“Venga, ingegnere, l’aspettavo, si accomodi pure”, disse la preside sollevando la testa dalle scartoffie che stava leggendo.
L’ingegnere, ancora molto giovanile, asciutto, ben vestito con un completo leggero color panna, fece un gran sorriso e, dopo una veloce stretta di mano, si sedette con uno sguardo interrogativo e preoccupato in una delle due poltroncine poste davanti alla scrivania della preside. La squadrò e nonostante l’agitazione non potè fare a meno di pensare che la bionda davanti a lui era proprio una gran bella donna.
“L’ho fatta chiamare – esordì la preside, venendo subito al dunque – perché sua figlia già all’inizio di quest’anno scolastico sta manifestando le stesse problematiche che avevamo colto anche negli ultimi mesi dell’anno scorso, in prima classe. Da marzo in poi, come ricorderà, c’era stato un improvviso calo di rendimento, disinteresse, apatia, mancanza di determinazione, in una ragazza come Romina che sino a quel momento sembrava marciare come un treno. Noi allora avevamo pensato ad un accumulo di stanchezza fisica, alle difficoltà di adattamento alle superiori o a qualche delusione di tipo sentimentale, e quindi negli scrutini finali l’abbiamo aiutata, ma quest’anno, sin dall’inizio, e ancora adesso che è passato quasi un mese dall’inizio delle lezioni, siamo daccapo, anzi, pure peggio. Romina non studia, viene a scuola impreparata, inventa di continuo delle scuse ridicole con gli insegnanti, sembra disinteressata a tutto e a tutti”.
“Possibile?”, replicò sorpreso l’ingegnere. Poi, sentendosi vagamente accusato, aggiunse: “Noi a casa, a dire il vero, per adesso non ci siamo accorti di questo calo di impegno. La ragazza ci ha detto che le interrogazioni ancora non sono cominciate e comunque lei dice che sta studiando. Sa, quando è in casa, Romina è sempre chiusa nella sua stanza e con noi negli ultimi tempi, a differenza degli anni scorsi, ha poco dialogo. Questo sì, è vero, l’abbiamo percepito, bisogna tirarle fuori le parole dalla bocca quasi con la forza. Romina, che prima, specialmente con la madre, parlava per ore di tutto, adesso è più chiusa, proiettata solo verso le amicizie esterne e più concentrata sul computer, su facebook, ma forse è anche colpa nostra, perchè a casa durante il giorno per motivi di lavoro ci stiamo pochissimo. La sera e i fine settimana, poi, per noi c’è sempre qualche impegno, qualche riunione, qualche invito a cena. Però le garantisco che cerchiamo di seguirla nostra figlia, facciamo il possibile, perché i giovani vanno seguiti e controllati. Ma, secondo lei, da cosa può dipendere questa situazione, voi come scuola ci avete capito qualcosa?”.
La preside aveva un’idea ben precisa della situazione, e non si fece pregare per esporla all’ingegnere, convocato proprio per essere adeguatamente informato. “Vede – disse guardando diritto negli occhi il suo interlocutore – noi a scuola abbiamo ormai abbastanza esperienza. Riusciamo in qualche modo a decifrare i comportamenti, gli stati di disagio, anche osservando i gruppi che spontaneamente si formano nelle classi e all’interno della scuola. Siamo convinti che sua figlia abbia iniziato ad usare cannabis alla fine dello scorso anno scolastico e ancora stia proseguendo. I sintomi ci sono tutti e poi Romina frequenta un gruppo di ragazzi, alcuni della sua classe, altri più grandi, che fumano canne quasi tutti i giorni, molto spesso anche proprio prima di entrare a scuola. E poi in classe per diverse ore se ne stanno tutti intontiti e distratti”.
L’ingegnere tirò un sospiro di sollievo. Si appoggiò sullo schienale della poltroncina, dette un’occhiata al mobilio essenziale della stanza presidenziale e replicò: “Cara preside, anzi, cara dirigente scolastica – adesso se non sbaglio vi chiamate così – mi aveva fatto proprio preoccupare. Pensavo chissà cosa fosse successo! Romina fuma le canne? Mah, non lo so, non mi risulta, ma se anche fosse, qual è il problema? Sa, da ragazzi le abbiamo fumate un po’ tutti, anche io l’ho fatto, glielo confesso, e non solo siamo sopravvissuti, ma ora svolgiamo anche lavori di responsabilità, cosa vuole che sia? Oggi, poi, le usano tutti, lei lo saprà meglio di me, servono per rilassarsi in questa vita che è così stressante. Io ho degli amici della mia età che ancora oggi ogni tanto, qualcuno anche tutti i giorni, si fanno la loro cannetta”.
“Senta, ingegnere – rispose di getto la preside, fulminando con gli occhi il suo interlocutore e lasciando squillare a vuoto il telefono sulla sua scrivania – intanto non è vero che tutti hanno fatto e fanno uso di cannabis. Non è vero per tanti adulti ed anche per tanti ragazzi. Questo è un luogo comune diffuso ad arte, per normalizzare qualcosa che normale non è. Per esempio, io no, non ne ho mai sentito il bisogno, e sono vissuta bene lo stesso. E comunque lei forse è rimasto ancorato ai miti della sua giovinezza. La cannabis di oggi non è quella dei suoi tempi, adesso ha una concentrazione normale di principio attivo più di dieci volte superiore. Oggi l’assunzione di hashish e di marijuana, soprattutto negli adolescenti il cui sistema cerebrale non si è formato del tutto, crea grossi problemi nei ragazzi e di riflesso a noi docenti e dirigenti nelle scuole. Queste cose gliele dico con certezza perché abbiamo fatto dei corsi e diversi incontri con degli specialisti, ed io mi sono molto documentata anche per conto mio, perché tra i ragazzi della mia scuola, ma è così in tutte le scuole, l’uso delle sostanze, e specialmente il consumo di cannabis, si sta comunque estendendo sempre di più e comincia in età sempre più ridotta. Si parla di dodici, tredici anni, come età di avvio, a volte anche prima di arrivare alle superiori. E’ un problema che come scuola dobbiamo affrontare per forza di cose”.
L’ingegnere tacque per qualche secondo, leggermente spiazzato. Non si aspettava certo quella reazione così decisa ed aveva quindi bisogno di riordinare le idee. “Sì – replicò con un mezzo sorriso – capisco la sua presa di posizione, ma io non farei un dramma; in fin dei conti, ammesso che sia vero, si tratterebbe pur sempre solo di spinelli! E comunque non è detto, potrebbe essere una crisi momentanea legata alla crescita, a una storia con qualche ragazzo che non decolla o che è finita male. In ogni caso, stia tranquilla, faremo tutti i nostri accertamenti con Romina”.
