di Giancarlo Liuti
E’ ormai quasi certo che il monumento a Padre Matteo Ricci non si farà. O, se si farà, non sarà in piazza Vittorio Veneto. O, se sarà fatto lì, non sarà un monumento ma qualcosa di meno imponente e meno costoso. A questo approdo, che ha l’aria di essere definitivo, si è giunti dopo un paio di settimane nelle quali il dibattito pubblico è stato infiammato da una passione e da un vigore civile inusuali per una città che di solito considera gli eventi con una sorta di mormorato, mite e rassegnato fatalismo. Nient’affatto mormorato né mite né rassegnato è stato invece il protagonismo del vescovo Giuliodori, che si è buttato a capofitto in questa vicenda accusando un po’ tutti e denunciando congiure, complotti e disegni diabolici che a suo dire hanno portato alla sconfessione di impegni già assunti e allo stravolgimento di decisioni già prese. Quali impegni? Quali decisioni? Presto detto: l’incarico che monsignor Giuliodori avrebbe ricevuto dal comitato per le celebrazioni ricciane di scegliere l’autore del monumento, stabilire il luogo dove sistemarlo e contrattare il costo entro il limite di 750 mila euro, poi scesi, grazie alla sua abilità, a 600 mila..
E qui ci sia permesso di rilevare che, come accadde per il caso Suap Giorgini, la politica cittadina è stata ancora una volta colpita da germi insalubri di prima classe. Perché, trattandosi di governo del suolo pubblico e di decoro urbano, non v’è dubbio che il potere decisionale spettasse – e spetti – esclusivamente al comune. Ed è altrettanto chiaro che quell’incarico doveva essere esplorativo e non poteva considerarsi vincolante per l’autorità municipale. Ciò non esclude però che in sede di comitato l’allora sindaco Giorgio Meschini abbia in qualche modo garantito che le iniziative del vescovo sarebbero state fatte proprie dai competenti organi istituzionali con delibere di giunta e ratifiche consiliari. Ma se questa indebita garanzia gli è stata data, il vescovo Giuliodori non ha tutti i torti, dal suo punto di vista, nel gridare al tradimento. E allora, posto che ciò sia avvenuto, i germi insalubri di prima classe stanno nell’aver declassato una questione di evidente rilevanza pubblica al livello di meri rapporti personali.
Ma su questo punto è calata la nebbia, che è il tipico fenomeno meteorologico della politica insalubre. Purtroppo non esistono verbali delle riunioni del comitato. O, se esistono, non si sa dove siano finiti. Meschini, l’unico a poter diradare la nebbia, tace. Ciaffi, presidente del comitato, precisa che sì, fu chiesto al vescovo di verificare come, dove e da chi fosse possibile realizzare il monumento e ne venne fuori una semplice proposta, assai dettagliata ma non vincolante. Però Cecco Bonanotte, lo scultore prescelto dal vescovo, insiste: “In un incontro in Vaticano coi membri del comitato tutti mi assicurarono che il monumento era già stato deliberato”. Qual è la verità? Mistero. Bisognerebbe vedere le carte, come ripetutamente usava affermare Narciso Ricotta per il tira e molla sul caso Suap Giorgini. Ma stavolta, ahinoi, le carte non ci sono.
Di limpido c’è solo una cosa: la collera del vescovo. E qui cambiamo argomento, parliamo di toni, di parole, di linguaggio. “Non perderti per nulla al mondo lo spettacolo d’arte varia di un uomo innamorato di te”, dice Paolo Conte in una sua famosa canzone. Ebbene, non perdiamoci per nulla al mondo lo spettacolo d’arte varia di un vescovo in preda all’ira. A centocinquant’anni dalla battaglia di Castelfidardo e dalla fine a Macerata del potere papale, il nuovo sindaco Carancini ha rivendicato con forza il potere decisionale del comune su questioni di rilevanza pubblica. Ed ecco, indignatissima , la stoccata: “E’ una cosa davvero non onesta essere messi alla berlina da chi aveva condiviso questa prospettiva”. Carancini l’aveva condivisa? Non pare, visto che il sindaco era un altro. E che c’entra la berlina? Rispettare la legge significa mettere alla berlina chi la vorrebbe eludere?
