Prendendo spunto da un bel titolo su Cm del direttore Zallocco, provo oggi a tracciare alcune fantasiose relazioni fra il pellegrinaggio a Loreto e la recente delibera della giunta Carancini sul centro storico di Macerata. Arbitrarie? Sarà, ma la fantasia non le vieta. Altrimenti non sarebbe fantasia. Qualcosa in comune, infatti, c’è. Anzitutto un verbo: camminare. Dallo stadio Helvia Recina alla Santa Casa lauretana bisogna camminare per quasi trenta chilometri e l’hanno fatto, dicono gli organizzatori, centomila persone (una cifra magari esagerata, ma di sicuro erano parecchie migliaia). Dai viali intorno alle mura fino a Piazza della Libertà, invece, la distanza non è neanche di un chilometro e la delibera in questione – sperimentale, per sei mesi – tende a far sì che non centomila ma almeno qualche centinaio di persone siano disposte, per l’appunto, a camminare. Ci sono poi altri aspetti che la fantasia suggerisce di non ignorare. Uno è la somiglianza della meta. Nel santuario di Loreto si trova l’immagine della Madonna Nera che viveva a Nazareth nella Casa dell’Annunciazione, mentre in Piazza della Libertà c’è, nella facciata del Municipio (la Casa, potrei dire, degli Annunci), l’immagine della Madonna Bianca, dalla quale la città ha tratto l’appellativo sacrale di “Civitas Mariae”. A Loreto, infine, accadono, ogni tanto, miracoli. Ma qualcuno ne capita pure a Macerata, per esempio le rarissime e prodigiose occasioni in cui c’è intesa fra il sindaco Carancini e il Pd, che è il suo partito. Sto scherzando, ovviamente. Ma dagli scherzi della fantasia possono sprizzare lampi di verità.
Piàntala, si dirà: il confronto non è proponibile. La forza spirituale che spinge i passi dei pellegrini è la fede, la fiducia nella misericordia divina, la speranza che dal cielo giunga un soccorso, una protezione dagli affanni della vita terrena, mentre la forza assai meno spirituale che dovrebbe spingere quegli altri passi – e invece li frena – riguarda gli interessi dei negozianti e dei residenti, riguarda un generale stile di vita per cui non si fa un metro senza automobile, riguarda le difficoltà ambientali, sociali ed economiche di ogni centro storico arrampicato su un colle. Questa è dunque la differenza. Ma a me sembra che ci sia qualcosa di spirituale pure nei sentimenti a difesa dell’identitaria bellezza di Macerata.
Camminare, camminare. Il farlo a piedi dei pellegrini riconduce alle evangeliche centinaia di chilometri percorsi da Gesù e dai suoi apostoli nell’arida Palestina di duemila anni fa. Questa è la fede, un bene di grande sostegno morale per chi lo possiede. Farlo, invece, coi piedi, sì, ma sull’acceleratore, sulla frizione e sul freno, risponde a un altro valore più terra terra: la comodità. Anch’essa un bene, fin quando, però, non si tramuti – il troppo stroppia – nel suo contrario, ossia in un disagio (la settimana scorsa ho ricordato le serate, in centro, degli “Aperitivi europei”, con centinaia di auto accatastate dovunque, e non era forse un disagio per i moltissimi che, camminando, dovevano infilarsi fra quelle lamiere ed evitare d’impigliarsi negli specchietti retrovisori e litigare con gli automobilisti che li spingevano via?).
