di Elisabetta Mascellani
A festeggiare questo suo secolo di vita, Aurelio ci teneva così tanto che, nei giorni più freddi di questa settimana non è mai uscito di casa «hai visto mai che prendessi il raffreddore?» e si è accontentato di fare su e giù per le scale dei tre piani della palazzina dove abita con i figli, ‘solo’ una decina di volte al giorno, perché, dice, «fa tanto bene alle gambe». Classe 1920, un fisico asciutto, una memoria limpida e il racconto preciso di fatti e date di una vita tutta da raccontare. E la festa, voluta da parenti e vicini, c’è stata, eccome.
Dopo una bella giornata di sole, una serata tiepida e il chiarore del plenilunio, sulle colline, sembrava impallidire, all’esplosione dei fuochi artificiali che ieri, 10 gennaio 2020, hanno salutato i 100 anni di Aurelio Paolini, attorniato da tutta la famiglia, la moglie Diva, anche lei della splendida età di 92 anni, il fratello Zeilo con sua moglie Valeria, i due figli, Pietro e Franco, le nuore, i cinque nipoti con i due bisnipoti (un terzo in arrivo a giorni) e almeno 100 invitati, tra cui la sindaca Angela Barbieri con tanto di fascia tricolore, accompagnata dal vicesindaco Claudio Pianesi.
Per Aurelio, mantenere le gambe in forma è importante, perché lui, dal dopoguerra, la passione per la bicicletta l’ha coltivata per decenni. Fino a più di ottant’anni di età.
Forse questa passione era nata negli anni ’40, nel difficile periodo della guerra d’Africa, quando Aurelio conobbe Fausto Coppi.
Dopo la sconfitta di El Alamein, 4 novembre 1942, in territorio egiziano, e la resa agli inglesi, al termine della Campagna del Nordafrica, il 13 maggio 1943, di fronte all’eroismo dei soldati italiani, gli ufficiali di Sua Maestà riconobbero loro l’onore delle armi. Tra i soldati che furono fatti prigionieri, c’era anche Aurelio. «Gli inglesi ci dissero che nel periodo di prigionia ci avrebbero trattati come i loro soldati. E così fu». Dopo la lunga trasferta nel deserto, durata sette mesi e compiuta solo di notte per difendersi dai raid aerei nemici, poi da Tunisi ad Algeri, dove rimase per sei mesi, e la traversata fino a Taranto, infine, continua Aurelio, «quando ci trasferirono alla reggia di Caserta, lì conobbi Fausto Coppi. Lui faceva l’autista del capitano e io lavoravo come cameriere alla mensa ufficiali. Ho conosciuto e servito anche il generale Montgomery».
Poi le vite di Fausto e di Aurelio si divisero. Si riabbracciarono solo nel 1952, quando Aurelio, inforcata la bicicletta, da Montefano andò a Macerata, dove Coppi partecipava al Giro d’Italia. Purtroppo, la promessa di Fausto di tornare a trovare l’amico non potrà essere mantenuta. Fausto morirà otto anni dopo, il 2 gennaio 1960, a soli 40 anni.
Aurelio, lei è in splendida forma. Qual è il segreto della sua longevità? «Mangio un po’ di tutto, ma soprattutto – dice ridendo, – mi piacciono i ceci». Poi, più seriamente, aggiunge: «Cammino e, soprattutto, sono sereno».
Oggi, tutti conoscono Aurelio come ‘quel signore che andava in bicicletta’ e lo ricordano nei suoi lunghi giri quotidiani su e giù per le colline montefanesi, fino a Cingoli e oltre. «Ancora oggi, a cento anni – , dice il figlio Pietro, – mio padre percorre a piedi almeno 5 chilometri al giorno. Io, solo al pensiero, mi sento stanco».
Davanti alla torta, tra i regali dei nipoti c’è un quadro con la riproduzione della prima pagina del Corriere della Sera del 10 gennaio 1920, il giorno della sua nascita, poche settimane dopo le elezioni del 16 novembre 1919. Articolo di fondo: ‘Il suffragio proporzionale e le elezioni amministrative’. Suffragio solo maschile. Ultima colonna: ‘La caccia al socialismo’. Negli anni successivi, dopo il ‘biennio rosso’ in Italia sarebbe iniziato il fascismo. A cento anni da quel giorno, Aurelio spegne le candeline e la sua vita è un pezzo della nostra Storia.
TANTISSIMI AUGURI !
Complimenti!
Tantissimi auguri,
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