E ancora. Tanta gente, a Macerata, non vuole il monumento? Il vescovo: “Città miope e autolesionista”. Il costo è ritenuto eccessivo? Il vescovo: “Soltanto se si abolissero lo Sferisterio Opera Festival, Musicultura e tutte le altre attività culturali si potrebbe rinunciare a un investimento come questo” E poi, con piglio autoritario: “Ma se un solo euro sarà investito in cultura e sviluppo, credo che questo monumento meriti di essere al primo posto”.
Il professor Filippo Mignini – ordinario a Macerata di storia della filosofia, già laureato anche in teologia alla Lateranense di Roma, direttore dell’Istituto Matteo Ricci per le relazioni con l’Oriente e curatore di tutte le opere ricciane – studia da anni la complessità di questo grande personaggio mettendone giustamente in evidenza l’aspetto non solo religioso ma anche e soprattutto umanistico. Apriti cielo! Il vescovo: “E’ in atto una gravissima operazione di disonestà intellettuale, non si può privare Matteo Ricci della identità di gesuita, missionario e uomo di fede riducendolo a un umanesimo indistinto per farlo portatore di generici valori universali”. E il bersaglio è un “insigne professore della nostra università”. Mignini, dunque, è un “disonesto intellettuale”.
E ancora. Nel pieno del dibattito sul progetto Giuliodori-Bonanotte al quale hanno partecipato artisti, architetti e intellettuali di varia esperienza, il Carlino ha l’idea di mostrare a Vittorio Sgarbi il bozzetto del monumento e di chiedergli un giudizio estetico, dopodiché Sgarbi osserva che i cubi di pietra sui quali troneggia la statua sembrano i cubi delle discoteche. Sacrilegio! E il vescovo spara a lupara: “E’ killeraggio, è stroncatura su commissione, Sgarbi è stato imbeccato da qualcuno, gli sono state date informazioni false, il bozzetto non corrisponde al vero”. Con l’aggiunta di un minaccioso e assurdo richiamo – un auspicio? – al caso Boffo e alla condanna di Vittorio Feltri da parte dell’ordine professionale. Accuse pesantissime, per dei giornalisti. Pesantissime e prive di qualsiasi fondamento: il bozzetto fatto vedere a Sgarbi era assolutamente autentico e nessuno, al Carlino, si è mai sognato di suggerire a quel critico – Sgarbi, figuriamoci! – ciò che doveva dire.
E ancora. Giorno per giorno Cronache Maceratesi ha pubblicato una gran messe di notizie e opinioni favorevoli o contrarie al monumento (le contrarie sono state in maggioranza, e con questo?). Notizie e opinioni in calce alle quali hanno poi figurato i liberi commenti dei lettori (alcuni aspri, viscerali, d’impeto, ma questa è la voce della cosiddetta gente comune e dei non addetti ai lavori, e darle l’opportunità di esprimersi e di essere ascoltata è un passo avanti sulla via di una maggiore partecipazione democratica alle cose del palazzo). Di nuovo lesa maestà. E raffica del vescovo: “Sono stato investito da un fiume di spazzatura, che qualche sito cittadino ha raccolto e voluto mettere in campo con un’azione orchestrata certamente da qualcuno, ma le pallottole digitali non mi fanno male perché su questo abito noi portiamo la croce e la fascia rossa che è segno del sangue e del martirio”. Ancora pesanti accuse all’informazione, stavolta per Cronache Maceratesi..
Linguaggio, dicevamo. E riassumiamo: città miope e autolesionista, disonestà intellettuale, giornalisti falsari e manovrati, spazzatura mediatica, pallottole digitali, operazioni di killeraggio come per Boffo, complotti, oscure manovre, perfino portare la croce, perfino martirio. E’ questo, per l’appunto, lo spettacolo d’arte varia di un vescovo in preda all’ira. Ammettiamo pure che talvolta il linguaggio di chi protesta può risultare così smodato da rientrare nella categoria della spazzatura. Ma per la spazzatura esiste la raccolta differenziata. E allora diciamo che le parole del vescovo Giuliodori saranno forse più raffinate nella forma ma per la loro inaspettata veemenza meritano anch’esse la definizione di spazzatura. Concedetemi infine una riflessione per così dire privata. Nel corso della mia professione ho nutrito forti sentimenti di stima per due vescovi di Macerata: Ersilio Tonini e Luigi Conti. Per Claudio Giuliodori mi resta difficile. Non sarà perché, col rispetto dovuto alla sua persona e al suo alto ufficio, ho la vaga sensazione che lui non ami questa città e questa città non ami lui?
