Inchiesta della procura sul terzo manoscritto autografo dell’Infinito di Leopardi. Prende posizione l’Università di Macerata con una nota a firma del professor Filippo Mignini, direttore del Dipartimento di Studi Umanistici.
“Sento il dovere di intervenire sulla questione che da settimane è diversamente dibattuta e che negli ultimi giorni ha assunto toni scandalistici sui giornali e presso l’opinione pubblica – scrive il porf. Mignini – . Intervengo nella duplice veste di docente dell’Università di Macerata coinvolto in qualche modo nella vicenda e quale direttore del Dipartimento che ha organizzato il 18 giugno scorso un seminario per la discussione pubblica dell’argomento. Sono stato personalmente coinvolto nel senso che il dr. Pernici, laureatosi una decina di anni fa con me in Storia della filosofia con una tesi su Giordano Bruno, ha ritenuto nell’autunno del 2013 di mettermi a parte del rinvenimento effettuato. A mia volta, non esperto di Leopardi, ho chiesto la consulenza della prof.ssa Laura Melosi, titolare della cattedra leopardiana, che vide subito, al primo esame, la stretta somiglianza con il manoscritto di Napoli, benché la diversità delle dimensioni escludesse il ricalco. L’ipotesi di un falso fu la prima a essere presa in considerazione. Tuttavia si decise di sottoporre la questione allo studioso che viene considerato il maggiore esperto della grafia leopardiana, essendo stato per molti anni conservatore dei manoscritti di Leopardi nella Biblioteca nazionale di Napoli. Dopo alcune settimane di analisi effettuate sulla copia digitale del manoscritto, il dr. Marcello Andria concludeva che le ragioni a favore dell’autenticità sembravano prevalere su quelle della sua falsità. A quel punto i proprietari procedettero a far effettuare perizie sulla carta, sull’inchiostro e sui bolli, che riportavano la datazione ai primi decenni dell’Ottocento. Seguì quindi un esame diretto del manoscritto dell’Infinito compiuto anche mediante un confronto con gli altri manoscritti coevi conservati nella Biblioteca nazionale di Napoli. La conclusione tratta dal dr. Andria fu, ancora una volta, che le ragioni dell’autenticità, in riferimento alla grafia leopardiana, apparivano prevalenti su quelle della sua falsità. A questo punto la prof.ssa Melosi si mise al lavoro per ricostruire indiziariamente, sulla base dei documenti d’archivio e della bibliografia critica leopardiana, la possibile storia del manoscritto. Nel frattempo i proprietari consultavano una casa d’aste di Roma sia per avere un’ulteriore verifica sia per vendere il manoscritto. Quando l’ipotesi di ricostruzione sembrò sufficientemente attendibile, trattandosi comunque di ricerche che per loro natura non possono mai dirsi concluse, si decise di darne notizia ufficiale sia attraverso un breve articolo pubblicato dal Sole 24ore, sia attraverso un pubblico convegno organizzato presso l’Università di Macerata. In occasione del convegno furono manifestate dal Conte Vanni Leopardi perplessità e ragioni contrarie all’autenticità del manoscritto, e nei giorni successivi cominciarono ad apparire interventi pubblici contrari all’autenticità. I proprietari decisero in extremis di ritirare il documento dall’asta prevista per il 26 giugno per permettere un’ulteriore approfondimento di indagini e sciogliere le riserve emerse dalla discussione. Questi i fatti che ho seguito dall’esterno, ma sempre abbastanza puntualmente.
