di Federica Nardi
Mohamed Tarakji, imam di Macerata, commenta a caldo i fatti di Parigi, dove hanno perso la vita più di cento persone in seguito all’attacco terroristico che ha messo a ferro e fuoco la città, portando alla dichiarazione dello stato d’emergenza in tutto il territorio francese. «Esprimo lo sdegno e lo sgomento di tutta la comunità islamica di Macerata. È una cosa vergognosa, non è un fatto religioso – ha detto Tarakji, da sempre impegnato nel favorire il dialogo tra fedi diverse e che proprio giovedì pomeriggio aveva incontrato la cittadinanza per rispondere alle molte domande sulla fede islamica (leggi l’articolo) -. Non ci sono parole per descrivere questo atto criminale. Siamo vicini ai parenti delle vittime, con tutto il cuore, erano persone innocenti. Non posso immaginare di essere a un concerto, a prendere un caffè, e all’improvviso questi criminali entrano e cominciano a sparare. Non ci sono parole, qualsiasi cosa si possa dire sarebbe sempre troppo poco. Ciò che è accaduto non c’entra niente con la religione, con l’Islam. Stasera parlerò con i miei fratelli perché il nostro messaggio deve essere chiaro».
***
Il Gus Macerata e Giovanni Lattanzi, presidente del Cocis (Coordinamento delle organizzazioni non governative per la cooperazione internazionale allo sviluppo), intervengono sui fatti di Parigi: «Gli attacchi suicidi di Beirut del 12 novembre, che hanno provocato più di 40 morti e oltre 200 feriti, e l’agghiacciante sequenza di assalti che sconvolge Parigi in queste ore, lasciandosi dietro una scia di morti e feriti ancora da contare, sono stati rivendicati dalla stessa matrice che da diverso tempo ha dichiarato guerra al rispetto dei diritti di tutti, alla pace, alla pluralità di pensiero, a chiunque non ne sia affiliato, mussulmano, cristiano, ateo o a qualunque altra religione o credo appartenga. Noi condanniamo con forza questa escalation.» – afferma Lattanzi -. Siamo convinti che il ruolo della comunità internazionale debba essere più centrale e incisivo e che l’Europa tutta debba essere sempre più protagonista. Le nostre Ong continueranno il lavoro e l’impegno nei territori che ogni giorno sono terreno di conflitti, con obbiettivi comuni: la ricerca della stabilità del tessuto sociale e la ricerca della pace, che è per noi ancora l’obiettivo possibile e il traguardo a cui tendere ogni sforzo. Crediamo che non si debba cedere ai ricatti dei terroristi e nello stesso tempo non dobbiamo farci sovrastare dalla paura. Adesso non è il momento di costruire altri muri per bloccare il flusso migratorio per paura di infiltrazioni fondamentaliste. I milioni di rifugiati che raggiungono l’Europa stanno fuggendo da guerre e violenza che condanniamo tutti i giorni, per uscire dalle quali da anni chiediamo che la comunità internazionale intervenga con una strategia di pace. Oggi più che mai è il momento di sentirci tutti, dal nord al sud del Mondo, fratelli accomunati da una lotta per difendere i diritti al rispetto del valore della vita, della dignità umana e alla pluralità di pensiero. Proprio nei momenti più bui, l’umanità è capace degli slanci più nobili. #PorteOuverte è l’hashtag con il quale gli abitanti di Parigi hanno offerto la loro ospitalità a chiunque fosse in fuga dalla follia terrorista che si riversava per le strade della città – conclude Lattanzi -. Questo spirito deve guidare anche l’accoglienza che mettiamo in pratica ogni giorno nei confronti delle persone in fuga da quella stessa follia omicida, che distrugge le loro case, uccide i loro cari e avvelena le loro vite».
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C’è un Imam anche a Macerata?
peccato che uno dei criminali era entrato in Europa sbarcando a Lesbo in Ottobre e accolto come rifugiato. Chiudiamo.
la religione non c’entra e qui siamo perfettamente d’accordo, ma se fosse vero che uno degli attentatori è arrivato camuffato da rifugiato siriano passante per la Grecia?
“La religione non c’entra” e invece almeno una sua parte disumana e distorta c’entra eccome!
È un bravo medico omeopata
Cmq i musulmani sono l’ arma e gli americani la mano che la impugna
non siamo perfettamente d’accordo.
I musulmani sono incoraggiati ad occuparsi totalmente nel combattimento per la gloria di Allah [Sura 22:73]
Allah darà “una più grande ricompensa a coloro che combatteranno per lui” [Sura 4:96]
Circa gli infedeli (coloro che non si sottomettono all’Islam), costoro sono “gli inveterati nemici” dei musulmani [Sura 4:101]. I musulmani devono “arrestarli, assediarli e preparare imboscate in ogni dove” [Sura 9:95]. I musulmani devono anche “ circondarli e metterli a morte ovunque li troviate, uccideteli ogni dove li troviate, cercate i nemici dell’Islam senza sosta” [Sura 4:90]. “Combatteteli finché l’Islam non regni sovrano” [Sura 2:193]. “tagliate loro le mani e la punta delle loro dita” [Sura 8:12]
Se un musulmano non si unisce alla guerra, Allah lo ucciderà [Sura 9:93]. Al fedele deve essere detto “ il calore della guerra è violento, ma più violento è il calore del fuoco dell’inferno” [Sura 9:81]
Un musulmano deve “combattere per la causa di Allah con la devozione a Lui dovuta” [Sura 22:78]
I musulmani devono far guerra agli infedeli che vivono intorno a loro [Sura 9:123]
I musulmani devono essere “brutali con gli infedeli” [Sura 48:29]
Un musulmano deve “gioire delle cose buone” che ha guadagnato con il combattimento [Sura 8:69]
Un musulmano può uccidere ogni persona che desidera se è per “giusta causa” [Sura 6:152]
Allah ama coloro che “combattono per la Sua causa” [Sura 6:13]. Chiunque combatta contro Allah o rinunci all’Islam per abbracciare un’altra religione deve essere “messo a morte o crocifisso o mani e piedi siano amputati da parti opposte” [Sura 5:34]
Qui c’è da fare altri muri x bloccare gli immigrati punto e basta
Chi semina vento raccoglie tempesta. Chi ci rimette sono sempre gli innocenti. L’Occidente intero si deve interrogare sugli interessi che hanno guidato la politica occidentale nelle guerre scatenate nel Medio Oriente ed in Africa senza nascondere la testa come gli struzzi. L’ipocrisia non paga, ognuno deve assumersi le proprie responsabilità sulle cause della violenza, dei profughi e della povertà.