Ma basta. Sono cose già dette e ripetute. Alcune – le peggiori – urlate in faccia al sindaco da un folto e inviperito plotone di commercianti che con qualche insulto l’hanno accusato di volerli far finire in miseria. Altre, di sostanziale adesione all’iniziativa della giunta, espresse dal Coordinamento delle Associazioni per il centro storico, di cui fa parte anche una sparuta pattuglia di titolari di negozi. Se non ci saranno passi indietro (non coi piedi, ma con le teste di certi politici, e sulla differenza qualitativa fra teste e piedi si potrebbe discutere) ne riparleremo a fine dicembre, quando l’esperimento si concluderà e “coram populo” se ne valuteranno gli esiti. Passi indietro? Non è detto che non ci saranno. Basti considerare la richiesta di ulteriori confronti pubblici per eventuali modifiche alla delibera Carancini-Monteverde contenuta in un odg di Andrea Netti, capogruppo consiliare del Pd, e poi approvato coi voti determinanti del Pd (iniziativa, questa, che sempre la fantasia mi suggerisce di interpretare come segue: a buona parte del Pd non piace il divieto di sosta in Piazza della Libertà, ma piacerebbe vietare la sosta in Comune, dall’anno prossimo, di Romano Carancini).
Camminare, camminare. Questa, nel centro storico, è una comoda opportunità specialmente per chi ci abita, che giorno e notte può vivere la serena bellezza del l’autentico cuore della città. E quanto più numerosi fossero i residenti, tanto più il centro storico sarebbe vitale, perché vi si farebbero acquisti d’ogni genere e il commercio ne trarrebbe vantaggio, perché le piazze e le vie si riempirebbero di incontri, saluti e giochi di bambini, perché anche chi vive fuori sarebbe invitato a passare un po’ di tempo in questa ricuperata “civiltà” dello stare insieme.
Ebbene, fra i commenti che la settimana scorsa sono comparsi in calce alla mia rubrica ce n’è stato uno, quello di Filippo Davoli, da condividere in pieno. Cosa dice Davoli? Dice che anni fa i residenti in centro erano circa quindicimila e adesso si sono ridotti a meno di duemila, dice che la salvezza del centro dipende anzitutto da una ripresa della residenzialità, dice che per troppo tempo non ha camminato – anzi, è proprio mancata – una “seria politica di incentivazione alla residenza” fatta di sgravi fiscali e altre agevolazioni per i proprietari di immobili che intendessero ristrutturarli (parecchi edifici sono in progressivo disfacimento, mi fa notare anche l’artista Nino Ricci, uno che il centro storico lo ama come una ragione di vita) e fatta di calmieramento degli affitti, la cui masochistica esosità ha indotto tanta gente a preferire la periferia o i paesi limitrofi. E nel frattempo, aggiungo io, emigravano a valle anche pezzi importanti di sedi pubbliche, dal Comune, dalla Provincia, dall’Università. E senza lungimiranza urbanistica si moltiplicavano, fuori dal centro, i supermercati. Tutto questo all’insegna del mito della modernità e delle “magnifiche sorti e progressive” che duecent’anni fa già disprezzava il giovane Leopardi. Progressive? Guardiamo i risultati, che per il centro storico mi paiono nient’affatto magnifici e per di più regressivi.
E adesso? Può darsi che sia troppo tardi. Anche i residenti hanno l’automobile ed è un problema, per loro, trovare spazi di sosta. Il parcheggio meccanizzato di Rampa Zara sarebbe stata una soluzione pure per i residenti, ma se ne è parlato, col sistema degli annunci, nel 2012 e poi, quando si è trattato di passare ai fatti, vi è calato il silenzio. Una parziale soluzione potrebbe essere anche il parcheggio con ascensore dei Giardini Diaz, ma solo se si riuscisse a realizzarne il passaggio, anch’esso annunciato e anch’esso nel grembo degli dei, da un privato all’Apm, e si riuscisse ad affittarne ai residenti i posti auto di uno dei due piani. Troppo tardi? Chissà. Spes ultima dea. Sta di fatto che nella recente delibera (sperimentale, ripeto) per Piazza della Libertà qualcosa si è mosso. Vediamone gli effetti e si rinunci – nei partiti, soprattutto nel Pd – a manovre di carattere pre-elettorale e – nelle manifestazioni di popolo – a pregiudiziali e livorose scenate plebee. Camminare, camminare. Il cosiddetto bene comune chiede che cammini non solo la gente ma, in prima fila e verso giusti traguardi, la politica.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati
Per entrare a Macerata si paga anche per entrare per lavorare, per andare a Loreto si paga e si devono fare elemosina… speriamo che non si mettano in testa di far pagare per camminare.
