di Francesca Marsili
«Era il mio primo turno quella notte, le mani tremavano e la visiera era completamente appannata. Un paziente che tossiva molto e respirava a fatica mi ha stretto il polso dicendomi: “Ti prego, fai qualcosa”. Ma avevamo già fatto di tutto e siamo stati costretti ad intubarlo».
E’ passato un mese da quella sera del 27 ottobre in cui la 28enne Martina Marinelli, infermiera professionale, ha iniziato a lavorare li dove il virus si combatte con ogni mezzo, al Covid Hospital di Civitanova Marche. Sente il bisogno di raccontare la sua esperienza, e dalle sue parole arriva tutto il bagaglio di emozioni, paure e ansie accumulato turno dopo turno, vestizione dopo vestizione. Sul suo volto i segni della maschera incollata alla pelle, sulle sue mani il sudore adrenalinico di chi sente addosso tutta la responsabilità di una vita umana, nei suoi occhi l’immagine riflessa di malato che ripone nei sanitari la propria speranza.
Teramana, da un anno lavora nella chirurgia all’ospedale di Macerata, ma ad ottobre scorso, con l’arrivo della seconda ondata e la conseguente riapertura della struttura destinata ai pazienti Covid, le viene comunicato che uno di quei moduli sarà il suo nuovo reparto. «Quando mi ha chiamata la caposala per avvertirmi sono scoppiata a piangere – confessa l’infermiera- mi spaventava la situazione in generale, il pensiero di lavorare li dove c’è il fulcro del virus, dove il rischio contagio è altissimo e non puoi permetterti alcuna distrazione. E poi – aggiunge- nei colleghi di chirurgia avevo trovato una seconda famiglia lontana da casa, è per loro se nonostante le offerte di lavoro che mi avrebbero permesso di avvinarmi ai miei, ho scelto di restare a Macerata».
Dopo lo scoramento iniziale dovuto al forte impatto psicologico, la giovane infermiera ritrova il coraggio e si dice che questa esperienza in terapia intensiva e subintensiva – mai provata sino a quel momento – sarà qualcosa che arricchirà il suo curriculum professionale e che comunque non sarà per sempre. «Sono stata tra i primi ad entrare nel modulo, mi sentivo straniata, non riuscivo a respirare sotto tutti quegli strati di roba, avevo caldo, la visiera era già completamente appannata e nella testa girava un solo pensiero: “Ma come faccio a resistere un mese qui?”». Già perché le avevano detto che sarebbe stato momentaneo, che dopo un mese sarebbero tornati nei reparti di appartenenza ma quel tempo è già passato perché il virus corre, corre più veloce del tempo. Sebbene Martina Marinelli non sappia quando tutto questo finirà, di una cosa è certa: «Chi vive a contatto con il Covid non potrà mai dimenticare esattamente come un soldato porterà sempre dentro di sé gli orrori della guerra».
Il 26 ottobre con l’impennata dei contagi della seconda ondata il Covid Hospital viene riattivato e la notte successiva Martina Marinelli svolge il suo primo turno in quella che chiamano “astronave”. «Appena entrata nel modulo per i primi dieci minuti sono entrata come in una bolla, temevo di non reggere, ero entrata in panico sotto quelle protezioni – spiega l’infermiera a Cronache maceratesi – poi ho imparato che se riesci a restare calma e non farti prendere dal panico superi l’impatto. Ci si abitua a respirare attraverso le Ffp3 per 7 o 10 ore al giorno e ti rendi conto che “quella fame d’aria” è esattamente la sensazione che provano i pazienti che hanno difficoltà a respirare». Quel suo primo turno quella notte in cui quell’uomo sulla cinquantina le ha stretto la mano chiedendole aiuto Martina lo ricorderà per sempre perché i segni sul volto passano ma i ricordi no. «Qualche ora dopo essere stato intubato, sono stata io a rispondere alla moglie che alle 6 di mattina, in lacrime, aveva telefonato perché non aveva più sentito il marito per telefono- racconta commossa la professionista teramana- pensate al senso di impotenza che si può provare nello stare a casa ad aspettare una chiamata, all’agonia in attesa di quel messaggio che dice “tutto ok” che non arriva mai, alla paura che l’ultimo abbraccio che hai dato all’amore della tua vita non sia stato così forte come avresti voluto e il pensiero di non poterlo fare mai più. No, non possiamo minimamente immaginarlo». Da quella prima notte che ha solcato per sempre la memoria di Marinelli, tanti altri turni si sono susseguiti e altri ne arriveranno e ogni volta confessa: «Ti porti dentro il ricordo di tante storie, di tanti dolori e talvolta anche di felicità». Esattamente come quando quel paziente intubato è stato risvegliato, dopo che i suoi polmoni erano stati messi a riposo. «C’ero ancora io quando è stato riportato nel modulo subintensivo, ed è stato a me che l’uomo ha chiesto di prendergli il cellulare spento da giorni per farfugliare tra le lacrime e sorrisi: “Oh, sono tornato”. Ora è a casa». I crolli psicologici e le paure del primo momento lentamente cedono il passo al coraggio. Al Covid Hospital di Civitanova ci si fa forza sostenendosi a vicenda tra pazienti e personale sanitario, Martina Marinelli non si sente un’eroina, crede di non aver fatto nulla di straordinario: «Stiamo semplicemente facendo il nostro lavoro perché lo abbiamo scelto. Mi sento orgogliosa, questo si – ci dice a conclusione mentre si prepara al turno di questa notte- vorrei poter sensibilizzare chi non immagina nemmeno cosa accade lì dentro e nega il virus senza rispettare le precauzioni».
Forza ragazzi
Purtroppo c'è ancora chi non capisce o non vuol capire!