“Guardi – replicò la preside – questa cosa, se è vera o no, dovrete assolutamente verificarla con certezza voi genitori, noi come scuola vi stiamo segnalando una situazione di difficoltà di apprendimento di Romina, alcuni sintomi abbastanza evidenti di uso e forse di abuso di sostanze, la frequentazione di altri ragazzi che usano cannabis con una certa frequenza. E per noi si tratta di un problema serio, da non sottovalutare in alcun modo. Il nostro dovere è questo, non far finta di non vedere e non avvertire i genitori se c’è una situazione a rischio. Io avviso sempre i genitori quando ho dei sospetti abbastanza consistenti di uso di sostanze, anche se a volte qualcuno poi la prende male. Due giorni fa una madre a cui ho fatto un discorso simile a quello che sto facendo ora con lei mi ha quasi insultata e se ne è andata via urlando e dicendo che non era vero niente, che mi avrebbe denunciata tramite un avvocato, che stavo diffamando il figlio, che lo avrebbe subito trasferito in un’altra scuola”.
“Mamma mia! Questa stamattina s’è svegliata proprio male! Qui le canne se le faranno anche i professori, figuriamoci se non se le fanno i ragazzi! Che bisogno c’è di fare tutto questo casino, di convocarmi in fretta e furia come se stesse succedendo chissà che?”, penso tra sé e sé l’ingegnere, sempre più stupito. Poi, dopo essersi di nuovo guardato in giro, disse con il tono più falso e più collaborativo possibile: “Ma no, preside, io penso che lei abbia fatto benissimo a chiamarmi. Il rapporto tra scuola e famiglie è essenziale. Noi, certo, parleremo con Romina e cercheremo di capire bene la situazione. Però mi consenta di dirle che comunque c’è una certa differenza tra droghe leggere e droghe pesanti. Se lei mi avesse detto che Romina faceva uso di eroina o di cocaina, sarei svenuto davanti a lei. Ma se parliamo di qualche spinello, suvvia, certo, è giusto che la scuola cerchi di tenere la situazione sotto controllo, però senza drammatizzare! D’altra parte, per quanto ne so io, in molte scuole il fatto che i ragazzi durante la ricreazione fumino un po’ di erba nei bagni è tacitamente accettato, e quindi evidentemente non siamo di fronte ad una cosa così malefica. Mia nipote mi ha detto che da lei, al liceo, i gabinetti sono una zona franca e durante l’intervallo tutti fumano di tutto e di più. Alla fine della ricreazione c’è una fumea che sembra quasi la nebbia in Val Padana”.
La preside non mollò di un millimetro. Era abituata ormai da anni a combattere con i muri di indifferenza e di sottovalutazione della scuola, delle famiglie, delle istituzioni, non solo verso la droga, ma anche verso tutte le problematiche dei ragazzi, fino a 13-14 anni iperprotetti in casa e tenuti quasi sotto una campana di vetro, e poi all’improvviso buttati in mezzo al mondo di giorno ed anche di notte senza nemmeno le cinture di sicurezza. “Ascolti – esclamò di getto – se è vero quello che lei dice, in quel liceo il dirigente si sta comportando da irresponsabile, se non da criminale. Da noi questo non succede, o almeno facciamo tutto il possibile perché non succeda. Noi non consentiamo di fumare neanche le sigarette all’interno della scuola – ci sono le disposizioni ministeriali che vietano il fumo ai ragazzi – figuriamoci la cannabis. Proprio per questo motivo abbiamo ripristinato la norma, mai abrogata ma dimenticata da tanti miei colleghi, che impone, e non solo ai bidelli, una vigilanza a turno all’interno dei locali adibiti a bagni scolastici …”.
“Ah, bene – la interruppe l’ingegnere, che cominciava a sentirsi sempre più a disagio – certo, questo è bene, andrebbe fatto in tutte le scuole. Sono d’accordo pure io”.
“Mi faccia finire il ragionamento”, riprese di scatto la parola la preside, che, pur sforzandosi di mantenere la calma, stava innervosendosi sempre di più per l’atteggiamento un po’ mellifluo del suo interlocutore. “Vede – aggiunse – alcuni dirigenti scolastici, per indifferenza, per sciatteria, perché pensano che ormai la società si debba arrendere alla droga, anche per un malinteso senso dell’onorabilità della loro scuola, hanno deciso da tempo di chiudere gli occhi e di tapparsi le orecchie. Per loro contano solo i programmi e il falso buon nome della scuola. La formazione e la salute dei ragazzi esistono solo nei discorsi ufficiali, e non tutti i giorni, minuto per minuto, come invece dovrebbe essere. Molti di loro poi pensano che se uscisse sui giornali la notizia che nella loro scuola si sta cercando di combattere la piaga della droga, diversi genitori, colpiti da questa presunta pubblicità negativa, nel successivo anno scolastico iscriverebbero i loro figli da un’altra parte. Io invece credo che un genitore dovrebbe sentirsi più tranquillo iscrivendo un figlio in una scuola in cui la droga la si combatte a viso aperto, piuttosto che in una scuola dove tutti fanno finta di non vedere e di non sentire. Ignorando il problema, si lascia campo libero non solo al fumo, ma ben presto anche allo spaccio dentro le scuole, soprattutto di cannabis, di pasticche e adesso pure di cocaina. Sì, anche la cocaina circola in alcuni istituti, e pure qualcos’altro. Lei lo sa che in un istituto superiore della nostra provincia, dove il problema droga era bellamente ignorato, pochi anni fa una ragazza è andata in coma nei bagni per una overdose di eroina?”.
“No, veramente questa cosa io non l’ho mai sentita”, replico timidamente l’ingegnere, sempre più aggrappato ai braccioli della sua poltroncina per non essere travolto da quel fiume in piena.
