di Donatella Donati
In questi ultimi giorni il battage pubblicitario sulla messa all’asta del terzo autografo dell’Infinito di Leopardi è stato molto pervasivo, giornali, televisione e radio ne hanno parlato. Ogni dubbio sull’autenticità sembrava fugato ma in corso d’asta, fatto che si verifica rarissimamente e che non è neanche corretto nei confronti di tutti i partecipanti presenti e online, l’autografo è stato ritirato. Troppi concorrenti, si è detto, anche stranieri, l’autografo deve restare in Italia e soprattutto nella nostra regione, una giusta rivendicazione campanilistica. Tocca alla Regione adesso parlare e accettare la sfida ma l’assessore alla cultura Pietro Marcolini è molto cauto, vedremo, penseremo, valuteremo. Un’altra volta mi pare nel 2005 una casa d’aste fiorentina bandì un pacchetto di ben trenta lettere scritte da Giacomo Leopardi nell’ultimo esilio recanatese a Pietro Colletta , amico napoletano che viveva a Firenze, per raccontare il disagio della sua chiusura a Recanati e la speranza che gli amici fiorentini potessero trovare una soluzione al suo problema economico per il soggiorno a Firenze. Partecipò all’asta con la sicurezza di acquistare le lettere un noto collezionista italiano, Raffaele Garofalo che, dopo aver chiesto al direttore del CSNL Franco Foschi se anche lui voleva partecipare all’asta, lo rassicurò che appena le lettere fossero giunte in suo possesso ne avrebbe fatto delle copie che avrebbe consegnato alla biblioteca del Centro. Così fu. L’acquisto andò liscio e Foschi fu invitato ad andare a Roma nell’abitazione di Garofalo per poter vedere gli originali.
Chi era Garofalo? Un medico che giovanissimo aveva lavorato anche a Macerata a Villa Isabella, che aveva sposato la figlia dell’avvocato Borioni e aveva fatto una grande carriera imprenditoriale nel campo medico, costruendo cliniche, comprando alcune di quelle di Ligresti, creando un centro di riabilitazione famoso a Roma e investendo il suo denaro in collezioni importanti. Foschi desiderò che andassi a Roma con lui e insieme arrivammo nella abitazione fortificata nel quartiere Monteverde di Garofalo che ci mostrò nella sua vastissima biblioteca una grande quantità di testi autografi di autori dal ‘600 in poi, tra i quali aveva inserito le lettere al Colletta. Mantenne la promessa e mandò copie fotostatiche al Centro nazionale. Una sera si presentò a Recanati per uno dei Notturni Leopardiani per testimoniare la sua vicinanza al poeta.
La stessa sicurezza sulla credibilità di quelle lettere autografe forse non è stato possibile raggiungerla attraverso poche indagini sull’autografo. Recentemente è stata presentata alla Biblioteca Nazionale da un bibliotecario avventuriero molto noto e anche condannato, una copia del Sidereus Nuncius di Galileo Galilei spacciata come originale al pari di quelle custodite a Firenze. La perizia affidata a un conosciutissimo esperto inglese, che è stato intervistato a lungo da Radio Tre e ha parlato del gran numero di falsi che oggi circolano a causa della abilità dei falsificatori, ha dimostrato che non si tratta di un originale ma di un falso, attraverso minuziose analisi con strumenti elettronici aggiornatissimi. Forse sarà il caso di rivolgersi a questo perito per avere la sicurezza della autenticità dell’autografo leopardiano? È giusto quindi quello che dice Marcolini, verificare prima di esprimere un consenso. Continueremo a seguire questa situazione della quale abbiamo già parlato in passato, con obiettività e accuratezza (leggi l’articolo).
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che pena questo feticismo da aiutoparrucchieri…
Un’erliquiona
A Ssan Francesc’a Rripa una matina
me disse un frate amico mio che lloro
fra ll’antre erliquie tiengheno un tesoro:
e ssapete ch’edè? ’na mmannolina.
Ha ingrossato le chiappe Caterina!
E sto frutto che vvale a ppeso d’oro
lo corze Adamo un giorno de lavoro,
e lo sarvò ppe nnoi drent’in cantina.
Duncue sta mmannolina, a cchi cce vede,
è ppiú antica ch’er vino e ll’imbriaconi,
è ppiú vvecchia der Papa e dde la fede.
Ma ccome l’hanno avuta sti torzoni?
Ner diluvio de ddio bbisoggna crede
la tienesse Novè ttra li cojjoni.