di Fabrizio Cambriani
“Piccola città, bastardo posto…” Così cantava nel 1972, riferendosi alla sua Modena, Francesco Guccini. A cavallo tra la contestazione e gli anni di piombo. Ma “Piccola città, bastardo posto” è un adesivo che oggi si potrebbe applicare pure a Macerata. Perché nella manifestazione di questo freddo sabato pomeriggio l’intera sinistra italiana è definitivamente implosa. Un suicidio annunciato con giorni di anticipo. Fronti contrapposti che non solo non parlano più la stessa lingua, ma si dividono spietatamente anche su quelli che dovrebbero essere i valori comuni di riferimento. Le indecisioni, i goffi tentennamenti sull’opportunità di organizzare la cerimonia sono la lama calda che si infila nel burro. Lo apre. Lo scioglie. Tutto diventa liquido.
A Macerata, il popolo della sinistra perde per sempre i suoi punti di riferimento. Si ritrova imbacuccato, nel vento gelido, nei suoi eskimi verdi (sofisticate repliche degli originali degli anni settanta). Perduto e smarrito nel crocevia delle ideologie da dopoguerra. A testa bassa. Tutto preso a guardare sé stesso. Seguendo il corteo a cui partecipava, attraverso gli smartphone. Arrivano a frotte i manifestanti. Cantano in coro, ma non hanno più bandiere. Non hanno più chiesa. Sofri, la Menapace e Staino portano ormai i capelli troppo bianchi. Tra loro e i tantissimi giovani mancano all’appello almeno un paio di generazioni. Civati e Fratoianni, da soli, non colmano il vuoto. Ciascun manifestante rappresenta sé stesso. Manca pure lo storico servizio d’ordine della Cgil. Omoni di due metri che se provavi a fare qualche sciocchezza ti mollavano un sonoro sganassone. Perché il vero militante deve dare, per primo, l’esempio.
Sfilano ordinatamente nell’ovale delle mura. La città è presidiata dalle forze dell’ordine. L’unico serio pericolo è rappresentato da un bianco pastore maremmano che il padrone trattiene al guinzaglio a fatica. Ogni piccolo varco per il centro è chiuso da mezzi e uomini. Fanno affari solo le pizzerie e i bar di Corso Cavour. Un’umanità varia e affamata che trova ristoro in due pezzi di margherita e una birra. Alla testa del corteo si avvicendano oratori, ma la musica è sempre quella: la rabbia contro Minniti che qualcuno paragona a Kossiga con la K. Manco fossimo nel ’78. Giusto quaranta anni fa. Critiche feroci anche verso il sindaco che aveva chiesto di non manifestare. Il paradosso è che da fuori le mura Carancini incassa gli strali dei manifestanti, ma in consiglio comunale, a breve, dovrà vedersela con la mozione di censura del centrodestra.
Nel cielo grigio, a tratti squarciato da timidi raggi di sole, volteggia l’elicottero della polizia. Dev’essere un colpo d’occhio spettacolare, quella pacifica marea umana vista da lassù. Ma di sotto, con i piedi per terra, le preoccupazioni sono palpabili. Scuotono la testa i dirigenti politici. Percepiscono il disagio. Annusano aria di disfatta. Se ti fermi a parlare con qualcuno di loro ti rendi conto della divaricazione. Tra una sedicente sinistra di governo che ha rinunciato a qualsiasi ideale e quella antagonista che vorrebbe riportare indietro di quarant’anni le lancette dell’orologio. In mezzo, senza bussola, un popolo che, d’improvviso si ritrova apolide. Camminano ignari dietro gli striscioni, giovani e di mezza età. Urlano al cielo parole che il vento freddo di febbraio porta via in un attimo. Anche le nuvole corrono veloci.
Tornano infine da dove sono partiti. E anche questo è segno dei tempi: è la metafora di un girare in tondo. A vuoto. Un macinar chilometri che – come nel gioco dell’oca – ti riporta, nei momenti cruciali della storia, al punto di partenza. Per poi arrotolare mestamente bandiere e striscioni. Non fai in tempo a dire che, tutto sommato, è filata via liscia che gli immancabili cinque o sei idioti, smerdano tutto e tutti con i cori sulle foibe. E allora senti davvero la mancanza del servizio d’ordine della Cgil. Ma anche di qualche salutare e correttivo schiaffone. Di questa manifestazione, mentre il cielo imbrunisce, sopra ai giardini Diaz di Macerata, restano sparsi disordinatamente i tanti frammenti della sinistra. E – come diceva Edoardo Bennato – i vuoti a perdere mentali abbandonati dalla gente.
