Macerata, il “Salvini di destra”
accolto dai “Salvini di sinistra”

L'arrivo del leader della Lega e la manifestazione dei centri sociali hanno rivelato il mutamento di una città che s'illudeva tranquilla. La rabbia viscerale che prende piede in Italia e in Europa. Crisi della democrazia? Un salto all’Hotel House

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(Matteo Salvini a Macerata, in alto la galleria fotografica di Lucrezia Benfatto)

liuti giancarlodi Giancarlo Liuti

Merita gratitudine Matteo Salvini, il sulfureo leader della Lega, per esser venuto a tenere un comizio a Macerata, in piazza Nazario Sauro, dove, applaudito da una folla di maceratesi ammirati di lui, ha portato il suo volto (occhi neri, barba e baffi neri tipo Califfo dell’Isis), le sue felpe nere e il suo ancor più nero linguaggio (una volta la bandiera dei rivoluzionari era rossa, adesso è diventata nera, come quella dei pirati). E gratitudine meritano anche i militanti dei Centri sociali, ossia i “Salvini di sinistra”, che, seguiti da una folla di maceratesi ammirati di loro, venivano da viale Trieste con l’intenzione di affrontare il “Salvini di destra” e di non farlo parlare, la qual cosa, per il rischio di incidenti molto seri, ha indotto la polizia a sbarrare il passo, con manganellate da una parte e lancio di oggetti contundenti dall’altra. Bilancio ospedaliero: sei feriti, tre dei quali fra le forze dell’ordine.
Matteo Salvini_Macerata manifestanti_Foto LB (11)Ma perché, allora, gratitudine? Perché, forse per la prima volta, il “Salvini di destra” col suo pubblico e i “Salvini di sinistra” con il pubblico loro hanno dimostrato che anche nella proverbialmente tranquilla Macerata (l’attuale campagna elettorale non manca di asprezze, però, fino ad oggi, entro i limiti di una pur accalorata lotta politica) stanno circolando quei veleni che in Italia e in Europa lasciano intravedere – temere o sperare, secondo i punti di vista – una crisi profonda della democrazia. Dunque gratitudine, sì. Come infatti accade per i sintomi, in assenza dei quali le malattie sono subdole e non possono essere tempestivamente curate, bisogna esse grati a chi ci toglie dalle illusioni e ci restituisce alla realtà, consentendoci di riflettere sulle cause e sugli effetti di essa.

IL COMIZIO - Matteo Salvini con Luca Paolini, segretario regionale della Lega Nord

IL COMIZIO – Matteo Salvini con Luca Paolini, segretario regionale della Lega Nord

Superfluo dirlo, ma per democrazia s’intende quella forma di governo in cui la sovranità appartiene al popolo, che la esercita indirettamente per mezzo delle persone elette dalla maggioranza dei cittadini secondo gli ideali e i programmi che quelle persone, non da sole ma organizzate in partiti, si sono impegnate a rispettare e realizzare. Ma cosa accade quando a livello continentale la realtà si rivela a tal punto complessa, contraddittoria e quasi impossibile da affrontare razionalmente – i danni dell’ultraliberismo finanziario, la recessione, la disoccupazione, le ondate migratorie, il terrorismo, le guerre ai confini – da quei partiti e da quelle persone? E quando agli occhi dell’opinione pubblica anche i partiti e le persone dell’opposizione appaiono incapaci – per ritardi culturali – di imprimere una svolta positiva alla realtà? Accade che nascono e si radicano partiti o movimenti ultranazionalisti e antieuropei con venature perfino razziste come il “lepenismo” in Francia, l’Ukip di Farage in Inghilterra e i “Republikaner” in Germania, alimentati dalla cosiddetta “antipolitica”, cioè dalla sfiducia popolare nei confronti della politica “tout court” e dei partiti che la praticano o cercano di praticarla.