A domina Monsviridis raptus
«La fantasia non fa castelli in aria, ma trasforma le baracche in castelli in aria.»
(Karl Kraus)
pensare che una famiglia cpn tutte le problematiche ed i tempi stretti che ha…possa solo minimamente pensare di accasarsi in quel girone dantesco che e’ il centro storico…rasenta la follia…li voglio vedere i poveri residenti che…carichi della spesa grossa settimanale arrancano per le viuzze perche’ non hanno da parcheggiare o da sostare vicino casa per scaricare…etc…etc…
Non voglio star qui a ribadire la mia diversa veduta d’insieme sulle tante questioni sollevate e risollevate sul centro storico. Lo ritengo un discorso ormai troppo circoscritto e superato ,di cui condivido solo l’attenzione che gli viene mostrata, ma in modo assoluto , no l’approccio dato da questa Giunta e le precedenti. Anche perché , questa è una partita che si gioca sulle idee e sui fatti, concreti: resta solo aspettare per vedere i risultati più generali delle decisioni prese.
Vorrei invece fare un paio di riflessioni che scaturiscono dalle considerazioni fatte a fine corsivo dal Dott. Liuti.
-Continuiamo tutti a chiamare impropriamente parcheggio il Park Sì, mentre andrebbe chiamato per quello che è: uno scambiatore di traffico ( o parcheggio scambiatore) . A differenza dei parcheggi, dei posteggi, che sono aree di sosta oraria di prossimità dove lasciare la propria macchina per avviarsi a piedi verso la propria destinazione, lo scambiatore di traffico- lo dice la parola stessa- ha una precisa funzione nel contesto della mobilità generale :
“ I parcheggi scambiatori sono posti in area periurbana o periferica nel quale è possibile lasciare la propria auto per poi raggiungere il centro della città con mezzi alternativi, come il trasporto pubblico, i veicoli elettrici o le biciclette. Si tratta di parcheggi destinati soprattutto a quegli utenti che prevedono di effettuare soste di lunga durata (pendolari per motivi di studio o lavoro, turisti, etc.). Favorendo lo scambio modale del trasporto privato a quello collettivo, tale tipologia di parcheggi ha lo scopo di diminuire il traffico diretto in centro città e liberare conseguentemente nelle zone centrali aree di parcheggio da destinare alla sosta operativa di breve durata.”
Come si capisce bene quindi, non è per una questione meramente linguistica ma strettamente concettuale per la diversa funzione tra parcheggi e parcheggi scambiatori, che se ne rivendica la differenza terminologica. Ne consegue, che ognuno può immaginare perché il Park Sì sia utilizzato solo al 10% del suo massimo regime , mancando cioè da sempre a Macerata i necessari collegamenti viari e stradali e che on sarà quindi l’acquisto del Park Sì, col passaggio dal privato al pubblico, se non per una più ampia disponibilità d’orario dopo le 21, a stravolgere la sua capacità di fruizione così come ubicato e poi abbandonato al suo destino senza gli opportuni collegamenti con le principali vie di scorrimento. Oltre alla deficitaria segnalazione stradale come sarebbe stato opportuno fare in modo più vistoso già dalla sua realizzazione. Ancora oggi si e no si vede l’indicazione per come collocata , all’ultimo posto e in caratteri piccoli , nella freccia posta sulla traversa di Via Cavour accanto all’ Immacolata.
-Sono tempi veramente difficili da interpretare, se venendo dai libri di storia, tutti credo siamo sempre stati dalla parte dei contestatori, dei ribelli -dalle rivolte contadine a quelle operaie- perché solo così, sappiamo nei secoli si è rotto il giogo di oppressione dal potere costituito. Compreso quello democratico. Sempre i pochi , “ le teste calde” , hanno cambiato il profilo della storia, ma capisco che questa è cronaca ,e quindi il giudizio sui fatti a cui assistiamo è sempre ancora fluido.
