L’arcivescovo Massara oggi durante la riapertura della chiesa della Beata Mattia di Matelica
di Giovanni De Franceschi
Un summit di ‘ndrangheta a casa del prete di Limbadi, che all’epoca era l’attuale arcivescovo di Camerino Francesco Massara. E’ uno dei particolari che emerge dall’inchiesta “Scott-Rinascita”, definita dal procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri che l’ha coordinata, «la più grande dopo il maxi processo di Palermo» contro Cosa Nostra.
L’arcivescovo Francesco Massara
Una mega operazione che ha smantellato le cosche del Vibonese, in particolare il potentissimo clan del “supremo” Luigi Mancuso, e ricostruito i legami e gli intrecci d’affari tra ‘ndrangheta, imprenditoria, politica e massoneria. Oltre 1.200 le pagine dell’ordinanza di custodia cautelare del gip Barbara Saccà nei confronti di 334 persone, più di 3mila i carabinieri schierati nel giorno del blitz, peraltro anticipato per una fuga di notizie che rischiava di compromettere l’intera operazione. Ed è proprio nell’ordinanza del gip, come riportato dalla Gazzetta del sud, che emerge “il prete di Limbadi”. Leggendo le carte poi il nome di “don Franco Massara” viene citato esplicitamente da Giancarlo Pittelli, l’avvocato ex parlamentare di Forza Italia poi finito a FdI, arrestato e considerato dagli inquirenti tra gli uomini di fiducia del boss Mancuso e il trait d’union tra malavita organizzata e palazzi del potere.
Il procuratore Nicola Gratteri e l’avvocato Giuseppe Bommarito durante un incontro a Macerata di due anni fa
«Il secondo incontro – scrive il gip nell’ordinanza, dopo aver citato un altro precedente summit tra Mancuso e i suoi più stretti collaboratori – era avvenuto, come si ricava dalle stesse parole del Giamborino (altro fedelissimo di Mancuso, ndr), il 25-26 agosto, questa volta a casa del prete di Limbadi, a cui aveva preso parte anche Saverio Razionale». Non è specificato l’anno, ma visto che l’incontro precedente citato dal gip era del 6 novembre 2016, si deduce si tratti dell’agosto 2017. E all’epoca il parroco di Limbadi era proprio Massara, che comunque non risulta in alcun modo tra gli indagati. Si era insediato a capo della parrocchia del paesino del Vibonese, feudo dei Mancuso, appena cinque mesi prima. E successivamente fu nominato, nell’ottobre del 2018, arcivescovo di Camerino-San Severino e poi anche amministratore apostolico della diocesi di Fabriano-Matelica. Il “prete di Limbadi” compare anche in un secondo passaggio. Il 7 settembre del 2017 Giamborino e Pittelli vengono intercettati, il primo chiede al secondo chi avesse partecipato al summit del mese scorso, e l’ex parlamentare risponde: «il prete di Limbadi», tra gli altri. Il terzo riferimento, questa volta a differenza dei precedenti proprio con nome e cognome, arriva da un’altra intercettazione telefonica. A parlare ancora una volta è Pitteli, che sta conversando col boss Saverio Razionale. Quest’ultimo in pratica chiede come poter muoversi per far restare il figlio, medico, al Gemelli di Roma. L’altro risponde: «Curati a don Franco Massara». E dopo un po’ aggiunge: «Ora glielo diciamo a Luigi (Mancuso, ndr), così chiama don Franco…perché lui…questo Franco…ora Franco Massara è quello che mi ha fatto avere a me la tessera del Vaticano». L’arcivescovo ha preferito non commentare: «Sono sereno e con coscienza retta», le uniche parole rilasciate.
Le solo intercettazioni non sono sufficienti per un provvedimento giudiziario ma la responsabilità morale ci sta e come se ci sta.
No comment.tutti a messa nel duomo di Camerino per penitenza a chi ha fatto brutti collegamenti
In questi ambienti cercate bene troverete di tutto!!
