“Spending review”
e castelli in aria

Giusto battersi per salvare Macerata, ma la soluzione – pur innaturale – è una sola e dividersi in fantasie non aiuta a realizzarla

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di Giancarlo Liuti

I due criteri per la sopravvivenza delle Province sono ormai legge e mi sembra improbabile, per non dire impossibile, che vengano cambiati: non meno di 350 mila abitanti e non meno di 2.500 chilometri quadrati. La qual cosa riguarda tutta Italia ed è uno dei pochi strumenti a disposizione del Governo per ridurre o contenere la spesa pubblica in funzione degli equilibri europei e dell’andamento dei mercati. Portando le Province da 107 a 64, infatti, Mario Monti ritiene di poter realizzare un risparmio che, unito ad altri in altri settori, consenta al nostro Paese di mettersi in linea con le prospettive di tenuta dell’euro su scala mondiale.

Rispetto a quei due criteri, Macerata è a posto come dimensioni territoriali (2.800 chilometri) ma ha un deficit, se così possiamo chiamarlo, di circa 30 mila abitanti. Peggio ancora si trova Fermo, fuori gioco sia per estensione (solo 860 chilometri quadrati) che per abitanti (solo 175 mila). E non è messa bene neanche Ascoli, la cui estensione territoriale si ferma a 1.230 chilometri e la cui popolazione si blocca a 210 mila abitanti. Ciò significa che l’attuale situazione delle cosiddette Marche Sud (tre Province: Macerata, Fermo ed Ascoli) non è in linea con quei criteri, il cui scopo, ripeto, è di portata nazionale con un occhio all’Europa. Per le Marche, sostiene il Governo, cinque Province sono troppe, bisogna ridurle a tre: Pesaro-Urbino, che è in regola, Ancona, che è capoluogo di regione, e soltanto una per le Marche Sud, guidata da Macerata, o da Fermo, o da Ascoli. In che modo raggiungere questo obiettivo? Ci pensi la Regione, dice il Governo. Purché a livello nazionale – Marche comprese, ma non solo loro – quei criteri vengano rispettati e purché con una deroga qua e uno strappo là non salti il complessivo disegno di “spending review”.

  Cose già dette, queste, ma le pur comprensibili reazioni provenienti da tutte le 43 Province che dovrebbero scomparire m’impongono di ripeterle per dimostrare che spazi per manovre di salvataggio potranno magari esservi, ma solo in qualche particolarissimo caso e solo se non siano tali da modificare in basso il conto finale di questo capitolo di riduzione della spesa pubblica. E qui mi si consenta un commento a proposito di quelle reazioni. Sorprende infatti che dopo aver sostenuto l’idea di abolire tutte le Province, quasi tutti i partiti, adesso, protestino non già perché le Province da abolire sono troppo poche ma perché, al contrario, sarebbero troppe. “Le altre sì”, si sente dire da ogni parte d’Italia, “ma non la mia”. Con tanti saluti a quel minimo di coerenza che una cosiddetta buona politica avrebbe il dovere di osservare.

Ora la palla passa alla Regione, cui spetta il compito di proporre e decidere quali e quanti accorpamenti siano possibili nelle Marche Sud, nel rispetto dei due criteri, per tentare di aggiustare le cose con un minimo di equità. Impresa non difficile per Macerata (basterebbe recuperare 30 mila abitanti sottraendoli magari all’Anconitano, o lungo il litorale o nel Fabrianese), ma impossibile per Fermo da sola e per Ascoli da sola, e molto difficile anche per Ascoli e Fermo accorpate (ok per gli abitanti, ma ko per l’estensione, con un buco di oltre 400 chilometri). Una difficoltà, quest’ultima, che rende quasi impraticabile anche il salvataggio della sola Macerata. Se Macerata si salva, infatti, cosa fare delle altre due attuali Province? Fingere che 385 mila abitanti, 2.100 chilometri quadrati e 73 Comuni si perdano fra le nuvole e si sciolgano come neve al sole?

