L’urghinittu

LA DOMENICA con Mario Monachesi
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Mario-Monachesi

Mario Monachesi

 

di Mario Monachesi

In campagna, a conclusione di lavori, tipo “lo scartoccià'” (mietitura e trebbiatura no, perche troppa era la stanchezza), sull’ara (aia) si aprivano le immancabili danze accompagnate dal suono “dell’urghinittu”. Il ballo principale era il saltarello, considerato un vero e proprio corteggiamento in quanto, dopo una giornata di lavoro e magari di sguardi (malandrini), i giovani e le giovani avevano finalmente l’occasione di concretizzare la conoscenza. Complice certo, la notte, la luna, qualche dolce offerto dalla famiglia ospitante e l’immancabile vino. Non si andava però oltre la mezzanotte, il giorno dopo nuovi lavori attendevano.

organetto-5-325x217Altre occasioni di ballo seguendo la musica dell’organetto erano le feste di paese e i pranzi di nozze. In ogni occasione l’organetto risuonava armonioso spargendo allegria e sano divertimento.
Oltre al saltarello, gli altri balli erano “la gajarda”, “la spagnoletta”, “la manfrina”, “la castellana”, “la pajaccetta” e “la gajinella”. In tempi meno remoti, anche il valzer.

“E le donne de Ortezzà’
adè ‘rrabbiate per ballà’
quanno sente l’urghinittu
vutta per tera lu fazzulittu”.

Paolo-Soprani

Paolo Soprani

L’organetto, definito il padre della fisarmonica, in quanto è nato prima, è uno strumento a mantice (apparecchio atto a produrre un soffio d’aria), appartenente quindi alla famiglia degli aerofoni e grazie ad una tastiera a bottoni, suona contemporaneamente melodia e accompagnamento. Detto anche fisarmonica diatonica, nasce in Austria nel 1829 ad opera di Cyrill Demian, costruttore di organi e pianoforti a Vienna. Il funzionamento dell’Accordion, come venne chiamato, prendeva spunto dall’armonica a bocca, inventata nel 1821 dal tedesco Buschmann. Tra il 1830 ed il 1840 si diffonde nel nord Europa (Francia, Germania, Svizzera) e successivamente in Russia, Cecoslovacchia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Italia. La pagina tre del manoscritto “Metodo per l’Armonica a Mantice” di don Giuseppe Greggiati così recita: “Circa l’anno 1833 fu portato da Vienna in Lombardia un nuovo strumento da fiato a mantice, chiamato…dai francesi Accordeon (Diatonique) e da noi italiani Armonica…”.

organetto-6In quegli anni all’organetto vengono apportate continue modifiche, molte di queste innovazioni tecniche, oltre a Demian, sono da attribuire a costruttori francesi, tedeschi e italiani. In Italia, la prima fabbrica di “Accordion”, viene fondata nel 1863, a Castelfidardo, da Paolo Soprani. A questo proposito si narra che una sera dell’estate 1863, un pellegrino straniero, tornando dal Santuario di Loreto, si ferma presso un casolare dì Castelfidardo, a chiedere ospitalità per la notte. Oltre alla bisaccia, il pellegrino portava a tracollo uno strano oggetto musicale ed il figlio del contadino ne rimane immediatamente colpito, sia dalla forma insolita che dal suono ammaliante. Non si sa bene come ma Paolo, figlio di Antonio Soprani, il contadino del casolare, riesce ad “appropriarsene”, magari ricevendolo in dono o disegnandolo durante la notte, pezzo per pezzo, fattostà che Paolo Soprani di li a breve, sarà il primo italiano ad avviare un laboratorio per la costruzione “de urghinitti”. In breve, Castelfidardo ne diverrà il centro propulsivo e produttivo più importante d’Italia, nel ‘900 occuperà un ruolo di rilievo internazionale. Tra il 1870 ed il ‘900, le fabbriche di organetto sono localizzate tra le Marche (Castelfidardo, dove oggi ha sede il bellissimo museo della fisarmonica), la Lombardia (Stradella), il Piemonte (Vercelli) e l’Abruzzo. Inquest’ultima regione lo strumento viene chiamato “du’ bbotte”.

organetto-2-256x400Nel 1924 si contavano 93 fabbriche italiane su un totale di 232 in Europa. Oggi il numero dei costruttori italiani si è ridotto ad una trentina, di cui solo una decina continua a produrre organetti, tra questi Castelfidardo e Recanati.
Dove c’era un organetto, di solito, oltre a chi ballava, c’era chi cantava o intonava stornelli o recitava poesie a braccio, esibendo tutto quello spirito di allegria che permeava quell’irripetibile tempo:
“Fiore di pepe / co’ l’acqua de le rose vi lavate / più vi lavate e più bellina siete, / ogni cosa che toccate profumate / veramente fortunato è chi scegliete”.

“Sia benedetta l’erba fra li sassi / è tutta verità quel che ti dissi / co’ l’atre fai l’amore, co’ me te spassi”.

“Giovanottina in quel petto bianco / ce li portate due pomi d’argento; / chj se li goderà morirà contento / se me li godo io divento santo”.

“Fiore de cardu / non so se sci sinceru o sci vardasciu / ma certo è che vali poco più d’un sordu”.

“Lo benedico lo fiore de rosa / io giro intorno alla vostra casa / chj gira trova sempre quarghe cosa”.
Un tempo “co’ l’urghinittu” si accompagnavano anche i canti della Pasquella (5 / 6 gennaio), Sant’Antonio (16 / 17 gennaio), la Passione di San Giuseppe (17 marzo), “Caccià’Mmarzu” (ultimi giorni di marzo, annunciava la Primavera), “Cantamagghju” (30 aprile),
La passione delle Anime Sante (novembre), ecc, ecc.
Una serata sull’aia, una festa, una serenata, un compleanno un tempo, era sempre l’organetto a rallegrare e scandire i giorni di quella faticosa ma rispettata ed onorata vita rurale e a volte non solo. A Macerata, un buon suonatore “de urghinittu” era “Cirivacco de la Pasquella”, stracciarolo, al secolo Costantino Cippitelli “de le fosse” (borgo San Giuliano).



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