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Il vescovo di Camerino non è indagato ma non può stare “sereno”. Questi scampoli di intercettazioni e questi passaggi dell’ordinanza della gip Saccà, rilanciati inizialmente dalla Gazzetta del Sud, abbozzano uno scenario tanto impreciso quanto suggestivo in cui l’immagine di “don Franco” finisce per essere accostata ad ambienti e personaggi coinvolti direttamente nella maxi-inchiesta dei magistrati calabresi. In un mondo ideale, o in uno semplicemente ispirato allo stato di diritto, se non sei indagato non dovresti difenderti o preoccuparti di alcunché; e invece basta che parlino o si riferiscano in qualche modo a te e ancor prima che quelle dichiarazioni siano state oggetto di verifica e di confronto, ti ritroverai sulla bocca di tutti. Sarà il caso dunque che monsignor Massara si attrezzi alla battaglia, reagendo e spiegandosi bene, senza parole curiali di circostanza; e se lo vorrà, potrà magari cogliere l’occasione, da uomo di chiesa e di Calabria, per raccontare se e come la sua terra possa trovare una strada di riforma civile e di conversione culturale senza per forza dover passare per il Lego e la rivoluzione di Gratteri.
Non vorrei essere nei panni del Vescovo, urge un chiarimento per il ruolo che ricopre, e soprattutto per tutti noi che crediamo in Dio e ad una Chiesa pulita e al di sopra delle Mafie.
la tessera del Vaticano…
http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2015/11/04/il-supermercato-del-vaticano-lannona-vende-dal-pane-agli-orologi_c4282e3e-2ec8-4cec-a8e3-53c0f36759b3.html
che forza, sti preti vendono pure le sigarette…
Per Pavoni. Certo, così si arriva prima in Paradiso…
Per Monachesi. In realtà l’abito non fa il Monachesi.
Mai fidarsi della Chiesa e dei preti.
Il prete fà notizia evidentemente perchè la stampa nazionale ha snobbato 335 arresti fra ndranghetisti,imprenditori,politici e massoni.Non sarà indagato ma dovrebbe preoccuparsi per la sua coscienza visto che la Chiesa scomunica i mafiosi e non dovrebbe agevolargli ingressi nè in Ospedale nè in Vaticano.Gratteri comunque non è un rivoluzionario ma un MAGISTRATO che fà inchieste,se si è tranquilli restatelo altrimenti ci pensa la Giustizia!
Le parole di Gianni Menghi, sopra riportate, che, nell’esprimere solidarietà (cosa del tutto legittima) al vescovo incappato nell’ultima inchiesta della Procura Antimafia di Catanzaro, cercano di minare la credibilità di Nicola Gratteri, mi sembrano del tutto inaccettabili, tanto più che sono rivolte ad un uomo che rischia tutti i giorni e a tutte le ore la vita e che sta cercando, per la prima volta da oltre un secolo, di portare avanti in Calabria una vera e credibile azione di contrasto alla ‘ndrangheta.
Quindi non avevo frainteso un commento,solo che a me una denuncia basta e avanza quindi evito di fare nomi.Su Gratteri(Santo Subito)e sul suo operato non ho dubbi,ma se un prete offre la sua casa e le sue conoscenze per favorire (supponiamo anche non sapesse fossero mafiosi) chicchessia dovrebbe rispondere alla sua coscienza ma visto che stiamo parlando di Calabria dove i Cristi in processione fanno degli strani inchini io,qualche dubbio me lo pongo e forse l’Arcivescovo non dovrebbe essere cosi sereno.
Se un uomo mette a repentaglio la sua stessa vita per ripulire l’Italia dalla ‘ndrangheta, non è uno show, non è uno spettacolo, solo perche’forse c’e’ di mezzo un prelato!
Caro avvocato Bommarito, caro Peppe, ti riferisci alle mie parole attribuendo ad esse il significato e lo scopo di “esprimere solidarietà (cosa del tutto legittima) al vescovo incappato nell’ultima inchiesta della Procura Antimafia di Catanzaro”, mentre io piuttosto ho invitato, per così dire, il vescovo a reagire e a chiarire, “senza parole curiali di circostanza”, dopo aver segnalato i rischi e i paradossi connessi all’immissione e all’emersione nel circuito delle indagini e delle inchieste e in quello mediatico di nomi e persone che non risultano indagate: questo è quanto è avvenuto nel caso di monsignor Massara, secondo la mia opinione formata su quanto riferito dalla stampa.