Alcune considerazioni finali. 1. Il ruolo svolto dall’Università in questa vicenda è stato di pura consulenza storico-scientifica e del tutto estraneo alle decisioni riguardanti la commercializzazione del documento. 2. La decisione di rendere di pubblico dominio, in particolare alla comunità degli studiosi, la questione dell’autenticità del manoscritto era perfettamente coerente con le finalità proprie dell’istituzione universitaria, ossia favorire la conoscenza e l’acquisizione della verità. 3. Non ho mai avuto alcun motivo di dubitare della buona fede dei proprietari. 4. Come è ovvio, non soltanto l’affermazione dell’autenticità, ma anche quella della falsità deve essere supportata da buone ragioni. E finora, personalmente, non ne ho trovata alcuna nuova e decisiva. Tutte le ragioni addotte contro l’autenticità erano state considerate nel percorso di valutazione, anche rispetto alla tradizione degli autografi leopardiani e alle vicende della loro trasmissione e conservazione. 5. Non è mai opportuno che una discussione di carattere scientifico venga interrotta e conclusa da intervento di autorità, quali che siano. Non ho potuto finora consultare il documento di inautenticità della Soprintendenza del Lazio. Quel che la stampa ne ha variamente riportato tra virgolette, trattarsi cioè di un calco e di un perfetto facsimile, se le parole sono prese nel loro autentico significato, non corrisponde a verità, perché il manoscritto in questione non è né un calco né un perfetto facsimile. La storia ci offre innumerevoli esempi di imputazioni di falsità dimostratesi a loro volta false”.
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Per piu informazioni sulla Falsità di questo documento, vedere http://www.renatosaggiori.com/ esperto da piu di 60 anni. La Falsità del documento e confermata a 100%.
Il comunicato stampa di Saggiori non spiega perché il paleografo sia convinto della falsità del manoscritto. Non dice ad esempio come mai possa affermare che la carta sia stata acquistata da un archivio pubblico (quale?), né se le sue convinzioni siano appoggiate da studi calligrafici sui due documenti messi a confronto.
Al momento, mi sembra, la questione rimane aperta.
tutta pubblicità per l’università di macerata. tutto fa brodo, adesso che ci sono le iscrizioni!
Sarebbe preferibile che il dottor Tramannoni continuasse ad occuparsi di musica ( moderna, di cui è certamente un grande esperto …) e lasciasse la paleografia e lo studio dei manoscritti e dei testi autografi a chi ha un po’ più ( solo 60 anni ) d’esperienza di lui.
Questo si capisce già quando il Tramannoni parla di “carta … acquistata da un archivio pubblico”. Ma come ?! non sa che è di elementare conoscenza che una lettera, un documento diretto ad un pubblico amministratore in quanto tale, non appartiene a quest’ultimo, né tanto meno può esser commercializzato?
Nel caso del FALSO “Infinito” di Leopardi, essendo stata, quest’imitazione, scritta su un foglio – incompleto della prima parte per evidenti ragioni – diretto ad un Sindaco (Priore, si diceva allora) con notizie “d’Ufficio” e per di più protocollato, apparteneva ed APPARTIENE oggi ancora al Comune di SANTA VITTORIA IN MATENANO che – fosse stato AUTENTICO – avrebbe potuto rivendicarne la gratuita “restituzione”.
Purtroppo trattandosi di un FALSO, quel Comune lascerà perdere. Però anche solo per curiosità, se fossi il Sindaco di quel paese, lo chiederei indietro perché potrebbe diventare un’attrazione … da circo. E se non fosse così, l’ARCHIVIO di STATO delle Marche DOVREBBE rivendicarlo, sempre gratuitamente. Altro che vendita mirabolante ! In quanto agli studi (calli)grafici il sottoscritto ne ha fatti certamente, prima di mettere il suo nome in pubblico.
Vede, Saggiori, non ho modo né motivo di sapere quali siano le sue qualifiche (a differenza di lei, non ho preso informazioni personali sul suo conto). Certo la sua risposta piccata mi fa intuire che non dev’essere una persona dotata, oltre che di grandi competenze ortografiche, di un ferreo senso della logica. Né, se perde tempo a replicare ad un dottorino, di una grande fiducia in se stesso.
Il comunicato stampa a cui rimanda il sig. Jan Saggiori nulla dice dei metodi seguiti. È uno spottone a beneficio degli antiquari, che non contiene nemmeno un estratto dello studio effettuato. Né si può dire che il suo messaggio, un impasto poco leggibile di polemica personale e libero flusso di pensieri, chiarisca molto più. Possiamo fidarci dell’istinto del paleografo, ma in genere la ricerca scientifica si basa su dati verificabili, che non si trovano in quel comunicato.