Se non si va alla radice dei problemi le cose non possono migliorare, anzi possono solo peggiorare. L’opinione pubblica deve conoscere la verità sugli interessi che hanno guidato le lobbies dei poteri economici, degli armamenti e della finanza a cui una politica prona si è prestata, alla base di tutte le guerre e del terrorismo. Penso che siamo solo all’inizio di tragedie ancora più gravi, che ci coinvolgeranno tutti, perché c’è chi soffia sul fuoco.
Un mondo in guerra è conseguenza di un mondo senza l’amore di Cristo.
Già negli anni 80 porto l omeopatia in città. …..
Voi che non vi associate a questi terroristi cosa proponete per arginare tali violenze intollerabili, in cui potrebbe essere minacciata anche la vostra vita? A vostro avviso cosa dovrebbero fare gli stati per tutelare la vita dei molti cittadini onesti che non hanno a che fare con questi figli della morte? La gente normale , rispettosa delle regole e delle leggi non sopporta più tali violenze a casa propria, in quanto per costoro la normalità ha purtroppo un altro significato.
Bravo
Noi Occidentali abbiamo portato le armi e la guerra in Medio Oriente e in Africa (Iraq, Libia, Afghanistan, Siria….) per accaparrarci le loro risorse e controllarli. Ora giustamente loro fuggono dai loro paesi natali devastati dalle guerre….e noi adesso dovremmo chiudere le frontiere? Chiuderle perchè tra i profughi si nasconde qualche individuo fuori di testa finanziato dal mondo occidentale?!
Un piccolo esempio: è come se un italiano vuole andare via dall’Italia perchè ormai è un paese alla rovina e gli chiudono le frontiere dicendogli ”gli italiani sono mafiosi”. NON HA SENSO.
Tutti gli stati che fino ad ora hanno accolto milioni di islamici, hanno bisogno di fare una verifica e una selezione, appurando chi è disposto ad accettare le leggi dello stato ospitante e chi al contrario vorrebbe imporre la sua cultura facendoci ritornare all’età della clava. Chi fonda la sua fede e la sua ideologia sulla barbarie, sulla morte e sul terrore non merita di vivere in una società democratica e civile.
Basta basta restate a casa vostra!!!
per carità non fermate il flusso migratorio dei clandestini,altrimenti il magna magna del gus finisce…
Pavoni, che dire..
grande Oriana,purtroppo non ti ha ascoltata nessuno,soprattutto i tuoi ex compagni e adesso è troppo tardi
i musulmani moderati per essere credibili dovrebbero riformare il Corano o dissociarsi solennemente da quelle parti di esso che sono tutto il contrario del Cristianesimo, perché secondo il testo tradizionale loro sono peccatori per ignavia e accidia e i terroristi sono santi martiri.
Il blocco dei flussi migratori avrebbe come conseguenza il blocco dei flussi finanziari e questo per le cooperative sarebbe una morte certa.
E’ arrivato il momento di accogliere gli italiani in difficoltà, pertanto si diano i soldi ai Comuni togliendoli alle cooperative.
Mai ci sarà pace tra il Corano e il Vangelo. Mai tra la civiltà occidentale e quella musulmana. Chi dice il contrario o è un ignorante, o un traditore.
@ Giuliano Principi
Ma cosa le passa per la mente???
Queste organizzazioni caritatevoli -quasi- schifano il vil denaro!!!
@ Rapanelli
Sbagli, Giorgio. Mai ci sarà confusione, tra Vangelo e Corano. Ma aggiungo “grazie a Dio”. Perché, per poter guardarsi negli occhi e individuare i punti in comune rispettandosi, è indispensabile evitare la melassa buonista che va tanto di moda da noi e invece recuperare fino in fondo la nostra identità (chi ce l’ha, ovviamente: chi se l’è persa per strada, amen). Non è il sincretismo, la cura di questo male.
In tal senso, posso dire della bella frequentazione che ho avuto l’opportunità di imbastire a un convegno, a cui eravamo entrambi ospiti, con l’Imam d’Italia: né io sono diventato musulmano né lui è diventato cattolico. Ma è fuoviante pensare che un cattolico e un musulmano non abbiano argomenti comuni. Noi ne abbiamo trovati tanti, ed è stato bello non dover rinunciare alla nostra identità per trovarci d’accordo.
Il terrorismo è un altro discorso. Purtroppo. Ma anche per fortuna.
Pavoni, pensavo di essere un pigrone, poi ho letto questo articolo sull’accidia e pare che è colpa mia se va tutto male. http://www.serenusbloom.it/sb/?p=9855
altrimenti se gli attentati continueranno in questo modo si rischieranno in vari paesi che accada quello che successe negli states durante la seconda guerra mondiale con i cittadini usa di origine giapponese messi in sicurezza in campi di concentramento per evitare atti terroristici sul terrritorio americano da parte di possibili fiancheggiatori del Sol Levante.Daltrocanto la Polonia ha gia’ comunicato di voler dire basta dopo gli attentati di Parigi all accoglienza dei migranti.
Sicuramente l’omeopatia fa nel mondo più vittime del terrorismo.
Giovanni Lattanzi, presidente del COCIS, di Marchex e del GUS, fa un’analisi lucida ma di parte. Sarebbe quanto mai opportuno confrontarla con quella di un esperto di politica internazionale.
Studiate attentamente il Corano e confrontatelo col Vangelo e con i diritti dell’uomo che abbiamo conquistato. Poi ne riparliamo.
Esistono degli Imam che tirano il Corano dalla parte che più aggrada loro, così come fanno alcuni preti col Vangelo.
La violenza dell’Isis viene giustificata dal Corano. E’ pure un sintomo che in Medio Oriente le cose per l’Isis stiano andando male.
