Pellegrinaggio e centro storico
Due idee di cammino

MACERATA A PIEDI - Da una parte la fede, dall’altra la comodità. La marcia a Loreto, i residenti, i commercianti, le due Madonne, i miracoli, le teste e i piedi della politica

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liuti-giancarlodi Giancarlo Liuti

Prendendo spunto da un bel titolo su Cm del direttore Zallocco, provo oggi a tracciare alcune fantasiose relazioni fra il pellegrinaggio a Loreto e la recente delibera della giunta Carancini sul centro storico di Macerata. Arbitrarie? Sarà, ma la fantasia non le vieta. Altrimenti non sarebbe fantasia. Qualcosa in comune, infatti, c’è. Anzitutto un verbo: camminare. Dallo stadio Helvia Recina alla Santa Casa lauretana bisogna camminare per quasi trenta chilometri e l’hanno fatto, dicono gli organizzatori, centomila persone (una cifra magari esagerata, ma di sicuro erano parecchie migliaia). Dai viali intorno alle mura fino a Piazza della Libertà, invece, la distanza non è neanche di un chilometro e la delibera in questione – sperimentale, per sei mesi – tende a far sì che non centomila ma almeno qualche centinaio di persone siano disposte, per l’appunto, a camminare. Ci sono poi altri aspetti che la fantasia suggerisce di non ignorare. Uno è la somiglianza della meta. Nel santuario di Loreto si trova l’immagine della Madonna Nera che viveva a Nazareth nella Casa dell’Annunciazione, mentre in Piazza della Libertà c’è, nella facciata del Municipio (la Casa, potrei dire, degli Annunci), l’immagine della Madonna Bianca, dalla quale la città ha tratto l’appellativo sacrale di “Civitas Mariae”. A Loreto, infine, accadono, ogni tanto, miracoli. Ma qualcuno ne capita pure a Macerata, per esempio le rarissime e prodigiose occasioni in cui c’è intesa fra il sindaco Carancini e il Pd, che è il suo partito. Sto scherzando, ovviamente. Ma dagli scherzi della fantasia possono sprizzare lampi di verità.
Piàntala, si dirà: il confronto non è proponibile. La forza spirituale che spinge i passi dei pellegrini è la fede, la fiducia nella misericordia divina, la speranza che dal cielo giunga un soccorso, una protezione dagli affanni della vita terrena, mentre la forza assai meno spirituale che dovrebbe spingere quegli altri passi – e invece li frena – riguarda gli interessi dei negozianti e dei residenti, riguarda un generale stile di vita per cui non si fa un metro senza automobile, riguarda le difficoltà ambientali, sociali ed economiche di ogni centro storico arrampicato su un colle. Questa è dunque la differenza. Ma a me sembra che ci sia qualcosa di spirituale pure nei sentimenti a difesa dell’identitaria bellezza di Macerata.
Camminare, camminare. Il farlo a piedi dei pellegrini riconduce alle evangeliche centinaia di chilometri percorsi da Gesù e dai suoi apostoli nell’arida Palestina di duemila anni fa. Questa è la fede, un bene di grande sostegno morale per chi lo possiede. Farlo, invece, coi piedi, sì, ma sull’acceleratore, sulla frizione e sul freno, risponde a un altro valore più terra terra: la comodità. Anch’essa un bene, fin quando, però, non si tramuti – il troppo stroppia – nel suo contrario, ossia in un disagio (la settimana scorsa ho ricordato le serate, in centro, degli “Aperitivi europei”, con centinaia di auto accatastate dovunque, e non era forse un disagio per i moltissimi che, camminando, dovevano infilarsi fra quelle lamiere ed evitare d’impigliarsi negli specchietti retrovisori e litigare con gli automobilisti che li spingevano via?).

