Mistero sui soldi della parrocchia:
il Consiglio pastorale chiede spiegazioni,
sciolto da vescovo e parroco

L'APPROFONDIMENTO - La vicenda riguarda la parrocchia di San Biagio a Castelraimondo e i lasciti di beni da parte di due precedenti parroci. Non si conosce l'ammontare, fatta eccezione per il valore nominale dei titoli, pari a circa 500mila euro. Un componente del Cpae ha scritto una lettera lamentando che non c'era modo di svolgere un controllo patrimoniale. Sono partiti accertamenti dei carabinieri. Monsignor Massara ha riferito della questione nelle sedi opportune. Intanto però l'organo di controllo sarà sostituito con un altro

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L’avvocato Giuseppe Bommarito

 

di Giuseppe Bommarito

La vicenda prende le mosse da una sofferta lettera aperta del 14 ottobre scorso, inviata da un componente del Consiglio Pastorale degli Affari Economici – in sigla Cpae – della parrocchia di San Biagio a Castelraimondo (ente ecclesiastico riconosciuto) a tutti i parrocchiani. Si lamentava una situazione in verità paradossale: il Cpae, organo di collaborazione dei fedeli con il parroco nell’amministrazione della parrocchia, insediatosi ufficialmente nel marzo 2019, non riusciva in alcun modo a monitorare e controllare la situazione economico-patrimoniale della parrocchia, era privato dell’accesso alla documentazione utile, ivi compreso il bilancio consuntivo della gestione 2019, e veniva negata – con un continuo rimpallo di responsabilità tra il parroco attuale, padre Giovanni Berta, e il vescovo di Camerino, Francesco Massara, interpellato direttamente con nota scritta del 6 ottobre 2020 – ogni informazione circa “il valore e come viene gestito il non trascurabile patrimonio finanziario della parrocchia lasciato in dono alla stessa dai nostri precedenti parroci, don Loris Carducci e dal suo successore don Nazzareno Moneta, affinché da questa fosse gestito a favore dei suoi parrocchiani”. Proprio il fallimento totale di ogni tentativo, sia con il vescovo che con il parroco, di venire a capo della situazione, aveva infine reso necessaria la lettera aperta del 14 ottobre 2020, inviata nella speranza che finalmente venisse fatta la necessaria chiarezza e venisse consentito al Cpae di fare il proprio dovere. Non si trattava in verità di una questione di poco conto. Infatti, come risultante dalla nota prot. n. 48/2011 del precedente vescovo di Camerino, Giovanni Brugnaro, la parrocchia di San Biagio di Castelraimondo veniva autorizzata, vivente ancora il parroco don Nazzareno Moneta, ad accettare la cospicua eredità lasciata da don Loris Carducci, deceduto nel 2009, consistente in porzioni di un fabbricato sito in Castelraimondo con i mobili in esso contenuti, di un’autovettura, nonché di un conto corrente e di una serie di depositi di titoli di varie banche. Non ci sono dati precisi sull’ammontare complessivo di questa eredità (fatta eccezione per il valore nominale dei titoli, pari a circa 500.000 euro), così come non si conosce l’importo della ulteriore eredità lasciata alla parrocchia anche da don Nazzareno Moneta, a sua volta scomparso nel 2018. Si parla tuttavia di un’eredità complessiva che dovrebbe aggirarsi su una cifra molto considerevole.

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La chiesa di San Biagio a Castelraimondo

Va qui premesso che il Cpae della parrocchia di Castelraimondo, tenuto a coadiuvare con periodiche riunioni il parroco nella redazione del bilancio preventivo e ad approvare quello consuntivo e lo stato patrimoniale annuale, deve svolgere – così come avviene in qualsiasi entità parrocchiale – un ruolo di garanzia dei soldi della parrocchia nei confronti dei parrocchiani e pure dell’intera comunità cittadina per la funzione sociale, caritatevole ed educativa che la parrocchia stessa è chiamata a svolgere, soprattutto in un momento di eccezionale gravità come quello attuale, vigilando, nel caso specifico, anche sul rispetto della volontà dei due prelati donatori di un così cospicuo ben di Dio, magari utilizzabile per venire incontro alle più gravi situazioni di bisogno createsi  nel territorio a causa del sisma e della pandemia.

Ovvio quindi che la diffusione della lettera aperta sopra richiamata ebbe a sollevare nello scorso ottobre un preoccupato dibattito in tutta la città, tanto che il parroco Berta venne subito chiamato dai carabinieri del posto per fornire chiarimenti al riguardo. E ai militari il parroco avrebbe detto che tutto era a posto, in regola, e che il bilancio consuntivo 2019 sarebbe stato già depositato nel mese di settembre 2020, senza peraltro documentare in alcun modo le sue rassicurazioni, del tutto generiche, certamente non in grado di fornire le spiegazioni dovute ai parrocchiani e ai cittadini di Castelraimondo, tuttora privi della benché minima risposta al riguardo.