La preside riprese fiato per un attimo, si passò una mano nei lunghi capelli biondi e poi proseguì sempre più convinta: “Quello della droga è un problema enorme nelle scuole, e la pseudo-distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti non aiuta certo a risolverlo. Questa è una distinzione ridicola, ce lo ha spiegato anche il medico psichiatra che abbiamo fatto venire qui a scuola l’anno scorso per uno dei vari incontri con le classi sulla droga. Con una serie di diapositive raffiguranti i danni delle varie sostanze al cervello ha spiegato che tutte le droghe, specialmente se assunte nell’età dell’adolescenza e con una certa continuità, quando il sistema cerebrale dei ragazzi è ancora in fase di formazione, sono altamente dannose. Questo vale per tutte le sostanze, anche quelle che lei chiama le cannette, che sono ancora più pericolose di altre proprio perché ritenute innocue pure da molti adulti!”.
“Beh, certo, sarebbe meglio non farsele le canne, però …”, cercò di replicare l’ingegnere, che ormai non vedeva l’ora di mettere fine a quel colloquio con la preside, che ai suoi occhi appariva sempre più come un’invasata.
“Però cosa? – lo interruppe senza farlo finire la preside – lei lo sa che un uso continuato di cannabis in età adolescenziale, verso il quale è facilissimo scivolare anche per fenomeni di emulazione e di adeguamento ai comportamenti del gruppo di amici, compromette la memoria recente, l’attenzione, la vigilanza, l’apprendimento verbale, altera l’orientamento nel tempo e nello spazio, crea forme di ansia, toglie qualsiasi motivazione a farsi largo nella vita? Per non parlare di vere e proprie malattie psichiatriche che magari possono uscire fuori anche a distanza di anni, come diverse forme di depressione, psicosi, schizofrenia. Queste cose non le dico io, le dice ormai da tempo con assoluta chiarezza il Ministero della Sanità. Glielo ripeto, perché ho capito che lei mi sta guardando come se io fossi una pazza. La cannabis …”
“Questa è proprio matta! Ma proprio a me doveva capitare una così, con tutto quello che oggi ho da fare!”, pensò il povero ingegnere, per poi tuttavia ribattere negando sfacciatamente: “Ma cosa dice, preside? Non è vero, io non credo affatto che lei sia pazza, io penso che lei stia facendo il suo dovere, anzi, la ringrazio per quello che mi ha detto”.
Il fiume in piena proseguì la sua corsa impetuosa: “Ascolti, per favore. La cannabis di oggi non è quella dei suoi tempi, quella che fumavano i pacifisti felici che volevano fare l’amore e non la guerra, con una percentuale bassissima di principio attivo, non più del 2-3%. Oggi la cannabis, quasi sempre associata anche con l’alcol, è una vera e propria bomba, è coltivata in maniera intensiva, anche con metodi di coltivazione OGM, ed ha una concentrazione media del 25-30-35%, e in alcuni casi pure di molto superiore, nell’intento dei trafficanti di creare un’abitudine all’uso e poi all’abuso, insomma, una qualche forma di dipendenza”.
“Senta – disse infine l’ingegnere, ormai del tutto stronato e desideroso di mettere fine a quel colloquio che non riusciva più a sostenere – ho capito, adesso però, mi scusi, devo proprio andare, ho un appuntamento di lavoro inderogabile. Questa sera però parleremo con Romina e cercheremo di renderci meglio conto della situazione, di intervenire se necessario. La ringrazio comunque del suo intervento. Posso farle però una domanda prima di andar via?”.
“Dica pure”, disse la preside, ormai perfettamente consapevole che aveva sprecato inutilmente il suo fiato e mezz’ora del suo tempo.
L’ingegnere era in piedi, fermo vicino alla porta della stanza. “Ma lei come fa a sapere tutte queste cose sulla cannabis?”, chiese incuriosito.
La preside per un attimo pensò che nemmeno valesse la pena di rispondere. Poi però si decise a fornire la spiegazione che le era stata richiesta. “Mi sono informata cercando di superare il pregiudizio ideologico secondo il quale in questo Paese parlar male della cannabis, cioè semplicemente dire la verità sui suoi effetti, equivale a parlar male di Garibaldi – disse mentre dopo essersi alzata a sua volta salutava con una stretta di mano l’ingegnere – e soprattutto perché nel tempo libero faccio parte di un’associazione di volontariato che cerca di fare prevenzione e dare aiuto ai ragazzi e alle famiglie alle prese con problemi di droga. E lì vedo la prosecuzione di tanti percorsi sbagliati, non sempre, certo, ma spesso iniziati durante l’adolescenza con le canne sui banchi di scuola. Le posso assicurare che se qui ognuno di noi non ritorna a fare il proprio dovere, tutti, nessuno escluso, la scuola, le famiglie, la Chiesa, le forze dell’ordine, le istituzioni, le cose andranno sempre peggio e per questi ragazzi, già schiacciati dalla crisi economica, non ci sarà alcun futuro”.
* * *
Certo, si tratta di un dialogo immaginario, ma purtroppo esso è anche tremendamente reale e potrebbe essere avvenuto in qualsiasi scuola superiore di Macerata e provincia. I fatti ai quali si fa cenno, compresa l’overdose di eroina di una studentessa, avvenuta nei bagni di una scuola di Corridonia, sono comunque del tutto veri.
Chiudo con una domanda rivolta ai lettori: di genitori così idioti purtroppo ce ne sono tanti! Ma quanti dirigenti scolastici sono disposti a mettersi veramente in gioco per tutelare sino in fondo i ragazzi a loro affidati?
* Avv. Giuseppe Bommarito (Presidente onlus “Con Nicola, oltre il deserto di indifferenza”)
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Caro Avvocato…come sempre i miei complimenti per le sue capacità di informare puntualmente i lettori di CM. Ha ben ragione nell’identificare la scuola come il primo baluardo per contrastare la diffusione di tutte le tipologie di droghe. Purtroppo ieri come oggi si tende a non considerare il problema delle droghe leggere, oramai sempre più diffuse tra i più giovani. Fare uso di droghe non è “figo” o “da sballo”…ci sono altre cose che rendono meravigliosa la nostra vita! Sarebbe bello se domani mattina qualche bulletto con le palle prendesse a ceffoni qualcuno di quei ragazzi che si atteggiano a duri e adulti spacciando il loro carico di morte dentro le scuole. Sarebbe bello se qualche ragazzo invece di idolatrarli incominciasse a far capire loro che non sono ben accetti…
@ Sparapani
Il primo e piu’ importante baluardo è la famiglia.
La scuola puo’ certamente aiutare e collaborare in modo importante, ma la famiglia puo’ fare di piu’, anche se oggi ai giovani arrivano messaggi da molteplici direzioni, dai giornali,dalle tv, dagli amici ecc. e per la famiglia è certamente piu’ difficile riuscire ad intervenire.