Mi sono peraltro ben guardato dal dare giudizi moralistici e sbrigativi o dall’attribuire a questo o a quello responsabilità dirette sul fenomeno: siamo di fronte ad un costume che si è fatto sistema, ma appunto non siamo in un “mondo ideale” e da tempo lo stesso “stato di diritto” non sta tanto bene: occorre dunque attrezzarsi e andare alla battaglia, e oggi tocca al vescovo, domani chissà a chi.
Definire inoltre la situazione di Massara, delineata dall’articolo di CM, come quella di un “vescovo incappato nell’ultima inchiesta della Procura Antimafia di Catanzaro” è una descrizione a mio avviso un po’ troppo sommaria e può prestarsi, oltre le intenzioni, ad equivoci, tanto più che poi, tu mi attribuisci l’obiettivo di “esprimere solidarietà” al vescovo utilizzando proprio quella descrizione.
Lanci inoltre in modo categorico un pesante giudizio sulle mie parole, attribuendomi così un’inquietante finalità. Parole che, tu scrivi, “cercano di minare la credibilità di Nicola Gratteri”; e poi addirittura richiami in questo contesto i rischi per la sua vita a tutti noti che Gratteri corre in ragione della sua attività di magistrato in Calabria (e non solo) e arrivi a scrivere che le mie parole “sono rivolte ad un uomo che rischia tutti i giorni e a tutte le ore la vita…”; e poi infine richiami sempre in questo contesto “la vera e credibile azione di contrasto alla ‘ndrangheta” portata avanti da Gratteri, giustapponendola sempre alle mie parole.
Si tratta, caro avvocato Bommarito, caro Peppe, di una accusa gravissima e infamante che mai mi sarei aspettato di dovere ricevere da te. Io non ho cercato di minare in alcun modo né ho minato in alcun modo la credibilità di Nicola Gratteri, sia come Procuratore Capo di Catanzaro sia come uomo. Nel finale del commento ho fatto invece esplicito riferimento, in chiave critica ma non polemica, come hanno fatto invece alcuni osservatori, ad una parte delle dichiarazioni di Gratteri in occasione della conferenza stampa di presentazione della maxi-inchiesta Rinascita-Scott, quando appunto egli ha parlato di “un sogno” e di “una strategia” di magistrato, fin dal 2016, quando si insediò a Catanzaro, e di “una rivoluzione”; e ha aggiunto: “Questo è quello che ho pensato il giorno del mio insediamento: smontare la Calabria come un trenino Lego e rimontarla pian piano”. Ecco, io preferirei per la Calabria, ma non sono sicuro che ciò sia in effetti possibile (tanto è vero che ho scritto: “se e come”), la strada della “riforma civile” e della “conversione culturale” a quella della “rivoluzione” e del “Lego”. E preferirei anche che un magistrato, e soprattutto un magistrato noto e valente come Gratteri, non pensasse e non parlasse in questo modo, visto il ruolo alto, specifico e delicato che svolge. Buon Natale a tutti coloro che mentre noi parliamo, o scriviamo (la vigilia di Natale!), vivono nella terra di Corrado Alvaro dicendo no alla ‘ndrangheta e comportandosi di conseguenza.
Caro Gianni,
mi sembra che, nella tua replica, tu abbia sostanzialmente, e di nuovo, posto l’accento su alcune tematiche proprie di un garantismo giudiziario a 360 gradi che si rifiuta di vedere la realtà, e che ben si accoppia ad un giustizialismo feroce altrettanto privo di serenità e di aggancio con la realtà.
E comunque, citando le parole di Nicola Gratteri in sede di conferenza stampa successiva all’operazione e contrapponendole in maniera critica ad una riforma civile e ad una conversione culturale della Calabria, sei nei fatti arrivato al risultato oggettivo di sminuire la credibilità di un magistrato che sta cercando, con il suo lavoro di pubblico ministero, di dare una speranza ed un futuro possibile ai cittadini calabresi che vogliono uscire dal giogo asfissiante della ‘ndrangheta.
Quanto al vescovo di Camerino (nei confronti del quale non ho ancora ben capito quale sia la tua posizione), ritengo che, per un dovere di trasparenza e per il ruolo che riveste, dovrebbe spiegare in maniera molto più esauriente il ruolo che ha giocato nel corso degli incontri svoltisi nei locali della sua parrocchia.
