Carlo Di Falco
di Luca Patrassi
Quello di domani sarà l’ultimo giorno lavorativo a Macerata per Carlo Di Falco, il direttore medico delle strutture ospedaliere della Ast di Macerata, Covid Hospital compreso. Di Falco era arrivato tre anni fa, vincitore di concorso, e si è conquistato, anche sul campo maceratese, stima e consensi per aver agito a fianco dei colleghi con professionalità, con stile e con il rispetto che un sanitario deve ai suoi interlocutori di riferimento, i malati prima di tutto. Di Falco se ne va, più o meno salutato: di sicuro nessuno della direzione aziendale gli ha chiesto di rimanere o proposto un rinnovo di incarico, siamo sempre in una Ast che da tanti mesi non ha un direttore sanitario ed ora nemmeno un direttore medico, con alla guida un dirigente amministrativo dopo l’estromissione, in forza della sentenza del Tribunale di Roma, della ex direttrice generale Daniela Corsi. La professionalità e il curriculum di Di Falco non sono in discussione, lo testimoniano le recenti idoneità per assumere lo stesso incarico in ospedali di rilievo regionale e il fatto che dal primo novembre andrà ad assumere lo stesso incarico a Teramo.
Allora dottor Di Falco, siamo ai saluti. Un bilancio di questi tre anni maceratesi? «Sono arrivato in emergenza Covid, ho avuto come l’impressione di essere stato catapultato da un aereo su un treno in corsa. Non conoscevo la realtà maceratese e i colleghi, ma con volontà, impegno, dedizione e la collaborazione dei colleghi (allora c’era Mara Buccolini come dirigente delle professioni sanitarie) siamo riusciti ad attivare subito il Covid Hospital. Ho conosciuto i colleghi con la mascherina, li riconoscevo dalla voce. Le criticità che ho incontrato subito sono state di tipo strutturale, legate alla vetustà delle strutture come l’ospedale di Macerata che è tenuto male, e funzionale per la carenza dei medici. Sicuramente la scelta che era stata fatta in precedenza di concentrare su uno dei quattro ospedali le patologie da Covid, l’ospedale di Camerino, era sicuramente una scelta più razionale».
Spiega la sua posizione il dottor Di Falco: «Come direttore medico ho il compito di gestire la programmazione che mi viene data con le risorse che mi vengono date, non faccio io le scelte di gestione». Ricordi positivi? «Il rapporto con i colleghi, grande la professionalità dei tre colleghi, la dottoressa Scaloni a Macerata, il dottor Sgattoni a Camerino e Vincitorio a Civitanova. Un altro aspetto che ho ritrovato una eccessiva burocratizzazione delle attività, ma questo accade non solo a Macerata, il sopravvento che l’apparato amministrativo ha preso su quello medico anche su scala nazionale. Noi medici siamo diventati di supporto agli amministrativi, passo la giornata a leggere documenti e a fare relazioni fini a se stesse. Ho cercato di ridurre questi aspetti, non ho avuto un buon riferimento da parte della direzione aziendale che ha subito progressivi cambiamenti che non mi hanno permesso di consolidare un rapporto di collaborazione, collaborazione che da parte mia è sempre stata ai massimi livelli».
Il rapporto con i maceratesi? «Una cosa che mi ha colpito è l’alto senso di solidarietà da parte dei maceratesi che si è concretizzato spesso con donazioni, semplici cittadini ed aziende. Donazioni che non avevo visto nelle mie precedenti esperienze lavorative. La popolazione ha un attaccamento solidale alle strutture sanitarie che poi non trova riscontro nelle strutture burocratiche, si nota».
L’ulteriore riflessione firmata Di Falco: «Sono arrivato con l’insediamento de centrodestra, nei confronti del quale c’erano grosse aspettative di rinnovamento, aspettative che non sempre sono state riscontrate nei fatti un po’ per limitazioni nazionali (numero chiuso a Medicina), pensionamenti di medici ai quali non ha fatto riscontro entrate adeguate, totale mancanza di programmazione nazionale. Poi questa incoerenza tra quelle che sono le indicazioni ministeriali, che danno precisi standard per la presenza di ospedali in base alla popolazione, e quello che poi succede a livello regionale in quasi tutte le Regioni, moltiplicazione delle strutture a dispetto della popolazione. Quando c’è una dispersione di risorse, i servizi soffrono. La norma prevede un presidio ospedaliero di primo livello per una popolazione tra i 150mila e i 300mila abitanti, quindi per la provincia di Macerata che conta 300mila abitanti basterebbe un solo presidio ospedaliero».
I riflessi: «Questa dispersione ha creato difficoltà, siamo dovuti ricorrere alle prestazioni aggiuntive da parte dei medici, sottopagate oltre l’orario di servizio, e alle cooperative che hanno abbassato di parecchio il livello qualitativo e la sicurezza delle prestazioni, questo non tanto per incapacità dei singoli professionisti ma perchè ovviamente calati in una organizzazione che non conoscono».
Il messaggio finale di Di Falco: «Dopo tre anni di attività sono venute meno le condizioni per continuare a rimanere qui. Vede, io sono stato assunto nel 1981 a Larino come ispettore sanitario ed ho sempre svolto questa attività, non mi sono mai sognato di deviare dalla mia specializzazione per svolgere altre funzioni. E’ come affidare un aereo militare da caccia che costa milioni di euro a chi ha sempre fatto altro». Chi sarà questo pilota Di Falco non lo dice e, sempre con lo stile che lo ha contraddistinto in questi tre anni maceratesi, aggiunge che è lui ad aver scelto di andarsene, senza specificare però se la decisione sia frutto di una precisa volontà da parte dei vertici.
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Sanità marchigiana allo sbando. Ma quelli che criticavano duramente la precedente amministrazione non parlano più? Mi piacerebbe sapere che ne pensano. Immagino la risposta " tanto so tutti uguali". Il massimo dell'auto critica
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il Dotor De Falco lascia come tanti altri stimati professionisti. Se fossi amante della dietrologia potrei pensare ad un disegno be preciso.
Ci lascia pero dei punti su cui riflettere. Le strutture ospedaliere sono vecchie e difficili da gestire o da usufruire perr gli utenti. La dispersione di personale tra Macerata, Civitanova e Camerino con ovviamente reparti dobbiate e ognuno con un primario, costosa sia dal punto di vista economico che delle risorse umane. cCrto è difficile immaginare un unico ospedale provinciale se poi questo forse non c’è nemmeno sulla carta, salvo il vecchissimo ospedale di Macerata. Ha parlato anche di pletora di amministrativi che hanno il sopravvento sui tecnici, troppi rispetto al personale sanitario. Troppi comandare a discapito dell’efficienza.ma a favore della burocrazia. Poi il problema serio delle cooperative che forniscono medici al sistema senza una certa garanzia di professionalità. Non è però del tutto vero che mancano I medici, i migliori sono all’estero e tutti con carriere brillanti moltissimi scelgono il privato visti stipendi e scare gratificazioni del SSN e altri forse pochi che avrebbero preferito lavorare per la sanità pubblica non sono stati messi nelle condizioni farlo
Tutta, solo, politica