Sondaggio choc su Al Jazeera. L’80 per cento degli arabi è per l’Isis.
“Io non vado a rizzare tende alla Mecca. Io non vado a cantar Paternostri e Avemarie dinanzi alla tomba di Maometto. Io non vado a fare pipì sui marmi delle loro moschee, non vado a fare la cacca ai piedi dei loro minareti. Quando mi trovo nei loro paesi (cosa dalla quale non traggo mai diletto) non dimentico mai d’ essere un’ ospite e una straniera. Sto attenta a non offenderli con abiti o gesti o comportamenti che per noi sono normali e per loro inammissibili. Li tratto con doveroso rispetto, doverosa cortesia, mi scuso se per sbadatezza o ignoranza infrango qualche loro regola o superstizione. (…) noi italiani non siamo nelle condizioni degli americani: mosaico di gruppi etnici e religiosi, guazzabuglio di mille culture, nel medesimo tempo aperti ad ogni invasione e capaci di respingerla. Sto dicendoti che, proprio perché è definita da molti secoli e molto precisa, la nostra identità culturale non può sopportare un’ ondata migratoria composta da persone che in un modo o nell’ altro vogliono cambiare il nostro sistema di vita. I nostri valori. Sto dicendoti che da noi non c’ è posto per i muezzin, per i minareti, per i falsi astemi, per il loro fottuto Medioevo, per il loro fottuto chador. E se ci fosse, non glielo darei. Perché equivarrebbe a buttar via Dante Alighieri, Leonardo da Vinci, Michelangelo, Raffaello, il Rinascimento, il Risorgimento, la libertà che ci siamo bene o male conquistati, la nostra Patria. Significherebbe regalargli l’ Italia. E io l’ Italia non gliela regalo.”
da “La rabbia e l’orgoglio” di Oriana Fallaci
” a settembre dell’anno scorso non c’era il califfato, l’Isis era un movimentino tra i tanti che c’erano nel Nord della Siria; ora c’è uno Stato, un esercito e una comunicazione islamica. Sì, perché questa è gente che manovra la tecnologia dell’informazione meglio di noi o degli americani. I video che hanno fatto di queste terribili esecuzioni sono girati secondo una scenografia e una regia molto sofisticate. Altro che gente che vive nel Medio Evo! Bisogna stare attenti, non c’è la percezione di questo: se leggi i giornali, trovi le crocefissioni e poi l’intervista all’imam italiano che dice che i jihadisti sono dei sanguinari. Ma quello che è fuori dal mondo è l’imam italiano che, se andasse non a Mosul, ma anche in qualche quartiere del Cairo o di Tunisi, dopo due minuti sarebbe linciato. Questa è la verità.”
A proposito di GUS, in http://gusitalia.it/5×1000/ c’è anche una richiesta di destinazione del 5 permille al “GUF Italia” (anziché GUS Italia)!
Tiziano Terzani scrive ad Oriana Fallaci
Oriana, dalla finestra di una casa poco lontana da quella in cui anche tu sei nata, guardo le lame austere ed eleganti dei cipressi contro il cielo e ti penso a guardare, dalle tue finestre a New York, il panorama dei grattacieli da cui ora mancano le Torri Gemelle. Mi torna in mente un pomeriggio di tanti, tantissimi anni fa quando assieme facemmo una lunga passeggiata per le stradine di questi nostri colli argentati dagli ulivi. Io mi affacciavo, piccolo, alla professione nella quale tu eri gia’ grande e tu proponesti di scambiarci delle “Lettere da due mondi diversi”: io dalla Cina dell’immediato dopo-Mao in cui andavo a vivere, tu dall’America. Per colpa mia non lo facemmo. Ma e’ in nome di quella tua generosa offerta di allora, e non certo per coinvolgerti ora in una corrispondenza che tutti e due vogliamo evitare, che mi permetto di scriverti. Davvero mai come ora, pur vivendo sullo stesso pianeta, ho l’impressione di stare in un mondo assolutamente diverso dal tuo.
Ti scrivo anche – e pubblicamente per questo – per non far sentire troppo soli quei lettori che forse, come me, sono rimasti sbigottiti dalle tue invettive, quasi come dal crollo delle due Torri. La’ morivano migliaia di persone e con loro il nostro senso di sicurezza; nelle tue parole sembra morire il meglio della testa umana – la ragione; il meglio del cuore – la compassione.
Il tuo sfogo mi ha colpito, ferito e mi ha fatto pensare a Karl Kraus. “Chi ha qualcosa da dire si faccia avanti e taccia”, scrisse, disperato dal fatto che, dinanzi all’indicibile orrore della Prima Guerra Mondiale, alla gente non si fosse paralizzata la lingua. Al contrario, gli si era sciolta, creando tutto attorno un assurdo e confondente chiacchierio. Tacere per Kraus significava riprendere fiato, cercare le parole giuste, riflettere prima di esprimersi. Lui uso’ di quel consapevole silenzio per scrivere Gli ultimi giorni dell’umanita’, un’opera che sembra essere ancora di un’inquietante attualita’.
Pensare quel che pensi e scriverlo e’ un tuo diritto. Il problema e’ pero’ che, grazie alla tua notorieta’, la tua brillante lezione di intolleranza arriva ora anche nelle scuole, influenza tanti giovani e questo mi inquieta.
Il nostro di ora e’ un momento di straordinaria importanza. L’orrore indicibile e’ appena cominciato, ma e’ ancora possibile fermarlo facendo di questo momento una grande occasione di ripensamento. E un momento anche di enorme responsabilita’ perche’ certe concitate parole, pronunciate dalle lingue sciolte, servono solo a risvegliare i nostri istinti piu’ bassi, ad aizzare la bestia dell’odio che dorme in ognuno di noi ed a provocare quella cecita’ delle passioni che rende pensabile ogni misfatto e permette, a noi come ai nostri nemici, il suicidarsi e l’uccidere. “Conquistare le passioni mi pare di gran lunga piu’ difficile che conquistare il mondo con la forza delle armi. Ho ancora un difficile cammino dinanzi a me”, scriveva nel 1925 quella bell’anima di Gandhi. Ed aggiungeva: “Finche’ l’uomo non si mettera’ di sua volonta’ all’ultimo posto fra le altre creature sulla terra, non ci sara’ per lui alcuna salvezza”.