Anche perché diverse cose ancora non sembrano quadrare. Se infatti il bilancio consuntivo 2019 della parrocchia, ove necessariamente devono essere stati quantificati gli importi ricevuti in eredità dai due precedenti parroci, con la spiegazione delle loro modalità di impiego, è stato veramente depositato in diocesi (perché poi in diocesi, e non in parrocchia?) nel mese di settembre 2020, non si capisce per quale motivo tale bilancio, a ottobre e novembre, sia stato pervicacemente negato al Cpae, nonostante molteplici richieste in tal senso, del tutto legittime; e perché ancora oggi non venga reso disponibile all’esame dello stesso Cpae. Né si capisce, se non nel quadro di un tentativo di delegittimazione di coloro che hanno sollevato la questione, per quale motivo solo in data 17 novembre 2020 sia stato trasmesso il Regolamento del Cpae, in realtà già insediato, per quanto concerne la parrocchia di Castelraimondo, da oltre un anno e mezzo. Ma la sensazione che occorra veramente andare sino in fondo in questa vicenda è confermata – a mo’ di chiusura del cerchio – dal fatto che nei giorni scorsi il parroco Berta di Castelraimondo ha comunicato, con l’assenso del vescovo Francesco Massara, che il Cpae in carica, quello che si è ostinato a chiedere chiarimenti, sarà a breve sciolto e ne sarà nominato un altro, presumibilmente più docile e meno deciso a far valere le sue prerogative e a pretendere la necessaria chiarezza su una questione di così rilevante importanza.

Ebbene, è difficile dire in poche parole se tali comportamenti siano o meno rispettosi del diritto canonico (che comunque in diversi “canoni” prevede comportamenti diversi quando si tratta di soldi della comunità parrocchiale, di piena trasparenza, così come in direzione diversa va la prassi seguita dalla gran parte delle parrocchie sparse sul territorio italiano), tenendo comunque sempre in conto il fatto che la parrocchia di San Biagio di Castelraimondo è un ente pubblico riconosciuto con decreto del Ministero dell’Interno n. 376 del 25 ottobre 1986, iscritto come tale al Tribunale di Macerata, ed è quindi comunque soggetta anche in base al codice civile ad imprescindibili obblighi di chiarezza e limpidezza.

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L’arcivescovo Francesco Massara

La cosa che più stupisce, a fronte dello sconcerto dei fedeli, è però il silenzio sull’intera questione del vescovo Massara, arrivato a Camerino a fine luglio 2018 e dal giugno di quest’anno nominato dapprima amministratore apostolico della diocesi di Fabriano-Matelica e poi, dopo l’avvenuta unificazione delle due diocesi, arcivescovo delle stesse. Una nomina che, bisogna dire, forse nel fabrianese non ha sollevato eccessivi entusiasmi, se è vero che allorché Massara stava arrivando a Fabriano per la cerimonia di insediamento un parroco ha fatto suonare le campane a morto.

Un silenzio che fa il paio con quello, ancora più grave, ostinatamente mantenuto a dicembre 2019, allorché, rese pubbliche le carte del maxiprocesso Scott-Rinascita condotta dal procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri, venne fuori sulla stampa che uno o più incontri tra il boss di Limbadi Luigi Mancuso, un pezzo da novanta della ‘ndrangheta detto “il supremo”, uomini politici ed elementi fedeli a Mancuso si erano svolti presso l’abitazione di Mons. Francesco Massara, allora parroco a Limbadi, piccolo comune della provincia di Vibo Valentia, come risultante dall’ordinanza di rinvio a giudizio del giudice per le indagini preliminari di Catanzaro Barbara Saccà.

Ora, è vero che nel maxiprocesso in questione il vescovo Massara non risultava e non risulta indagato, è vero che sarà sereno e con la coscienza retta, ma per Massara una qualche spiegazione ai fedeli delle diocesi di Camerino e Fabriano-Matelica sarebbe stata – almeno ad avviso di chi scrive – non solo necessaria, ma addirittura imprescindibile, proprio e soprattutto per il ruolo rivestito. Il silenzio non dovrebbe essere più consentito su questioni del genere, specie da quando Papa Francesco nel 2014 a Sibari ebbe a dire che gli uomini e le donne della ‘ndrangheta sono scomunicati e quest’ultima è “adorazione del male e disprezzo del bene comune”, come Mons. Massara dovrebbe ben sapere, essendo calabrese di nascita.

*Nota della redazione – Sulla vicenda della parrocchia di San Biagio l’arcivescovo Massara, interpellato da Cronache Maceratesi, ha detto di non voler al momento rilasciare dichiarazioni e di aver già parlato nelle sedi opportune. 



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