Continuiamo a pubblicare opinioni dei nostri cronisti sulla situazione politica nazionale dopo le dimissioni del presidente del Consiglio Berlusconi e l’arrivo di Mario Monti. Non mancano i riferimenti allo scenario maceratese.
di Filippo Ciccarelli
E’ la politica che ha chiamato Mario Monti al governo dell’Italia. Non direttamente, certo: lo ha fatto nel modo peggiore, quello più dannoso possibile. D’altra parte, se la classe dirigente viene chiamata “casta” un motivo ci sarà. E’ logico che la cooptazione di qualche tecnico o tecnocrate sia malvista da chi siede nei banchi di Montecitorio o Palazzo Madama. Ma se quei signori volessero trovare il responsabile del commissariamento dell’Italia, dovrebbero semplicemente guardarsi in faccia. Tutti, maggioranza ed opposizione, hanno le loro colpe.
Il governo ha, per mesi, negato la crisi: l’ex premier Silvio Berlusconi ed il ministro (ormai non più tale) Giulio Tremonti hanno più volte ribadito che l’Italia aveva superato la crisi prima, e meglio, di tanti altri stati europei. E mentre il Paese incassava l’ennesima balla, tra il proliferare di contratti di lavoro “atipici” ed ore di cassa integrazione, lo scollamento tra la realtà della casta e quella della gente diventava sempre più ampio. Tra le fila del governo si votavano leggi ad personam e ci si incaponiva sull’affaire Montecarlo. L’opposizione, dal canto suo, ha chiesto ogni giorno, come un mantra, le dimissioni di Berlusconi, producendosi in una sterile tiritera più simile ad un comportamento rituale che ad una precisa azione politica.
Il centrosinistra, di cui non è nemmeno chiaro chi sia il leader, non è riuscito ad esprimere una posizione alternativa a quella del governo, né è stato in grado di puntare con forza su quei temi che avrebbero messo in difficoltà l’esecutivo: temi di politica economica, sociale, riguardanti il mondo del lavoro. E così, mentre l’opposizione chiedeva ragione al governo su una figura di chiara fama come quella di Patrizia D’Addario, Pdl e Lega votavano compatti che Ruby era la nipote di Mubarak.
Il collega Roberto Scorcella si chiede (leggi l’articolo) – legittimamente – se il premier incaricato Mario Monti farà gli interessi del Paese o della finanza internazionale, visto il suo curriculum da Bocconiano capitalista e mondialista. Io gli rispondo così: per incapacità o per una precisa volontà, la politica non è stata in grado di fare gli interessi del Paese. Che Monti sia espressione di un certo tipo d’intellighenzia è noto a tutti: ma anche Silvio Berlusconi, sulla scena politica dal 1994 e che ha governato per 8 degli ultimi 10 anni, qualche affaruccio con banche, finanziarie, industrie lo ha fatto. A differenza dell’Italia, però, Berlusconi è riuscito a moltiplicare il suo patrimonio, mentre il Bel Paese versa in condizioni critiche. La corsa odierna dello spread ed il tonfo di Piazza Affari, poi, dovrebbero indicare come Monti non sia quel capo occulto della speculazione internazionale.
Un governo tecnico (ancora non si sa se questa sarà la natura del prossimo esecutivo) non è democratico? Certo, Monti è stato nominato ed è stato incaricato dal Presidente della Repubblica di formare un nuovo governo. Ma questo è previsto dalla nostra Costituzione, che non punisce nemmeno chi tradisce il mandato elettorale: per questo in Italia abbiamo inventato il trasformismo ed il termine “ribaltone”, ben prima degli Scilipoti di turno. E, a dirla tutta, non brilla per democraticità nemmeno un Parlamento in cui siede gente non eletta dal popolo, ma nominata dalle segreterie dei partiti, secondo la legge elettorale vigente.
Quando un sistema è logoro, marcio, si deve intervenire: ed il “sistema-Paese” non è più sostenibile, per i cittadini italiani e per quelli europei.
A giugno 2011, e quindi prima dell’impennata dello spread e dei rendimenti dei titoli di stato, il nostro rapporto deficit-pil era del 4.1%, mentre quello debito-pil aveva sfondato il tetto del 120%, secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale ripresi dal Sole 24 Ore. Il debito italiano viene stimato nella pantagruelica cifra di 1900 miliardi di euro: la crescita del prodotto interno lordo è sempre più asfittica, ed è stimata in appena lo 0.3% per quest’anno.
Le riforme, che i governi di ogni colore hanno promesso, non sono mai state fatte sul serio, perché Arti e Corporazioni, che sono nate in Italia, hanno semplicemente cambiato nome. Queste gilde sono gruppi chiusi, altre caste, sono ordini professionali, gruppi di interesse che hanno un peso elettorale soverchiante. Così ogni governo si preoccupa piuttosto di non scontentare i grandi bacini elettorali, e tira a campare.
