Caso Corsi, la sconfitta di Saltamartini

LA SENTENZA con cui la dg dell'Ast è stata confermata non idonea al ruolo è una batosta politica soprattutto per l'assessore regionale alla Sanità che l'aveva fortemente voluta a costo di furibonde liti nella sua stessa maggioranza e difesa a spada tratta. Salvo poi fare marcia indietro come se non fosse successo nulla

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L’assessore Filippo Saltamartini

di Giovanni De Franceschi

Se la coerenza, l’onesta intellettuale e più in generale l’etica e il senso di responsabilità verso cittadini ed elettori avessero ancora un valore in politica,  l’assessore regionale alla Sanità Filippo Saltamartini avrebbe quantomeno fatto mea culpa e poi eventualmente valutato un passo di lato. Invece ha fatto finta di niente.

La vicenda della direttrice generale dell’Ast di Macerata Daniela Corsi è infatti una batosta. Da qualunque angolazione la si guardi è una sconfitta soprattutto per lui. E’ stato lui a volerla a tutti i costi come dg della neonata Azienda sanitaria maceratese. Nonostante non fosse nell’elenco nazionale degli idonei alla nomina di direttore generale delle aziende sanitarie, e ci fosse già il ricorso pendente, Saltamartini è andato avanti a testa bassa. L’ha voluta lì a costo di furibonde liti nella sua stessa maggioranza, basti ricordare la bagarre sulle nomine e l’infinito summit a Palazzo Raffaello con FdI che puntava su un altro nome. Ed è stato sempre lui, Saltamartini, a difendere e a blindare la Corsi non più di poche settimane fa. Salvo poi lasciare, come nulla fosse, l’Ast di Macerata senza un dg e un direttore sanitario.

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Daniela Corsi e Filippo Saltamartini

Ecco cosa dichiarava l’8 settembre Saltamartini, durante un’inaugurazione all’ospedale di Civitanova: «Stiamo aspettando la valutazione dell’autorità giudiziaria, qualunque essa sia, questa è la giustizia degli uomini (evidentemente lui risponde solo a ben più alti gradi di giudizio, ndr). Però voglio anche aggiungere che in questo periodo,  al di là di quello che potrà essere il provvedimento del giudice che comunque potrà essere appellato, la giustizia nel nostro Paese grazie a Dio non finisce mai perché i gradi di giudizio sono talmente tanti che questo procedimento può essere portato avanti per 7/8/10 anni, la realtà è che alla dottoressa Corsi va la nostra gratitudine perché i numeri positivi sono poco sindacabili». E poi ancora: «Il valore della continuità amministrativa è un valore, nel diritto amministrativo il valore della continuità degli atti è un valore protetto. Fermo restando che il giudice del tribunale di Roma emetterà il suo verdetto quello che ci succede non ci spaventa. Voglio dire ai critici e ai sostenitori che dal primo gennaio 2024 la dottoressa Corsi avrà nuovamente i requisiti previsti dalla legge, rinnovo la fiducia e la stima mia e della giunta regionale nella dottoressa Corsi. Speriamo che il giudice nell’applicare la legge, la applichi nel senso più giusto che voleva esprimere».

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Daniela Corsi

A parte qualche considerazione più che opinabile che non ci si aspetterebbe da un uomo delle istituzioni, le parole di Saltamartini lasciavano poco spazio alle interpretazioni e non sono mai state smentite ufficialmente: la Corsi rimane al di là dell’esito del ricorso, perché tanto faremo appelli e contrappelli. Bene. Bravo. Bis.

Solo che il bis non è arrivato. E’ arrivata invece la realtà a ricordare che le parole hanno un peso e le scelte delle conseguenze. Quindi? Un bel triplo carpiato avvitato da far impallidire i campioni olimpici del trampolino. Ecco cosa ha detto l’altro giorno Saltamartini, dopo la notizia della sentenza del tribunale del lavoro che ha confermato che la Corsi non ha i requisiti per il ruolo di dg. Parole che fanno dubitare che fosse la stesso Saltamartini di tre settimane prima. «Nel momento in cui ci arriva la sentenza dobbiamo procedere alla sua sostituzione – ha candidamente ammesso Saltamartini ieri – Appena ci sarà la notifica del procedimento, attiveremo l’iter per la nomina del nuovo direttore generale, potremmo farlo anche a prescindere visto che abbiamo avuto notizia della sentenza. Esprimiamo fiducia nella magistratura, il nostro sistema prevede tante possibilità e fasi di giudizio. Dobbiamo prendere atto della sentenza, a questo punto se la dottoressa Corsi volesse impugnare l’atto i tempi sono talmente lunghi che noi non possiamo aspettare». Ma come? E la difesa a oltranza, i gradi di giudizio da sfruttare per allungare i tempi, il valore della continuità amministrativa che fine hanno fatto? Che si siano stati inghiottiti dalla maretta che oggi c’è in maggioranza tra gli altri partiti e la Lega, che vorrebbe un rimpasto di giunta cambiando, sembrerebbe, proprio le deleghe di Saltamartini?

Non lo sappiamo, però sarebbe bastato dire: ho sbagliato e me ne scuso. Poi se proprio si sarebbe voluto alzare l’asticella del senso di rispetto verso le istituzioni, la conseguenza sarebbe stata quella di riconsegnare la delega al presidente Francesco Acquaroli, così da far assumere anche a lui la sua parte di responsabilità. Perché in fondo la scelta della Corsi è stata una scelta, seppur a denti stretti, della giunta. Riconsegnare le deleghe non è atto dovuto, ci mancherebbe, ma sarebbe comunque stato un segnale. Un segnale di chi fa un errore e ne assume le conseguenze.

Ma tutto questo appunto sarebbe potuto succedere solo se la coerenza, l’onesta intellettuale e più in generale l’etica e il senso di responsabilità verso cittadini ed elettori avessero ancora un valore in politica.

 

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