Carlotta Bonaparte
di Donatella Donati*
Uno degli ultimi autografi leopardiani ritrovati, forse l’ultimo, è una lettera scritta da Giacomo a Carlotta Bonaparte, datata Firenze 15 marzo 1833 e spedita a Londra dove Carlotta da qualche settimana risiedeva: Giacomo l’aveva frequentata a palazzo Serristori dove era stato più volte invitato e la sua presenza era molto gradita. Era una donna sensibile e delicata, buona pittrice e di vari interessi culturali. Figlia di un fratello di Napoleone e vedova di un cugino, riuniva nella sua casa letterati, patrioti e scrittori. L’amicizia con Giacomo poggiava su una notevole affinità di gusti e passioni e la lettera, sincera, aperta e delicatamente galante lo dimostra. Custodita presumibilmente dalla famiglia dei napoleonidi, è stata messa in vendita a un’asta della famosa Casa Drouot di Parigi. Franco Foschi ne è stato informato dall’editore Gérard Berréby che ha pubblicato per primo una traduzione integrale dello Zibaldone. Si convenne un tetto di spesa e la lettera oggi è di proprietà del CNSL e fa parte del suo patrimonio di manoscritti. Non sembra ci siano le stesse garanzie di attribuzione per il presunto terzo autografo de L’infinito.
La lettera scritta da Giacomo a Carlotta Bonaparte
Contattando la Biblioteca nazionale di Napoli che conserva gli autografi dei Canti e dello Zibaldone e parlando con la sua maggiore esperta, ho appreso che è stato sottoposto agli studiosi dell’ufficio tale terzo autografo e che è stata da loro espressa la necessità di andarci con cautela. Vale il caso di ricordare la figuraccia dell’illustre storico dell’arte Argan quando con assoluta convinzione certificò che le teste ripescate nell’Arno erano di Modigliani. Si trattava dello scherzo di studenti burloni! Per questo perplessità e cautela (leggi l’articolo) vanno d’accordo e non può far certo bene al CNSL di Recanati che passa un drammatico momento di incertezza sposare una tesi tutta ancora da documentare. Tra le famiglie Servanti Collio di Sanseverino e Leopardi di Recanati c’erano rapporti di parentela. Severino e Monaldo, padre del poeta, erano cugini perché figli di fratello e sorella, Severino ebbe una vita lunghissima (1797-1891) , a un certo punto della quale ebbe frequenza epistolare con Monaldo, soprattutto per questioni di ricerca araldica e di eredità. Questa corrispondenza è stata cercata ed esaminata? Vi si potrebbero trovare tracce che siano coerenti con il ritrovamento. La vera sperperatrice di molti autografi di Giacomo è stata la sorella Paolina che cedeva alle richieste di amici. Fu lei a regalare L’infinito di Visso che poi passò tra varie mani anche di speculatori e arrivò dove oggi senza alcun merito si trova. Improbabile però che Paolina ne avesse un’altra copia. Attendiamo notizie più precise e facciamo tanti auguri ai giovani scopritori.
*Professoressa Donatella Donati, studiosa di Giacomo Leopardi
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mah… la mano scrivente di Leopardi era quella di Ranieri, se è vero che il Massimo non vedeva un pene… e il loro sodalizio è iniziato nel 30…
peraltro nella lettera di 5 righe del 14 marzo 1833 ad Adelaide Maestri è scritto: un’incomoda oftalmia mi costringe a questo villanissimo laconismo. Addio.
tutto il valore, il significato e l’importanza della lettera a Carlotta sono nell’indirizzo della destinataria… il fatto che la (Bona)parte stesse a Londra accende nell’Impossibilitato e nel Bisognoso il bisogno e la possibilità di confidenza e di dialogo per questa conoscente fugace e occasionale dopo tanto tempo dal loro incontro grazie alla matematica e così confortante certezza di non doverla incontrare più…
Perché Leopardi nonostante l’oftalmia scrive la sua ultima lettera a Carlotta Bonaparte, a questa femmina gobba, lontana nello spazio e nel tempo, che non è per niente tra i suoi corrispondenti abituali? che cosa deve dire, che cosa deve confessare di così necessario? di talmente intimo e straziante che può essre rivelato solo a una lontananza? che non gliene importa niente del mondo, della società e della vita… che vive come Belacqua… soprattutto evidentemente che spera di vivere sempre con Ranieri… di cari inganni il desiderio e la speme sono spenti… ma del suo Antonio no… un filo di pietà si abbevera a un porcospino…