Il risultato è che siamo un paese che campa a credito. Un paese in cui la differenza tra quanto si esporta e quanto si importa è sempre negativa: nel 2008 la bilancia dei pagamenti faceva registrare una perdita di 45 miliardi di euro nel computo di conto corrente e conto capitale. Nel 2009 questa cifra si è attestata sui 30 miliardi, per poi sprofondare a -54 miliardi di euro nel 2010. In questo tracollo perenne del conto corrente e del conto capitale italiano, c’è sempre stata una copertura dal conto finanziario, il che vuol dire che si è attinto alle riserve monetarie o agli investimenti dei paesi esteri in Italia per coprire il segno rosso. Una situazione di cui destra e sinistra non hanno mai parlato, e che fa peggiorare la posizione debitoria internazionale netta dell’Italia a 417.7 miliardi di euro, cioè il 26% circa del Pil (dati della Banca d’Italia).
Alla luce di questo, dovrebbe essere evidente che strutturalmente qualcosa non funziona nell’economia reale, quella dei beni e servizi prodotti, al di là della crisi finanziaria nata oltreoceano da oltre tre anni. Gli italiani, intesi come privati cittadini, hanno limitato il danno compensando le perdite macroeconomiche con il risparmio privato, ma gli ultimi indicatori segnalano che le famiglie hanno difficoltà sempre maggiori a risparmiare qualcosa, e tendono a spendere tutto quello che guadagnano (se non di più attraverso strumenti quali prestiti e pagamenti a rate). Nonostante la terza pressione fiscale al mondo, i conti non tornano. I cittadini saranno chiamati sicuramente a fare altri sacrifici, per compensare l’inazione di una classe dirigente immatura ed insufficiente, ed evitare costi che un eventuale default, o l’uscita dalla moneta unica, renderebbero insostenibili. Per prendere misure tanto impopolari quanto necessarie, dopo il commissariamento dei nostri conti da parte dell’Ue e del Fmi, è stato designato Mario Monti.
Arriva dunque un commissario per il Paese, che viene dopo il commissario per la Provincia di Macerata, specchio di una cattiva gestione della politica nazionale e che va a braccetto con quella locale, dove non c’è nemmeno l’illusione gattopardesca del tutto che cambia perché nulla cambi: perché l’immobilismo e la mancanza di riforme necessarie all’Italia sono criticabili tanto quanto una Macerata che deve sciogliere sempre gli stessi nodi. Certo, il commissario Calvosa venne in Provincia non a causa di una crisi politica, ma per un ricorso giudiziario presentato dal candidato Gentilucci della lista Lam. Tuttavia, il vincitore e futuro presidente, Antonio Pettinari, aveva lasciato la coalizione con la quale poco prima era diventato vicepresidente del pidiellino Franco Capponi. Scelta effettuata solo dopo il commissariamento dell’Ente e senza tradimenti di sorta, quindi, ma indice di una fragilità della politica che agli osservatori esterni e non addetti ai lavori potrebbe sembrare quasi schizofrenica. Lo Sferisterio? Non si sa bene cosa sia diventato. Proprio quando s’invoca la libertà della politica dai tecnici in odor di Bce e Fmi, ecco che per lo Sferisterio si richiedono invece le capacità e le competenze di chi è nel settore per risollevare le sorti del simbolo di Macerata. Anche qui, le cronache raccontano un’incapacità decisionale cronica nei soggetti coinvolti nella gestione ed amministrazione dello Sferisterio, condita da tensioni e litigiosità crescenti. I tentennamenti della politica maceratese proseguono con il difficile matrimonio tra Smea e Cosmari: un matrimonio che non s’ha da fare e non s’ha nemmeno da levare il Don Rodrigo di turno che lo impedisce, mentre i lavoratori domandano garanzie, ed i politici chiedono di “aspettare”, come se la soluzione potesse cascare dal cielo. Eppure la politica dovrebbe essere programmazione, visione del futuro, unita ad una buona amministrazione: la politica, insomma, può e deve scegliere quali siano le priorità da soddisfare per la cittadinanza.
Tutto, invece, passa in secondo piano rispetto alle verifiche interne, alle consultazioni, alle mediazioni, ai rimpasti ed alle pastoie del politichese che dall’ultimo dei consiglieri comunali fino al Capo dello Stato, tirano tutti dentro in un vortice di rimpalli, rinvii, veleni e traccheggi.