Una sola parola: GRAZIE
Certe cose le comprendi quando le vivi sulla tua pelle
Un abbraccio di vero cuore...siete la nostra speranza...coraggio...
Grazie x tutto ciò che fate e aggiungo dicendo a chi avesse ancora qualche dubbio di leggere anche due volte questa testimonianza ...
Grazie di x ciò che tu e tuoi colleghi fate !!! Il Signore ve ne renderà merito !!!
Grazie x tutto ciò che fate e x il cuore che ci mettete... chi è malato è solo e voi siete i loro angeli
Fa finta di non capire perché la spavalderia a volte si paga.cara perciò portate la testa.
Grandissima
Un forte abbraccio x quello che fate... Grazie grazie
grazie!
Grazie per cio che fate.
Forza
Grazie di tutto quello che fate
Brava Martina grazie a te e tutti i tuoi colleghi
Forza
Ci vuole un gran cuore x fare il vostro lavoro
Siete tutti eroi date la vostra vita per tutti BRAVISSIMI
Certo, in trincea al covid center, come se la chirururgia da dove veniva era una passeggiata! Forza collega, resisti sempre!
Brava
Grazie tesoro x ciò che fai !
grazie
Forza ragazzi
QUESTO PERSONE CHE STANNO SEMPRE IN GIRO CON TANTE PERSONE CHE STANNO MALE DOBBIAMO SOLO DIRGLI GRAZIE PER X ESSERE UMANI CON CHI STANNO MALE SOLO CHI SI TROVA PUÒ COMPRENDERE E CAPIRE GRAZIE DI VERO QUORE.....
Grazie a voi tutti per ciò che fate e soprattutto per l'affetto e la tenerezza che manifestate a quanti stanno soffrendo . Noi purtroppo non possiamo aiutarvi se non rispettando le regole e facendovi pervenire la nostra gratitudine. Noi e voi insieme ce la faremo!
Grazie per quello che fate
Brava Martina grazie a te e a tutti i tuoi colleghi
Che dire!!!!! Solo GRAZIE, ma non solo noi dovremmo ringraziarvi ma lo Stato dovrebbe rimunerarvi x il vostro lavoro difficile che prestate. Grazie sorelle e fratelli che Dio vi benedica in ogni momento
Grazie Martina con il tuo cuore e con quei magnifici occhi sarai il conforto di tutti i malati
Buongiorno Grazie, per tutto quello che state facendo e che farete sempre
Provo grandissima stima per il lavoro che state svolgendo!!!!!!!
Grazie Martina ed anche a tutti coloro che svolgono questo lavoro ..Siete delle persone speciali alla quale devo tutto la mia riconoscenza...Un caro abbraccio ...Grazie di cuore
Semplicemente Grazie a tutti voi in prima linea
Certo, in trincea al covid center, come se la chirurgia da dove veniva era una passeggiata! Forza collega, resisti sempre!
Grazie che il Signore vi benedica!!!!
Grazie
Avanti tutta!!
Grazie a tutti voi
Grazie Martina , per quello che fate x noi . Sono 19 giorni che mi curate prima al pronto soccorso di Civitanova , adesso a Camerino . Vi portero sempre nel mio cuore .!!!
Voi siete i veri eroi.
In bocca al lupo
Grazie a tutti voi per quello che fate
Grazie a questa ragazza ed a tutti quanti nella sanità si stanno adoperando provando sulla loro pelle la necessità di comportamenti rigorosi da parte di tutti per sconfiggere il più rapidamente possibile il Covid. Da condannare, senza se e senza ma, il comportamento di chi, in tutte le sedi, opera per far disattendere il rigore ed il rispetto delle regole. C'è oggi un altro articolo sul Covid e leggere i commenti che ci sono fa venire i brividi. https://www.cronachemaceratesi.it/.../stop.../1473100/...
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Forza, siete le colonne portanti della Sanità, vero siete dei militari che combattete una guerra contro un fantasma pericoloso, questo è la cosa più brutta, non conoscete il nemico, ma sapete la sua pericolosità, FORZA INFERMIERI SIETE GRANDI SEMPRE IN PRIMA LINEA PER AMORE DEL MALATO.
Quanto ho letto mi ha commosso. Oltre alla delicatezza dell’intervento professionale, al pericolo che comporta, c’è il peso dell'”armatura” che leva il respiro e impedisce i movimenti, e soprattutto impedisce all’ammalato di avere quel contatto visivo che aiuta a sperare mentre si soffre e si teme di morire.
Quando io sono stato ricoverato all’UTIC percepivo quei trenta secondi di abbattimento di quegli infermieri che intervenivano veloci per salvare la vita a quell’ammalato di cuore e che fallivano. Anche professionalmente non ci sia abitua alla sofferenza e alla morte dell’ammalato… Un medico e un infermiere scelgono quella professione per salvare la salute e la vita. La morte è una sconfitta pure per loro.
Solo da due giorni ho preso una maggiore consapevolezza di cosa sia questo Covid… Quindi, dobbiamo seguire gli esperti e il personale sanitario quando ci indicano come comportarci. E’ un dramma mondiale molto pericoloro non solo per la salute e la vita, ma pure per il convivere civile.
Sento, giustamente, l’ammirazione che la gente esprime verso questi medici e questi infermieri. Il giusto riconoscimento dovrebbe essere dato anche in denaro e carriera, come avviene nei reparti commando della guerriglia, dove il nemico è spesso invisibile, ma puoi sapere dov’è. Il Covid non sai dove sia… Mi piace dire che io considero medici e infermieri dei “santi” nel significato più vero della parola. Sì, eroici santi e sante, come la nostra bellissima Martina. Che mi piacerebbe avere come figlia.