Andrea Fazzini
In vista della manifestazione del 30 ottobre ad Ancona, in piazza del Plebiscito, il Coordinamento Artisti della scena Marchigiana (C.A.M.) alza la voce dopo aver visto interrotta l’attività culturale del paese. Se ne fa portavoce anche Andrea Fazzini, direttore del Teatro Rebis. «I lavoratori dello spettacolo ancora attendono il “ristoro” economico, peraltro misero, di giugno e luglio. Dalla riapertura dei teatri, anche qualora siano riusciti a riprendere l’attività lavorativa, molti lo hanno fatto col contagocce, in condizioni strazianti per chi fa della relazione il senso ultimo della propria arte. Ma ciascuno ha provato a ripartire, prestando estrema attenzione ai protocolli sanitari, ricalibrando l’organizzazione dei progetti e riprendendo ad immaginare – esordisce il comunicato dell’associazione -. Questo è quanto non può essere ristorato, non trova sollievo: la ferita dell’Immaginario, lacerato da una politica allo stesso tempo miope, perché non comprende la gravità del reato culturale che sta commettendo, e presbite, perché non prende atto dei numeri che certificano un’incidenza del virus pressoché nulla nei luoghi dello spettacolo. È inaccettabile che ora i teatri, i cinema, i centri culturali vengano chiusi, mentre le chiese, gli stadi, i centri commerciali rimangano aperti. Il pragmatismo delle scelte politiche non dovrebbe mai trascurare il valore simbolico che le accompagna inevitabilmente, a maggior ragione se si tratta di arte, cultura ed educazione».
Il Coordinamento Artisti della scena Marchigiana giunge all’appuntamento di venerdì a seguito di un percorso durato mesi, ma lamenta l’assenza di risposte ricevute. «Da mesi si sono formati gruppi autonomi di artisti, tecnici e maestranze, uniti allo scopo di modificare la legislazione del settore dello spettacolo dal vivo, sia a livello regionale che nazionale. Siamo tanti, siamo tutti. Nelle Marche, C.A.M. ha inviato nei mesi scorsi in Regione un documento, inizialmente firmato da 150 professionisti, con proposte molto specifiche e la richiesta dell’apertura di un tavolo di lavoro condiviso. Nessuna risposta – ribadiscono gli artisti e i tecnici marchigiani -. Chiediamo all’attuale Assessore alla Cultura della regione Marche la disponibilità ad aprire il prima possibile un tavolo di concertazione con i lavoratori dello spettacolo per recepire le nostre richieste. Chiediamo inoltre che si faccia pressione presso il Ministero della Cultura, affinché si riaprano i teatri e le scuole di formazione artistica, così che un intero comparto di professionisti possa tornare a svolgere il proprio mestiere, continuando ad assolvere la funzione irrinunciabile che storicamente gli è riconosciuta: quella di officianti di un rito comunitario – conclude Andrea Fazzini, a nome del Coordinamento Artisti della scena Marchigiana -. Occorre rilanciare, proprio ora, pretendere che i teatri vengano concepiti per quello che sono, spazi sacri della laicità, e dunque salvaguardati e aperti alla comunità, soprattutto nei momenti di estrema crisi sociale, e pretendere che le modifiche delle condizioni lavorative di chi dedica la vita a questa vocazione vengano assunte subito, entro la fine dell’anno, senza lungaggini, senza tentennamenti, senza lacci amministrativi. Ce lo chiedono gli spettatori, ce lo insegna la storia, ce lo impone la nostra dignità».
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“Una civiltà è tanto più grande quanto lo sono i suoi sogni. E questi sogni sono sognati dagli Artisti”… Non è una mia originazione, ma di L. Ron Hubbard, fondatore di Scientology. Non possiamo non dargli ragione… E stato vero nei millenni passati, lo è vero oggi e sarà vero anche domani.
Gli Artisti del teatro e del cinema non ci danno solo “fiction” di evasione. Gli attori teatrali, ad esempio, fanno un’opera di educazione culturale e psicologica alla “comunicazione”, soprattutto con i bambini.
Chiudono i teatri? Perchè allora, per lavori adatti all’ambiente ospitante, tenendo conto delle regole anti-covid, non vengono fatti lavori teatrali negli edifici sacri, come le chiese?
A Corridonia, si esibiscono da tempo organisti, cori, e musicisti di valore. Nel Medioevo, prima che si costruissero i teatri laici, le chiese presentavano ai fedeli rappresentazioni sacre. Nella mia giovinezza (prima degli anni ’70 del passato secolo) partecipavo a “qualcosa” come le antiche rappresentazioni sacre, con la chiesa piena di pubblico.
Non credo che le forze politiche avrebbero qualcosa da ridire se lavori teatrali venissero fatti nelle chiese, fino a che saranno aperte al pubblico. Sempre con l’accordo dei chierici…