Pero’ l’esempio, l’educazione, il senso della vita se dato dalla famiglia ha senza dubbio un maggiore valore e contribuisce maggiormante alla formazione dei ragazzi.
I nostri figli incidono inconsapevolmente sul nostro comportamento e ci sollecitano a rivedere le nostre posizioni, i nostri comportamenti e i nostri saperi.
Il rapporto educativo è in continua evoluzione e dipende dalla fase di sviluppo in cui si trovano i nostri figli, ma anche dalla capacità di noi genitori di crescere noi stessi in relazione a queste fasi e a porcii come educatori in maniera costruttiva.
L’aspetto essenziale del ruolo educativo dei genitori è quello di essere presenti.
Non c’è un modo giusto di essere genitori che vada bene per tutte le situazioni, ma c’è un modo buono di essere presenti nelle vicende che riguardano i nostri figli.
Ognuno può trovare le sue modalità di essere presente con i propri figli, l’importante è che questa presenza venga avvertita e permetta ai nostri figli di sentirsi sostenuti, protetti, stimolati e guidati.
Come in ogni categoria ci sono persone responsabili e capaci e persone meno responsabili e capaci. Tutti noi abbiamo conosciuto Presidi con il sedere incollato alla sedia, intenti a non disturbare per non essere disturbati e Presidi sempre in piedi, spesso detestati perché troppo esisgenti con tutti, oltre che con se stessi.
Della categoria dei genitori, alla quale appartengo, non parlo, perché ancora non ho capito se io sono un buon genitore, figuriamoci se posso giudicare gli altri.
Ad ognuno le sue responsabilità. Se un ragazzo “fuma” a scuola, la responsabilità è della scuola. Punto. Quando si va in gita, se accade qualcosa, la responsabilità è di chi accompoagna gli alunni.
Perché i ragazzi dovrebbero avere dei momenti o dei luoghi dove poter fare quello che vogliono quando sono in istituto?
Ma i genitori devono collaborare, cosa che oggi fanno sempre meno. Purtroppo quando accade qualcosa la colpa è sempre degli altri, dei compagni, degli insegnanti, della televisione.
Sentirsi dire che il proprio figlio non studia è triste, ma sentirsi dire che si comporta male o che forse si droga è inconcepibile, insopportabile. Ma se non lo si accetta, può essere l’inizio della fine.
Consiglio Bommarito di prendere esempio dai quotidiani e settimanali di gossip. L’articolo lo faccia sempre come è capace di farlo, ma il titolo lo faccia più accattivante se vuole che gli addormentati commentatori abbiano un sussulto di interesse e partecipino alla discussione.
Ne suggerisco alcuni:
La Preside …. e l’Ingegnere, nella sala insegnanti
Spaccio di stupefacenti in alcune scuole maceratesi
Sempre più studenti scoperti a fumare spinelli in alcune scuole maceratesi
………….
Naturalmente la mia è solo una provocazione. Continui a fare il suo lavoro come sempre. Secondo me benissimo
Avv. Bommarito, ho letto con molta attenzione il suo articolo preciso, puntuale e sempre attuale, oltre che interessante e non cosi immaginario come lei lo definisce. Purtroppo di genitori che tendono a giustificare i propri figli anche davanti all’evidenza, che convivono con la consapevolezza che i propri figli fanno uso di sostanze stupefacenti ce ne sono, e non pochi. Conosco personalmente docenti che fanno benissimo il proprio dovere, che non si limitano a valutare il profitto degli studenti ma che sono ancora capaci di guardarli negli occhi oltre ad ascoltarli, ce ne sono fortunatamente, cosi come nei vari ambienti sociali. Purtroppo le droghe, anche le cosiddette leggere, sono davvero di gran lunga più dannose delle “canne” di 30 anni fa, come è vero che il passo dalle droghe leggere alle piu pesanti oramai è pressochè sequenziale ed immediato. nell’arco di 3-4 anni si passa dalla marijuana o hashish alle “paste” (pasticche), accompagnate da alcolici alla cocaina ed eroina. Ho avuto modo di essere a contatto con adolescenti che stavano vivendo queste realtà (non è cosi difficile trovarne anche nelle nostre piccole comunità) cercando di capirne le motivazioni che li inducevano all’uso di tali sostanze e le confermo che spesso si trincerano dietro ad un “ma io ne faccio uso soltanto qualche volta, smetto quando voglio!!” fino a risposte del tipo “lo fanno tutti, mica sono uno sfigato io!!”.
Qualche anno fa ho voluto rendermi conto di persona di quale fosse la reale portata, e con sommo stupore ho notato che non è poi cosi difficile “vedere in diretta” ragazzi di 13-14 anni fuori dalle scuole rullare una canna, così, alla luce del sole. Basta posizionarsi alle 13 nei giorni di scuola sopra la famigerata “mezza luna” di Macerata, o farsi un giretto dietro il muretto dei giardini Diaz per rendersi conto della situazione. Ho potuto notare ragazzi dediti anche allo sport fare uso di queste sostanze cosi, alla luce del sole. Conoscendo qualche genitore ma non volendo dare una notizia cosi, in diretta, ho preferito usare il metodo del “senti, qualche volta perche non vieni a riprendere tuo figlio agli allenamenti di calcio qualche minuto prima, forse a lui farebbe piacere vedere il proprio genitore interessarsi anche all’attività sportiva”. Questa cosa si è ripetuta per piu volte, ma il mio grande stupore è subentrato quando un genitore mi ha risposto “senti, ma cosa credi che non sappia che mio figlio frequenta quel gruppetto dedito a farsi le canne? ma cosa posso farci io…. crescendo si
renderà conto e la smetterà, son cose da ragazzi. beh, immagini la mia reazione!! ma non voglio dilungarmi oltre. posso solo aggiungere che, pur non avendo una formazione professionale medica, da genitore, non aspettiamo di ricevere una telefonata dal 118 o dagli organi di polizia per allertarci. La prevenzione secondo il mio modesto parere è fondamentale, se si ha anche il minimo sospetto di avere un figlio che fa uso di sostanze, basta una semplice analisi delle urine, una passeggiata di tanto in tanto nei luoghi frequentati dal ragazzo, poi trovare immediatamente il modo ed il momento giusto per affrontare il problema con il dialogo.
il problema è davvero complesso, molti sono gli organi che dovrebbero coordinarsi e lavorare all’unisono, il percorso è compromesso spesso da burocrazie, punti di vista differenti, indifferenza da parte di istituzioni, ma se non si inizia proprio dalla famiglia tutto puo rendersi evanescente.
