Cosa sarebbe Macerata senza l’Università?
Rischi con il crollo demografico

IL COMMENTO di Mario Battistini - Culle vuote, il Paese invecchia e giovani in fuga. Previsioni allarmanti di eminenti studiosi. Tutti gli atenei italiani sotto osservazione., tremano anche gli asili e la rete scolastica. Molti Comuni e Regioni si stanno attivando puntando su studenti stranieri e su varie iniziative. Macerata che fa? Non c'è tempo da perdere

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di Mario Battistini

Culle vuote e crollo demografico. L’Università di Macerata a rischio chiusura assieme a un robusto ridimensionamento della sua consolidata e variegata rete scolastica. Stessa sorte al momento, ma il numero è destinato a salire, per almeno altri cinquanta Atenei di media e piccola dimensione presenti nella nostra martoriata Italia, messa in ginocchio da forze politiche litigiose e inconcludenti e da amministratori pubblici incapaci di operare per il bene dei cittadini, come sancisce a tutte lettere il superiore dettato costituzionale. Solo fumo e promesse vane: gli interessi di bottega sempre più prevalgono sugli interessi generali del Paese.

La situazione è pesante lungo tutto lo Stivale. Dio non voglia altri sommovimenti negativi, ma il problema che si è sollevato esiste anche se nessuno ne parla, preferendo nascondere la testa sotto la sabbia. Proviamo allora a immaginare cosa accadrebbe a Macerata se in un futuro non troppo lontano si polverizzassero settecento e più anni di storia della gloriosa ”Atene delle Marche”. La città oggi in palese sofferenza, al pari di moltissime altre ”consorelle”, cadrebbe in un letargo forse irreversibile. E le scuole? Anch’esse in pericolo a Macerata come in tutti i comuni, dal Piemonte alla Sicilia. Se i bambini non nascono gli asili perderanno la loro funzione e sarà poi difficile colmare i vuoti che si apriranno nelle aule delle Elementari, delle Medie e delle Superiori. In bilico, effetto inevitabile, il lavoro di maestri e professori, con danni economici e sociali di vasta portata.

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Via Gramsci, centro di Macerata

In un bar del centro, giovedì mattina, alle 10 e 20 erano stati emessi solo 11 scontrini fiscali. Sconsolante la spiegazione dell’addetta alla cassa. ”Con le scuole e l’Università chiuse per ferie, in giro non si vede anima viva. Mai accaduto in passato perché anche in piena estate Macerata era molto attrattiva, grazie ai musei, ai negozi tutti aperti e grazie soprattutto alla stagione lirica dello Sferisterio che già a primavera spingeva i maceratesi, signore e ragazze in prima fila, ad acquistare gli abiti più ricercati per la manifestazione. Era una festa coinvolgente, attesa da tutti con un entusiasmo indescrivibile: bar e pizzerie gremite per l’aperitivo prima degli spettacoli e ristoranti aperti fino alle ore piccole con comitive di melomani e turisti che arrivavano anche dall’estero. Questo appuntamento, oggi, non ha più il fascino dei tempi d’oro”. Che allegria!

Centro storico e altri quartieri continuano intanto a perdere pezzi. ”Il locale è chiuso, torniamo a settembre”, si legge su un cartello appeso sulla vetrata dell’ex Caffè Venanzetti sotto i portici del Palazzo degli studi. Pure il mercato all’aperto del mercoledì sta lentamente scomparendo. Sono fatti, non opinioni. ”Cos’è un oratorio parrocchiale – si chiedeva il compianto vescovo Tarcisio Carboni – senza il vociare di ragazzi che giocano a pallone? E’ un segnale di resa in un mondo che stravolge valori e tradizioni, è la fuga dai sogni e dalla spensieratezza che i giovani avrebbero il diritto di coltivare”. Parole sante. Parimenti, è ben triste una città senza fermenti, una città che soffre terribilmente quando è abbandonata dagli studenti in vacanza, che sembrano essere – e sono – l’unica autentica risorsa. Ma l’Università è davvero tremolante?