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Finita la sceneggiata e ritornati a casa felici di aver strillato qualche slogan contro qui, quo e qua, Macerata è finalmente ritornata ai maceratesi. Questa manifestazione ha tenuto in ben poco conto l’orribile crimine commesso su Pamela i cui orrori forse non sono ancora stati chiariti e magari è meglio. Quindi adesso sarebbe il caso di fare una manifestazione vera, anche senza corteo, un po’ di persone in Piazza della Libertà per dire che non vogliono aver più timore ogni volta che incontrano uno sconosciuto per la via e che non ci siano spacciatori isolati o a gruppi, padroni incontrastati degli ampi spazi occupati. Vista l’inconcludenza e l’incapacità di chi dovrebbe occuparsi di evitare questo mal vivere, la scelta del luogo , Piazza della Libertà, non è preso a caso. Basta mettersi in mezzo e fare un giro di 360°.Tutti i poteri forti e dico tutti,sono rappresentati.
da leggere con molta attenzione. http://www.ilpopulista.it/news/9-Febbraio-2018/23244/44-milioni-di-euro-ecco-quanto-frutta-l-accoglienza-all-onlus-di-macerata.html
Non c’è dubbio che la sinistra,e per certi aspetti non solo quella italiana,si è trovata impreparata a fronte degli sconvolgimenti economici e quindi politici che hanno colpito tutto il mondo,non a caso in contemporanea alla fine muiserevole del comunismo che,ci si rifletta,è crollato sulle sue fondamenta.A sinistra,sicuramente da noi,non è stato fatto spazio a sufficenza ad impostazioni più lungimiranti,come ad esempio quelle genialmente intuite da un Carlo Rosselli tutt’ora meritevoli di tutta l’attenzione se meditato con cura,ed ora se ne paga lo scotto.Di una sinistra all’altezza ci sarebbe maggior bisogno oggi che al suo esordio,con un quadro tanto complicato come quello attuale,ma le improvvisazioni che vedo mmesse in atto hanno basi fragili,mentre con le nostalgie si può animare solo qualche serata davanti al caminetto.Se c’è lucidità e gran buona volontà si può ancora provvedere,ma occorre agire con la massima fretta.
Passato di moda ormai c è l asino
Un articolo interessante, come sempre quando c’è di mezzo Cambriani.
Il fatto che ci fossero molte persone (me compreso) che erano presenti a titolo individuale evidenzia una debolezza, certo; ma la debolezza è quella dei leader che una volta erano di sinistra. Che, alle elezioni, reclamano il voto contro la destra ma al tempo stesso, caso unico al mondo, non soltanto non promuovono una manifestazione antirazzista, ma addirittura vi si oppongono e si vantano di non parteciparvi (il sindaco Carancini nell’intervista al “Fatto Quotidiano” di ieri), in sostanza facendo proprie le parole d’ordine di coloro cui dicono di opporsi.
Al tempo stesso, però, è stata anche una forza; perché, piaccia o no, c’è una parte della Macerata (e dell’Italia di sinistra) che non aspetta l’autorizzazione di una leadership opportunista e trafficona per affermare le proprie idee.
PS Veramente, a quanto mi risulta il servizio d’ordine della FIOM c’era.
Ma CGIL, FIOM ecc ecc perché non provano a mettere un po’ d’ordine nel cervello dei loro adepti e capi?
Pasolini a Moravia (1973)
“Mi chiedo, caro Alberto, se questo antifascismo rabbioso che viene sfogato nelle piazze oggi a fascismo finito, non sia in fondo un’arma di distrazione che la classe dominante usa su studenti e lavoratori per vincolare il dissenso. Spingere le masse a combattere un nemico inesistente mentre il consumismo moderno striscia, si insinua e logora la società già moribonda”.