E tu, Oriana, mettendoti al primo posto di questa crociata contro tutti quelli che non sono come te o che ti sono antipatici, credi davvero di offrirci salvezza? La salvezza non e’ nella tua rabbia accalorata, ne’ nella calcolata campagna militare chiamata, tanto per rendercela piu’ accettabile, “Liberta’ duratura”.
O tu pensi davvero che la violenza sia il miglior modo per sconfiggere la violenza? Da che mondo e’ mondo non c’e’ stata ancora la guerra che ha messo fine a tutte le guerre. Non lo sara’ nemmeno questa.
Quel che ci sta succedendo e’ nuovo. Il mondo ci sta cambiando attorno. Cambiamo allora il nostro modo di pensare, il nostro modo di stare al mondo. E una grande occasione. Non perdiamola: rimettiamo in discussione tutto, immaginiamoci un futuro diverso da quello che ci illudevamo d’aver davanti prima dell’11 settembre e soprattutto non arrendiamoci alla inevitabilita’ di nulla, tanto meno all’inevitabilita’ della guerra come strumento di giustizia o semplicemente di vendetta.
Le guerre sono tutte terribili. Il moderno affinarsi delle tecniche di distruzione e di morte le rendono sempre piu’ tali. Pensiamoci bene: se noi siamo disposti a combattere la guerra attuale con ogni arma a nostra disposizione, compresa quella atomica, come propone il Segretario alla Difesa americano, allora dobbiamo aspettarci che anche i nostri nemici, chiunque essi siano, saranno ancor piu’ determinati di prima a fare lo stesso, ad agire senza regole, senza il rispetto di nessun principio. Se alla violenza del loro attacco alle Torri Gemelle noi risponderemo con una ancor piu’ terribile violenza – ora in Afghanistan, poi in Iraq, poi chi sa dove -, alla nostra ne seguira’ necessariamente una loro ancora piu’ orribile e poi un’altra nostra e cosi’ via.
Perche’ non fermarsi prima? Abbiamo perso la misura di chi siamo, il senso di quanto fragile ed interconnesso sia il mondo in cui viviamo, e ci illudiamo di poter usare una dose, magari “intelligente”, di violenza per mettere fine alla terribile violenza altrui.
Cambiamo illusione e, tanto per cominciare, chiediamo a chi fra di noi dispone di armi nucleari, armi chimiche e armi batteriologiche – Stati Uniti in testa – d’impegnarsi solennemente con tutta l’umanita’ a non usarle mai per primo, invece di ricordarcene minacciosamente la disponibilita’. Sarebbe un primo passo in una nuova direzione. Non solo questo darebbe a chi lo fa un vantaggio morale – di per se’ un’arma importante per il futuro -, ma potrebbe anche disinnescare l’orrore indicibile ora attivato dalla reazione a catena della vendetta. In questi giorni ho ripreso in mano un bellissimo libro (peccato che non sia ancora in italiano) di un vecchio amico, uscito due anni fa in Germania. Il libro si intitola Die Kunst, nicht regiert zu werden: ethische Politik von Sokrates bis Mozart (L’arte di non essere governati: l’etica politica da Socrate a Mozart). L’autore e’ Ekkehart Krippendorff, che ha insegnato per anni a Bologna prima di tornare all’Universita’ di Berlino. La affascinante tesi di Krippendorff e’ che la politica, nella sua espressione piu’ nobile, nasce dal superamento della vendetta e che la cultura occidentale ha le sue radici piu’ profonde in alcuni miti, come quello di Caino e quello delle Erinni, intesi da sempre a ricordare all’uomo la necessita’ di rompere il circolo vizioso della vendetta per dare origine alla civilta’.
Caino uccide il fratello, ma Dio impedisce agli uomini di vendicare Abele e, dopo aver marchiato Caino – un marchio che e’ anche una protezione -, lo condanna all’esilio dove quello fonda la prima citta’. La vendetta non e’ degli uomini, spetta a Dio.
Secondo Krippendorff il teatro, da Eschilo a Shakespeare, ha avuto una funzione determinante nella formazione dell’uomo occidentale perche’ col suo mettere sulla scena tutti i protagonisti di un conflitto, ognuno col suo punto di vista, i suoi ripensamenti e le sue possibili scelte di azione, il teatro e’ servito a far riflettere sul senso delle passioni e sulla inutilita’ della violenza che non raggiunge mai il suo fine.
Purtroppo, oggi, sul palcoscenico del mondo noi occidentali siamo insieme i soli protagonisti ed i soli spettatori, e cosi’, attraverso le nostre televisioni ed i nostri giornali, non ascoltiamo che le nostre ragioni, non proviamo che il nostro dolore.
A te, Oriana, i kamikaze non interessano. A me tanto invece. Ho passato giorni in Sri Lanka con alcuni giovani delle “Tigri Tamil”, votati al suicidio. Mi interessano i giovani palestinesi di “Hamas” che si fanno saltare in aria nelle pizzerie israeliane. Un po’ di pieta’ sarebbe forse venuta anche a te se in Giappone, sull’isola di Kyushu, tu avessi visitato Chiran, il centro dove i primi kamikaze vennero addestrati e tu avessi letto le parole, a volte poetiche e tristissime, scritte segretamente prima di andare, riluttanti, a morire per la bandiera e per l’Imperatore. I kamikaze mi interessano perche’ vorrei capire che cosa li rende cosi’ disposti a quell’innaturale atto che e’ il suicidio e che cosa potrebbe fermarli.
Quelli di noi a cui i figli – fortunatamente – sono nati, si preoccupano oggi moltissimo di vederli bruciare nella fiammata di questo nuovo, dilagante tipo di violenza di cui l’ecatombe nelle Torri Gemelle potrebbe essere solo un episodio.
Non si tratta di giustificare, di condonare, ma di capire. Capire, perche’ io sono convinto che il problema del terrorismo non si risolvera’ uccidendo i terroristi, ma eliminando le ragioni che li rendono tali.