***
Con questo articolo vorremmo chiudere la polemica di queste settimane sul Vescovo e sul monumento a Padre Matteo Ricci, salvo eventuali repliche, prese di posizione dei partiti o di rappresentanti delle isituzioni. Ci è sembrato però doveroso in questi giorni affrontare in maniera approfondita l’argomento perchè tutta la città si è trovata di fronte a parole (e fatti) a dir poco sorprendenti. Tutto questo, secondo noi, andava raccontato.
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Bravo come sempre Giancarlo, la mia opinione è in calce all’intervento di Marco Ricci, a lì rinvio.
Un’analisi perfetta anche se il risentimento del vescovo potrebbe essere giustificato dal tradimento di qualche non meglio identificato componente del comitato per festeggiamenti ricciani.
Gabor, un vescovo dovrebbe dare l’esempio ed essere anello di congiunzione tra le varie ‘anime’ della città.
Non dovrebbe MAI fomentare alcune delle parti ed insultarne altre, altrimenti è solo un uomo di potere, ma vestito di nero.
Purtroppo i vertici della chiesa sono sempre meno collegati alla realtà della gente comune, un pò come i politici, ai quali li lega il potere… che se non accompagnato da umiltà, dà alla testa.
Grazie a Cronache Maceratesi per l’importante spazio di confronto che ha sempre offerto, e a Giancarlo Liuti per la consueta lucidità con cui affronta le questioni maceratesi
Bello bello bello!!! Ma vedrete che la polemica non finisce qui e il vescovo ci sorprenderà tutti ancora con un’altra uscita! Anzi non sorprende più nessuno nemmeno se dirà di chiudere Sferisterio e Musicultura!! Anche perchè lo ha già detto in pratica no?!?
Vedo che un politico su 100 inizia a esporsi!! Bravo anche a Mandrelli con un intervento sull’altro articolo che non piacerà a Giuliodori! Ma quante notizie state a mette?!
Inizia a esporsi e pure in mezzo a noi comuni mortali e spazzatura!!! Gli altri restano sul piedistallo e sul confessionale del vescovo però!
Complimenti alla disamina del Dott. Liuti; pienamente condivisibile, facciamo ora sì che un fragoroso silenzio seppellisca (metaforicamente, si intende) Mons. Giuliodori che non sembra, in effetti, amare molto Macerata e dai suoi cittadini cordialmente ricambiato.
Paolo Conte con la sua ironia in questo caso direbbe “Non perderti per nulla al mondo lo spettacolo d’arte varia di un uomo innamorato di sé”
Bellissimo articolo,ma adesso per favore basta con questa storia,è lampante che in un momento di crisi come questo spendere 600000 euro per una statua è un’ assurdità.Se il vescovo vuole quest’opera che la faccia con i soldi del Vaticano e basta.
ma perche’ non vogliamo commentare l’esternazioni del Vescovo, per quello che veramente dicevano?
La sua accusa, aveva una premessa…
la scelta della statua, giusta o sbagliata, era stata condivisa tra piu’ figure…
qualcuno dei promotori, senza dirlo direttamente allo stesso vescovo, quale rappresentante del comitato organizzatore dei festeggiamenti ricciani, ha ritenuto che quanto promesso non fosse piu’ realizzabile (giusto o sbagliato)…
ed e’ iniziata subito una campagna stampa, dove veniva :
1°) contestata la spesa di milioni di euro per una statua (giusto o sbagliato);
2°) criticata un opera d’arte, che a prescindere, deve essere criticata, ma sempre esprimendo una propria opinione individuale e non assoluta (giusto o sbagliato);
L’opinione pubblica TUTTA, sicuramente o comunque quasi la maggioranza, preferirebbe che i soldi stanziati fossero, investiti nel territorio, con opere sociali necessarie, piu’ che per statue… (giusto o sbagliato)…
e se ascoltate bene quanto dice il vescovo, lui premette, che confrontandosi, come si e’ scelto di fare la statua e spendere quella “X” cifra, si sarebbe potuto scegliere strade anche differenti….ed invece…ce’ chi a preferito scagliare il popolo contro una sola persona…
… per chi sa’ quali interessi… giusto o sbagliato…
@albe rto
Una cosa è la condivisione, tra l’altro in maniera generica, un altro è dire “siccome eravate genricamente d’accoredo: questa è la statua, questo è l’artista e dovete spendere questo”
(e, come si dice a Macerata, il sottointeso era: se non fate come duico io mi butto a terra e mi sporco tutto)
Altra cosa, sarebbe stata, aprire una discussione complessiva.