La preoccupante previsione è contenuta in una indagine condotta da esperti dell’Istat e da vari studiosi, di cui hanno dato notizia mesi fa ”il Sole 24 Ore” e altre testate giornalistiche senza però scalfire di una virgola il sonnolento andamento della vita pubblica nel capoluogo. Nessuno ne parla. L‘invecchiamento della popolazione è un fenomeno inquietante che si ripercuote in larga misura soprattutto in ambito educativo, provocando inevitabilmente contraccolpi disastrosi in tutti i campi della società. ”Cervelli” in fuga dall’Italia, nascite in frenata e giovani che scappano in paesi d’Oltralpe alla ricerca di maggiori opportunità di studio e di lavoro. In questo quadro, appare quanto meno complicato porre un argine al calo delle iscrizioni negli Atenei, che sono tutti, da nord a sud del Paese, sotto la lente di osservazione. Valutando caso per caso – sottolineano sempre gli autori della ricerca – tra dieci, venti e trent’anni ci saranno guai seri se non interverranno corpose misure correttive di ordine tecnico, economico e strutturale nel complessivo mondo della pubblica istruzione, che non riguarda però solo le Università ma, come si è detto, tutte le scuole di ogni ordine e grado. Che fare, allora? Se l’Italia è un paese di anziani e vecchi, dai giovani stranieri può arrivare un’ancora di salvezza.

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Il tradizionale lancio del tocco che avviene ogni anno alla Giornata del laureato

Gli esperti intanto forniscono alcuni utili consigli. Primo): avviare da subito un incisivo dialogo informativo con la società nazionale elencando le più convenienti opportunità che un Ateneo è in grado di offrire. Secondo): assicurare una offerta educativa e di studio sempre aggiornata e in linea con le richieste dei mercati del lavoro. Terzo): didattica in presenza ma anche a distanza come si è fatto in occasione della pandemia da Covid, dando così agli studenti possibilità di apprendimento anche da residenze diverse. Quarto): strutture di accoglienza convenienti e riduzione dei costi a carico delle famiglie. Quinto): puntare sul modello cosiddetto ”misto”, aprendo le porte in presenza ai giovani dell’area mediterranea (Egitto, Turchia e via di seguito) o assicurando ad essi, anche in questo caso, una convincente didattica a distanza.

Pure Neodemos, che è l’associazione di ricerca internazionale, invita a mettere in campo solleciti e corposi piani di intervento chiamando alla mobilitazione gli enti locali, Comuni e Regioni in testa. In alcune città questo sta già avvenendo: si lanciano messaggi allettanti agli studenti di tutte le province, assicurando ad essi servizi migliori, tasse meno pesanti, trasporti più efficienti e anche gratuiti, residenze confortevoli e a prezzi stracciati. Questo può e deve verificarsi anche a Macerata. Sia chiaro, non bisogna drammatizzare, ma sarebbe imperdonabile sottovalutare quel che bolle in pentola.

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Francesco Adornato, rettore dell’Università di Macerata. Il suo mandato scadrà a novembre

Il problema dell’istruzione, per i nostri giovani e per le famiglie, rappresenta l’esigenza primaria da difendere e valorizzare. La nostra Università, al momento, sembra avere basi solide, è addirittura in crescita, grazie alle incisive gestioni condotte negli ultimi due lustri dai rettori Luigi Lacchè e Francesco Adornato, che hanno consentito all’Istituzione, col supporto di una efficiente direzione amministrativa, di ricevere prestigiosi attestati di benemerenza da parte dei competenti organi dello Stato. Ma c’è di più: sempre in questi ultimi anni l’Università ha avviato nuovi corsi di studio e dato sostanza ai complessi ricettivi per studenti nell’ex Sanatorio e nell’ex ospedale psichiatrico di viale Indipendenza. In contemporanea, sempre l’Università ha voluto trasmettere un segnale di vicinanza ai maceratesi, andando ad occupare nel bistrattato centro storico locali lasciati abbandonati dai commercianti che sono stati trasformati in centri informativi e di aggregazione a favore degli studenti. Tutte cose meritevoli, ma non in grado di fronteggiare con successo la pesantissima emergenza in atto. Il futuro è denso di nubi. Serve una mobilitazione generale e degli enti in primo luogo (Regione e Comune avanti) , come pure è auspicabile un generoso coinvolgimento delle stesse aziende e dalle categorie imprenditoriali più sensibili. Non c’è tempo da perdere. Oggi, no domani, vanno poste le basi per fronteggiare le turbolenze che il futuro ci riserverà.

