di Fabrizio Cambriani
Visto dal di fuori si trattava di un semplice incontro conviviale come se ne fanno tanti in giro per il territorio. Invece, per una serie di ragioni, si è trasformato in una potenziale bomba pronta a esplodere. E a lasciare il segno. Quella di venerdì scorso, organizzata dal comitato per la tutela dell’ospedale Bartolomeo Eustachio di San Severino, è stata molto di più che una cena di rappresentanza. In presenza delle autorità settempedane, con in testa la sindaca Rosa Piermattei, si sono saldate le posizioni delle opposizioni in consiglio regionale. Un fronte comune contro le politiche della Regione in materia di sanità, con la benedizione dei parlamentari di Lega e di FdI. In particolare, per contrastare il progetto dell’ospedale unico di Macerata. Che costerebbe al contribuente, solo in fase di progettazione, oltre 230 milioni di euro. Ma che, nel frattempo, sta impoverendo in termini di servizi e personale gli altri piccoli ospedali sparsi per la provincia. La proposta alternativa del comitato è quella di utilizzare le stesse risorse per i nosocomi già presenti, così da potenziare e migliorare la qualità delle prestazioni. Un’osservazione che non farebbe una piega e che, depurata da ogni strumentalizzazione di campanile, troverebbe l’approvazione di ogni buon padre di famiglia. Ma siccome la politica ha delle ragioni che solo la politica comprende, la giunta regionale va avanti per la sua strada come un rullo compressore, ignorando le osservazioni dei territori.
Luca Ceriscioli
Il dato a mio avviso interessante, emerso nella riunione di venerdì scorso, è che la Regione ha perduto, agli occhi di questi amministratori locali, perfino lo status di interlocutore. Il governo regionale, oggi per loro, è solo un nemico da combattere. Senza confronti, né discussioni. Significativo al riguardo, un passaggio nell’intervento del sindaco di Cingoli ed ex parlamentare di Forza Italia, Filippo Saltamartini: «Ho chiesto ripetutamente un incontro al presidente della commissione regionale sanità, mi ha risposto che con i sindaci, lui non ci parla». E nelle parole del sanguigno e popolare amministratore non c’era affatto rabbia. Solo un’amara presa d’atto di questa distanza ormai siderale che divide i vari livelli amministrativi che poi, ripensandoci, costituiscono la Repubblica Italiana. Credo sia la prima volta che questo accada. E che, almeno per quanto riguarda la sanità, il vero motivo sia l’assenza totale di una linea politica da parte di chi amministra la Regione Marche.
Filippo Saltamartini durante la cena di San Severino
Lo scorso 14 gennaio è andata in onda una delle pagine meno commendevoli del consiglio regionale. Una sassaiola di mozioni che riguardavano decisioni da prendere per i numerosi ospedali disseminati sul territorio regionale che dicevano tutto e tutto il loro contrario. Consiglieri del Pd costretti a ritirare la propria proposta, costretti a nascondersi prudentemente nei corridoi laterali per non affrontare lo sguardo di sindaci e cittadini imbufaliti. Ma corsi lì apposta e con tante aspettative a difendere il proprio ospedale. Una giunta che si scontrava con la propria maggioranza e si rinchiudeva, per quasi due ore, nella saletta riunioni per trovare l’improbabile quadratura del cerchio. Una quadratura partorita dopo estenuanti mediazioni, che rimandava ancora una volta, a tempi migliori, tutti i problemi mai risolti. E che anzi, ne aggiungeva alla lista, altri di portata sempre maggiore. Nel frattempo, la mancanza di una politica sulla salute chiara, definita e condivisa ha portato il presidente e assessore alla sanità Ceriscioli (il doppio incarico è un’altra, unica aberrazione) a una comunicazione unilaterale che non prevedeva alcun confronto con gli amministratori locali. Evitando ogni forma di confronto – ricorrendo, anzi talvolta minacciando l’utilizzo degli algoritmi matematici – ha smesso di fare il suo mestiere di politico che si offre al dibattito anche se aspro e affronta di petto le sue responsabilità. Del tutto immemore di come meno di venti anni fa a Camerino, l’allora assessore regionale alla sanità Peppe Mascioni, assieme al suo direttore sanitario, rischiarono addirittura di prendere le botte. Però non rinunciarono a esporre le proprie ragioni in un infuocato confronto pubblico.