Invece qui mi sembra che si sia cercata un’imposizione, giocando sul fatto che in maniera generica il Comitato avesse dato un ok generico ad una statua.
Quindi si sono contestati i passaggi, e si è fatto presente che una statua già c’era e che quindi, se era “questione di statua” per ricordare il gesuita la questione si azzerava da sola in quanto si poteva benissimo ricollocare la statua già esistente in Piazza San Giovanni.
Invece, con una prosopopea e un arropganza da Promessi Sposi, il vescovo ha cercato di obbligare il Comitato Ricciano (e di sponda la città) a sposare la sua tesi, sebbene questa tesi era illogica perchè buttare via 750.000 euro (poi scontati a 600.000) era veramente un assurdità e, con quegli stessi soldi si poteva ricordare Matteo Ricci in mille modi migliori (borse studio, museo, ecc.)
Poi sempre il vescovo, con una tesi quantomeno ardita, ha spiegato (offendendo tutti i maceratesi) che la statua dovesse essere considwerata un momento di altissima Cultura e che quindi, conseguentemente, se non si doveva fare la statua non si doveva fare nulla a Macerata (Sferisterio, Musicultura, ecc.)
Ed anche qui gli si è fatto rpesente che come tesi era veramente sbalestrata.
Non contento delle sue offensive dichiarazioni alla Festa del Carlino ha continuato ad attaccare a testa bassa (facendo anche del vittimismo fuorti luogo e, a mio avviso, scadente e patetico) tutti coloro che, con motivazionui e ragionamenti, erano contrari al percorso che egli stesso stava cercando di “imporre” alla città.
Tenga a nche presente che le male parole, le offese il vescovo le ha sempre lanciate senza contraddittorio (cioè si ascoltava solo la sua campana) ed è questo, si, un comportamento scorretto.
Non è certo un comportamento scorretto quello di coloro che sono intervenuti su CM e sui giornali e che hanno, legittimamente, espresso un’opinione di disaccordo con Giuliodori.
Ed anche l’intimazione al Carlino di dedicare 2 pagine alla statua (nei tempio e nei modi che avrebbe deciso lui, tanto per cambiare) più che un dialogo è sembrato un ammonimento, quasi una minaccia: una brutta copia dei film di guerra di serie B, dove il tedesco cattivo affiggeva i bandi sulla pubblica paizza e obbligava tutti a leggerli pena la fucilazione…
Ed se vogliamo dirla tutta anche il presunto confronto del vescovo partiva da una base sbagliata: presupponeva che il punto di vista del vescovo fosse acriticamente accettato, che fosse accettato il progetto, che fosse accettato l’autore che avrebbe dovuto realizzare l’opera… Insomma come a dire, se ne può anche parlare ma si parte dal fatto che la statua si fa e decido io come farla e quale artista chiamare.
Non commento ulteriormente poi le blazane uscite di alcuni nostri politici che hanno definito Macerata ciottà atea e anticlericale non solo perchè non è così ma perchè si capiva lontano un miglio che era un modo per cercare di ingraziarsi il vescovo in chiave squisitamente elettorale.
questa difesa mi lusinga molto più di quanto non mi abbia offeso l’accostamento a feltri. grazie
Ci manca solo l’elogio della compianta Camilla Cederna.
sono daccordo con gianfraco,basta con sto vescovo ma chi crede di essere con quella cifra si potrebbero realizzare moltissime cose utili ai cittadini.
Giancarlo Liuti dice, con la consueta eleganza, cose sacrosante.