Ipotesi sul tappeto? Non molte. Anzi, forse soltanto una, stando a quei criteri: un’unica Provincia invece di tre guidata da Macerata, o da Ascoli, o da Fermo. L’idea di Fermo piace al governo per ragioni di equilibrio territoriale (il famoso Distretto Marche Sud), quella di Macerata capoluogo piace, ovviamente, a Macerata, come, altrettanto ovviamente, piace ad Ascoli quella di Ascoli capoluogo. In ogni caso ne verrebbe fuori una Provincia di quasi 5 mila chilometri quadrati, con oltre 670 mila abitanti e con 130 Comuni. Innaturale, se Macerata finisse sotto Ascoli. E innaturale anche se Ascoli finisse sotto Macerata. Meno innaturale, per motivi di “baricentro”, ma paradossale per questioni storiche, di prestigio e d’importanza delle città, se Macerata e Ascoli finissero sotto Fermo.

  E allora? Fino ad oggi la Regione non se n’è occupata. Lo farà alla fine di ottobre, quando saranno note le valutazioni dei vari Comitati delle Autonomie Locali. Poi dovrà pronunciarsi, essendo questo il mandato attribuitole dal Governo. In che modo? Allo stato attuale delle cose – e dei criteri della “spending review” – temo che non esistano soluzioni diverse da quella di un’unica e grande provincia guidata da Macerata, o da Ascoli, o da Fermo (il Distretto Marche Sud, non dimentichiamolo, è venuto in mente anzitutto al Governo).

Perché temo? Perché se la città di Macerata perdesse Provincia, Prefettura e Questura farebbe un grave passo indietro in termini occupazionali, di reddito pro capite e di coesione sociale (essa è per sua natura un città di servizi) e un ancor più grave passo indietro farebbe nella salvaguardia – figuriamoci nel rilancio – del suo centro storico (un problema, questo che Ascoli non ha, giacché il suo centro storico è tutto un monumento anche a prescindere da quelle sedi istituzionali).

Assolutamente giusto, dunque, che la politica maceratese si batta per salvare il salvabile. Ma lo faccia con spirito di sano realismo, evitando di perdersi in castelli in aria che finirebbero per indebolirla e, soprattutto, evitando di cadere nel trabocchetto delle divisioni intestine, come ad esempio un sindaco che se la prende coi parlamentari locali e questi ultimi che replicano un po’ risentiti e attribuiscono ogni colpa al Governo da essi stessi sostenuto in virtù di una scelta di livello nazionale ed europeo. Bene l’unanimità raggiunta in Consiglio comunale (leggi l’articolo), ma nessuno – sindaci, partiti, consiglieri regionali, deputati, senatori – s’incarti ora in soluzioni miracolistiche allo scopo di far bella figura coi propri elettori. E non credano d’impegnarsi più e meglio di altri quegli esponenti politici che un giorno sì e uno no tirano fuori fantasiosi accorpamenti di abitanti e di territori – un Comune qua, un chilometro là – dimenticando che chi cede territorio cede pure abitanti e chi l’acquista acquista pure abitanti, per cui, alla fine, i conti non tornano comunque. Dimostrino piuttosto in che modo il duo Ascoli-Fermo può recuperare ben 410 chilometri quadrati senza sottrarli alla confinante Macerata, col risultato che Macerata andrebbe ko pure nell’estensione territoriale, a meno che dall’Anconitano non le giunga l’omaggio davvero fantascientifico di un’area così vasta e con l’approvazione di molti Comuni.

Sono troppo pessimista nel ritenere che l’unica e problematicissima speranza per Macerata sia d’imporsi come capoluogo delle intere Marche Sud? Può darsi e mi auguro di non esserlo. In Italia, del resto, può accadere tutto e il contrario di tutto. Ma l’aritmetica, purtroppo, non è un’opinione. E la “spending review”- ripeto purtroppo – è una questione puramente aritmetica.



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