di Fabrizio Cambriani
La politica è una scienza esatta. Nonostante accelerazioni, brusche virate e stop repentini, resta sempre una scienza esatta. Nulla accade mai per caso. Sarebbe bastato osservare da vicino quanto accaduto, negli ultimi, convulsi giorni, qui da noi, nelle Marche. Dove, da Roma, sono stati decapitati, con deciso colpo di sciabola, sia i vertici del Partito Democratico che quelli di Forza Italia. Le due principali forze politiche regionali. Per far posto al nuovo corso rappresentato rispettivamente dal saccente – televisivamente parlando – sindaco di Pesaro, Matteo Ricci e dal rampante responsabile nazionale degli enti locali, Marcello Fiori che con il tatto di un elefante in una cristalleria ha spaccato tutto il partito. Che già si reggeva di suo su equilibri precari. Il risultato è stato catastrofico: un Pd ridotto al lumicino e Forza Italia che non raggiunge nemmeno la soglia delle due cifre. Perfino i più pessimisti non si sarebbero mai azzardati a ipotizzare una Caporetto nelle storiche roccaforti rosse del pesarese e dell’anconetano. Invece, pure lì, il tracollo. Un bagno di sangue che cancella, in un colpo solo, storie e tradizioni. Un’onda lunga e inarrestabile che trasforma in giallo 5 Stelle quel consolidato rosso democrat che però si stava via via, sempre più sbiadendo. Nella totale incuranza di un’intera classe dirigente che ogni volta ha anteposto il suo piccolo interesse, rispetto alle complesse difficoltà di una intera regione oramai in affanno. Prima sociale, poi economico.
Comi, segretario regionale del Pd con il governatore Ceriscioli
Un gruppo dirigente che, a fronte dei numerosi e clamorosi campanelli di allarme, non ha voluto o saputo interrogarsi sull’attualità e validità della sua proposta politica. Mai, da tre o quattro anni a questa parte, si è trovato il tempo per analizzare errori e correggere eventualmente la rotta. Esemplare è la vicenda del terremoto. Mentre l’universo mondo supplicava i vari governi di cambiare radicalmente impostazione, tutto il Pd, nella ridotta dei loro piccoli incontri sui territori, si beava e magnificava le proprie gesta. Il risultato sono questi numeri incredibili e impietosi che li travolgono. Comi, che a differenza di Ceroni è ancora in carica come segretario regionale, dovrebbe trarne subito le conseguenze e anticipare la scadenza del suo mandato, ormai agli sgoccioli. Nel centrosinistra finisce una fase iniziata nei primi anni Novanta con l’elezione diretta dei sindaci e non sono sicuro che se ne possa aprire un’altra. Anche se la politica non finisce mai e sempre si rigenera, questa è una sconfitta epocale che registra anche la debacle di Liberi e Uguali. I sedicenti eredi dell’Ulivo di Santagata, per dire, raccolgono un misero 0.6%. Una crisi che viene da lontano e che investe tutto il continente. E però, nonostante le lezioni che man mano arrivavano ai partiti socialisti di altri Paesi, nessuno ha avuto nemmeno il buon senso elementare di farne tesoro per porvi rimedio. Tutti a scimmiottare gli errori degli altri, invocando modelli poi bocciati dai loro stessi elettori, poi dalle circostanze oggettive. Fino al collasso definitivo di domenica 4 marzo. Il prossimo, delicato banco di prova saranno le comunali di Ancona. Se crollerà pure il capoluogo, per il centrosinistra, non vedo più nessuna speranza per le regionali del 2020, che sin da oggi sono già ampiamente a rischio.