Complimenti ancora avv. Bommarito e continui a scrivere di questi commenti, a volte anche la pulce all’orecchio può dare quell’input necessario a svegliarci dal torpore, e grazie ancora di vero cuore. un genitore sostenitore del suo pensiero.
UN DIALOGO IMMAGINARIO ( ma non troppo..)
interno giorno: un qualsiasi supermercato cittadino
..il fine settimana è alle porte e forse è meglio che vada a fare la spesa, all’ingresso del supermercato mi precedono nel prendere un carrelo 4 liceali, due ragazzi e due ragazze mentre prendo il pane e il latte loro puntano dritti dritti allo scaffale degli alcolici e super alcolici..incuriosito li seguo e mentre fingo un interesse per una buona bottiglia di rosso piceno ascolto il dialogo: “o raga allora ci serve per la festa il gin, la vodka e il whiskey..Lei: si ma la vodka prendila alla pesca, a noi ragazze piace un po dolce..ok cmq il Varnelli e la sambuca le porto io, ne frego due boccie a mio padre..e l’altro..benissimo io invece porto il vino rosso che fa mio nonno, quello di casa!!”
Alla cassa pagano ed escono..chiedo un po stupito all’inserviente di turno, una brava donna sicuramente madre anch’essa : “signora mi scusi avete controllato l’età dei ragazzi appena usciti con un carrello pieno di bottiglie di alcool?, francamente nessuno di loro sembrava maggiorenne..risposta: ma che vuole..se dovessimo controllarli tutti sa che fila? e comunque anche se non glieli forniamo noi li comprerebbero in un altro supermercato..!”
Ora potremmo qui disquisire finemente sulla percentuale di alcool presente nelle varie bevande e se esso è lo stesso alcool di 30 anni fa..cosa cambierebbe? Niente perchè il primo approccio alla sostanza avviene a casa propria, ricordo ancora mio nonno che all’età di 5/6 anni mi metteva qualche goccia di “rosso” nell’acqua dicendo ” Bevi il vino fa sangue anzi buon sangue” il tutto nell’ilarità generale dei miei familiari.
Si continui a spacciare comodamente alcool e tabacco in barba ai ridicoli divieti e inesistenti controlli ma non si osi pronunciare la parola ANIPROIBIZIONISMO..la cannabis no..quella proprio no..è l’erba del demonio!
Invito però questi zelanti Torquemada a vedere le conseguenze vere dell’abuso di alcool e tabacco con decine di migliaia di decessi per cause dirette o comunque connesse all’uso di tali sostanze, senza contare tutti quelli che sono in dipendenza e con quali costi per il sistema sanitario nazionale.
La cannabis non crea dipendenza e non esiste alcun caso documentato di overdose al mondo..però continuiamo a ciarlare di THC e di principi attivi e con quale incidenza nella piantina che ci si coltiva sul terrazzo.. ecco a tale proposito proprio oggi la Cassazione ha sancito un principio in base al quale coltivare una sola pianta non è qualificabile come reato perchè non sussiste pericolo sociale.
Buona fortuna a tutti…
@ paolino:
lei scrive: ” ..come è vero che il passo dalle droghe leggere a quelle pesanti è pressochè sequenziale ed immediato”
Questa affermazione è falsa come la retorica di sostegno a tale tesi, si documenti meglio, gli studi recenti ed i pareri in merito sono univoci ovunque nel mondo..tranne che al ministero della sanità.
Il colloquio descritto è sì inventato ma vero, purtroppo noi genitori molto spesso nel voler a tutti i costi difendere i nostri figli non ci rendiamo conto che rischiamo di sottovalutare il problema e quindi otteniamo l’effetto opposto. Ecco perchè oggi le famiglie vanno sostenute, aiutate, nei momenti difficili come questo descritto benissimo dall’Avv. Bommarito.
Sul fatto che anche le droghe così dette leggere facciano male, sono d’accordo, ma sulla sequesnzialità immediata (o quasi), meno.
Se tutti quelli che hanno fumato, fossero passati alle droghe pesanti, ora avremmo un popolo di giovani tra i trenta e cinquant’anni tossicodipendenti, Cosa che non è.
Secondo me non è convincendo i giovani he il “fumo” fa male e può portare alla dipendenza di droghe pesanti, che elimineremo il problema. Tutti sanno che l’alcol e il fumo di tabacco fa male, ma bevono e fumano tutti ugualmente, medici compresi. E’ il bisogno che bisogna combattere, il vuoto di valori, la mancanza di prospettive e speranza nel futuro.
@tommi gun, condivido appieno il suo pensiero sull’abuso di alcool, concordo con lei, ed è vero che molte sono le fonti che danno dati, molto spesso contrastanti tra di loro. Vero che non è automatica la cosa, alcuni si fermano all’uso di cannabis, altri alle pasticche ed altri ancora vanno fino in fondo. Ma me lo conceda, l’uso di droghe pesanti, a partire da quelle usate a mò di coktail, ingerite accompagnandole a superalcolici, non sono poi cosi rare. sottovalutare il problema non serve assolutamente a risolverlo. provi a chiedere le statistiche di tracciabilità nelle analisi (sangue ed urine) dei ragazzi agli organi competenti per avere una realistica statistica, poi ne chieda l’età campione. Preferisco constatarlo di persona il fenomeno che fidarmi di statistiche che a volte (troppo spesso forse…) sembrano fatte ad hoc minimizzando il problema. poi ognuno rimanga della sua opinione, non è mio compito convincere nessuno.