A me sembra vicenda da prendere molto seriamente.Se al nostro sistema giudiziario va dato un minimo di serietà in attea di capir bene il ruolo avuto dal prete,oggi Vescovo,nelle riunioni delle quali parla l’indagine,sarebbe molto opportuno che il Vesovo fosse sospeso da ogni funzione per la residua credibilità della Chiesa,cui io tengo molto.
Caro Peppe, sono in effetti un sostenitore del “garantismo a 360 gradi” (e come dovrebbe essere un garantismo non strumentale e non ipocrita, se non appunto a 360 gradi? E rivolto, ad esempio, anche, se non soprattutto, alle situazioni e alle procedure che riguardano gli indifendibili?), non amando il garantismo ideologico o classista o a orologeria o di partito (preso). Ma non sostengo il garantismo che “si rifiuta di vedere la realtà”, cioè quello che confonde le garanzie a tutela del funzionamento della giustizia e a tutela dei diritti della persona con i buonismi ingenui o interessati; o che confonde il piano giudiziario con quelli della politica, della cultura, della storia, della morale… D’altra parte che il garantismo debba fare i conti anche con sé stesso è cosa nota. Il 5 novembre scorso scrivevo, proprio in un commento su CM, a proposito del caso Ricotta-Lega, di come “le Camere Penali predichino nel deserto” e che “nella politica e nel dibattito pubblico una visione garantista e liberale sia ridotta, quando va bene, anche per sua responsabilità, ad un complemento d’arredo”.
Insisti nei tuoi giudizi sulle mie parole e ora però scrivi che sono “nei fatti arrivato al risultato oggettivo di sminuire la credibilità di un magistrato…”: ne prendo atto ma non è così, oggettivamente, diciamo. Allargando: se la credibilità di un magistrato venisse sminuita quando qualcuno critica un’opinione di quel magistrato o definisce inopportuna una sua esternazione o comunque esprime riserve sul suo operato in modo consono eccetera, dovremmo dubitare dell’utilità e della bontà della democrazia e delle libertà costituzionali.
Aggiungi, infine, di non aver ancora ben capito quale sia la mia posizione “nei confronti” del vescovo di Camerino. Riassumo: Massara non risulta indagato; viene citato, secondo articoli di stampa, indirettamente (o presuntivamente) e direttamente in “scampoli di intercettazioni” e in “passaggi dell’ordinanza” del Gip che segue l’inchiesta Rinascita-Scott; lo scenario che arriva all’opinione pubblica (la quale poi ha tutto il diritto di non stare a pensare e parlare con il codice o la costituzione in mano o in testa) è, secondo me, “tanto impreciso quanto suggestivo”; e dunque il risultato è che l’immagine del monsignore noi finiamo per accostarla agli uomini e agli ambienti della ‘ndrangheta e ai suoi riferimenti sociali e istituzionali. A questo punto il vescovo, dopo aver detto che sta “sereno” e che ha la “coscienza retta”, parole rispettabili e comprensibili ma che possono anche apparire “curiali” e “di circostanza”, recuperando realismo cristiano, orgoglio calabrese e consapevolezza del ruolo dovrebbe, penso, reagire e spiegare, perché sennò continueranno ad agire, insieme alle domande legittime, le malelingue cattive e i sospetti inquisitori. Insomma, io non so come facesse il prete e il parroco in Calabria don Franco Massara, e vorrei che ce lo dicesse lui; e quindi se gli esprimessi ora e su questo solidarietà sarei un ipocrita e un incosciente. Debbo dire però che quanto, sinora, emerso giornalisticamente rispetto alle carte dell’inchiesta non mi fa dubitare di Massara, piuttosto degli indagati quando parlano di lui (quando lo fanno effettivamente).
Leggo tante disquisizioni meritevoli di questioni ben diversamente articolate.Quì il Monsignore si tira fuori subito da ogni illazione,cosa che mi auguro vivamente per la credibilità della Chiesa,purtroppo spesso precaria,se e solo se ha la possibilità di dimostrare che mai ha partecipato a riunioni con esponenti della malavita,altrimenti la sua posizione diventa delicatissima,a tutto danno della Chiesa.Il nodo principale è questo,secondari tutti gli altri.