Niente nella storia umana e’ semplice da spiegare e fra un fatto ed un altro c’e’ raramente una correlazione diretta e precisa. Ogni evento, anche della nostra vita, e’ il risultato di migliaia di cause che producono, assieme a quell’evento, altre migliaia di effetti, che a loro volta sono le cause di altre migliaia di effetti. L’attacco alle Torri Gemelle e’ uno di questi eventi: il risultato di tanti e complessi fatti antecedenti. Certo non e’ l’atto di “una guerra di religione” degli estremisti musulmani per la conquista delle nostre anime, una Crociata alla rovescia, come la chiami tu, Oriana. Non e’ neppure “un attacco alla liberta’ ed alla democrazia occidentale”, come vorrebbe la semplicistica formula ora usata dai politici. Un vecchio accademico dell’Universita’ di Berkeley, un uomo certo non sospetto di anti-americanismo o di simpatie sinistrorse da’ di questa storia una interpretazione completamente diversa. “Gli assassini suicidi dell’11 settembre non hanno attaccato l’America: hanno attaccato la politica estera americana”, scrive Chalmers Johnson nel numero di The Nation del 15 ottobre. Per lui, autore di vari libri – l’ultimo, Blowback, contraccolpo, uscito l’anno scorso (in Italia edito da Garzanti, ndr) ha del profetico – si tratterebbe appunto di un ennesimo “contraccolpo” al fatto che, nonostante la fine della Guerra Fredda e lo sfasciarsi dell’Unione Sovietica, gli Stati Uniti hanno mantenuto intatta la loro rete imperiale di circa 800 installazioni militari nel mondo Con una analisi che al tempo della Guerra Fredda sarebbe parsa il prodotto della disinformazione del Kgb, Chalmers Johnson fa l’elenco di tutti gli imbrogli, complotti, colpi di Stato, delle persecuzioni, degli assassinii e degli interventi a favore di regimi dittatoriali e corrotti nei quali gli Stati Uniti sono stati apertamente o clandestinamente coinvolti in America Latina, in Africa, in Asia e nel Medio Oriente dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ad oggi.
Il “contraccolpo” dell’attacco alle Torri Gemelle ed al Pentagono avrebbe a che fare con tutta una serie di fatti di questo tipo: fatti che vanno dal colpo di Stato ispirato dalla Cia contro Mossadeq nel 1953, seguito dall’installazione dello Shah in Iran, alla Guerra del Golfo, con la conseguente permanenza delle truppe americane nella penisola araba, in particolare l’Arabia Saudita dove sono i luoghi sacri dell’Islam. Secondo Johnson sarebbe stata questa politica americana “a convincere tanta brava gente in tutto il mondo islamico che gli Stati Uniti sono un implacabile nemico”.
Cosi’ si spiegherebbe il virulento anti-americanismo diffuso nel mondo musulmano e che oggi tanto sorprende gli Stati Uniti ed i loro alleati.
Esatta o meno che sia l’analisi di Chalmers Johnson, e’ evidente che al fondo di tutti i problemi odierni degli americani e nostri nel Medio Oriente c’e’, a parte la questione israeliano-palestinese, la ossessiva preoccupazione occidentale di far restare nelle mani di regimi “amici”, qualunque essi fossero, le riserve petrolifere della regione. Questa e’ stata la trappola.
L’occasione per uscirne e’ ora.
Perche’ non rivediamo la nostra dipendenza economica dal petrolio? Perche’ non studiamo davvero, come avremmo potuto gia’ fare da una ventina d’anni, tutte le possibili fonti alternative di energia?
Ci eviteremmo cosi’ d’essere coinvolti nel Golfo con regimi non meno repressivi ed odiosi dei talebani; ci eviteremmo i sempre piu’ disastrosi “contraccolpi” che ci verranno sferrati dagli oppositori a quei regimi, e potremmo comunque contribuire a mantenere un migliore equilibrio ecologico sul pianeta.
Magari salviamo cosi’ anche l’Alaska che proprio un paio di mesi fa e’ stata aperta ai trivellatori, guarda caso dal presidente Bush, le cui radici politiche – tutti lo sanno – sono fra i petrolieri.
A proposito del petrolio, Oriana, sono certo che anche tu avrai notato come, con tutto quel che si sta scrivendo e dicendo sull’Afghanistan, pochissimi fanno notare che il grande interesse per questo paese e’ legato al fatto d’essere il passaggio obbligato di qualsiasi conduttura intesa a portare le immense risorse di metano e petrolio dell’Asia Centrale (vale a dire di quelle repubbliche ex-sovietiche ora tutte, improvvisamente, alleate con gli Stati Uniti) verso il Pakistan, l’India e da li’ nei paesi del Sud Est Asiatico. Il tutto senza dover passare dall’Iran. Nessuno in questi giorni ha ricordato che, ancora nel 1997, due delegazioni degli “orribili” talebani sono state ricevute a Washington (anche al Dipartimento di Stato) per trattare di questa faccenda e che una grande azienda petrolifera americana, la Unocal, con la consulenza niente di meno che di Henry Kissinger, si e’ impegnata col Turkmenistan a costruire quell’oleodotto attraverso l’Afghanistan.
E dunque possibile che, dietro i discorsi sulla necessita’ di proteggere la liberta’ e la democrazia, l’imminente attacco contro l’Afghanistan nasconda anche altre considerazioni meno altisonanti, ma non meno determinanti. E per questo che nell’America stessa alcuni intellettuali cominciano a preoccuparsi che la combinazione fra gli interessi dell’industria petrolifera con quelli dell’industria bellica – combinazione ora prominentemente rappresentata nella compagine al potere a Washington – finisca per determinare in un unico senso le future scelte politiche americane nel mondo e per limitare all’interno del paese, in ragione dell’emergenza anti-terrorismo, i margini di quelle straordinarie liberta’ che rendono l’America cosi’ particolare.
Il fatto che un giornalista televisivo americano sia stato redarguito dal pulpito della Casa Bianca per essersi chiesto se l’aggettivo “codardi”, usato da Bush, fosse appropriato per i terroristi-suicidi, cosi’ come la censura di certi programmi e l’allontanamento da alcuni giornali, di collaboratori giudicati non ortodossi, hanno aumentato queste preoccupazioni. L’aver diviso il mondo in maniera – mi pare – “talebana”, fra “quelli che stanno con noi e quelli contro di noi”, crea ovviamente i presupposti per quel clima da caccia alle streghe di cui l’America ha gia’ sofferto negli anni Cinquanta col maccartismo, quando tanti intellettuali, funzionari di Stato ed accademici, ingiustamente accusati di essere comunisti o loro simpatizzanti, vennero perseguitati, processati e in moltissimi casi lasciati senza lavoro.