Mi riferisco alla protesta dei commercianti del centro storico, di cui alcuni hanno criticato il modo, da incivili, poco garbato, sopra le righe, licenzioso. Sta di fatto che al di là della circostanza specifica, c’è un’ inquietante tendenza generale in questo clima decadente , a stabilire nel gioco delle parti lo statuto delle ragioni e del torto, che per chi ha quel pizzico o massimo potere di guidare le sorti di tutti, cade sempre dalla parte dei contestatori, i quali hanno come primo torto quello di sbagliare tempi, modi e toni, della loro protesta. Perciò va sedata sul nascere , grazie al cielo non con le armi , bastando parole di spregio ,che in una democrazia bene o male consolidata come la nostra, e in una società imborghesita nonostante tutto, sortiscono l’effetto di sentirsi messi alla pubblica gogna e qundi suggeriscono di ritirarsi in buon ordine, onde evitare brutte figure. Una raccolta di piazza poi, stiamo parlando, di commercianti, una categoria che per mestiere è portata ad essere paziente e tollerante dovendo stare tutto il giorno a contatto col pubblico, trattare da mattina a sera con persone di ogni livello d’educazione e di stranezze. Ma se la Piazza, della Libertà, è di tutti, come la Libertà a cui è intestata, è fatta anche per quello storicamente, per portare sulla piazza il proprio livello di scontento, non soltanto per passeggiare in mezzo alla bellezza. A meno che, l’estetica tout court sia ritenuta superiore all’etica del buon governo della cosa pubblica, intesa come insieme di politiche pubbliche capaci di dare servizi di qualità ai cittadini e di sostegno all’economia locale.
A proposito di piazze e di libertà, mi piace ricordare infine uno dei tanti episodi che fanno parte della storia nazionale, locale, localissima, al fine di tenere tutti a mente come talvolta possano venire mal digerite certe imposizioni , benché improntate alla libertà e alle migliori intenzioni. Liuti ha citato Leopardi, penso quindi subito a Recanati, alla biografia del Conte Monaldo suo padre, in cui descrive il clima in piena occupazione francese e la proclamazione della Repubblica Romana all’indomani del 1798, quando come primo gesto nei loro presidi, i francesi ponevano “ l’albero della libertà” in ogni piazza centrale a simbolo della liberazione da loro apportata al vecchio regime autoritario. Ebbene, riferisce il Conte Monaldo, in quei pali in piazza con bandiere e berretti francesi sopra sventolanti, finchè c’erano, di notte gli ubriachi ci andavano ad orinare, mentre successivamente, solo un anno dopo, bande organizzate iniziavano a mettere fine a quell’occupazione cominciando proprio dal simbolo rappresentato dall’albero della libertà, col dargli fuoco. Cosa, a quell’epoca, successa anche a Macerata.
Nell’augurarmi vivamente che al posto degli alberi della libertà, l’attuale amministrazione, a suo presidio, non voglia inserire i suoi sotto altro nome – pilomat, panchine, fioriere, arredi – come già di recente avvenuto in Via Matteotti, resto fiduciosa negli esiti positivi della sperimentazione di “liberazione “ della Piazza centrale; diversamente, faccio mia l’esortazione di Liuti “ Camminare, camminare…” ma rivolta all’amministrazione Carancini.
In centro storico ci abito e ci vivo bene.
Ho l’impressione che chi ne parla male è perchè non lo vive ma ha un’idea consumistica della vita fatta di spese, auto…cose.
Qui c’è ancora la possibilità di incontrarsi e riconoscersi.
la domanda che tutti ora si pongono signor Giuggioloni e’…che eta’ ha? ed in second’ordine che lavoro fa’….etc…etc… perche’ sono elementi a loro modo determinanti ….