Ribadisco che la questione rimane, finché non possiamo accedere al suo studio, ancora aperta. La “conferma al 100%” non può essere data sulla fiducia. Visto che ama intervenire, la invito a farci una sintesi chiara della sua ricerca e delle sue conclusioni, ad uso del pubblico più vasto.
L’intervento di Mignini è un’offesa all’intelligenza, a qualsiasi intelligenza, piccola o grande che sia, come lo è ogni negazione dell’evidenza. Nel caso del falso infinito, non occorrerebbero chissà quali studi universitari e/o specialistici per capacitarsi della sua falsità. A chi non bastasse il normale utilizzo degli occhi e un minimo utilizzo del cervello, senza la necessità di attivare competenze specifiche, allora potrà bastare, forse, andare nella copisteria sotto casa e farsi fare una fotocopia del falso, ingrandire la copia quel tanto che basta per portarla alla stessa grandezza del testo di riferimento. Così è più evidente che il falso-copia è talmente stupido e grezzo nella sua fattura da riprodurre:
– in scala le stesse misure delle righe
– in modo pedissequo le singole lettere
– le corrispondenze tra lettere e parole del verso superiore con quello inferiore
– la stessa aria alle singole lettere, parole, versi.
Per farla breve è una stupida copia e un vero falsario non è così stupido. Potrebbe essere opera di una persona espertissima dal punto di vista tecnico, ma un “vero” dilettante dal punto di vista dell’ “arte falsaria”.
Qualsiasi perizia per un falso così evidente sarebbero soldi buttati al vento. Ci sono ancora i normalissimi occhi da poter usare, ma come si dice “non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere”. Un falso in più, un falso in meno, che cambia! La questione è che non riesco ancora ad adattarmi a chi offende la propria e l’altrui intelligenza.
Nel precedente intervento Minimo Teatro, ho dimenticato la firma: Maurizio Boldrini
Egregio dottor Tramannoni
di certo ho fatto un errore di valutazione: ho creduto rispondere ad una persona normale e … mi sono sbagliato! Tutti possono sbagliare. Chiedo venia.
Renato Saggiori
N.B. – Quando, per NON reagire sull’essenziale perché si sa d’esser in errore, ci si riduce ad attaccare sull’ortografia (!!!), veramente dietro non ci può essere che il vuoto di un vano purista, me lo lasci dire!
A proposito del FALSO – perché è questo che ci deve interessare tutti, non le piccolezze umane di ciascuno di noi – penso e spero che la Giustizia prenderà in considerazione anche il fatto che il supporto cartaceo è frutto di una SOTTRAZIONE – o, meglio, d’un furto – da un ARCHIVIO PUBBLICO e quindi, già di per sè, oggetto meritevole di indagine penale. Non Le è venuto in mente quest’aspetto?
Attendiamo pure le conclusioni “ufficiali” e scientifiche ( speriamo meglio fatte di quelle eseguite fin’ora ). Io mi scuserò con Lei, se avrò sbagliato. Penso che Lei farà altrettanto con me se i risultati mi daranno ragione. In quanto poi all’ortografia – propria d’un Italiano residente all’estero già da prima che Lei nascesse – la corregga pure, se Le fa piacere. Da parte mia c’è sempre una gran voglia di imparare ( però è importante chi è l’ insegnante …). Ora aspetto da Lei una risposta in Francese. Distinti saluti.
Tutta questa diatriba contribuisce a dimostrare il punto a cui siano arrivate oggi la cultura e le virtù sapienzali! E allora domando e mi domando: a cosa serve la cultura nell’epoca moderna? In positivo mi potrei rispondere: proprio a questo, a riflettere l’epoca che si sta vivendo! E son dolori, eh ……….!
Teatrini campagnoli veramente di basso rango…
oddio… che l’Illustrissimo e Magnifico e Sommo e Divino Direttore del Dipartimento di Studi Umanistici nel riaffermare l’Altissima Professionalità dei Membri dell’Istituzione Universitaria e l’Ineccepibile Perfezione del Loro Operare scriva: “un’ulteriore approfondimento” (come si può leggere alla trentanovesima riga del suo intervento) la dice lunga sulla crisi del nostro disgraziato paese…