Il colloquio descritto dall’avvocato Bommarito è, come sempre, vicinissimo alla realtà. Vedo che ancora si fanno distinzioni tra droghe leggere e droghe pesanti, la droga è droga e basta, finiamola una volta per tutte di prenderci in giro. Come Presidente della Rondinella vedo ogni sera famiglie che vengono da noi per il problema che i figli fumano cannabis. La cannabis non è innocua, tutt’altro. Venti anni fa l’eccipiente attivo di uno spinello era del 3% al massimo, oggi siamo al 30%. Ultimamente gli studiosi di questo problema hanno accertato un aumento notevole delle malattie psichiatriche e le hanno collegate anche all’uso di questa droga. La cannabis porta in tanti casi alla schizofrenia, agli attacchi di panico, alla percezione visiva distorta. Due anni fa la Comunità di S. Patrignano ha fatto una indagine su tutti gli incidenti mortali avvenuti tra il venerdi notte e il sabato e tra il sabato notte e la domenica: è risultato dalle autopsie che nei giovani dai 18 ai 35 anni morti sulla strada il 96% aveva nel sangue tracce di cannabis e alcol. E questi morti passano per morti della strada e non è così. Queste cose andrebbero pubblicate nei giornali a titoli di scatola. La cosa grave è che tanti genitori non si rendono conto della pericolosità di questa droga, sottovalutano il problema fino a quando non notano mutamenti caratteriali nei loro figli, aggressività (nel migliore dei casi) oppure, peggio ancora, quando dalla cannabis passano all’uso di cocaina, ectasy, eroina, ecc., perchè la strada è quella anche se non tutti passano obbligatoriamente a queste droghe. Proprio oggi sono venute a trovarmi un gruppo di madri della zona che hanno figli che usano queste sostanze: mi hanno chiesto di fare un incontro con i loro figli e con i genitori presenti. Ci incontreremo entro il mese di ottobre e faremo una serie di incontri per cercare di debellare questo cancro che mina le basi della nostra società. Il 26 ottobre, alle ore 21,15, al teatro Conti di Civitanova verrà Don Chino Pezzoli, un prete che lotta da 40 anni contro l’uso e l’abuso di sostanze stupefacenti: venite a sentirlo, così vi renderete conto di cosa pensa lui sulla cannabis e simili e quanta esperienza ha maturato in questo campo. Avrei da dire altre mille cose su questo tema che tocca un numero sempre crescente di giovani. Mi sento di poter dire soltanto una cosa: “Ragazzi, buttatevi sullo sport, sulla musica, sull’apprezzamento di tutte le bellezze della natura, siate positivi, la droga non va mai bene e ve lo dice uno che ha perso un figlio per droga, anche lui iniziò con la cannabis, è una trafila obbligata. Non dite che la cannabis è curativa, voi non siete malati, non avete il morbo di Parkinson o altro, a 14, 15, 16 anni siete sanissimi, non rovinate la vostra vita!”. Con tanta stima per l’avvocato Bommarito e un incitamento a perseverare su questa strada, Gaetano Angeletti – Presidente Associazione “La Rondinella” di Corridonia
Forza Gaetano. Chi semina raccoglie. Se penso che c’è chi ha da ridire sull’operato di persone come voi, come Don Chino Pezzoli. La droga si può combattere in tanti modi, il vostro è uno. Le chiacchiere, gli anatemi, le epurazioni, le riserve, non servono a nulla.
La gente deve capire che un ragazzo che è caduto nella rete della droga, è un ragazzo da recuperare e non da abbandonare. Perché se abbandonato sarà sempre più preda del vizio e schiavo e complice della delinquenza. Un ragazzo recuperato sarà oltre che una persona sana in più, un cliente in meno per la criminalità e un probabile suo manovale in meno.
..il confronto su questi temi non fa mai male e non è mai abbastanza e tutti lo abbiamo a cuore se siamo qui a scriverne purchè non ci si ostini su posizioni puramente ideologiche.
proviamo a razionalizzare il problema delle dipendenze e quindi delle sostanze (tutte) che portano patologie psico/fisiche e creano dipendenze.
Guardiamo alla cannabis: ci si dice e non lo contesto che oggi “l’erba” sul mercato ha un concentrato di THC 30 volte superiore a quella di 30 anni fa ergo è più pericolosa..ok bene, quindi se non si riesce a stroncarne il traffico (e non si riesce ovviamente) allora rendiamola legale ed il mercato mettiamolo in mano al S.S.N. che ne controlla la produzione badando che il principio attivo non sia maggiore di un tot..il sistema sanitario nazionale non avendo scopo di lucro ed interesse a reperire un mercato sempre più vasto, toglierebbe alla criminalità organizzata il monopolio il cui profitto poi viene naturalmente reinvestito in produzione di ben altre droghe con il fallout che tutti conosciamo e l’S.S.N. si ritroverebbe un flusso incredibile di denaro da poter investire sia nella prevenzione che nella cura dei soggetti interessati e alleviando le fatiche delle famiglie fornendogli invece strumenti migliori (Sig.ra Pantana..questo serve alle famiglie non la vuota retorica tutta politica sul rimettere la famiglia al centro di non si sa bene cosa..!) Strumenti ed assistenza qualificata alle famiglie ed associazioni con i soldi dei narcos..peraltro esperienze già sperimentate con successo in altri paesi che hanno eguali problemi ma soluzioni non ideologiche.
Un altro modo di affrontare la cosa è puramente organizzativo, andiamo cioè per priorità, credo sia icontestabile ed acclarato che le morti da tabagismo e alcolismo sono il 90% delle morti dovute a problemi di dipendenze, con un unica eccezione però, la cannabis, non provoca dipendenze e non ci sono casi di overdose conosciuti..un dato di fatto anch’esso.
E’ di tutta evidenza quindi che l’attenzione maggiore dovrebbe esser mirata ai problemi di alcool e tabacco sopratutto tra i giovanissimi che non avvertono il pericolo perchè a casa loro forse non si fuma ma sicuramente si beve. Vien da chiedersi allora perchè ogni volta che si parla di legalizzazione della cannabis si scatenano le furie iconoclaste di una manica di giacobini scarsamente informati ma molto interessati a trasformare il problema in una questione di consenso politico.
La querelle sull’attendibilità dei dati e vecchia come la retorica proibizionista ormai più che sbugiardata dalla storia sig. paolino..i dati veramente attendibili sono la mia vita e le mie personali tragiche esperienze immuni dalle cover up governative e lobbyste.
In ultima analisi ha ragione da vendere robert che scrive: ” ..è il bisogno che bisogna combattere, il vuoto dei valori e la mancanza di prospettive e speranza nel futuro”
Ero adolescente nei primi anni ’80 come ricorda il mio nickname, il punk imperversava con il suo motto NO FUTURE e la brown sugar mal tagliata e a buon mercato si è portata via metà dei miei amici e fratelli..ecco la giovane generazione che vedo crescere non ha più interesse ad impegnarsi per garantirsi una condizione di vita migliore, è solo intenta a sentire meno dolore e se mamma o papà li beccano con una canna in mano nella migliore delle ipotesi finiscono per dipendere dal ritalin o dall’aldoor che qualche psicologo ha interesse a spacciare, così tanto per garantirsi una clientela dato che questi farmaci provocano certamente dipendenza e costano parecchio e quindi si sarà solo cambiata la sostanza di riferimento..e il problema resta sul tappeto.
