Già sapevo che Porto Recanati, la mia seconda città, primeggia in iniziative originali (basti pensare ai sassi aguzzi nelle spiagge per attirare l’afflusso turistico dei fachiri), ma l’altro giorno, parlando con un amico lungo viale Scarfiotti, me ne è stata riferita una che ben merita di figurare nel Guinness dei Primati: il divieto, deciso dal Comune, di inserire il “cous cous” nei menù delle mense scolastiche. Con quale motivazione? La trovata, stavolta, è venuta dall’assessore Roberto Sampaolo: “Questo piatto non è tipico della nostra cucina, che è mediterranea e tale deve restare”. Debbo ammettere che in un primo momento sono stato solidale con lui, perché le mie visite a quasi tutti i paesi arabi m’hanno portato a concludere che a me il “cous cous” piace pochissimo e, per esempio, preferisco di gran lunga il brodetto alla portorecanatese. Poi, però, ho capito che il senso di questo anatema non è affatto gastronomico ma esclusivamente politico e consiste nell’evitare che bambini di etnia ariana siano minacciati – profanati, contaminati – da pietanze in uso presso bambini di etnia araba ma anch’essi regolarmente iscritti a quelle scuole elementari. Sono venuti – o sono nati – in Italia? Ok, rassegniamoci. Magari diamogli – obtorto collo – la cittadinanza, se è questo che vuole, imbelle, il governo. Ma siano costretti a mangiare tagliatelle alla papera, spaghetti alle vongole e olive fritte all’ascolana. E rinuncino, almeno nei luoghi delle pubbliche istituzioni, al loro satanico “cous cous.”.
Chissà se nel difendere così strenuamente la cucina mediterranea l’assessore Sampaolo è contrario anche ai wurstel e al ketchup, roba che non ha sangue italiano e che forse, di tanto in tanto, ha lietamente gustato anche lui. Ma, ripeto, il punto suo non è questo. Lungi dall’essere un innocuo pasticcio di semola di grano servito con verdure lesse e carne di pollo o di agnello, il “cous cous” ha, secondo la sua visione del mondo, un forte valore ideologico. Come una bandiera, un inno o una sacra scrittura, esso inneggia a una sorta di crociata contro le nostre radici, le nostre tradizioni, la nostra fede. E non è bastato spiegargli che quel “cous cous” non era un vero “cous cous” ma un semplice semolino con verdure, e che il Comitato mensa era d’accordo, e che la Asl aveva approvato, e che nelle vicine scuole di Loreto lo si cucina normalmente, senz’alcun problema.. Niente da fare. Semolino con verdure? Pazienza, purché non lo si chiami “cous cous”. E’ la parola, infatti, che conta, è la parola che offende, è la parola che oltraggia.
So bene, intendiamoci, che a Porto Recanati la presenza di extracomunitari raggiunge il 15 per cento ed è in gran parte concentrata in quel casermone di vacillante legalità che è l’Hotel House, la qual cosa non manca di suscitare, nella gente del luogo, un diffuso senso d’insicurezza. Questo è un problema, anche se, come spesso ha dichiarato anche il sindaco, il processo d’integrazione va avanti in modo abbastanza positivo. Ma che bisogno c’è di tirarci dentro, in un problema così complicato, il semolino con verdure? Non ci si rende conto che in tal modo lo si riduce a barzelletta, lo si affoga nel ridicolo?
Porto Recanati ha una lunga e importante storia alle spalle. L’imperatore Federico Secondo amava questa terra e nel 1229 decretò che vi si costruisse un castello. Il castello c’è ancora, ed è una perla ammirata da chiunque venga da fuori, extracomunitari compresi. Federico Secondo era chiamato “stupore del mondo” per la sua straordinaria modernità, a quei tempi, per quel suo aprirsi ai popoli, alle diverse culture, alle diverse religioni, tanto che, lui di sangue tedesco, spalancò la propria corte ai filosofi, ai matematici, agli astronomi arabi. Probabilmente gli piaceva pure il “cous cous”. Non risulta, comunque, che l’abbia mai bandito dal menù dei suoi cuochi. Ma sì, buttiamola sullo scherzo. E poniamo il caso che un lontanissimo antenato dell’assessore Sampaolo fosse vissuto nel Cinquecento e avesse avuto responsabilità pubbliche in questa zona del litorale adriatico. Avrebbe forse vietato che i figlioletti dei pescatori mangiassero pomodori, patate e fagioli perché questi ortaggi non rientravano nelle ricette della “cucina mediterranea” ma provenivano dal Messico, dall’Ecuador e dal Cile, ed erano stati portati per la prima volta in Europa da Cristoforo Colombo e dai navigatori portoghesi?