Mentre il tempo passa, a Macerata si spendono soldi per piscine inesistenti, o come potrebbero filosoficamente sentenziare alcuni membri del consiglio comunale che sono anche eminenti professori, piscine esistenti “in potenza”. Al pari del vetusto ponte di Messina (vetusto nel senso che se ne parla dal secolo scorso). E perché? Andando per sommi capi, i lavori non partirebbero perché il preventivo degli stessi sarebbe lievitato, perché sorgerebbero difficoltà di carattere (anche qui!) tecnico, per mille altri motivi che sono stati oggetto di dibattimenti, delibere, mozioni, interrogazioni, un mare di carta che riempirebbe – quello sì – centinaia di vasche. In concreto, però, la questione rimane lì, incompiuta, una specie di “Salerno-Reggio Calabria” in sugo di papera. Ma non è certo l’unica incompiuta: di questo passo in città potrebbero arrivare le telecamere di “Chi L’ha Visto”, per cercare dove sia finita la riqualificazione di via Trento, o dove si sia sperduto il mitologico parcheggio di Rampa Zara. Insomma, a Macerata e provincia sembra che la politica riesca ad avere tempi celeri solamente per le lottizzazioni di aree commerciali – vedi quella appena nata a Tolentino, o quella in fieri a Corridonia – ma non riesca proprio a brillare in quegli ambiti che sono meno remunerativi (gli oneri di urbanizzazione, in fin dei conti, nutrono i bilanci comunali) ma utili per la collettività. La collettività, per inciso, saremmo noi: sono i lavoratori dello Sferisterio, che non sanno quale sarà il loro destino, o quelli della Best di Montefano, i quali nottetempo si sono visti sottrarre lavoro e mezzi di produzione da sotto il naso e chiedono alle istituzioni di non essere abbandonati. Perché la politica deve occuparsi un po’ più dei problemi dei cittadini, ed un po’ meno della fuffa. Che si tratti di ministeri al nord o di fuochi d’artificio per la festa del patrono.
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se il tecnico è l’ambasciatore del burattinaio, teniamo gli occhi aperti !
fonte (Google)
Forse non tutti i cittadini lo sanno o se lo ricordano (e su questa ignoranza ha contato, oltre che sul complice silenzio dei politici e dei giornalisti, Giorgio Napolitano nel nominarlo) che Mario Monti è stato costretto, nella sua qualità di Commissario europeo sotto la presidenza Santer, a dare le dimissioni “per l’accertata responsabilità collegiale dei Commissari nei casi di frode, cattiva gestione e nepotismo” messi in luce dal Collegio di periti nominato appositamente dal Parlamento Europeo. La Relazione fatta da questi Saggi al Parlamento, nonostante la prudenza del linguaggio ufficiale, fa paura. Si parla infatti dell’assoluta mancanza di controllo nella “rete di favoritismi nell’amministrazione”, di “ausiliari esterni” e di “agenti temporanei”, di “minibilanci espressamente vietati dalle procedure amministrative”, di “numerosissimi esterni fuori bilancio, ben noti all’interno della Commissione con il soprannome di sottomarini”, che operano con “contratti fittizi”, dietro “raccomandazioni e favoritismi”; di abusi che hanno comportato, con il sistema dei “sottomarini” l’erogazione non controllata di oltre 7.000 miliardi nell’ambito dell’Ufficio Europeo per gli Aiuti umanitari d’Emergenza (miliardi usciti dalle nostre tasche, naturalmente, e che dovevano andare, ma non ci sono arrivati se non in minima parte, ai bambini della Bosnia, del Ruanda morenti di fame). Evidentemente Mario Monti è inamovibile, o meglio può perdere un posto soltanto per guadagnarne uno migliore. Nel 1999, al momento di una caduta così ignominiosa, ha provveduto la successiva Commissione, con presidente Romano Prodi, a riconsegnargli il posto di Commissario. Cose che succedono soltanto nell’onestissimo ambito delle nostre istituzioni politiche.
