portare i rifiuti fuori regione. Nel documento Sciapichetti ricorda che l’inceneritore del Cosmari, spento dal 9 agosto 2013 perché “gli investimenti necessari per superare le problematiche legate alle emissioni in atmosfera non giustificavano le reali necessità di smaltimento (costi superiori ai benefici) ed inoltre contrastavano con gli indirizzi programmatici volti a privilegiare la prevenzione e la raccolta differenziata spinta ai fini di massimizzare il recupero di materia”. Sciapichetti ieri pomeriggio ha incontrato una delegazione di Marche a Rifiuti Zero Onlus, presenti il presidente dell’associazione, Luca Menghi e uno dei soci fondatori, Daniele Antonozzi. Temi dell’incontro lo schema di decreto sui nuovi inceneritori, piano gestione rifiuti e piano energetico regionale, l’incontro del prossimo 24 ottobre all’Abbadia di Fiastra sulla strategia “rifiuti zero”.
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Peccato che nessuno parli del CSS che, anche se ormai è considerato un combustibile, è comunque prodotto da rifiuti e il suo utilizzo è paragonabile all’incenerimento.
Se ne potrebbe parlare con Corvatta. Costruire una “Cittadella del Bruciore “, con Crematorio e Inceneritore. “. Il luogo? All’Inferno!!
Il termine termovalorizzatore è fuorviante. In realtà le pratiche per “valorizzare” i rifiuti sono in primis il riuso ed il riciclo. L’incenerimento, anche se con recupero energetico, costituisce semplice smaltimento che però, in termini di impatto ambientale è da preferirsi alla discarica. In Italia la pratica dell’incenerimento è minoritaria, anche a causa dei dubbi che permangono sulla nocività delle emissioni nel lungo periodo e delle conseguenti resistenze della popolazione (gli inceneritori, secondo il Testo Unico delle Leggi Sanitarie, sono classificati come fabbriche insalubri e come tali devono essere isolate nelle campagne e tenute a debita distanza dai centri abitati). Attualmente gran parte degli inceneritori sono dotati di qualche forma di recupero energetico, anche se sono una minima parte degli impianti è collegata a sistemi di teleriscaldamento i quali agevolano il recupero del calore per la produzione di acqua calda; viene quindi recuperata solo l’elettricità anche se il rendimento dell’inceneritore è molto minore di quello di una normale centrale elettrica. L’incenerimento produce scorie che generalmente vengono smaltite in discarica, ma che a volte possono rivelarsi produttive. In Italia i costi dello smaltimento dei rifiuti a mezzo inceneritore sono indirettamente sostenuti dallo Stato sotto forma di incentivi alla produzione di energia elettrica. Ricordo almeno un episodio in cui la scelta di incenerire i rifiuti è stata dettata dalla necessità di superare un’emergenza: alcuni anni fa in Campania il Governo reagì installando in ivi un impianto di incenerimento. Concordo con l’Assessore Sciapichetti allorquando afferma che la Regione ha adottato una politica dei rifiuti che assicura l’autosufficienza e scongiura situazioni di criticità, e ciò grazie anche alle ottime performance in termini di differenziazione spinta che nascono da una forte presa di coscienza di tutti che la raccolta, al di là dei costi, non può che essere la strada maestra in una società consumistica, unitamente al riuso che va incentivato e prima ancora delle politiche di prevenzione che dobbiamo pretendere da chi ci governa. Su questi versanti la politica non dovrebbe mollare un millimetro. Il nuovo Piano Regionale dei Rifiuti fa delle precise scelte anche in termini di recupero energetico: mi riferisco in particolare al css (combustibile solido secondario) da utilizzarsi in cementiere e centrali a carbone, come alternativa al combustibile fossile che è molto più inquinante. Spero che questa scelta sia stata ben ponderata, attese le attuali criticità del sistema Italia quali, ad esempio, le difficoltà di accesso al credito per finanziare le linee di produzione, l’edilizia in stagnazione, ecc…). L’Austria, Germania, Olanda e Svezia, i Paesi europei più virtuosi, combinano elevati livelli di raccolta differenziata profondamente integrati ad alti tassi di recupero energetico. L’analisi di questi casi virtuosi, e in particolare della Germania, ha messo infatti in luce che, per risolvere il problema della discarica, è necessario bilanciare recupero di materia e recupero energetico. In particolare, il mix ottimale per una gestione sostenibile dei rifiuti corrisponde circa ad un 50-60% di recupero di materia (in primo luogo attraverso la raccolta differenziata per permettere il riuso, il riciclo e il compostaggio delle rispettive frazioni), ed un 40-50% di recupero energetico. In sostanza viene confermato come la soluzione del problema non può essere la semplice raccolta differenziata, bensì occorre un insieme di azioni fra cui un ruolo decisivo è svolto dal recupero energetico. Se la politica la fa da padrona in termini di scelte, non è però altrettanto efficace nell’orientare: molto spesso la collettività ritiene di subire le scelte e reagisce di conseguenza. La sfiducia è generalizzata e per riconquistare credibilità, occorre essere chiari sempre e comunque. Evviva la buona politica!
Se non ho compreso male, e qui chiedo aiuto ai tecnici e agli esperti, il CSS non sarebbe altro che, a seguito di trattamenti specifici, il vecchio RIFIUTO INDIFFERENZIATO.
Qualcuno può chiarire??