Marcello Fiori, Forza Italia
Dalle parti del centrodestra non funziona più il carisma del grande imbonitore. L’invecchiato e visibilmente stanco Berlusconi somiglia a Bendicò, il povero cane impagliato del Principe di Salina, che viene impietosamente buttato in un angolo del cortile che l’immondezzaio visitava ogni giorno perché tarlato e polveroso. La Lega di Salvini vince la sfida interna e sommando i propri voti a quelli della destra di Fratelli d’Italia, archivia definitivamente le grisaglie moderate dei forzisti, per far posto alle più comode, ma anche simboliche felpe leghiste. Tra l’altro nel nostro territorio abbiamo assistito a condotte incomprensibili anche da parte degli stessi candidati forzisti. La Pantana, ad esempio, che in veste forcaiola cavalca la tigre della sicurezza, contro l’immigrazione clandestina offre su di un piatto d’argento – specialmente dopo i fatti di Macerata – il primato ai leghisti. Che nel capoluogo, infatti doppiano comodamente il suo stesso partito. Il saldo a consuntivo di Forza Italia è il minimo sindacale di tre parlamentari “stranieri” contro un più consistente bottino leghista autoctono. Il che inciderà non poco pure sui futuri equilibri per le prossime elezioni regionali. Non a caso da Ascoli è immediatamente partita la guerra intestina tra Castelli e Celani che vorrebbe mettere in discussione la futura leadership del sindaco. Il Movimento 5 Stelle, come accade di solito in queste circostanze, riempie il vuoto politico che i partiti storici – con la loro colpevole inazione – hanno creato. Il loro, piaccia o no, è stato un percorso molto più lineare e coerente rispetto a quello dei loro concorrenti. Fanno il pieno di parlamentari che rappresenteranno le Marche nella diciottesima legislatura. Tutto sono fuorché i nuovi barbari che porteranno ad abbeverare i cavalli fino in piazza San Pietro. Hanno, per il 50% di quota, la responsabilità del rilancio della regione e della ricostruzione post sisma. Continuare a demonizzarli, dopo questo risultato, non solo non è corretto, ma non conviene nemmeno a nessuno. Un’ultima nota – se mi è consentito – per fatto personale. In questo ultimo anno mi sono spesso occupato, ma anche preoccupato di quella che, almeno secondo me, era una profonda crisi che il Partito Democratico stava attraversando. Mi sono sentito rispondere che ero animato da profondo livore e che tutto quello che scrivevo fosse privo di qualsiasi fondamento. Da oggi parlano i numeri.
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” Anche se perdo non mi dimetto” …ultima bugia del “bomba”!!!
Certi politici sono cosi fuori dal mondo che credono che le persone siano sceme con l’anello al naso…
cari DEM e ci metto preventivamente chi oggi festeggia una vittoria elettorale… attenzione che come diceva Vasco Rossi in una sua canzone ” state attenti,gli spari sopra sono per voi”
Al di là di fattori di livello nazionale, i responsabili della pesantissima crisi del PD marchigiano sono Francesco Comi (per quanto riguarda la gestione puramente personalistica del potere interno) e Luca Ceriscioli (per quanto riguarda la gestione del tutto fallimentare da parte della Regione del terremoto del 2016). E tutti quei militanti e quei dirigenti che omertosamente li hanno lasciati fare sino ad oggi.
A proposito di Remigio Ceroni. Per quel che so e seguito delle vincende interne e fraticide forziste che vanno avanti da anni contro Ceroni in nome di un rinnovamento dirigenziale, senza però produrre ” i nuovi che avanzano” altro che il nulla assoluto visto il risultato nelle Marche, che s’interroghino chi, in questa fase delicata e incerta per Forza Italia già ai minimi storici prima di queste elezioni, se invece la presenza del veterano e fedele senatore Ceroni verso Silvio Berlusconi, avrebbe rappresentato una continuità e quindi dato una maggiore tenuta al Partito rispetto al flop registrato.Ed eventualmente, a risposta data, dimettersi tutti i dirigenti di Partito, dal primo all’ultimo. Fra l’altro, Fabrizio Cambriani, tu sai chi ha preso poi il posto di Ceroni ? O sono andati forse come pecore senza pastore ad elezioni senza un coordinatore regionale?
E un’altra piccola precisazione , Fabrizio, su quanto scrivi, mentre per il resto mi trovi come sempre d’accordo nelle tue analisi. Il Movimento 5 Stelle non ha raccolto stavolta il vuoto dei partiti tradizionali ( quali più poi tradizionali? ) ma il malcontento dei partiti di sinistra, del PD in primis, perché diversamente non avrebbe avuto tanti consensi dall’elettorato di destra che ha le idee rispetto a loro molto più chiare e decise sui temi di politica economica, pensioni, sicurezza, euro, Europa, e che avevano a disposizione una bella terna di partiti da cui scegliere, meno Forza Italia ormai decotta come il suo Presidente. Idee, che loro 5 Stelle cambiano come si cambiano i calzini, ondivaghi come sono su tutto e il contrario di tutto, al fine di intercettare il voto degli scontenti come da mission. Non facciamone degli eroi, ma consideriamoli per quel che sono: dei mezzi scomodi da dover salire per traghettarci in un Parlamento diverso, che però aihmé, è già inficiato dall’estrazione politica dei 5 Stelle, perlopiù di sinistra, per cui al variare degli addendi la somma non cambia. Ci ritroveremo grazie a loro, una maggioranza PD + 5 Stelle, alla faccia dei 2 milioni e più di voti che ha preso la coalizione di centrodestra rispetto a loro che vantano essere il primo partito.