Il tuo attacco, Oriana – anche a colpi di sputo – alle “cicale” ed agli intellettuali “del dubbio” va in quello stesso senso. Dubitare e’ una funzione essenziale del pensiero; il dubbio e’ il fondo della nostra cultura. Voler togliere il dubbio dalle nostre teste e’ come volere togliere l’aria ai nostri polmoni. Io non pretendo affatto d’aver risposte chiare e precise ai problemi del mondo (per questo non faccio il politico), ma penso sia utile che mi si lasci dubitare delle risposte altrui e mi si lasci porre delle oneste domande.
In questi tempi di guerra non deve essere un crimine parlare di pace. Purtroppo anche qui da noi, specie nel mondo “ufficiale” della politica e dell’establishment mediatico, c’e’ stata una disperante corsa alla ortodossia. E come se l’America ci mettesse gia’ paura. Capita cosi’ di sentir dire in televisione a un post-comunista in odore di una qualche carica nel suo partito, che il soldato Ryan e’ un importante simbolo di quell’America che per due volte ci ha salvato. Ma non c’era anche lui nelle marce contro la guerra americana in Vietnam?
Per i politici – me ne rendo conto – e’ un momento difficilissimo. Li capisco e capisco ancor piu’ l’angoscia di qualcuno che, avendo preso la via del potere come una scorciatoia per risolvere un piccolo conflitto di interessi terreni si ritrova ora alle prese con un enorme conflitto di interessi divini, una guerra di civilta’ combattuta in nome di Iddio e di Allah. No. Non li invidio, i politici.
Siamo fortunati noi, Oriana. Abbiamo poco da decidere e non trovandoci in mezzo ai flutti del fiume, abbiamo il privilegio di poter stare sulla riva a guardare la corrente.
Ma questo ci impone anche grandi responsabilita’ come quella, non facile, di andare dietro alla verita’ e di dedicarci soprattutto “a creare campi di comprensione, invece che campi di battaglia”, come ha scritto Edward Said, professore di origine palestinese ora alla Columbia University, in un saggio sul ruolo degli intellettuali uscito proprio una settimana prima degli attentati in America.
Il nostro mestiere consiste anche nel semplificare quel che e’ complicato. Ma non si puo’ esagerare, Oriana, presentando Arafat come la quintessenza della doppiezza e del terrorismo ed indicando le comunita’ di immigrati musulmani da noi come incubatrici di terroristi.
Le tue argomentazioni verranno ora usate nelle scuole contro quelle buoniste, da libro Cuore, ma tu credi che gli italiani di domani, educati a questo semplicismo intollerante, saranno migliori? Non sarebbe invece meglio che imparassero, a lezione di religione, anche che cosa e’ l’Islam? Che a lezione di letteratura leggessero anche Rumi o il da te disprezzato Omar Kayan? Non sarebbe meglio che ci fossero quelli che studiano l’arabo, oltre ai tanti che gia’ studiano l’inglese e magari il giapponese?
Lo sai che al ministero degli Esteri di questo nostro paese affacciato sul Mediterraneo e sul mondo musulmano, ci sono solo due funzionari che parlano arabo? Uno attualmente e’, come capita da noi, console ad Adelaide in Australia.
Mi frulla in testa una frase di Toynbee: “Le opere di artisti e letterati hanno vita piu’ lunga delle gesta di soldati, di statisti e mercanti. I poeti ed i filosofi vanno piu’ in la’ degli storici. Ma i santi e i profeti valgono di piu’ di tutti gli altri messi assieme”.
Dove sono oggi i santi ed i profeti? Davvero, ce ne vorrebbe almeno uno! Ci rivorrebbe un San Francesco. Anche i suoi erano tempi di crociate, ma il suo interesse era per “gli altri”, per quelli contro i quali combattevano i crociati. Fece di tutto per andarli a trovare. Ci provo’ una prima volta, ma la nave su cui viaggiava naufrago’ e lui si salvo’ a malapena. Ci provo’ una seconda volta, ma si ammalo’ prima di arrivare e torno’ indietro. Finalmente, nel corso della quinta crociata, durante l’assedio di Damietta in Egitto, amareggiato dal comportamento dei crociati (“vide il male ed il peccato”), sconvolto da una spaventosa battaglia di cui aveva visto le vittime, San Francesco attraverso’ le linee del fronte. Venne catturato, incatenato e portato al cospetto del Sultano. Peccato che non c’era ancora la Cnn – era il 1219 – perche’ sarebbe interessantissimo rivedere oggi il filmato di quell’incontro. Certo fu particolarissimo perche’, dopo una chiacchierata che probabilmente ando’ avanti nella notte, al mattino il Sultano lascio’ che San Francesco tornasse, incolume, all’accampamento dei crociati.
Mi diverte pensare che l’uno disse all’altro le sue ragioni, che San Francesco parlo’ di Cristo, che il Sultano lesse passi del Corano e che alla fine si trovarono d’accordo sul messaggio che il poverello di Assisi ripeteva ovunque: “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Mi diverte anche immaginare che, siccome il frate sapeva ridere come predicare, fra i due non ci fu aggressivita’ e che si lasciarono di buon umore sapendo che comunque non potevano fermare la storia.
Ma oggi? Non fermarla puo’ voler dire farla finire. Ti ricordi, Oriana, Padre Balducci che predicava a Firenze quando noi eravamo ragazzi? Riguardo all’orrore dell’olocausto atomico pose una bella domanda: “La sindrome da fine del mondo, l’alternativa fra essere e non essere, hanno fatto diventare l’uomo piu’ umano?”. A guardarsi intorno la risposta mi pare debba essere “No”.
Ma non possiamo rinunciare alla speranza.
