Privilegiati gli stranieri
in tema di case popolari?

Falso. Il Comune di Macerata applica regole uguali per tutti. Vediamole. Strani silenzi su un appello della Caritas Diocesana

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liuti-giancarlodi Giancarlo Liuti

Negli ultimi giorni a Macerata si è parlato di due fatti che per un verso o per l’altro si riferiscono al fenomeno dell’immigrazione, ossia alla presenza, in città, di stranieri che vi sono giunti non per turismo o per studio ma per viverci e lavorarci. Una presenza che in base a dati recenti è all’incirca di 4.600 persone, pari al 10,5 per cento del totale degli abitanti. Il che corrisponde grosso modo alla situazione provinciale e a quella regionale. Sappiamo bene che non da oggi il flusso immigratorio rappresenta, per l’Italia, una questione sociale, economica e politica, specie se si considera il crescente numero di profughi che sfidando la morte arrivano via mare in cerca di asilo per fuggire da Paesi devastati da guerre civili come la Siria e altri. Una questione sulla quale si scontrano sentimenti popolari radicalmente diversi, da una parte quello dell’accoglienza umanitaria e dall’altra quello di un ostracismo xenofobo che trae alimento anche dagli effetti della crisi economica. E, fra i due estremi, un’area occupata da gente che tira a campare e non ama scendere in campo. Tutto ciò pure a Macerata. Lo sappiamo, dicevo. Perché, allora, tornare a parlarne?
Il primo fatto riguarda un intervento su Cm – e i commenti che ne sono seguiti – dell’avvocato Andrea Marchiori, il quale ha posto in evidenza i disagi derivanti in città da un’immigrazione favorita, a suo dire, da un eccesso di “ospitalità” da parte della sinistra (leggi l’articolo). E come sintomo o simbolo di questo andazzo ha citato la circostanza per cui nell’ultima graduatoria per le case popolari il primo posto è andato, col punteggio di 18,75, a un concorrente di nome Vejsel (origine serba, pare) e il secondo, col punteggio di 15,25, a uno di nome Luciano, quindi italiano o, meglio ancora, maceratese. Con l’aggiunta che a fanalino di coda della classifica, con un solo punto, s’è piazzata una signora di nome Diana, anch’essa evidentemente italiana o, meglio ancora, maceratese. Nelle parole dell’avvocato Marchiori non vi sono state forzature polemiche (certi commenti lasciamoli perdere, sono maleodoranti rumori di pancia) ma una quasi pacata e secondo lui obiettiva descrizione della realtà. Tuttavia la sostanza è quella che ho detto: c’è troppa accoglienza, a sinistra, per gli stranieri.

