A casa dopo 107 giorni di ricovero
«Ho visto la mia compagna morire
A Capodanno lancerò palloncini bianchi»

CIVITANOVA - Mattea Gottardo, 49 anni, è uscita ieri sera dall'ospedale e racconta la sua esperienza dopo oltre tre mesi di battaglia a cui si è aggiunto anche il Covid. Ad attenderla, gli affetti più cari tra cartelli e applausi. «Il regalo più grande che potessi ricevere da questo Natale l’ho avuto: tornare dalla mia famiglia». IL VIDEO

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L'uscita dall'ospedale di Mattea Gottardo

di Francesca Marsili

Un lungo interminabile commovente abbraccio. E poi lacrime di gioia. Ad attenderla ieri sera, fuori dall’ospedale, dopo un ricovero durato centosette giorni c’erano tutti i suoi affetti più cari. Quella di Mattea Gottardo, 49enne di Civitanova, paraplegica, con una protesi al braccio sinistro a seguito di una patologia chiamata pannicolite cronicizzata e fascite con elefantiasi a cui poi si è aggiunto impietoso anche il Covid-19, è una storia fatta di tanta sofferenza ma anche di una forza di volontà e voglia di vivere fuori dal comune.

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Mattea Gottardo sul letto d’ospedale

«Per guarire da questo virus ho lottato con le mani e con i piedi e anche se respiravo a fatica, la mia medicina è stato il mio sorriso che non ho mai voluto perdere – racconta commossa la donna a Cronache Maceratesi – Ho visto la mia compagna di stanza in fin di vita lasciarsi morire solo dopo aver rivisto per l’ultima volta suo marito attraverso una videochiamata e tutto questo resterà indimenticabile». Il calvario di Mattea Gottardo è iniziato tre mesi e mezzo fa, il 26 agosto, quando una caduta accidentale ma violentissima dalla sua carrozzina, le ha provocato una lesione al moncone del braccio sinistro.

«Inizialmente sembrava una semplice escoriazione ma giorno dopo giorno la ferita diventata sempre più brutta – ricorda emozionata la 49enne ripercorrendo quei giorni- a quel punto sono stata ricoverata nel reparto di medicina dell’ospedale di Civitanova». Due mesi di ricovero per curare l’infezione, il risveglio di quella tremenda malattia la pannicolite cronicizzata e fascite con elefantiasi che nel 2013 l’avevano costretta definitivamente alla sedia a rotelle perché aveva perso perso per sempre la sensibilità agli arti inferiori, l’ennesima prova di coraggio. Sessanta giorni trascorsi sola, in una stanza d’ospedale. E quando per Mattea Gottardo, che aveva lottato ancora una volta senza mai perdersi d’animo, l’incubo sembrava essere finalmente finito, le viene diagnosticato il virus della Sars CoV2. Il 31 ottobre viene trasferita al reparto Covid dell’ospedale di Macerata. «In quell’istante ho pianto. Io che mi sono sempre sentita un leone nonostante anni fatti di ferite aperte, infezioni continue e dosi massicce di antibiotici – dice – ero nuovamente ferita. Ho dovuto cercare nuovamente la forza di combattere contro qualcosa di invisibile e li mi sono sentita smarrita – aggiunge la donna – Poi mi sono detta: “il virus deve uscire dal mio corpo e ce la farò”».

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Mattea Gottardo appena uscita dall’ospedale

In quel reparto Covid la civitanovese, è stata ricoverata altri trenta giorni cercando, con la tempra che la caratterizza, di farsi coraggio lontana dalla sua famiglia. «Respiravo con la maschera, a pancia in giù, per aiutarmi – racconta la Gottardo ancora provata per la moltitudine di emozioni vissute, alcune terribili altre dolci e commoventi – ho visto la mia compagna di stanza emettere gli ultimi tre respiri solo dopo essere riuscita a parlare al telefono con la sua famiglia perché aveva detto che fino a quel momento non se ne sarebbe andata. Mai dimenticherò quei dolorosi momenti». Il 27 novembre la Gottardo è stata nuovamente trasferita all’ospedale di Civitanova Marche perché bisognosa di alcuni accertamenti legati alla sua patologia cronica ma ricoverata in una stanza di sorveglianza cosiddetta “grigia” perché ancora positiva ma con una carica virale bassissima. Ieri dopo centosette giorni, ha finalmente girato la pagina di questo terribile capitolo della sua vita. Ieri pomeriggio, fuori da quelle porte scorrevoli dell’ospedale di Civitanova, ad attenderla c’erano tutti gli affetti a lei più cari. Si è fatta coraggio giorno dopo giorno, perché Gottardo, che va fiera della sua disabilità, crede che la forza di volontà sia la migliore delle terapie. E lei di coraggio ha dimostrato di averne da vendere, anche in questi lunghissimi centosette giorni, dove per la sua tenacia il personale medico l’aveva soprannominata: “la mascotte dell’ospedale”. Oggi il suo pensiero è rivolto a tutto il personale sanitario dei due presidi, che l’hanno curata con affetto e professionalità e che dietro quelle tute bardate sono stati i suoi punti di riferimento. «Ho promesso ai medici che a capodanno a casa mia, non ci saranno botti ma lancerò in aria palloncini bianchi in ricordo delle vittime del Covid-19 – conclude Mattea Gottardo – il regalo più grande che potessi ricevere da questo Natale l’ho avuto: tornare a casa dalla mia famiglia». E Mattea ci tiene a ringraziare suo marito Maurizio Angelome’, gli amici Marisa Savi e Giancarla Cataldi e tutti gli per la calorosa accoglienza all’uscita dall’ospedale (video in alto).

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