fonte (Google) http://www.liquida.it
A me piace molto il titolo: se la politica fallisce, ben venga il tecnico. Sono consapevole che molte “critiche” si possano fare al Professor Monti ( come l’articolata informazione di paoolo suggerisce), eppure, tento di essere ottimista. E’ il titolo che dice tutto. Se la politica fallisce. A quanto pare ha fallito. Ma se la politica non vuole definitivamente fallire può approfittare di questo interregno. In che modo? Se la sinistra o quelli che si dicono vicini alla “famiglia” ( nel senso cattolico) sono davvero tali, dovrebbero votare o suggerire a Monti qualche “ricetta” più strutturale di quelle proposte\imposte dall’Europa: due in particolare a- la patrimoniale b- l’Ici. Fatto questo, poichè tutti si dichiarano “europeisti” ( destra, sinistra, centrodestra, centro sinistra, centro, rosa dei venti e via vomitando) e da molto tempo,troppo, Il Governo ( ma anche altri) sta “ossessivamente” cantando la stessa canzone ( imitiamo le pensioni dei nostri fratelli europei, imitiamo Giustizia europea, imitiamo le Università europee, dimenticando -lapsus?- che gli stipendi europei, le pensioni europee non sono da fame…) chiedano al Professor Monti, più “europeo” di tutti ,di ipotizzare una “riforma fiscale e tributaria dello Stato” di modello europeo e di farla votare al Parlamento Risorgimentale che abbiamo. Vediamo chi voterà. E’ una cartina al tornasole. Dopotutto 120 miliardi l’anno di evasione non sono una cifretta, come non è una cifretta l’ampia “nomenklatura” rilevata nel file bancario “svizzero” sul quale, con potenza, è intervenuta la Francia e l’america ( noi no, e non c’era Monti) Vediamo se destra e sinistra sono più o meno cattolici “solo” sulle staminali e sulla procreazione assistita. Quanto alla simmetria Monti\Comune di Macerata non trovo analogie. Mi pare che Carancini non faccia parte del gruppo Bilderberg ( al quale faceva riferimento anche Prodi, intanto, e non solo Monti). Relativamente alla Piscina e al Palazzetto se avessimo avuto i soldi dell’ICI che più non abbiamo ( circa 2 milioni di Euro) altra sarebbe stata la storia. Se però i “privati” si fanno avanti con proposte serie ( e pubbliche) ritengo che l’Amministrazione non si tirerà indietro.
macerata deve rinascere !!
”Secondo quanto risulta a MF Milano Finanza, infatti, Goldman Sachs negli ultimi giorni è stata uno dei maggiori responsabili del crollo delle quotazioni dei titoli italiani e sarà tra le prime a farne incetta a prezzi da saldo, almeno sino a quando lo spread decennale con i titoli tedeschi non si stabilizzerà di nuovo attorno ai 350 punti base, il livello che uno studio diffuso mercoledì dalla stessa Goldman indicava come punto di arrivo dai massimi segnati in questi giorni, nel caso in cui la crisi politica italiana si risolvesse con un esecutivo di larghe intese, cioè con «una sorta di governo di unità nazionale guidato da un outsider di ottima reputazione».
Fonte: http://bit.ly/vaHjPw (Milano Finanza)
Ti abbraccio Filippo
Un tecnico…per modo di dire…..diciamo un’altro senatur…..o forse crediamo che abbia la bacchetta magica?Una magia è stata già fatta…ritorno dal passato…IL sig. Giuliano Amato prima repubblica.quelli che hanno alimentato il debito triplicandolo..che maghi….cosa facciamo lo dimentichiamo?..E’ rispuntato fuori Cimino..Pomicino…ieri dopo tanto tempo ho visto in tv Il sig. Pecoraro Scanio.siamo proprio nel baratro…
La politica non dimentica..come le metastasi..prepariamoci……
Se la politica fallisce si manda a casa la politica, ovviamente dopo aver “sblindato” la legge elettorale con o senza la politica.
Invece no, caduto di sella un salvatore della patria (non ci giurerei troppo) ci si affida al prossimo.
Il primo detentore di una investitura divina, il secondo sotto la benedizione di un’altra entità eterea quanto la prima ma molto più effimera che si chiama europa.
Abbiamo condannato per anni, molto a parole e per nulla con i fatti, il conflitto d’ interesse incarnato dal presidente del consiglio dimissionario e non vediamo il conflitto d’ interesse insito in un governo di tecnocrati che hanno teorizzato, studiato, contribuito a realizzare, alimentato, perfino vigilato, questo modello economico e sociale iper-finanziarizzato.
Attenzione, io non vedo modelli economici alternativi a quello capitalistico, tantomeno, a differenza di molti, condanno la finanza e la speculazione finanziaria.
La finanza non è ne buona ne cattiva, persegue solo i suoi obiettivi che sono la rendita e il profitto, e si muove nel perimetro che le istituzioni internazionali e statali gli hanno costruito intorno.
E’ come dire che una belva feroce è buona o cattiva perchè azzanna tra le zebre quella più vecchia e malata.
Oggi nel branco noi rappresentiamo uno degli animali più deboli, vecchi e malati perchè in tanti anni non siamo riusciti a fare quelle riforme strutturali necessarie a favorire la crescita, ad abbassare il debito pubblico, a costruire un equo sistema fiscale anche attraverso una decisa lotta all’evasione e all’elusione fiscale, a eliminare le rendite di posizione proprie di albi, ordini, lobby e congregazioni varie.
E la politica?
Invece di assumersi la responsabilità della propria inerzia dolosa, si fa commissariare tentando di ricostruirsi una verginità politica agli occhi degli ellettori smemorati.
Se la politica fallisce si manda a casa la politica.