“Mi dica, che cosa spinge l’uomo alla guerra?”, chiedeva Albert Einstein nel 1932 in una lettera a Sigmund Freud. “E possibile dirigere l’evoluzione psichica dell’uomo in modo che egli diventi piu’ capace di resistere alla psicosi dell’odio e della distruzione?” Freud si prese due mesi per rispondergli. La sua conclusione fu che c’era da sperare: l’influsso di due fattori – un atteggiamento piu’ civile, ed il giustificato timore degli effetti di una guerra futura – avrebbe dovuto mettere fine alle guerre in un prossimo avvenire.
Giusto in tempo la morte risparmio’ a Freud gli orrori della Seconda Guerra Mondiale.
Non li risparmio’ invece ad Einstein, che divenne pero’ sempre piu’ convinto della necessita’ del pacifismo. Nel 1955, poco prima di morire, dalla sua casetta di Princeton in America dove aveva trovato rifugio, rivolse all’umanita’ un ultimo appello per la sua sopravvivenza:
“Ricordatevi che siete uomini e dimenticatevi tutto il resto”.
Per difendersi, Oriana, non c’e’ bisogno di offendere (penso ai tuoi sputi ed ai tuoi calci). Per proteggersi non c’e’ bisogno d’ammazzare. Ed anche in questo possono esserci delle giuste eccezioni.
M’e’ sempre piaciuta nei Jataka, le storie delle vite precedenti di Buddha, quella in cui persino lui, epitome della non violenza, in una incarnazione anteriore uccide. Viaggia su una barca assieme ad altre 500 persone. Lui, che ha gia’ i poteri della preveggenza, “vede” che uno dei passeggeri, un brigante, sta per ammazzare tutti e derubarli e lui lo previene buttandolo nell’acqua ad affogare per salvare gli altri.
Essere contro la pena di morte non vuol dire essere contro la pena in genere ed in favore della liberta’ di tutti i delinquenti. Ma per punire con giustizia occorre il rispetto di certe regole che sono il frutto dell’incivilimento, occorre il convincimento della ragione, occorrono delle prove. I gerarchi nazisti furono portati dinanzi al Tribunale di Norimberga; quelli giapponesi responsabili di tutte le atrocita’ commesse in Asia, furono portati dinanzi al Tribunale di Tokio prima di essere, gli uni e gli altri, dovutamente impiccati. Le prove contro ognuno di loro erano schiaccianti. Ma quelle contro Osama Bin Laden?
“Noi abbiamo tutte le prove contro Warren Anderson, presidente della Union Carbide. Aspettiamo che ce lo estradiate”, scrive in questi giorni dall’India agli americani, ovviamente a mo’ di provocazione, Arundhati Roy, la scrittrice de Il Dio delle piccole cose: una come te, Oriana, famosa e contestata, amata ed odiata. Come te, sempre pronta a cominciare una rissa, la Roy ha usato della discussione mondiale su Osama Bin Laden per chiedere che venga portato dinanzi ad un tribunale indiano il presidente americano della Union Carbide responsabile dell’esplosione nel 1984 nella fabbrica chimica di Bhopal in India che fece 16.000 morti. Un terrorista anche lui? Dal punto di vista di quei morti forse si’.
L’immagine del terrorista che ora ci viene additata come quella del “nemico” da abbattere e’ il miliardario saudita che, da una tana nelle montagne dell’Afghanistan, ordina l’attacco alle Torri Gemelle; e’ l’ingegnere-pilota, islamista fanatico, che in nome di Allah uccide se stesso e migliaia di innocenti; e’ il ragazzo palestinese che con una borsetta imbottita di dinamite si fa esplodere in mezzo ad una folla. Dobbiamo pero’ accettare che per altri il “terrorista” possa essere l’uomo d’affari che arriva in un paese povero del Terzo Mondo con nella borsetta non una bomba, ma i piani per la costruzione di una fabbrica chimica che, a causa di rischi di esplosione ed inquinamento, non potrebbe mai essere costruita in un paese ricco del Primo Mondo. E la centrale nucleare che fa ammalare di cancro la gente che ci vive vicino? E la diga che disloca decine di migliaia di famiglie? O semplicemente la costruzione di tante piccole industrie che cementificano risaie secolari, trasformando migliaia di contadini in operai per produrre scarpe da ginnastica o radioline, fino al giorno in cui e’ piu’ conveniente portare quelle lavorazioni altrove e le fabbriche chiudono, gli operai restano senza lavoro e non essendoci piu’ i campi per far crescere il riso, muoiono di fame?
Questo non e’ relativismo. Voglio solo dire che il terrorismo, come modo di usare la violenza, puo’ esprimersi in varie forme, a volte anche economiche, e che sara’ difficile arrivare ad una definizione comune del nemico da debellare.
I governi occidentali oggi sono uniti nell’essere a fianco degli Stati Uniti; pretendono di sapere esattamente chi sono i terroristi e come vanno combattuti.
Molto meno convinti pero’ sembrano i cittadini dei vari paesi. Per il momento non ci sono state in Europa dimostrazioni di massa per la pace; ma il senso del disagio e’ diffuso cosi’ come e’ diffusa la confusione su quel che si debba volere al posto della guerra.
“Dateci qualcosa di piu’ carino del capitalismo”, diceva il cartello di un dimostrante in Germania.
“Un mondo giusto non e’ mai NATO”, c’era scritto sullo striscione di alcuni giovani che marciavano giorni fa a Bologna. Gia’. Un mondo “piu’ giusto” e’ forse quel che noi tutti, ora piu’ che mai, potremmo pretendere. Un mondo in cui chi ha tanto si preoccupa di chi non ha nulla; un mondo retto da principi di legalita’ ed ispirato ad un po’ piu’ di moralita’.
La vastissima, composita alleanza che Washington sta mettendo in piedi, rovesciando vecchi schieramenti e riavvicinando paesi e personaggi che erano stati messi alla gogna, solo perche’ ora tornano comodi, e’ solo l’ennesimo esempio di quel cinismo politico che oggi alimenta il terrorismo in certe aree del mondo e scoraggia tanta brava gente nei nostri paesi.