LO SCONTRO TRA I COMMERCIANTI E IL SINDACO - Clicca sull'immagine per guardare il video

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Ma basta. Sono cose già dette e ripetute. Alcune – le peggiori – urlate in faccia al sindaco da un folto e inviperito plotone di commercianti che con qualche insulto l’hanno accusato di volerli far finire in miseria. Altre, di sostanziale adesione all’iniziativa della giunta, espresse dal Coordinamento delle Associazioni per il centro storico, di cui fa parte anche una sparuta pattuglia di titolari di negozi. Se non ci saranno passi indietro (non coi piedi, ma con le teste di certi politici, e sulla differenza qualitativa fra teste e piedi si potrebbe discutere) ne riparleremo a fine dicembre, quando l’esperimento si concluderà e “coram populo” se ne valuteranno gli esiti. Passi indietro? Non è detto che non ci saranno. Basti considerare la richiesta di ulteriori confronti pubblici per eventuali modifiche alla delibera Carancini-Monteverde contenuta in un odg di Andrea Netti, capogruppo consiliare del Pd, e poi approvato coi voti determinanti del Pd (iniziativa, questa, che sempre la fantasia mi suggerisce di interpretare come segue: a buona parte del Pd non piace il divieto di sosta in Piazza della Libertà, ma piacerebbe vietare la sosta in Comune, dall’anno prossimo, di Romano Carancini).
Camminare, camminare. Questa, nel centro storico, è una comoda opportunità specialmente per chi ci abita, che giorno e notte può vivere la serena bellezza del l’autentico cuore della città. E quanto più numerosi fossero i residenti, tanto più il centro storico sarebbe vitale, perché vi si farebbero acquisti d’ogni genere e il commercio ne trarrebbe vantaggio, perché le piazze e le vie si riempirebbero di incontri, saluti e giochi di bambini, perché anche chi vive fuori sarebbe invitato a passare un po’ di tempo in questa ricuperata “civiltà” dello stare insieme.

Ebbene, fra i commenti che la settimana scorsa sono comparsi in calce alla mia rubrica ce n’è stato uno, quello di Filippo Davoli, da condividere in pieno. Cosa dice Davoli? Dice che anni fa i residenti in centro erano circa quindicimila e adesso si sono ridotti a meno di duemila, dice che la salvezza del centro dipende anzitutto da una ripresa della residenzialità, dice che per troppo tempo non ha camminato – anzi, è proprio mancata – una “seria politica di incentivazione alla residenza” fatta di sgravi fiscali e altre agevolazioni per i proprietari di immobili che intendessero ristrutturarli (parecchi edifici sono in progressivo disfacimento, mi fa notare anche l’artista Nino Ricci, uno che il centro storico lo ama come una ragione di vita) e fatta di calmieramento degli affitti, la cui masochistica esosità ha indotto tanta gente a preferire la periferia o i paesi limitrofi. E nel frattempo, aggiungo io, emigravano a valle anche pezzi importanti di sedi pubbliche, dal Comune, dalla Provincia, dall’Università. E senza lungimiranza urbanistica si moltiplicavano, fuori dal centro, i supermercati. Tutto questo all’insegna del mito della modernità e delle “magnifiche sorti e progressive” che duecent’anni fa già disprezzava il giovane Leopardi. Progressive? Guardiamo i risultati, che per il centro storico mi paiono nient’affatto magnifici e per di più regressivi.
E adesso? Può darsi che sia troppo tardi. Anche i residenti hanno l’automobile ed è un problema, per loro, trovare spazi di sosta. Il parcheggio meccanizzato di Rampa Zara sarebbe stata una soluzione pure per i residenti, ma se ne è parlato, col sistema degli annunci, nel 2012 e poi, quando si è trattato di passare ai fatti, vi è calato il silenzio. Una parziale soluzione potrebbe essere anche il parcheggio con ascensore dei Giardini Diaz, ma solo se si riuscisse a realizzarne il passaggio, anch’esso annunciato e anch’esso nel grembo degli dei, da un privato all’Apm, e si riuscisse ad affittarne ai residenti i posti auto di uno dei due piani. Troppo tardi? Chissà. Spes ultima dea. Sta di fatto che nella recente delibera (sperimentale, ripeto) per Piazza della Libertà qualcosa si è mosso. Vediamone gli effetti e si rinunci – nei partiti, soprattutto nel Pd – a manovre di carattere pre-elettorale e – nelle manifestazioni di popolo – a pregiudiziali e livorose scenate plebee. Camminare, camminare. Il cosiddetto bene comune chiede che cammini non solo la gente ma, in prima fila e verso giusti traguardi, la politica.

 



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