Il Consiglio regionale
Oggi, la giunta Ceriscioli, con il suo atteggiamento centralista e sordo a ogni osservazione, ha innescato un pericoloso cortocircuito nella democrazia rappresentativa: ha perso ogni autorevolezza e credibilità agli occhi della stragrande maggioranza degli amministratori; non ha più nessuna copertura politica da parte dei sindaci del Partito Democratico, che ostentatamente prendono le distanze dalle sue scelte; a meno di un anno dalle nuove elezioni, è riuscita a unire il fronte delle diverse opposizioni, mettendosi e mettendo la sua intera maggioranza con le spalle al muro. Il tutto senza dare, in quattro anni di governo, una risposta concreta alle millantate promesse elettorali in materia di salute al cittadino. Viceversa, sul fronte dei partiti di opposizione al governo regionale, si registra una vivace e dinamica partecipazione. Si coinvolgono comitati e associazioni, si convocano assemblee di cittadini per iniziative su temi più diversi, con la presenza di parlamentari e amministratori locali. Si fanno tutte quelle attività, insomma, che il centrosinistra ha smesso da tempo di fare. E il vuoto in politica, si sa, viene presto riempito da chi sa tessere meglio la propria tela. Ecco perché nella cena di venerdì ho letto, sia pure in filigrana, le prime mosse di un avvicendamento politico storico nei palazzi della Regione Marche.
Negli ospedali manca personale medico e infermieristico ci sono liste d'attesa troppo lunghe in particolare per alcune specialità. Anziché fare una nuova cattedrale senza prete formate i preti e dategli la possibilità di lavorare con gli strumenti necessari.
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Cittadini e commentatori si erano già accorti da un bel pezzo di Ceriscioli e la sua natura di sfascia sanità e incompetenza in tutto il resto tipo emergenze in caso di terremoti per uomini e animali. Stare ancora a Parlare di Ceriscioli fa piacere solamente perché adesso che ognuno ha capito finalmente quello che dovevano capire già da qualche anno e soprattutto mi riferisco ai sindaci che si sono visti chiudere o smembrare gli ospedali dei cittadini che amministrano, il governatore vede che gli sta franando tutto addosso. Però ancora non molla anche se qualche sbandamento, chiamiamolo politico comincia ad averlo. Si è fissato di incostituzionalità nel decreto di sicurezza per quel che concerne i migranti e scrive alla Consulta mentre i nostri Sibillini sono ancora e forse lo saranno per sempre strapieni o stravuoti di migranti locali.
Sponsorizzato apertamente in campagna elettorale da aziende della sanità privata, Ceriscioli come assessore alla sanità (pubblica) non è stato credibile sin dall’inizio.
Col passare del tempo, ed assistendo ai continui disastri della sanità pubblica (che rappresenta l’80% della spesa regionale), disastri voluti accanitamente per favorire appunto la sanità privata, la maggioranza dei marchigiani, compresi molti di quelli che nel 2015 lo hanno votato, è passata dalla poca credibilità riconosciuta all’ineffabile governatore (il cui braccio destro in materia – non dimentichiamolo – è la cosiddetta esperta economica Sara Giannini, consulente di fiducia lautamente pagata) alla disistima più totale.
Dopo il clientelismo a piene mani nella scelta di tutti i vertici dele varie zone dell’Asur e nella scelta dei primari, ora il prossimo obiettivo sono i grandi appalti per gli ospedali unici (si fa per dire, perchè per Pesaro vale una regola diversa), voluti e perseguiti solo per favorire gli amici e gli amici degli amici, togliendo nel frattempo risorse e personale agli ospedali esistenti, ai danni della collettività marchigiana sempre più esterrefatta.