Vaccini nelle aziende, si stenta a partire
Miccini: «Noi siamo pronti
ma mancano dosi e protocollo»

APPIGNANO - Il ceo della Giessegi denuncia la lentezza della burocrazia: «Abbiamo due spazi per poter effettuare le somministrazioni, il frigo in grado di conservare i vaccini fino a -80 gradi, mille siringhe e il medico del lavoro. In quattro giorni potremmo mettere in sicurezza tutta l'azienda, ma ancora non ci hanno inviato nemmeno il documento da far sottoscrivere ai lavoratori per il consenso»

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Gabriele Miccini, ceo della Giessegi

 

Vaccini nelle aziende, campagna bloccata a causa della burocrazia. La denuncia arriva da Gabriele Miccini, ceo della Giessegi di Appignano, azienda leader del settore mobili, che da mesi chiedeva alle autorità interessate di coinvolgere le imprese nella vaccinazione di massa per fare presto. «Noi siamo stati i primi tempo fa a chiedere di poter aprire la campagna vaccinale anche alle aziende private e siamo già organizzati – spiega Miccini – Abbiamo due spazi per poter effettuare le somministrazioni, il frigo in grado di conservare i vaccini fino a -80 gradi, mille siringhe e il medico del lavoro, dottor Francesco Cenerelli, pronto a somministrare le dosi. Lui conosce tutte le sintomatologie dei dipendenti, perché i controlli in azienda sono costanti e periodici». Dopo l’ok della Regione alla somministrazione nelle aziende e lo schema di protocollo approvato in giunta lunedì, cosa manca allora per partire?

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Il frigorifero acquistato dall’azienda in grado di conservare i vaccini a -80 gradi

«Stiamo aspettando i vaccini – spiega Miccini – e poi, cosa ancor più grave, i protocolli da far firmare ai lavoratori, quei famosi 10-15 fogli che ognuno dovrebbe leggere e sottoscrivere per poter dare il consenso alla vaccinazione. Senza quel documento, anche se dovessero arrivare i vaccini non potremmo somministrarli. Dalla Regione mi hanno detto che lo stanno aspettando dal ministro Speranza: aspetta e spera mi verrebbe da dire. Se avessimo tutto, noi saremmo in grado di vaccinare 150 persone al giorno e in quattro giorni metteremmo in sicurezza tutta l’azienda. In più, potremmo poi mettere a disposizione gli spazi allestiti per vaccinare tutta la città. Insomma, così come da un anno a questa parte, siamo sempre in attesa che le istituzioni facciano la loro parte, mentre la situazione ormai sta diventando sempre più insostenibile anche a livello psico-fisico».

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Una delle postazioni allestite in azienda

«Ogni mattina – continua il ceo della Giessegi – non sai quanti dipendenti potranno venire a lavorare e con queste continue chiusure, si lavora una settimana sì e l’altra no, perché noi continuiamo a produrre, ma i negozi non possono vendere. Tutto questo mentre i fai da te e le grandi catene continuano a restare aperte. I negozi del nostro settore, lo ripeto, potrebbero benissimo restare aperti su appuntamento, così come sta avvenendo in tutta Europa, Ma l’aspetto che mi scandalizza di più è che stanno vaccinando gli insegnanti. Giusto salvaguardare la scuola, perché mi sembra sia il luogo dove ci si contagi più facilmente, ma che senso ha vaccinare prima gli insegnanti che sono in smart working a causa della didattica a distanza? Non sarebbe stato meglio vaccinare prima i lavoratori e le categorie produttive che non possono usufruire dello smart working?».

(Redazione Cm)

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L’ingresso dell’infermeria dell’azienda

 

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