Ecco un’altra statua
da guerra di religione

Bene la commissione per un parere estetico, male l’incombere dell’ennesimo e ipocrita dibattito sulla Massoneria

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liuti-giancarlodi Giancarlo Liuti

Mi rendo conto che tutto, oggigiorno, va preso con santa rassegnazione, perché, in mancanza di un qualsiasi pur minimo principio unificante, ogni singola persona può salire su un pulpito e affermare le cose più strampalate, ad esempio che ”Mazzini e Garibaldi sono le due vergogne d’Italia”. Ma, insomma, se c’è mai stata una sola iniziativa del Comune maceratese degna di unanime consenso essa è certamente la nomina di una commissione di esperti col compito di fornire un parere estetico sulla scultura proposta – meglio: offerta – dalla locale Massoneria e sulla sua eventuale dislocazione in città. Se in passato fosse stata seguita la stessa procedura, può darsi che Macerata si sarebbe risparmiata alcune cosucce – o cosacce – non propriamente da applausi, a cominciare dallo scempio della Basilica della Misericordia per finire alle innumerevoli impronte scultoree lasciate dal Lions Club in via Roma, dall’Avis in piazza Pizzarello e da altre associazioni più o meno d’arma.

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L'opera commissionata dal Comitato "Stringiamoci a coorte" allo scultore Ermenegildo Pannocchia

Che la politica, qui, non c’entri è a tal punto evidente da non giustificare neanche la più peregrina delle insinuazioni. Semmai c’entrerà dopo, quando la Giunta e il Consiglio dovranno prendere una decisione. Per ora, infatti, è soltanto un’opinione che riguarda il cosiddetto “ornato pubblico”, vale a dire una certa idea di bellezza o armonia urbana. Discutibile come qualsiasi opinione, ovviamente, ma stavolta, almeno, ci si è pensato. Né si può attribuire la qualifica di politici – una qualifica che oggi, purtroppo, suscita repulsioni di massa – ai componenti di tale commissione, che sono artisti, architetti, docenti di università e di accademia, intenditori di beni storici e di musei (ma questo, con l’aria che tira, conta poco: “Si dimettano immediatamente!”, ha subito tuonato qualcuno senza dire perché). Il parere, comunque, è stato dato, non senza rilievi sui materiali della scultura e con un paio di alternative su dove collocarla (leggi l’articolo). Tutto qui. La questione, adesso, passa al Comune, che è l’unico soggetto cui compete la responsabilità di deliberare e, al limite, anche di disattendere le conclusioni dei commissari.

Ma è molto probabile che certe pregiudiziali politiche o parapolitiche, messe alla porta dal consesso di quei tecnici, rientrino dalla finestra dei partiti e dei gruppi consiliari. Perché stavolta c’è di mezzo la Massoneria, un’associazione alla quale viene attribuita la colpa – peraltro non del tutto infondata – di traffici oscuri, interessi inconfessabili e striscianti influenze. Una colpa che tuttavia, diciamolo francamente, viene commessa anche in altre stanze e da altri personaggi, oltretutto con l’aggravante di essere, loro, figure pubbliche ed elette dal popolo (il riferimento a taluni altarini scoperti da Bommarito su Cm non è casuale).

Ma come, si dirà, si son levati scudi contro la statua di Padre Matteo Ricci e adesso si accoglie di buon grado la statua della Massoneria? Dov’è finita la “Civitas Mariae”? Chi lo dice, però, finge di ignorare che le due vicende sono radicalmente diverse. Anzitutto perché quella prima statua avrebbero dovuto pagarla gli enti pubblici, fra i quali il Comune. Poi perché il potere di sceglierne l’autore, fissarne l’importo e stabilirne la collocazione fu inopinatamente ceduto al vescovo, con assai scarso riguardo per le prerogative istituzionali dell’ente civico. E infine perché questa seconda statua nasce invece dalla proposta di un sodalizio privato che se ne assume ogni costo, e sarà solo il Comune, semmai, a deliberare se accettarla e dove realizzarla.

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Il gruppo di esperti ha individuato in via don Minzoni il luogo più adatto dove coloccare la statua. Lì si trova il busto di Mazzini che secondo la commissione dovrebbe essere trasferito nell'omonima piazza (clica sull'immagine per leggere l'articolo)

Ma come, si dirà ancora, nella coscienza popolare l’immagine della Massoneria è a tal punto screditata che in autorevoli sedi – consiglio regionale, consiglio provinciale – sono state discusse mozioni per imporre ai “fratelli muratori” (toh, l’urbanistica!) di far pubblica confessione della loro appartenenza alle logge, e adesso se ne accettano gli omaggi come fossero oro colato? E sia. Non nego che i meriti della Massoneria, notevolissimi nell’epopea risorgimentale, si son fatti assai meno luminosi con l’andar dei decenni, specie oggi che il declino della buona politica sta lasciando gran parte dei poteri decisionali a sodalizi, consorterie e congregazioni di varia natura.

Un fatto, però, è inconfutabile: la Massoneria non è un’associazione segreta, il che sarebbe vietato dalla Costituzione e dal codice penale, per conoscere i nomi degli iscritti basta entrare in un bar o mettersi al computer, se ne sanno le sedi, si sa quando avvengono le riunioni, fa convegni nelle università, edita libri, affigge manifesti. Segreto? Beh, vien da pensare ai segreti di Pulcinella. Essa è insomma una realtà che, a parte i rituali davvero curiosi del suo catacombale riserbo, rientra a pieno titolo fra le libere espressioni della società civile. Con quali ragioni, mi chiedo, scandalizzarsi del fatto che essa offra al Comune una statua per il centocinquantesimo dell’unità d’Italia? Una statua, fra l’altro, che non contiene simboli massonici ed è stata ideata da un comitato (quel “Stringiamoci a coorte”, inno nazionale, copyright di Goffredo Mameli)  che la Massoneria – furbata o coda di paglia, tant’è – non ha mai presentato come sua espressione diretta e ufficiale?

Ora, ripeto, la parola finale spetta al Comune. Dica pure che di questa statua non c’è alcun bisogno, che ce ne sono troppe, che è meglio piazzarla fuori dal centro. Ciò rientra nel suo pieno diritto. E buoni argomenti potrebbero non mancare. Ma, per favore, non ci si riduca a una mediocre e ipocrita disputa ideologico-religiosa sulle origini, sugli ideali e sull’esistenza stessa della Massoneria. Ipocrita, ho detto. E lo sottolineo: ipocrita. Perché i presunti traffici che si fanno in quelle logge e sotto quei cappucci non si fanno solo lì, ma anche laddove ci si straccia le vesti, si lanciano anatemi e si baciano pile. No, signori. I tempi saranno pure quelli che sono – magmatici, confusi, con le pance a gridare più dei cervelli – però Macerata ha bisogno di tutto ma non di un’altra e sciocca guerra di religione.



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