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Integraziò mica vordì rinuncià alle proprie tradiziò. Quissi non fa magnà lu maiale alli nostri figli e gle dovimo invece fa magnà li cus cus? Ma per favore….
Quanti guai a causa della religione….
chiaro e perfetto Liuti, come sempre ! Aggiungo che Tunisia e Marocco, accaniti consumatori di cous cous, affacciano sul Mediterraneo..ohibò! forse anche lì fanno la dieta mediterranea ?!!!?
anche qui si cade (anzi si vuole cadere) in un madornale lapsus linguistico come quello per il quale un marocchino, un nigeriano, un somalo (insomma basta che siano neri o molto molto scuri) sono extra-comunitari mentre un canadese o un americano (ovviamente bianchi) no, ovviamente lo sono ma qualcuno dotato di poco acume e di scarsa apertura, ma soprattutto di scarsissima cultura non ci arriva!
..non credo ci sia un divieto ma semplicemente una legittima scelta….
… straw man argument !!!!!!!!
Allora quando gli italiani all’estero cercano ristoranti italiani? perchè non mangiano cibo locale?
la madre dei cretini è sempre incinta…bello che nella nostra realtà invece di andare avanti torniamo indietro!!
@ normajean…..
….prova ad andare a casa loro e pretendere la salsiccia nella mensa scolastica….
la cultura e’ altro….
c’è una bella differenza tra cercare il proprio cibo all’estero da turista e voler imporre il proprio ad una mensa scolastica da immigrato. io mi sono rotto di questa arroganza. se non vi sta bene ve ne andate, chiaro? sempre a lamentarvi. prima via i crocifissi, adesso modificate il menu… poi cos’altro? togliamo la lingua italiana dal programma scolastico?
******. Quando si vedono delle persone del genere si capisce perchè in Italia le cose vanno male e se veramente questi soggetti completamente privi di intelligenza rappresentano qualcuno, a volte viene da sperare che vadano ancora peggio.
L’articolo di Liuti è apprezzabile ma anche lui sbaglia la mira. Molto azzeccato inve il commento di normajeanbaker: il cous cous è forse uno dei piatti più tipici della cucina mediterranea, anzi è addiritttura considerato il piatto della pace e di incontro tra le culture che nel corso dei secoli si sono incontrate sulle vie del commercio e degli scambi. Sicuramente il cous cous è molto più tipico dei pomodori e delle patate che sono state importate in Europa dopo la scoperta dell’America.
Ma c’è molto di più: il cous cous è un piatto tipico della tradizione Siciliana al punto da essere riconosciuto tra i PRODOTTI AGROALIMENTARI TRADIZIONALI SICILIANI riconosciuti dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, su proposta della Regione Siciliana. Come dire il nostro ciauscolo oppure per restare in campo agroalimentare i gobbi alla parmigiana. E ne esistono anche diverse varianti:
In Sicilia, a Trapani, (territorio con frequenti legami nel secolo scorso con Tunisia e Libia), e nelle zone limitrofe come Favignana e San Vito Lo Capo, (cuscusu in dialetto), è divenuto di uso quasi quotidiano. La semola è incocciata e poi cotta a vapore in una speciale pentola forata di terracotta smaltata. Ma il condimento, a differenza di quello magrebino, è la Ghiotta, un brodetto di pesce misto di (scorfano rosso, scorfano nero, cernia, pesce San Pietro, vopa, gallinella, luvaro, e anguilla delle saline della zona, insieme a qualche gambero o scampo)[1].
Altra versione siciliana sono i “frascatuli”, palline di semola impastata, accompagnati con brodo di pesce o zuppe di broccoli, ceci e verdure. Tale piatto esiste anche in Sardegna, cucinato alla stessa maniera, e chiamato Fregula.
Il cuscus trapanese è inserito tra i Prodotti agroalimentari tradizionali siciliani riconosciuti dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, su proposta della Regione Siciliana.