Gli Stati Uniti, per avere la maggiore copertura possibile e per dare alla guerra contro il terrorismo un crisma di legalita’ internazionale, hanno coinvolto le Nazioni Unite, eppure gli Stati Uniti stessi rimangono il paese piu’ reticente a pagare le proprie quote al Palazzo di Vetro, sono il paese che non ha ancora ratificato ne’ il trattato costitutivo della Corte Internazionale di Giustizia, ne’ il trattato per la messa al bando delle mine anti-uomo e tanto meno quello di Kyoto sulle mutazioni climatiche. L’interesse nazionale americano ha la meglio su qualsiasi altro principio. Per questo ora Washington riscopre l’utilita’ del Pakistan, prima tenuto a distanza per il suo regime militare e punito con sanzioni economiche a causa dei suoi esperimenti nucleari; per questo la Cia sara’ presto autorizzata di nuovo ad assoldare mafiosi e gangster cui affidare i “lavoretti sporchi” di liquidare qua e la’ nel mondo le persone che la Cia stessa mettera’ sulla sua lista nera.
Eppure un giorno la politica dovra’ ricongiungersi con l’etica se vorremo vivere in un mondo migliore: migliore in Asia come in Africa, a Timbuctu come a Firenze.
A proposito, Oriana. Anche a me ogni volta che, come ora, ci passo, questa citta’ mi fa male e mi intristisce. Tutto e’ cambiato, tutto e’ involgarito. Ma la colpa non e’ dell’Islam o degli immigrati che ci si sono installati. Non son loro che han fatto di Firenze una citta’ bottegaia, prostituita al turismo! E successo dappertutto. Firenze era bella quando era piu’ piccola e piu’ povera. Ora e’ un obbrobrio, ma non perche’ i musulmani si attendano in Piazza del Duomo, perche’ i filippini si riuniscono il giovedi’ in Piazza Santa Maria Novella e gli albanesi ogni giorno attorno alla stazione.
E cosi’ perche’ anche Firenze s’e’ “globalizzata”, perche’ non ha resistito all’assalto di quella forza che, fino ad ieri, pareva irresistibile: la forza del mercato.
Nel giro di due anni da una bella strada del centro in cui mi piaceva andare a spasso e’ scomparsa una libreria storica, un vecchio bar, una tradizionalissima farmacia ed un negozio di musica. Per far posto a che? A tanti negozi di moda. Credimi, anch’io non mi ci ritrovo piu’.
Per questo sto, anch’io ritirato, in una sorta di baita nell’Himalaya indiana dinanzi alle piu’ divine montagne del mondo. Passo ore, da solo, a guardarle, li’ maestose ed immobili, simbolo della piu’ grande stabilita’, eppure anche loro, col passare delle ore, continuamente diverse e impermanenti come tutto in questo mondo.
La natura e’ una grande maestra, Oriana, e bisogna ogni tanto tornarci a prendere lezione. Tornaci anche tu. Chiusa nella scatola di un appartamento dentro la scatola di un grattacielo, con dinanzi altri grattacieli pieni di gente inscatolata, finirai per sentirti sola davvero; sentirai la tua esistenza come un accidente e non come parte di un tutto molto, molto piu’ grande di tutte le torri che hai davanti e di quelle che non ci sono piu’. Guarda un filo d’erba al vento e sentiti come lui. Ti passera’ anche la rabbia. Ti saluto, Oriana e ti auguro di tutto cuore di trovare pace.
Perche’ se quella non e’ dentro di noi non sara’ mai da nessuna parte.
@ Giuseppe Flamini
Tiziano Terzani non poteva conoscere l’ ISIS. Chi lo conosce, sa che con l’ISIS non si tratta. L’infedele va combattuto, eliminato. Questo è il principio fondamentale della religione di Maometto che ispira e guida quelle orde di fanatici in armi.
L’Occidente non può aspettare, ma, dovrà darsi molto da fare, e, presto.
ma si adesso ci accorgiamo che ci sono persone sconosciute nelle case che vengono destinate come accoglienza e ce ne preoccupiamo,,e’ un pezzo che lo dico e molti mi hanno dato del razzista…bisogna controllare e controllarli…peraltro molti di questi signori che condannano gli attentati se li guardate bene in volto sembrano quasi farlo a forza oppure quasi a fare contento chi li intervista…e’ solo una mia impressione???
Terzani e con lui milioni di altri ora stanno facendo pubblica ammenda nei confronti di Oriana che ci aveva preso in pieno.
Terzani è morto da anni…
la soluzione del conflitto tra Islam e Cristianesimo proposta da san Francesco è un po’ impegnativa ma di innegabile grandezza… è incomprensibile che papa Francesco non la ripresenti:
Francesco ottenne dal legato pontificio di potersi recare, al suo rischio e responsabilità, dal principe musulmano, il sultano Melek-el-Kamel. Questi “lo ascoltò volentieri e lo pregava vivamente di restare presso di lui”, ma esitò ad accettare l’invito a convertirsi con tutto il suo popolo. Allora Francesco gli chiese di far accendere “un fuoco il più grande possibile”, e disse: “Io con i tuoi sacerdoti entrerò nel fuoco e così, almeno, potrai conoscere quale fede, a ragion veduta, si deve ritenere più certa e più santa”. Ma il sultano gli rispose: “Non credo che qualcuno dei miei sacerdoti abbia voglia di esporsi al fuoco o di affrontare la tortura per difendere la sua fede”, e Bonaventura a questo punto soggiunge che il sultano infatti “si era visto…scomparire immediatamente sotto gli occhi, uno dei suoi sacerdoti, famoso e d’età avanzata, appena udite le parole della sfida”. Francesco allora offrì di entrare nel fuoco da solo, se il sultano avesse promesso di convertirsi nel caso il santo ne uscisse illeso.
Questo è il momento che Giotto illustra: Francesco al centro che indica sia il fuoco che se stesso, mentre a sinistra i sacerdoti musulmani si dileguano e, a destra, il sultano, rifiutando l’offerta di Francesco di entrare nel fuoco solo, a sua volta gli offre “molti doni preziosi…per distribuirli ai cristiani poveri e alle chiese, a salvezza dell’anima sua”. Il santo però, “poiché voleva restare libero dal peso del denaro”, non accettò.
molinari era un modo di dire…penso che anche nell’aldila’ le stia chiedendo scusa.