In un quadro così incerto e complicato, il Comune sta intanto avviando alcune iniziative non proprio decisive per il rilancio di Macerata. E’ forse una priorità investire corposi capitali per l’inutile parcheggio a valle di viale Leopardi, osteggiato da non pochi cittadini e dagli ambientalisti che si battono per la difesa della natura? Respiriamo veleni e col cambiamento climatico sempre più pressante le temperature, già adesso elevatissime, potrebbero raggiungere vette non più sopportabili. Si teme – ammoniscono gli esperti – anche il possibile razionamento dell’acqua che beviamo. In un Tg serale di sabato, un giovane montanaro della Valle d’Aosta ha raccontato agli italiani una fenomeno inquietante: ”Le montagne si stanno sgretolando, i ghiacciai si squagliano, i fiumi sono a secco e noi solo da qualche ruscelletto riusciamo ancora a prelevare l’acqua che ci serve. Ma che accadrebbe se nelle città dovesse almeno in parte ridursi il gettito dell’acqua?’ Meglio non pensarci. Noi distruggiamo preziose risorse della natura, mentre il Governo Draghi – è previsto nel Pnrr europeo – ha deciso di piantare sei milioni di alberi per incrementare il verde del Paese. Il verde che purifica l’aria e distrugge le tossicità ambientali.

Ma poi si crede davvero che un parcheggio possa rilanciare il collassato centro storico di Macerata? Siamo seri, ben altro servirebbe per riportare gente in ”piazza”. Occorre un progetto di modernità e di ampio respiro da affidare non a dilettanti della politica ma a professionisti di sicura competenza. Negli Anni Ottanta – è tutto documentato – Macerata fu più volte al vertice della graduatoria nazionale per qualità della vita. Solo più tardi è iniziato il decadimento andato avanti per gradi e che nessuno, da destra a sinistra, si è preoccupato di arrestare.

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Il progetto del nuovo centro commerciale a Piediripa

Sempre in riferimento alle emergenze che abbiamo di fronte, è forse un problema prioritario l’annunciata costruzione di una pista da sci magari per fare concorrenza a Cortina? E sono così urgenti le piste ciclabili sbandierate nell’aula consiliare? Ed è una necessità così stringente, in tempi di crisi dirompenti, investire in queste ore risorse per il recupero di fontane e fonti antiche? E serve davvero a Macerata l’ennesimo mastodontico centro commerciale a Piediripa – ben 28 mila metri quadrati di edificato – che finirebbe per svuotare definitivamente di presenze il capoluogo? Al riguardo, il sindaco Parcaroli dice che è stata la Giunta di centro sinistra a proporlo. Bene, ne prendiamo atto, convinti del grave errore commesso dai precedenti timonieri del Comune, puniti però sonoramente dagli elettori per la loro lacunosa, spesso disinvolta e talvolta arrogante politica condotta negli ultimi anni. Ma il centrodestra, che legittimamente oggi guida la città, può bloccare tutto, basta volerlo. C’è un precedente illuminante che lo dimostra: una settimana dopo il loro insediamento, due anni fa, il centrodestra della Regione e la Giunta Parcaroli hanno cancellato in cinque minuti il super ospedale che il centro sinistra aveva progettato per Macerata con il voto di tutti Comuni della provincia. Onestà vuole che anche di questo si debba prendere atto. Furbizie e pretesti non stanno in piedi. Allora, che si fa?

”La politica è la grande assente nell’Atene delle Marche – ha rimarcato su queste colonne il giornalista e scrittore Carlo Cambi -. Si ha l’impressione che chi sta amministrando lo faccia con fatica in assenza di un disegno per la città E, del pari, che le minoranze vivano una sorta di rendita di opposizione. Sono necessari nuovi orizzonti d’iniziativa per costruire lo sviluppo della città e del suo territorio”. In cinque righe una verità chiara e incontrovertibile.

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