Il cascà o cashcà è una variante del cuscus alle verdure. La sua presenza nella cucina di Carloforte e Calasetta, in Sardegna, ha ragioni storiche assai intuibili: Carloforte nel 1738 fu fondata da una colonia di corallari liguri, trasferitisi nel XVI sec. sull’isoletta tunisina di Tabarka, approdati nel XVIII sec. nell’Isola di San Pietro. In passato il cashcà era un piatto semplice e povero: gli elementi base della sua preparazione erano, oltre alla semola opportunamente lavorata, il cavolo cappuccio o il cavolfiore ed i ceci. Col tempo il piatto si è evoluto, ed alla ricetta base si sono aggiunte le varie verdure di stagione e la carne suina. Il piatto così trasformato è divenuto cibo della festa in epoca recente, preparato soprattutto in occasione della festa patronale di San Carlo. Da parecchi anni nel mese di aprile a Carloforte si tiene una sagra con lo scopo di valorizzare questo tipico piatto della tradizione culinaria tabarkina.
Inoltre sempre in Sicilia ogni anno si tiene il festival internazionale del cous cous come incontro dei popoli mediterranei perchè chiunque, a parte l’assessore idiota in questione, sa che il mediterraneo è sempre stato un luogo di scambi e contatti ne sono un esempio il patrimonio monumentale italiano o i nostri dialetti.
Quindi questo mentecatto dovrebbe essere allontanato da qualsiasi incarico invece continuerà a rubare i soldi dei recanatesi con la sua idiozia e incapacità. Un bambino assessore che fa il dispettuccio ai bambini immigrati e ai loro genitori. Persona di basso valore, uno spregevole.
@ cerasi
Se l umanità fosse stata sempre atea ci sarebbero stati parecchi
Milioni di morti in meno !!
integrazione non significa tirarsi giu’i pantaloni e dire : “prego entrate…”
l’integrazione prima di tutto e’ rispetto..rispetto per ambe due le parti..
Approvo (ma non per Satana)
@paoolo, tu per fortuna non hai bisogno di andare a mangiare nelle loro mense scolastiche…
Noi italiani (quindi anche maceratesi, no?), abbiamo fato sempre della buona tavola e del convivio in genere un momento di aggregazione cardine, nella nostra vita sociale. E ora il problema è se far mangiare ai nostri figli il cous cous: ma che lo condiscono con la stricnina? Qual’è il problema? Che poi ce diventano tutti musulmani? Oppure arriverà il punto che non ce faranno magnà più la braciola?….Non dite scemenze per favore, laddove c’è scelta c’è anche libertà, e se c’è libertà se sta meglio tutti, a prescindere….e vedrete che col tempo le sargicce non je farà schifo manco a loro….tempo ce vorrà, ma le magneranno pure loro (visto con i miei occhi per qualcuno ed erano di maiale…).
Siete piccoli e regretti se agite così solo per fare loro un dispetto. Aprite la mente, extracomunitario, o scusate “MARUCCHI'” (perché molti non capiscono la differenza), non vuol dire per forza delinquenza, perché a qualcuno di voi darebbe fastidio farsi dare del “Napoletano” (senza offesa per Napoli e cittadini tutti) solo perché di giù (da Bologna in giù per capirsi come è successo anche al sottoscritto) e allora voto Lega per sentirmi accettato dai “padani” e schifo ciò che schifano loro….piccoli e regretti…altro che Macerata granne…..
P.S.: la Maceratesità (passatemi il termine) deve distinguersi per atti di ben più alto lignaggio, non per figure più o meno barbine (tipo questa o cittadelle dello Sport fantasma, Palas si-Palas no ecc…)
la religione, dopo ( o insieme) alla droga, è il problema n° uno non in Italia, ma nel mondo. E da qui tutte le possibili considerazioni sociopoliticoculturali. E l’esempio del cous cous, per l’argomento religione, ne è solo un esempio.
@ Marcoc..
…..“straw man argument”…
….dove regna il pressapochismo e la mentalità è chiusa verrà di peggio…alro che straw man argument…
Ha perfettamente ragione Ribechi.
Ospite di un mio carissimo amico di Marsala, la mamma ci ha preparato il piatto tipico di quelle zone che è, appunto il cous cous alle verdure.
spiegate all’assessore che il cus cus è un piatto della tradizione mediterranea.