Marco Bocci, il manifestante del centro sociale Sisma rimasto ferito negli scontri

Marco Bocci, il manifestante del centro sociale Sisma rimasto ferito negli scontri

E cosa accade in Italia? I sondaggi dicono che il 40 per cento del corpo elettorale ha scelto di astenersi dal voto e il 20 per cento di ciò che resta voterebbe per Grillo, il 16 per Salvini e il 5 per la Meloni, ossia per movimenti e partiti “rivoluzionari”, contro tutto e contro tutti, persino, a volte, contro se stessi, con ideali e programmi in cui prevale l’utopismo viscerale e rabbioso del popolo che si autogoverna direttamente da solo. Le analogie con l’Italia che, stremata, uscì dalla prima guerra mondiale sono tante, basti pensare allo squadrismo fascista e, infine, alla dittatura mussoliniana. Anche oggi, in forme diverse, assistiamo a qualcosa del genere. L’esito? Dall’antipolitica dovrà pur derivare una politica che non sarà certo di un potere affidato direttamente alla gente ma gestito – magari via Internet – da un uomo solo al comando. Ed ecco, se il destino cinico e baro lo vorrà, la fine della democrazia.

Matteo Salvini all'Hotel House di Porto Recanati

Matteo Salvini all’Hotel House di Porto Recanati

Concludo con qualche considerazione sull’Hotel House di Porto Recanati, che Matteo Salvini, dopo averlo definito un covo di ladri, spacciatori di droga, contraffattori di merci e prostitute, e dopo averne auspicato l’immediata distruzione con le ruspe, aveva pensato, giorni fa, di recarvisi, di entrarci e di visitarlo, ma poi, preso atto del clima non propriamente distensivo creatosi al suo arrivo, era stato indotto a cambiare programma e a partire alla volta di Macerata.
L’Hotel House – 17 piani e 480 appartamenti! – fu festosamente inaugurato nel 1967 alla presenza di un ministro e di un cardinale nella certezza che divenisse ambitissima meta del turismo estivo di qualità. Passarono gli anni, i lustri, i decenni, e via via, col mutamento degli stili di vita, prese corpo il suo declino. E oggi l’Hotel House è abitato da oltre 2.000 immigrati di ben 32 etnie diverse. A parte le etnie, dal punto di vista demografico esso è paragonabile a Belforte, Caldarola, Loro Piceno, Petriolo e altri Comuni maceratesi, ma con la differenza quasi incredibile che l’intera popolazione, lì, sta in un unico edificio.
Matteo Salvini Hotel House Porto Recanati_Foto LB (10)Problemi? Non mancano, oltretutto aggravati dalla crisi economica. Problemi anche di sicurezza, visto che fra quegli immigrati, la cui grande maggioranza lavora e paga le tasse, ce ne sono alcuni assai poco raccomandabili e la cronaca nera deve non di rado occuparsi di loro. Non più tardi di tre anni fa, tuttavia, il Corriere della Sera dedicò all’Hotel House un’intera pagina nella quale lo descrisse come un esempio unico in Italia di integrazione sia fra le etnie sia, soprattutto, fra loro e la realtà civile e locale, ad esempio nei servizi pubblici come lo scuolabus per i bambini. Da ricordare anche il lungo video che fu girato per Cm da Laura Boccanera col titolo “Fiori al posto del crack” (Guarda il video): “Qui c’è un’umanità che non s’incontra facilmente per strada – lei diceva – brave persone, m’hanno accolta coi fiorii”. Tutto cambiato? Tutto peggiorato? La crisi, ripeto, impone un prezzo pesante anche per gli italiani. E di questo bisogna tener conto. Ma l’Hotel House continua a far notizia in senso positivo, come risulta da “Homeward bound”, un film, stavolta attualissimo, girato dall’antropologo Giorgio Cingolani e interpretato dai ragazzi dell’Hotel House, un lungometraggio che punta in alto, verso i festival nazionali e internazionali. L’integrazione – meglio: la solidarietà fra gli esseri umani – non è forse uno dei temi dominanti nell’Europa del nuovo secolo? Ebbene, qualche buon passo avanti, nonostante tutto, l’Hotel House l’ha già compiuto. E bene ha fatto Matteo Salvini a interrompere la sua visita e a prendere, quasi subito, la via per Macerata.

 



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