Da Oslo a Macerata,
il capolavoro sconosciuto
del giovane Pannaggi

ESCLUSIVO - Il figlio maggiore Marco Pannaggi, in città per il processo sui falsi quadri del padre, porta con sè un inedito da esporre a palazzo Buonaccorsi. Quegli ulivi della Cimarella, dipinti a olio dall'artista 15enne, furono un dono per la fidanzata norvegese, sua futura moglie. Il "Treno in corsa" la Cassa di Risparmio lo pagò poco, ma servì al grande Ivo per acquistare l'appartamento in via Crescimbeni, L'appello per bloccare il degrado di casa Zampini ad Esanatoglia e l'orgoglio del maestro di assomigliare moltissimo al padre biologico, l'industriale Enzo Zampini

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di Maurizio Verdenelli

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Il quadro è rettangolare, di modeste dimensioni, dipinto ad olio.  C’è disegnata bella campagna maceratese della Cimarella, il poggio che domina il capoluogo, prima dei tornanti infiniti che portano da Filottrano a Jesi. C’è un filare di ulivi dipinto in primo piano. Dietro, sul cartone di chi ha curato la rilegatura, una firma inconfondibilmente famosa: quella di Ivo Pannaggi. Ed una data: ottobre 1916.

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Marco Pannaggi

 Segni particolari: capolavoro giovanile, finora sconosciuto, di uno dei protagonisti del Futurismo, che allora di anni ne contava solo 15 essendo nato nel 1901 a Macerata dove sarebbe tornato per morire nel 1981. ‘Dietro’ a questo piccolo grande quadro c’è la storia d’amore più importante di Pannaggi: quella per la norvegese Ninì. “Lui regalò a mia madre quel piccolo quadro (fatto incorniciare ad Oslo) quand’erano ancora fidanzati e lei lo conservò sempre in casa come un ricordo carissimo pure quando il matrimonio finì con il divorzio. Soltanto da poco sono riuscito, dopo ‘baratti’ vari con i miei fratelli, Tito e Kora, ad averne la proprietà. E proprio in questi giorni, durante questo mio soggiorno maceratese, ho avuto la soddisfazione di vedere accettata dal Comune la mia richiesta perché quest’opera di mio padre quindicenne sia esposta a palazzo Buonaccorsi quando a fine anno sarà allestita la Sala Pannaggi all’ interno della pinacoteca d’arte contemporanea”.

Parole di Marco Pannaggi, 73 anni, il maggiore dei tre figli italo-norvegesi del grande Ivo. Tito ha infatti 70 anni (“anche lui una vita nel cinema, in pensione da quest’anno” dice il fratello) e Kora. Sessantotto anni, è l’unica ad aver dato a Pannaggi due nipoti: Allison e Lillian. “Allison è particolarmente innamorata di Macerata” dice ancora Marco che in città da qualche settimana per assolvere alla ‘chiamata’ del tribunale che l’ha citato come teste nell’ udienza del 18 luglio nel processo ormai definito ‘dei falsi Pannaggi’.

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Uno dei falsi Pannaggi oggetto di un processo al tribunale di Macerata

“Sapesse quanti ce ne sono in giro” sospira Marco, che ha lavorato come direttore di case cinematografiche prima di andare in pensione: “Ho fatto tuttavia molti lavori: trovarobe, per un anno anche il taxista e da studente di Lingue e Storia lo scaricatore di porto”. Aggiunge: “Di recente abbiamo segnalato anche la vendita, per trentamila euro, di un quadro attribuito falsamente a nostro padre”. L’udienza del processo maceratese è stata poi rinviata: un viaggio a vuoto per il testimone venuto da Oslo. Lui non se la prende più di tanto. “Tornerò per fare la mia testimonianza. La nuova udienza è stata fissata a giugno 2015″.

In quell’occasione Marco Pannaggi avrà la soddisfazione di veder esposto nel meraviglioso museo di palazzo Buonaccorsi il dipinto di suo padre che per ispirazione e ‘location’ (si direbbe ora) fa il paio con quello, per adesso più famoso, dal titolo: ‘Macerata vista dalla Cimarella’. “Il posto? Il terreno di nonno Umberto. Pensi che il presidente del Centro Studi Pannaggi, Gabriele Porfiri, ha individuato con esattezza dove il giovanissimo Ivo aveva piantato, per così dire, il cavalletto”. Sorridendo, con aria soddisfatta, Marco tira fuori tre fotografie dell’inedito in suo possesso. “Ora che Macerata prenderà in consegna il quadro, consegnerò ciascuna copia ai miei fratelli, ed una la terrò per me, così che tutti noi potremmo godere di quest’opera che parla così tanto dell’amore per nostra madre e dell’amore per Macerata. La città natale sempre nel suo cuore e della quale ci parlava spesso”. Scherzando: “Non si parli tuttavia di nuovi …falsi, perché c’è stampigliato il nome dell’azienda (Daylight) che ha prodotto queste belle copie…”.

