Il questore Antonio Pignataro e il commissario capo Maria Abbate che dirige la Squadra mobile di Macerata durante una conferenza in seguito a sequestri di cannabis light
di Gianluca Ginella
Sentenza cannabis light, alcuni penalisti tentano una interpretazione e commentano ciò che ad oggi si sa della scelta della Cassazione a sezioni unite (per ora c’è solo il dispositivo della sentenza ma mancano le motivazioni e per quelle potrebbe non bastare un mese) che si è espressa giovedì sulla questione della vendita di prodotti a base di canapa con contenuto di thc.
Due, a quanto pare, i bersagli centrati dalla sentenza: la cannabis light rientra nel Dpr 309/90 (quello sulla droga) e non nella legge relativa alla coltivazione. Il secondo è che non si può vendere se ha un contenuto drogante. Tra i gli avvocati penalisti della nostra provincia c’è chi ritiene che comunque non starebbe alla Cassazione dare un parere. Lo dice ad esempio l’avvocato Gianfranco Formica: «E’ grave che in Italia debba essere il giudice a decidere su un tema che invece è di tutta competenza del legislatore. Ripeto, ritengo grave che in assenza di una iniziativa di legge debba essere la magistratura a dare risposte ai problemi che via via si pongono».
Secondo l’avvocato Giancarlo Giulianelli «per un intervento di quel genere ci vuole il legislatore. Dire se una norma è legittima o non lo è semmai spetta alla Corte costituzionale.
Se ad esempio una legge andasse a violare un principio, come quello del diritto alla salute, allora toccherebbe alla Corte costituzionale esprimersi. I giudici non possono dire che una cosa è vietata se la legge non lo scrive. Questo in linea di massima, poi non conosciamo le motivazioni».
«C’è una chiusura notevole e ritengo che chi ha quel tipo di negozi non potrà più vendere quei prodotti. Finora c’era stata un’apertura verso questo tipo di attività, ora è cambiato con questa sentenza – dice l’avvocato Paolo Carnevali –. Secondo me l’infiorescenza non si può più vendere.
Anche pensando che il principio drogante sia di 0,5 di thc. Io venditore come faccio ad essere certo se il prodotto che vendo sarà sotto quel tasso? E’ rischioso vendere quel tipo di prodotti». «Da quel poco che si capisce certamente i negozianti secondo me non stanno tranquilli, anche se non sta negli scaffali destinati alla vendita se nel magazzino hanno merce che supera la soglia di 0,5 di thc – dice l’avvocato Giovanni Bora –. La sentenza ha rafforzato la tesi della procura. Non è vero che non ha deciso niente, ha messo un punto fermo. Dice che non basta che si chiami canapa light ma che il contenuto sia veramente light e non superi la soglia per essere chiamata stupefacente. La Cassazione ha detto che il principio attivo è il discrimine. La chiarezza l’ha fatta. Il limite ritengo sia lo 0,5, come indicato dal Dpr 309/90».
«La normativa 242 del 2016 disciplina la coltivazione della marijuana entro determinati limiti: da 0,2 a 0,6 – dice l’avvocato Domenico Biasco –. Introdotti da quella normativa dicono al coltivatore che il principio deve mantenersi in quel range e questo consente la coltivazione per sfruttare la materia prima per tutta una serie di attività. Ma non è stata mai autorizzata la vendita della cannabis, ancorché definita light, per scopo, diciamo, ricreativo. C’è il limite del Dpr 309/90 che vieta la vendita di stupefacenti.
Mi dispiace che questo inghippo debba essere risolto dalle sezioni unite. Normativamente il ragionamento giuridico è: la legge sugli stupefacenti è una legge speciale, può una legge che disciplina l’attività dell’agricoltore derogare una legge che dice che è vietata la vendita. No, non può. Una legge speciale per essere abrogata ha bisogno di un’altra legge di pari valenza e che va in senso opposto».
«La Cassazione ha ribadito che la cannabis light ha una proprietà drogante quindi in ogni caso lede il diritto alla salute e come tale non può essere commercializzata – commenta l’avvocato Luciano Pacioni -. Ritengo questa sentenza uno spartiacque. Attendo comunque di leggere le motivazioni». «Ritengo che la Cassazione debba fare la Cassazione – commenta il legale Gian Luigi Boschi –. È un problema del legislatore. Bisogna vedere le motivazioni. Almeno che non ci siano problemi di costituzionalità e allora toccherebbe decidere alla Corte costituzionale.
La trovo un’invasione di campo ma non è la prima volta che succede». L’avvocato Gabriele Cofanelli allarga il discorso su una questione più sociale visto che manca la motivazione della sentenza. «Una doverosa premessa – dice il legale – nel senso che qualsiasi sentenza prima di essere valutata dovrebbe essere oggetto di una accurata disamina e ciò, soprattutto, ove si controverta su di un tema che necessariamente coinvolge l’intera collettività giovanile.
Personalmente ritengo – aggiunge Cofanelli – che “mascherare” una cessione potenzialmente illecita non solo nei confronti della privata salute ma che potrebbe estendere la propria diffusione all’interno degli stessi rapporti sociali e relazionali giovanili, comunque sempre più coinvolti da tali problematiche, non possa essere condivisa e non dovrebbe essere in alcun modo assecondata».
La sentenza a sezioni unite nasce da un sequestro di 13 chili di prodotti effettuato ad Ancona. Il tribunale del Riesame aveva revocato il sequestro e la procura dorica (che aveva operato insieme alla procura di Macerata) aveva fatto ricorso in Cassazione. Vista una pronuncia differente su di un caso a Prato, è stato deciso di tentare di dare un indirizzo con una sentenza a sessioni unite. I primi sequestri e le prime sospensioni di attività di negozi che vendono cannabis light erano avvenuti a Macerata e disposti dal procuratore Giovanni Giorgio e dal questore Antonio Pignataro.
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Sarebbe anche da chiedere a otto medici un parere sugli effetti della cannabis sulla salute psico-fisica.
Claudia Mori – Buonasera Dottore (1975) – https://www.youtube.com/watch?v=wmod3ybPy0I
…parere o non parere, sono decenni che la scienza sa perfettamente che la cannabis fa male alla salute psico fisica, la scienza fatta, ovviamente, da dottori seri. gv.
Nessuno ha posto in evidenza che la merce venduta non può, per legge, essere fumata.
In Italia la ”cannabis light” è vendibile solo per collezione e non è idonea alla combustione (non si può fumare, inalare o ingerire) e questo è ben scritto sulle confezioni (non adatto alla combustione ma solo per scopo collezionistico).
In questo modo, pur contenendo una percentuale di thc, è stato possibile immetterla legalmente sul mercato.
Logicamente gli acquirenti hanno legalmente acquistato la cannabis con il chiaro intento di fumarla come avviene con la cannabis illegale.
Sicuramente l’effetto psicotropo è più leggero ma esiste in ogni caso ed anche i suoi effetti negativi.
A mio parere, si è dovuto intervenire perché la vendita legale permette di acquistare la cannabis senza i rischi di incorrere nelle sanzioni del dpr 309/90 ma non c’è una legge che ne autorizza l’uso ricreativo. tommyg
Per Vallesi. La scienza sa anche che il fumo delle sigarette fa male e poiché proibire il fumo è per più che ovvi motivi praticamente impossibile ecco, forse, il motivo per cui il ‘potere’ non va giù diritto e netto a proibire la cannabis.