L’assessore Katiuscia Cassetta e il vice sindaco Francesca D’Alessandro con Elisabetta Perucci durante l’intitolazione del foyer
di Luca Patrassi (foto di Fabio Falcioni)
«Un uomo di teatro, la sua vita era il teatro», così Elisabetta Perucci questa sera nella sala Piero Cesanelli dello Sferisterio ha ricordato il padre Carlo, quel “costruttore di visioni” cui il Comune di Macerata ha intitolato il foyer dell’arena.
Un convegno, parole, suoni, immagini ed emozioni per celebrarlo prima della cerimonia di inaugurazione del foyer alla presenza degli assessori comunali alla cultura di Macerata e di Jesi, rispettivamente Katiuscia Cassetta e Luca Butini, del vicesindaco Francesca D’Alessandro, del sovrintendente dello Sferisterio Luciano Messi, di Giovanni Filosa che ha diretto gli interventi centrali firmati a cura di Gianni Gualdoni e di Elisabetta Perucci. Gualdoni, padre dell’indimenticato Alberto che è stato direttore tecnico di Macerata e di Jesi, ha inserito l’epopea Perucci nel contesto politico nazionale e locale ed anche nell’ambito teatrale marchigiano. Elisabetta Perucci ha raccontato il padre, l’uomo, il cantante lirico e l’impresario. Quel manager che ha saputo innovare la tradizione lirica ben attento sempre alla qualità della proposta artistica ed ai bilanci facendo segnare pagine storiche, anche per gli incassi, nei teatri che ha diretto da Macerata a Verona passando per Jesi. «Mio padre è nato nel 1921, l’anno della prima Aida dello Sferisterio. Un segno del destino, come deve esserlo stato quel giorno del 1967 quando arrivò a Macerata per proporre al sindaco Elio Ballesi un’opera al teatro Lauro Rossi e rimase invece incantato dallo Sferisterio. Propose allora a Ballesi di fare una stagione lirica allo Sferisterio e Ballesi – con lui in giunta c’erano tra gli altri Quagliani e Calzetti – accetto ad una condizione, che ad inaugurare ci fosse Mario Del Monaco. Mio padre lo chiamò al telefono seduta stante, Del Monaco rispose subito al telefono ed accettò la proposta».
Sullo schermo è scorsa anche un’immagine di quel contratto del giugno 1967: il cachet di Mario Del Monaco, l’Otello celebrato ed inseguito in tutto il mondo, fu di due milioni per le due recite e per la prova. Ricordi, emozioni e foto che corrono in sala: dalle foto di gruppo allo Sferisterio con Pieroni e Gualdoni a quella con Pavarotti a Verona per chiudere con la foto di famiglia Perucci nel foyer. Quello che oggi gli è stato intitolato. «Un atto dovuto, guardiamo al futuro ma è molto importante guardare anche alla storia di questa città» ha osservato l’assessore Katiuscia Cassetta, guardare al futuro partendo da chi ha lasciato un segno come ha osservato anche l’assessore pesino. Poi il taglio del nastro della lapide nel foyer per ricordare chi ha avuto la visione dello Sferisterio tempio della lirica ed ha saputo costruire un’immagine mondiale nei suoi quasi venti anni di guida.
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