Il secondo fatto, invece, riguarda un appello rivolto alla città dalla Caritas Diocesana in vista dell’arrivo di venti profughi sbarcati a Lampedusa che la stessa Caritas intende temporaneamente ospitare nei suoi locali di Rampa Zara, per una decente sistemazione dei quali ha chiesto l’aiuto dei cittadini che sono disposti a prestarlo (leggi l’articolo).
Comincio ora dal fatto numero uno, che a prescindere dalle opinioni dell’avvocato Marchiori corrisponde a insinuazioni, sospetti e risentimenti diffusi fra la gente ed è questo il motivo per cui mi sono informato sulle procedure seguite dal Comune per l’assegnazione delle case popolari (l’assessore ai servizi sociali Narciso Ricotta ha già precisato che in un anno e mezzo sono state assegnate 47 case, 28 a italiani e 19 a stranieri). Il punto da chiarire è il seguente: risponde forse a verità che su questo tema ,e per un impeto ideologico di sinistra, gli stranieri godono di privilegi rispetto agli italiani e, insomma, che ci sarebbe una sorta di discriminazione nei confronti degli italiani?
Vediamo anzitutto quali sono i requisiti di legge senza i quali non è possibile partecipare ai bandi: per gli italiani e per i cittadini comunitari (rumeni, ad esempio, o polacchi) occorre che già risiedano a Macerata, mentre per gli extracomunitari occorre sì la residenza ma con regolare e biennale permesso di soggiorno. Dopodiché, stabilito chi ha il diritto di aspirare a una casa popolare, si passa ai punteggi per la graduatoria. Punteggi che dipendono da una serie di condizioni previste dalla legge regionale del 2005 e dal successivo regolamento approvato dal consiglio comunale nel 2009. Quali condizioni? Eccole, senza alcun ordine di prevalenza fra di esse: 1) aver figurato in precedenti graduatorie; 2) essere residenti da oltre cinque anni; 3)avere un basso reddito (o non averne nessuno, se si è a carico di altri, il che riguarda, ad esempio, coppie di giovani col desiderio di formarsi una nuova famiglia); 3) essere stati sfrattati dalla casa attuale non per morosità ma per finita locazione; 4) avere una famiglia fra i cui componenti figurano portatori di handicap, o minori al di sotto dei 10 anni, o anziani al di sopra dei 65; 5) essere una famiglia monoparentale comprendente minori; 6) essere una famiglia costituita esclusivamente da ultrasessantacinquenni o da giovani dai 18 ai 30 anni; 7) abitare da almeno due anni in un alloggio anti-igienico o inadeguato rispetto alla situazione familiare. Il tutto debitamente documentato all’atto della domanda ( talvolta per le autodichiarazioni sul reddito ci si rivolge a indagini della Guardia di Finanza).
A questo punto,ultimata l’istruttoria da parte degli uffici competenti e assegnati i vari punteggi, una commissione con membri esterni al Comune redige la graduatoria, contro la quale gli eventuali interessati hanno un lasso di tempo per ricorrere e avanzare le loro ragioni, dopodiché, esperiti ulteriori controlli, la commissione vara la graduatoria definitiva che fa titolo per le assegnazioni delle case, il cui canone d’affitto va, secondo le dimensioni, da 30 a 70 euro mensili. E qui, a proposito della qualità etica della società civile maceratese, ricordo un caso – unico? – di cui son venuto occasionalmente a conoscenza l’anno scorso: un malmesso locale di 30 metri quadri con gabinetto sul balconcino che il proprietario, chissà se di destra o di sinistra, ha affittato a una famiglia di extracomunitari per 400 euro mensili.
Ma torniamo ai punteggi delle graduatorie. Non c’è gara, si dirà: gli stranieri fanno più figli, sono più poveri, le loro famiglie sono più numerose. Ebbene? Posto che sono esseri umani (cosa, questa,che purtroppo è messa in dubbio da molti), e già risiedono a Macerata, e sono in linea con le norme di partecipazione al bando, per quale ragione discriminarli? Sta di fatto, comunque, che nell’operato del Comune non c’è nulla di pregiudizialmente stabilito a favore degli stranieri, giacché tutto vien fatto in osservanza di regole uguali per tutti. Regole che avrebbero una loro logica umana e giuridica anche se a concorrere ci fossero solo italiani. Cambiarle in senso xenofobo? Possibile, a livello nazionale, regionale e provinciale. Bisognerebbe però che in quei vertici legiferativi si affermassero le idee a sfondo razzista di Matteo Salvini, leader della Lega Nord. Potrebbe accadere? Sì, in teoria. E il Comune dovrebbe applicarle. Ma io spero che ciò non accada. E forse lo spera anche l’avvocato Andrea Marchiori.

Veniamo adesso al secondo fatto, l’appello della Caritas Diocesana. I commenti, su Cm, sono stati feroci. Basta con gli arrivi! Se li sistemino loro, quei locali! Finiremo nelle mani dei neri! Macerata sarà occupata da gente che ruba! Qualcuno se l’è presa perfino col Sindaco, che su questo non c’entra assolutamente nulla. Pazienza, così va il mondo. La cosa singolare è tuttavia che nessun esponente politico dei cattolici abbondantemente presenti, militanti e organizzati, a Macerata, sia nel centrodestra sia nel centrosinistra, abbia speso una sola parola a sostegno di quell’appello. Come mai? Forse perché era stato lanciato a pochi giorni dalle elezioni e non era opportuno, per i cattolici che pur contano parecchio nelle vicende politiche cittadine, apparire troppo inclini all’accoglienza di matrice diocesana e dunque – orribile a dirsi! – troppo poco xenofobi? Perdonate quest’ultima insinuazione, della quale non faccio fatica a pentirmi. Ma, insomma, quell’incredibile silenzio va interpretato. E non è la prima volta che mi chiedo: ma come siamo fatti, realmente, noi maceratesi? E come son fatti, realmente, i maceratesi di fervente fede cattolica?



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