«Nessuna intenzione di vendere,
ma non ci sto a mettere a rischio
la mia azienda per questa guerra»

L'INTERVENTO dell'imprenditore Gabriele Miccini della Giessegi di Appignano, che da una parte smentisce le voci di una possibile cessione dell'azienda e dall'altra lancia un messaggio alla politica perché si metta fine al conflitto in Ucraina e si trovino soluzioni concrete al problema energetico

- caricamento letture
gabriele-miccini1-e1647444302905-325x181

Gabriele Miccini

 

«Io non ci sto a mettere a rischio la mia azienda, dopo oltre 30 anni, per questa guerra. Non ho intenzione di vendere, ma è impensabile che si possa andare avanti così». Sono le parole dell’imprenditore Gabriele Miccini, che guida la Giessegi di Appignano. Da una parte smentisce la voci di una possibile vendita dell’azienda, dall’altra però lancia un appello forte e chiaro alla politica, «perché -sottolinea – il rischio è in molti siano costretti a chiudere, con migliaia di persone che perderanno il lavoro».

Secondo Miccini, il primo problema da affrontare è quello della guerra in Ucraina, così da arrivare presto a una soluzione che possa garantire pace e stabilità. «Putin – spiega Miccini – l’aveva già detto chiaramente nel suo discorso all’Onu del 2015: “Noi crediamo che solo una piena e leale attuazione degli accordi di Minsk del febbraio 2015 possa porre fine al bagno di sangue e consentire di uscire dal vicolo cieco. Quello che serve è una sincera attenzione per gli interessi e i diritti della gente della regione del Dobnass”. Quindi è arrivato il momento di dire basta all’invio di armi all’Ucraina – aggiunge l’imprenditore – Zelensky e Putin devono trovare un accordo sul Donbass e sulle popolazioni russofone che ci vivono, è tutto lì il problema, il resto è solo fumo negli occhi».

Strettamente collegato al problema guerra, c’è quello dei costi energetici. «L’Europa e l’Italia ancora di più – aggiunge – sono i primi a pagarne le conseguenze di questa guerra dal punto di vita economico. Con i costi di queste bollette molte aziende andranno in seria crisi. Adesso c’è stato un leggero ribasso, vedremo. Ma a settembre noi abbiamo pagato 300mila euro solo di energia elettrica, l’anno scorso lo stesso mese ne avevamo pagati 100mila. A questo si aggiunga il fatto che per come stiamo messi, l’Italia non raggiungerà l’autonomia energetica prima di una decina d’anni». E qui Miccini fa l’esempio dell’impianto fotovoltaico da 4 megawatt che sta realizzando sul tetto dell’azienda, che si andrà ad aggiungere al megawatt già installato.

«Possiamo installare i pannelli – dice – solo se garantiamo che l’energia prodotta in surplus o nei giorni di fermo delle lavorazioni non venga immessa nella rete, che non è capace di accoglierla. In questo modo l’energia che l’impianto produce e che noi non utilizziamo va sprecata. Senza considerare che l’energia che si riesce a reimmettere sul mercato ci viene pagata trenta volte meno di quello che noi paghiamo al gestore per i nostri consumi. Questa è una questione che andrebbe affrontata subito, altrimenti non vedo spiragli. Anzi, dico che questo nuovo governo deve smettere di parlare e iniziare a fare qualcosa di concreto e utile. Gli aiuti che stanno proponendo per alleviare il costo delle bollette, servono a poco. Perché se l’aiuto vale solo per un mese, poi siamo punto e a capo. Servirebbero interventi più strutturali, per esempio soluzioni per aiutare e finanziare chi fa investimenti come il nostro sul fotovoltaico, un investimento che ci permette un’indipendenza energetica per una trentina d’anni».

Nel mirino dell’imprenditore finisce anche la politica monetaria della Bce e della sua presidente Christine Lagarde. «Lo scenario mondiale è profondamente cambiato – continua – e se prima per combattere l’inflazione bastava aumentare i tassi di interesse, questo oggi è vero solo in parte, perché il problema di fondo è quello di abbattere il costo delle materia prime, che però sono sotto il monopolio della Cina. Se i costi del denaro, delle materie prime e dell’energia crescono, come facciamo a non alzare i prezzi di vendita? Se non li alzassimo correremmo il rischio di chiudere o dover licenziare, alzandoli il rischio è quello di far crollare i consumi. Di questo si dovrebbe occupare la Bce, l’Europa e il governo italiano».

Infine, la smentita delle voci su una possibile vendita dell’azienda. «Non ho intenzione, anche se la situazione  sta diventando insostenibile – assicura Miccini –  L’ideale sarebbe l’entrata di fondo con una quota di minoranza per ulteriore sviluppo e cercare di essere ancora più competitivi a livello internazionale. Ma non è semplice, perché servono anche le condizioni esterne per rendere un’azienda appetibile. E attualmente in Italia queste condizioni non ci sono».

(Redazione Cm)

 



© RIPRODUZIONE RISERVATA

Torna alla home page
Podcast
Vedi tutti gli eventi


Quotidiano Online Cronache Maceratesi - P.I. 01760000438 - Registrazione al Tribunale di Macerata n. 575
Direttore Responsabile: Matteo Zallocco Responsabilità dei contenuti - Tutto il materiale è coperto da Licenza Creative Commons

Cambia impostazioni privacy

X