di Gianluca Ginella
Frasi choc del vicesindaco Fausto Troiani, la Digos ha completato gli accertamenti espressamente richiesti dal procuratore. Al vaglio del procuratore se vi siano ipotesi di reato perseguibili d’ufficio nelle frasi scritte da Troiani su Facebook, sia in base alla normativa sulla repressione delle condotte compiute per motivazioni razziste o xenofobe, sia per quella a tutela del pontefice. Troiani in un’intervista rilasciata ieri Cronache Maceratesi si è difeso dicendo che le frasi non erano sue ma le aveva trovate in giro sul web e si era scusato se qualcuno si era sentito offeso.
La Digos di Macerata, diretta dal vice questore Maria Nicoletta Pascucci, ha completato gli accertamenti preliminari, che erano stati urgentemente richiesti dal procuratore Giovanni Giorgio in merito alle frasi che il vicesindaco di Civitanova, Fausto Troiani, aveva scritto su Facebook. Tra queste c’erano frasi come «Merkel culona inchiavabile», «Macron diversamente maschio, negrofilo», «Moscovici ebreo rinnegato». Altre frasi, riportate da Cronache Maceratesi, erano più risalenti nel tempo ed erano rivolte alla Littizzetto («ammazzatela sto cesso»), alla Kyenge: («rimane negra») ed altre al procuratore di Milano Bocassini, all’ex presidente della Camera, Boldrini («cesso»), ai giornalisti Gad Lerner e Lucia Annunziata ed all’attrice Sabrina Ferilli.
Su richiesta del procuratore, nei giorni scorsi Troiani è stato sentito dalla Digos e ha reso dichiarazioni spontanee sulla vicenda. Il procuratore, ricevuti gli atti puntualmente eseguiti dalla dirigente della Digos della questura di Macerata, ora sta valutando se vi siano ipotesi di reato perseguibili d’ufficio. Una delle valutazioni è se vi siano frasi diffamatorie a sfondo razziale. Altra valutazione è sulla frase rivolta a papa Francesco. Troiani sul pontefice aveva scritto «Per non parlare di Francesco e del suo staff di pedofili». Se la diffamazione a capi di Stato esteri è un reato che è stato abrogato, non lo è quella al Pontefice che, in base all’articolo 8 dei Patti lateranensi, è equiparato al presidente della Repubblica, quale possibile parte lesa per il reato di (offesa all’onore ed al prestigio del Presidente della Repubblica), per cui è prevista una pena da uno a cinque anni di reclusione. Per quanto riguarda la diffamazione semplice, aggravata perché compiuta su Facebook, che è equiparato ad un comune giornale on line, perché leggibile da tutti, in quel caso per procedere è necessaria la querela – entro tre mesi dalla notizia del fatto – che deve essere sporta dalla persona che è stata offesa.
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…mah..chissà, se invece del Papa avesse preso di mira Maometto, probabilmente a quest’ora lo avrebbero fatto già fuori..!! gv
Sembrerebbe una contraddizione inquisire un fascista in nome dei Patti Lateranensi… La Rochefoucauld si è fermato a Villa Potenza?
Prima ancora di parlare degli argomenti trattati beceramente da questo signore, è possibile che nel 2018 uno che vuol ricoprire un ruolo istituzionale non capisca che non può sproloquiare, e tanto meno su un social?
Dilettanti dal saluto romano allo sbaraglio
Per Filippo Davoli. Concordo e aggiungo che a volte alcune persone, che eventualmente hanno ragione da vendere, passano o rischiano di passare dalla parte del torto perché offendono (improvvidamente) l’avversario. Una persona che rischia in tal senso è Salvini. Insomma se uno sa di avere ragione che bisogno ha di offendere?
per Aldo Iacobini. Viviamo in un Paese dove purtroppo, da Funari in poi, chi urla di più vince. Tv docet. Dove manca l’urlo, sopraggiunge rapida la maleducazione, la parolaccia gratuita, l’ignoranza, la battuta greve, la cafonaggine eletta a programma di vita.
Adesso quel signore dice che non voleva offendere nessuno, ma in realtà ha offeso la propria dignità: e questo, per i miei gusti, potrebbe già bastare.