Magari tutti i dirigenti fossero come quella del dialogo immaginario.
Il dirigente della scuola di Corridonia non solo ignorava bellamente il problema ma addirittura in occasione di un’azione preventiva delle forze dell’ordine, che avevano predisposto un controllo da effettuarsi all’uscita principale della scuola, al suono della campanella fece aprire un’uscita secondaria e nessun ragazzo passò dall’uscita pricipale dove erano anche predisposti i cani antidroga. Lo stesso Dirigente quando furono sorpresi dei ragazzi che si passavano nei bagni funghi allucinogeni non fece assultamente nulla e gettò i funghi nello scarico del bagno per non avere noie. Quanto male ha fatto quel preside della scuola di Corridonia ai ragazzi????
Caro Tommy Gun,
sei un vero campione del “benaltrismo”, artificio dialettico da sempre usato per evitare il succo del discorso e finire a parlare di altre cose: sì, la cannabis oggi ha un principio attivo più alto, però c’è ben altro di cui preoccuparsi, ad esempio l’alcol e il tabacco, che causano più vittime degli spinelli.
Vorrei chiederti: ma chi l’ha detto che essere contro la sempre maggiore diffusione della cannabis (in una situazione che – bada bene – è già di liberalizzazione di fatto) impedisca di provare la medesima preoccupazione per i danni, indubbiamente gravissimi, di alcol e tabacco? A che serve cercare sempre di sviare il discorso, parlando di altre forme di dipendenza, quando qui per adesso si sta cercando di parlare di diffusione della cannabis nelle scuole?
Chiudo con un’altra domanda ed un invito.
La domanda: non so se hai figli, ma se li avessi e fossero adolescenti, gli consentiresti di fumare liberamente spinelli – quelli oggi in circolazione -a ripetizione?
L’invito: secondo me dovresti seriamente documentarti sui motivi per i quali in Olanda stanno facendo marcia indietro sulla vendita libera della cannabis e sui motivi per i quali nel Regno Unito hanno dovuto rimettere di tutta fretta la cannabis nella fascia più alta (insieme ad eroina e cocaina) delle sostanze stupefacenti, mentre gran parte della stampa inglese, fino a pochi anni fa schierata sul versante della liberalizzazione, ha dovuto chiedere pubbliche scuse per l’errore fatto.
avv. bommarito forse lei non ha mai sentito parlare di cannabis terapeutica oppure finge di non sapere perchè come spesso scrive lei parla per sentito dire non perche ha avuto un rapporto diretto con la sostanza ma se vuole una risposta al riguardo vada a parlare con i malati di sla di sclerosi multipla di cancro!
Permettere che i ragazzi si droghino è da criminali. Come anche che bevano. Le chiacchiere stanno a zero e chiunque dice il contrario non sa quello che dice e vuole solo fare la filosofia sulla pelle degli altri. La droga offusca la mente e dunque mortifica lo slancio e il desiderio di essere felici, tipici della giovinezza. Ma finché uno non vede con i suoi occhi che la vita è interessante, finché non scopre che è possibile stare davanti al buio perché una risposta c’è, finché vedono negli adulti che “è tutto qui”, sarà ben difficile convincere chiunque che la “sete” può essere alleata della intelligenza e della gioia. Il primo esercizio è aprire gli occhi la mattina e accorgersi delle cose che esistono. Altrimenti la droga è già entrata in casa nostra senza nemmeno aver pippato una volta.
Per Gabriele Ballini
Non mi sembra che tutti i ragazzi che, con l’implicito benestare della nostra società civile ed anche di molti genitori, assumono cannabis siano malati di SLA o abbiano altre patologie per le quali, esclusivamente sotto prescrizione e ricetta medica, debbano assumere questa sostanza per motivi terapeutici.
Lei ha quindi usato un’argomentazione che è – mi scusi se glielo dico apertamente – semplicemente ridicola.
Ha però ragione solo su una cosa: io non parlo per esperienza diretta, perchè non ho mai usato cannabis e non intendo farlo nemmeno adesso, anche se potrei avere molti buoni motivi di carattere personale per consentire alla mia mente di distrarsi e di non pensare di continuo alla tragedia che è avvenuta nella mia famiglia a causa della droga (a proposito, anche mio figlio, morte per una overdose di eroina a 26 anni, aveva iniziato con le canne e pure lui diceva che non fanno niente e che non determinano un passaggio automatico ad altre sostanze).
@gabriele. oltre a dire una cosa ridicola in merito al potere curativo della cannabis, che curativa lo è, ma per alcune patologie e se somminisrata a certe dosi e sotto controllo medicio, ma è deleteria per tutti gli altri, ha commesso l’errore di dare dell’ignorante ad una persona che si occupa di questa materia da tempo e che noi tutti quì conosciamo. è imperdonabile.
Qualsiasi farmaco se non è necessario può essere deleterio per chi lo assume, è il medico che decide se serve, tenendo conto della necessità di curare una determinata malattia e valutandono i pro e gli effetti collaterali, ne mette a conoscenza il paziente che decide se assumerlo o meno. Ma non prescrive certo farmaci che decide il paziente perchè gli piacciono
Caro Giuseppe,
mi permetto il “tu” sol perchè me ne desti licenza in passato quando polemizzammo proprio su questo argomento rispetto al quale siamo entrambi, evidentemente, molto sensibili ma ci dividiamo nell’approccio intelletuale alla questione e ciò deriva chiaramente dal nostro personale livello di coinvolgimento emotivo..un coinvolgimento naturale e legittimo ma troppo spesso fuorviante.
Come puoi non capire che il problema delle dipendenze va oltre le differenze tabellari tra sostanze..sono tutte “droghe” compresi va da sè alcool e tabacco anzi sono i più diffusi, quelli di più facile reperimento, l’alcol addirittura lo pubblicizzano in tv con spot mirati a precisi target..i giovani, quelli al costo più basso (non a caso) e anche quelli più letali, ne converrai, se non altro in termini di numeri. Certo ti strappano alla vita più lentamente e quindi provocano meno allarme sociale e quindi meno attenzione.
