La protesta dei punti nascite in Regione
Patrizia Terzoni
di Monia Orazi
La chiusura dei punti nascita finisce in parlamento. Pronte due interrogazioni, una dell’onorevole Patrizia Terzoni, portavoce alla Camera del Movimento 5 Stelle e l’altra dell’onorevole Lara Ricciatti di Sel. Intanto non si abbassa la guardia a San Severino che rientra nella cancellazione insieme ad Osimo e Fabriano. Domani il comitato per la difesa dell’ospedale presenterà un esposto per interruzione di pubblico servizio, nei confronti del presidente della Regione Luca Ceriscioli. Il ritrovo è previsto intorno alle 11,30 al bar dello Stadio, per poi proseguire verso la vicina caserma dei carabinieri, in modo da far sentire il sostegno popolare all’iniziativa. Piena adesione, da parte del comitato, anche alla protesta del prossimo 22 dicembre quando partiranno da Fabriano ed Osimo cortei di auto a bassa velocità, che raggiungeranno la sede del consiglio regionale per manifestare contro la scelta di chiudere i punti nascita e chiedere al presidente Ceriscioli di ripensarci.
INTERROGAZIONI – «In molte regioni ci si sta mobilitando per mantenere in vita quei punti nascita che sono sotto la quota minima dei 500 parti all’anno – dice la Terzoni – si registra però un paradosso: il governo firma decreti e fornisce linee di indirizzo ma le amministrazioni regionali poi procedono ognuna un po’ come le viene più comodo». Il pensiero di Sel: «Vogliamo denunciare come questo governo regionale tagli con la scusa della sicurezza – dice la Ricciatti – il diritto ad una donna di partorire, perché di questo si tratta. Sosteniamo ciò perché è normale che se ad un reparto vengono tagliati i servizi si arriva a mettere in discussione l’esistenza di un reparto stesso».
L’onorevole Lara Ricciatti
5STELLE – «E’ il caso delle Marche – continua l’onorevole – dove in un baleno sono stati depennati dalla giunta Ceriscioli i punti nascita di Osimo, San Severino e Fabriano. Per fare chiarezza su questa discrepanza tra esecutivo e regioni, ho depositato proprio oggi un’interrogazione parlamentare al ministero della Salute». L’onorevole pentastellato prosegue: «Per arrivare allo scenario attuale bisogna andare indietro di qualche anno: l’accordo stato-regioni del dicembre 2010, al fine di ottimizzare risorse e di accrescere la qualità nel servizio assistenziale ai percorsi di nascita, diede il là alla chiusura di quei punti sotto la soglia minima dei 500 parti. Dopo la sequela di polemiche sorte però in tutta Italia, lo scorso 11 novembre il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha messo la sua forma su un decreto che affida al Comitato percorso nascita nazionale il compito di esprimere un parere sulle richieste di deroghe avanzate dalle regioni. Molte di esse però, praticamente in contemporanea alla firma del decreto e quando esso ancora non era “effettivo”, si sono affrettate a chiudere i battenti ai punti nascita coi numeri più bassi. Non solo – prosegue l’onorevole – l’accordo del 2010 prevedeva l’istituzione di una funzione di coordinamento permanente per il percorso nascita anche a livello regionale. In cinque anni però, soltanto sette amministrazioni su venti hanno provveduto, almeno da quanto riporta il sito del ministero: Abruzzo, Calabria, Emilia Romagna, Molise, Puglia, Sicilia e Umbria».
«Inoltre non sono affatto chiari quali debbano essere i criteri strutturali e gli standard qualitativi – continua la Terzoni – ai quali un dato punto nascita debba rispondere per poter fruire della deroga. Come M5S, riteniamo che il ministro debba prendere la situazione in mano in modo fermo. Chiudere punti nascita situati in aree con difficoltà di collegamenti viari senza che si siano fatte valutazioni appropriate è un autogol clamoroso. In una regione come le Marche, ad esempio, la giunta regionale ha proseguito il suo iter a testa bassa infischiandosene del decreto dello scorso novembre, che invece è stato preso in considerazione in altre regioni. Una baraonda generale molto sinistra: ci aspettiamo una presa di posizione forte da parte del ministro Lorenzin».
SEL – «Leggiamo increduli che varranno tagliati i punti nascita di Fabriano, San Saverino ed Osimo poiché mancherebbero le rianimazioni neonatali – prosegue la Ricciatti – logica vorrebbe che si istituisse la rianimazione pediatrica per garantire un servizio, anche perché – per amor del vero- a Fabriano il reparto di rianimazione esiste, basterebbe semplicemente scegliere di insediarvi anche uno spazio per quello neonatale. Una scelta che Ceriscioli potrebbe assumere in appena due giorni. Vorremmo inoltre domandare in base a quale articolo della Costituzione i cittadini dell’entroterra godono di minori diritti rispetto a quelli che vivono in grandi centri pur pagando le tasse in egual misura. Non si può non cogliere la sensibilità geografica».
PROTESTE – «Continueremo con tutte le azioni che abbiamo scelto di portare avanti – spiega Mario Chirielli segretario del comitato – questa scellerata decisione mette a rischio la sicurezza delle future mamme e dei loro bambini, Macerata non è pronta ad accogliere tutte le partorienti che si rivolgono a San Severino. Dal 31 dicembre si può avere la turbativa di un pubblico servizio, i cui rischi ricadono tutti sulle donne che devono affrontare il parto, per questo vogliamo presentare l’esposto». Intanto nell’ospedale settempedano, la cicogna continua ad arrivare. Sino a ieri sono nati 515 bambini, ma si susseguono le telefonate di tante future mamme, preoccupate perché non sanno dove andare, se effettivamente dal prossimo 31 dicembre a San Severino sarà vietato nascere. A Fabriano il sindaco Giancarlo Sagramola ha inviato al prefetto di Ancona una richiesta di sospensiva, per far slittare la chiusura del punto nascita, in ragione del fatto che ci sono oggettive difficoltà sia per la viabilità e che il punto nascita di Fabriano presenta tutte le caratteristiche per rimanere aperto ai sensi del decreto Lorenzin. Al prefetto è stato trasmesso l’atto unanime approvato da tutti i consigli comunali dell’ambito sociale locale.
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