Eppure, queste cose non erano particolarmente originali; non nel senso che non lo siano in sé, ma nel senso che, anni fa, sarebbe stato quasi normale fare le osservazioni che fa Liuti.
Sarebbe stato normale, per esempio, osservare, come fa giustamente Liuti, che le scelte di decoro urbano sono di competenza del sindaco, di chi rappresenta una comunità essendone eletto, di chi l’amministra e risponde del suo operato, e non di un vescovo.
Sarebbe stato normale, per esempio, osservare che nessuno, neanche un vescovo, può reclamare sdegnosamente il rispetto pubblico di patti e di impegni forse presi in privato, ma che non per questo possono essere considerati affare di chi li prende (gli impegni) o li stringe (i patti) senza che la comunità civica ne sia informata.
Sarebbe stato normale, per fare ancora un esempio, osservare che, se Padre Matteo Ricci è stato un missionario, e questo non si può certo dimenticare, la sua importanza per Macerata e per l’Europa (ma anche per la Cina) non sta nella sua attività missionaria, ma nella sua attività culturale. Certo, questo non vieta al più alto esponente del cattolicesimo locale di sottolineare l’aspetto religioso dell’attività di Padre Matteo Ricci; ma non lo legittima certo a dare lezioni a tutti su cosa, e come, debba essere considerato importante di questo personaggio.
Sarebbe stato normale, per fare un ultimo esempio, osservare (non ricordo se lo fa Liuti; comunque lo faccio io) che una scelta del genere non la si può difendere solo prendendosela con chi la critica, ma entrando nel merito di una questione e rispondendo, sempre nel merito, alle critiche che sono state mosse.
Quel che scrive Liuti sarebbe stato normale anni fa, prima che la chiesa cattolica approfittasse della debolezza politica e culturale dell’area laica del nostro paese per arrogarsi una serie di pretese, e un potere, che fanno letteralmente a pugni, indebolendola, con quella che dovrebbe essere la sua missione: l’annuncio del vangelo.
Sono convinto che il vescovo sarebbe una figura ben più autorevole e rispettata se su queste cose riflettesse, invece di replicare astiosamente alle critiche che gli sono state fatte.
La risposta del vescovo è molto tipica di chi, ritenendosi investito da un principio d’autorità, considera le opinioni diverse dalle sue altrettante lesioni di questo principio.
E’ una risposta da esponente di un cattolicesimo post tridentino.
Solo alcune considerazioni, la prima è un plauso al bellissimo articolo di Liuti con cui concordo pienamente, la seconda riguarda la vicenda in se, cioè, il vescovo può anche dire che è stato illuso da qualcuno, ma illuso o non illuso, lui non può fare ingerenze nelle questioni politiche e non può fare pressioni perchè i soldi pubblici, e dico PUBBLICI, siano spesi in questa maniera piuttosto che in un’altra. Va comunque detto che bene gli ha risposto l’amministrazione comunale, nella persona del sindaco, perchè il sindaco ha una cittadinanza a cui dover rendere conto a differenza del vescovo, quindi vista la levata di scudi ha agito di conseguenza, tuttavia la levata di scudi è stata dettata proprio dall’ingerenza in questione.
Non si può condividere neppure il modo in cui l’alto prelato, stado all’articolo di cui sopra ci si rivolge ai disonesti intellettuali, spero proprio che non sia riferito al Prof. Mignini, perchè si deve riconoscere che se c’è qualcuno che ha studiato e ha contribuito a far conoscere la figura di Matteo Ricci è proprio il prof. Mignini e non ha mai bruciato risorse per ipotetiche statue o faraonici monumenti, ha studiato e lavorato per poi sentirsi criticato perchè non ha convenuto sull’appellativo “Padre” da anteporre al nome, davvero una critica di sostanza, su cui non ho parole!!!
Comunque bene ha fatto il Consiglio Comunale che ha chiuso il discorso come andava chiuso, finanziata musicultura ma non c’è nessuna intenzione, almeno mi sembra per adesso, di finanziare la statua, segno che le priorità della città non le deve dettare e non le detta il vescovo. Comunque se ci tiene proprio tanto invece che città di padre Matteo Ricci, potremmo designare Macerata come città di monsignor Giuliodori!!!