Fumare e bere sono attività ormai “familiari” nessuno alza un sopracciglio vedendo un dodicenne accendersi una sigaretta nel cortile della scuola ma se ciò che si accende non è una semplice sigaretta ecco l’immediata e indignata levata di scudi! Come guardare all’indice per non voler vedere la luna..il problema è che fuma a 12 anni e non cosa fuma..e se lo fa così giovane è perchè segue un comportamento imitativo, a quell’età non ha sviluppato un autonomo giudizio critico e i suoi modelli culturali di riferimento sono inevitabilmente la scuola e ..la famiglia.
No..non ho figli ma ciò non significa che non possa dare un giudizio, avevo amici e fratelli, io stesso son stato in rehab, parlo con cognizione di causa come e più di te concedimelo. Difronte ad un giovane sia esso mio figlio, fratello o nipote che fuma una canna non so francamente come reagirei..la domanda me la sono posta tante volte e son giunto alla conclusione che sarebbe profondamente sbagliato censurare il gesto quanto consentirlo, probabilmente aumenterei la quota di presenza nella sua vita, cercherei una diversa forma di comunicazione, gli parlerei della mia storia e gli farei conoscere gli amici sopravvissuti..ma non ho certezze al riguardo.
Mi tacci di “benaltrismo” va bene.. raccolgo e incasso ma l’intento era appunto polemico, come a spostare l’attenzione sulla vera grande ipocrisia di fondo, quella che vi fa indignare difronte ad una canna ma non vi smuove di un millimetro se incontrate un ragazzetto che compra le sigarette al tabacchi o si beve 2 birre nell’ombrellone a fianco al vostro..le conseguenze di quelle azioni sono nefaste in tutti i casi e sono spia di un disagio profondo che va ben oltre la sostanza di riferimento, la cui dinamica prende le mosse non certo dal bar o dall’amico che ti trova l’erba ma da casa propria, da quello che dovrebbe essere un ambiente protetto e questo dovrebbe preoccuparvi di più..io non ho figli e, forse, non a caso.
Mi spiace ma non condivido il tuo atteggiamento intellettuale nell’approccio al fenomeno droghe al netto ovviamente del tuo personale e accorato impegno così benemerito.
Darmi del “benaltrista” è un chiaro fenomeno di proiezione e mi rifaccio così alla premessa iniziale, ciò che a volte ci impedisce di liberarci, dal punto di vista della presa di coscienza, perchè doloroso ed inaccettabile, lo attribuiamo ad una altra persona attraverso, appunto, il meccanismo di proiezione ma questa è la nostra natura, l’umana debolezza difronte alla quale azioniamo inconsciamente i nostri meccanismi di difesa dell’io e per questo non mi offende l’aggettivo.
. Tutto ciò però rischia di appannare la nostra percezione quando invece l’importanza capitale del problema ci dovrebbe trovare lucidi e razionali, senza partigianerie e senza polemiche accettando anche l’idea, per alcuni indigeribile, che forse sarebbe meglio impegnarsi di più sui fronti più caldi della lotta alle dipendenze, quelli che creanno il maggior danno sociale ma che sono portatori di interessi che nessuno vuol toccare, come i monopoli di Stato. Certo è molto più facile e immediatamente soddisfacente demonizzare “l’erba” e intasare le carceri di gente la cui unica colpa è di essersi fumato na cannetta, lasciando che in galera venga a contatto con il fior fiore della malavita, con buona pace dellla “liberalizzazione di fatto” alla quale accennavi precedentemente.
Tutto questo basta a tacitare le vostre coscienze…?…la mia no.
con immutata stima
Caro Tommy,
certo che puoi darmi del “tu”, così come io ha fatto con te in nome delle vecchie discussioni avute in passato sempre su questo argomento, improntate sempre peraltro al massimo rispetto ed alla stima reciproca, che riconfermo anche oggi in pieno.
Quanto al merito della vicenda, posso solo aggiungere, anche per non portare avanti all’infinito una discussione in cui ognuno evidentemente è destinato a rimanere nelle proprie posizioni, che sono totalmente d’accordo con te sul fatto che alcol e tabacco costituiscono dipendenze gravissime, che causano danni sicuramente superiori alla cannabis a giovani e anche a non giovani, che sono l’emblema di una palese ipocrisia di fondo in quanto sostanze psicoattive legalizzate dallo Stato, e potrei continuare ancora a lungo su questo tono. Per quanto mi riguarda, io toglierei senz’altro dalla libera circolazione sia l’alcol che il tabacco, e così sicuramente migliorerebbe in generale lo stato di salute degli italiani.
Sì, però, detto questo, che cosa vogliamo fare con la cannabis potenziata che sta circolando alla grande anche tra ragazzini delle medie inferiori? Vogliamo far finta di niente perchè intanto l’alcol e il tabacco si possono acquistare tranquillamente nei negozi, oppure nemmeno porci il problema, solo perchè il tabacco e l’alcol causano migliaia di morti l’anno e la cannabis non determina l’overdose (anche se uccide egualmente, a volte anche soggetti del tutto innocenti, sia pure sotto forma di incidenti stradali dovuti ad appannamenti visivi e quant’altro)?
Certo, io sono emotivamente coinvolto, e non potrebbe essere diversamente: anche su questo hai ragione. Ma le mie argomentazioni non mi sembrano frutto di occasionale emotività, bensì il frutto di approfondite letture, di studio, e pure di colloqui con molti ragazzi che camminano a filo tra la vita e la morte e che quasi tutti hanno fatto la trafila dalla cannabis ad altre sostanze. Se vuoi, potrei fartene conoscere un buon numero senza alcuna difficoltà.
Un’ultima cosa. Dire quello che io penso della cannabis non significa demonizzarla, ma solo evidenziarne gli effetti negativi, che oggettivamente ci sono e sono anche abbastanza pesanti, soprattutto nella fascia adolescenziale. Poi, certo, anche io penso che nessuno dovrebbe andare in carcere per essersi fumato una cannetta, e difatti non ci va, visto che l’assunzione di sostanze stupefacenti non costituisce reato, ma solo un illecito amministrativo. In carcere semmai ci va (ma anche in tal caso, quasi mai, e se per sbaglio ci finisce, esce il gioorno dopo) solo chi spaccia, e secondo me qualsiasi spacciatore è un potenziale assassino, anche perchè il più delle volte si azzarda a cedere ad altri qualcosa di cui nemmeno conosce l’esatta composizione.
avv. le faccio i miei complimenti perchè lei della cannabis non conosce proprio niente delle proprietà che possiede questa meravigliosa pianta che per molti scienziati è miracolosa ma per lei che ha i paraocchi gli sembra un demone ma non vado oltre perchè parlare con lei è come sbattere la testa contro il muro!