Anti Camera Casa Zampini

Anti Camera Casa Zampini

A Marco Pannaggi sta a cuore anche un grande ‘sito’ artistico del padre.“Voglio lanciare un appello per la ‘salvezza’ di Casa Zampini ad Esanatoglia. Sta andando in rovina con la testimonianza unica di mio padre, grande disegnatore d’interni. Era assai orgoglioso d’essere il figlio biologico dell’importante industriale Erso Zampini. Una volta mi disse: ‘Guarda quanto mi assomiglia..’. Delle sue vere origini ci parlò quasi subito. Però quando ho deciso di rendere nota questa discendenza mi posi legittimamente il dubbio riguardo la figlia del cav. Zampini. E se lei non sapesse? Venni poi a sapere dalla stessa signora che uguali remore nutriva anche lei. Insieme le cancellammo. Diedi l’annuncio in un incontro pubblico a Civitanova, nel 2009. Fu una vera ‘esplosione’ ma anche un atto dovuto visto che mio padre ci teneva a quel suo ‘ramo’…”.

Ivo Pannaggi a Porto Sant'Elpidio con Marco (1942)

Ivo Pannaggi a Porto Sant’Elpidio con Marco (1942)

 

Già, che ricordi: lei era il primogenito…? “Mio padre teneva all’ arte prima di tutto, poi veniva il resto. Per carità, non era mai assente considerato che lo studio l’aveva in casa…” Fu anche architetto e moderno designer, pioniere anzi in questa specializzazione oggi di gran moda… “Verissimo. Ho ancora nel naso l’odore intenso della trementina e ricordo i materiali che usava per i suoi modellini. Prima stavano in campagna, in una vallata tipica della Norvegia. Poi ad Oslo, per essere più vicini ai committenti, diceva lui…” Quali in particolare ricorda? “Nel 1952 lavorò per l’organizzazione delle Olimpiadi invernali. Disegnò le case alloggio per gli atleti e pure, in staff, il palazzetto del ghiaccio. Era inoltre famoso per i caminetti. Una volta il muratore non aveva eseguito per niente bene il suo disegno, ed allora lui prese una grande mazza e lo demolì sotto gli occhi stupefatti ed un po’ atterriti dell’altro. Poi rinunciò al suo onorario d’architetto a condizione che il camino fosse ricostruito così come lo aveva disegnato lui”. E Macerata? “L’amava tantissimo. La mia prima visita in città con lui, una mezza giornata, fu nel 1959. L’amico Mario ‘Ermete’ Buldorini, soprattutto, il dottor Cianficconi e tanti altri amici intorno a lui. Poi negli anni 60 cominciò a tornare più spesso, dapprima ospite di ‘Ermete’ poi affittando un piccolo alloggio in uno dei vicoli della zona della Marguttiana, ma non siamo mai riusciti ad inviduare con esattezza il posto.”.


lapide ivo pannaggiCosa rimprovera eventualmente a Macerata?
“Niente, ci mancherebbe! Tra mio padre e la sua città l’amore fu reciproco… tuttavia se avessi uno scalpello ridurrei di volume quella invasiva, sovrastante ruota, in epigrafe alla lapide che nel trentennale della sua morte (avvenuta l’11 maggio 1981 ndr) il Rotary Club pur meritoriamente ha affisso alla parete di casa Pannaggi a due passi dallo Sferisterio.

Treno in corsa

Treno in corsa

Parliamo d’altro, come andò con ‘Il Treno in corsa’ il suo capolavoro in assoluto, gemma preziosa della Galleria di Palazzo Ricci? “Lo vendette alla Cassa di Risparmio ad un prezzo che fu ritenuto davvero esiguo per l’importanza dell’opera. La banca fece un ottimo affare. Lui con quei soldi acquistò due porzioni di appartamento all ’ultimo piano di un palazzetto al numero 68 di via Crescimbeni.  Da queste ‘uscite’ si dominano centro storico e la parte che s’affaccia su S.Croce fino al San Vicino (dominando pure abusi edilizi ed un ‘grattacielo’ orribile ed incredibile: bruttezze della Macerata dopoguerra‘)”. Gli alloggi sono vuoti, spogli, incredibile per uno come Pannaggi… “E’ come il figlio del calzolaio con le scarpe rotte. Anche la nostra casa ad Oslo non era stata curata da lui. Si apprestava a farlo con la proprietà di Macerata alla quale teneva molto, essendo la città il quartier generale da cui si spostava in tutta Italia per le sue mostre ed iniziative. Ma poi non fu possibile per impedimenti dovuti all’età e agli acciacchi”. E voi Pannaggi rimasti ad Oslo? “Cercavamo di raggiungere nostro padre quando potevamo, ma non era facile. Su indicazioni degli amici maceratesi, venni in città subito dopo la Pasqua dell’81. Mio padre, da tempo ricoverato alla Casa di Riposo, stava spegnendosi. Passarono 40 giorni tra la vita e la morte, poi la fine di un artista inimitabile che aveva scelto il mondo (prima della Norvegia, c’era stato Berlino) come prospettiva. Rimasi per tutti gli adempimenti per un anno intero”.

pannaggi 5Ed ora? “Ora eccomi qua per battermi contro chi falsificava le opere di mio padre”. Si sente norvegese o italiano, considerata la doppia nazionalità? “Qui a Macerata, italiano; ad Oslo, uomo della Norvegia. Paese che non soffre la crisi. Sa perché?” No… “Dovrebbe saperlo visto che ha scritto che lei un libro su Enrico Mattei…e parlo dunque del petrolio, risorsa che la Norvegia ha saputo utilizzare al massimo. Mentre l’Italia, no. L’assassinio del nostro Grande di Matelica (a due passi da Esanatoglia…) ha segnato il destino del Paese”.

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