(Aggiornamento delle ore 17)
di Marco Ricci
La sanità come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi nelle Marche nel prossimo futuro non ci sarà più. Perché è insostenibile dal punto di vista economico, incapace di rispondere adeguatamente alle esigenze di una popolazione che invecchia e perché è organizzata su un’idea di medicina e di assistenza che affonda le sue radici negli anni cinquanta. Queste, in sintesi, le motivazioni ribadite ancora oggi dai massimi rappresentati della Regione Marche durante la conferenza svoltasi in mattinata in Ancona sul riordino del sistema socio-sanitario delle nostra regione. Un riordino che interessa profondamente anche la nostra Provincia e che dovrebbe condurre le Marche verso un modello di sanità completamente diverso da quello attuale. Alla presenza di una vastissima platea – in cui si sono contati tra gli altri il Sindaco di Macerata Romano Carancini, l’Onorevole Irene Manzi del Partito Democratico, i Consiglieri Regionali Comi, Giorgi, Sciapichetti e Massi, oltre a rappresentanti dei sindati, degli operatori e a un nutritissimo numero di Sindaci – il Presidente della Regione Spacca ha introdotto i lavori assumendo la responsabilità della Regione nella scarsa comunicazione di quanto stava accadendo, ribadendo allo stesso tempo che questo è solo l’inizio di un complesso processo di riorganizzazione che già nelle ultime settimane ha visto il nascere di un profondo confronto con gli operatori, i Sindaci e i cittadini.
Spacca ha tenuto a precisare due concetti: che non siamo né di fronte a tagli lineari né ad un’azione vessatoria da parte della Regione, bensì ad un piano che riqualifica l’offerta della sanità marchigiana posta di fronte al progressivo invecchiamento della popolazione e alle difficoltà economiche dello Stato centrale. “In questi anni”, ha detto Spacca, “abbiamo aumentato l’offerta di servizi facendo ricorso a fondi di bilancio ordinario regionale sottraendo risorse altrove. E’ stata una scelta. Una scelta che però non è più possibile permetterci. E’ necessaria una risposta nuova.” Spacca ha concluso il suo intervento con un appello ai parlamentari presenti per far sentire la voce della Regione Marche sui tavoli nazionali, appello ripreso in seguito dall’Assessore al Bilancio Marcolini, anche lui assai critico sui tagli lineari che colpiscono in ugual misura chi è già efficiente e chi non lo è. “Nelle Marche abbiamo un dipendente pubblico ogni 550 abitanti. In altre Regioni uno ogni 220. E’ necessario stabilire un rating delle prestazioni. Chi è già efficiente non può vedere ridursi del 30% le risorse esattamente come le Regioni che efficienti non sono. In ogni caso”, ha concluso sempre Marcolini, “la riforma non è né derogabile né rinviabile. Siamo davvero arrivati al limite di sostenibilità finanziaria. Tutto il sistema è fortemente a rischio. Teniamo inoltre presente”, ha fatto notare con preoccupazione, “che oggi per tre milioni di italiani la sanità costa troppo.”
L’incontro è stato presentato ad Ancona alla presenza del presidente Spacca, degli assessori Mezzolani e Marcolini, del Dg Asur Ciccarelli, del consigliere Comi
La presentazione del piano, di cui le linee guida erano già note, è toccata all’assessore Mezzolani, al Presidente del coordinamento enti servizio sanitario Paolo Galassi e infine al Direttore Generale dell’Asur Piero Ciccarelli. La sanità marchigiana si organizzerà su tre livelli. Un primo livello di alta specializzazione, un secondo livello ospedaliero di integrazione per le acuzie e infine un livello territoriale socio-sanitario per il trattamento delle post-acuzie e delle fragilità , sull’introduzione delle Case della Salute. Il tentativo di arrivare ad una maggiore efficienza nell’uso delle risorse e gli effetti della spending-review porteranno alla soppressione di 18 Unità Operative Complesse ripartite in tutta la Regione e alla riorganizzazione dei posti letto (PL) il cui limite imposto dal decreto Balduzzi. è pari al 3,7 per 1.000 abitanti. Attualmente nelle Marche, il rapporto è di 3,99 con 6.251 PL. “Complessivamente”, ha spiegato Ciccarelli, “tenendo conto della mobilità passiva extraregionale (95 PL) e i PL per cure intermedie (195), si arriva a una dotazione regionale di 5.991 PL con un rapporto di 3,82 per mille abitanti. Quindi, pur nel rispetto del Decreto Balduzzi, un valore superiore ai limiti nazionali”. Per quanto riguarda le Case della Salute, il loro ruolo sarà centrale nella messa alla prova della riforma in quanto queste strutture dovrebbero non solo essere le prime a rispondere alle necessità della popolazione ma anche quelle in grado di scaricare gli Ospedali di primo livello, quali quello di Macerata, Civitanova e San Severino, da tutto un carico di lavoro inadeguato a questo tipologia di strutture. Saranno dodici i presidi ospedalieri in tutta la Regione Marche che si andranno a trasformare. Area Vasta 1: Sassocorvaro, Cagli e Fossombrone. Area Vasta 2: Chiaravalle, Cingoli, Sassoferrato e Loreto. Area Vasta 3: Recanati, Tolentino, Matelica, Treia. Area Vasta 4: Montegiorgio e Sant’Elpidio a Mare.
Per quanto riguarda specificatamente la provincia di Macerata, dove Treia ha già pressoché completato il suo percorso di riconversione, le altre quattro strutture interessate (Cingoli, Matelica, Tolentino e Recanati) avranno ciascuna una dotazione di almeno quaranta posti. A Recanati rimarrà il centro di day-surgery in quanto il servizio erogato è a tutt’oggi estremamente efficiente e di alta qualità. La struttura di Cingoli, per stessa ammissione di Ciccarelli, è attualmente in sofferenza ma arriverà a circa quaranta posti letto. Nel dettaglio:
Matelica: 20 letti di RSA, 10 letti di cure intermedie, 10 di riabilitazione.
Tolentino: 10 letti di day surgery, 20 lungodegenza, 20 cure intermedie.
Recanati: 10 letti di day surgery con mantenimento delle attività organizzate attualmente, 25 di lungodegenza, 5 di cure intermedie.
Treia: 40 di lungodegenza/riabilitazione.
Cingoli: 30 di lungodegenza,10 di cure intermedie.
Vengono inoltre mantenuti i punti di primo intervento attuali (Recanati, Tolentino, Cingoli, Matelica) ma organizzati secondo la modifica di legge n.36/98, che li renda coerenti con il fatto che non sono più p.p.i. collocati in un ospedale, ma in una struttura di cure intermedie.
Sull’inappropriatezza dell’utilizzo delle strutture attuali ha più volte insisito il Direttore dell’Asur Ciccarelli, uomo che difetterà di diplomazia ma non sicuramente di chiarezza. “Nella nostra regione”, ha detto, “stiamo operando cancri alla mammella in strutture inappropriate. Inoltre”, è andato avanti, “dalla letteratura scientifica sappiamo che un’unità sotto utilizzata è un’unità che eroga un servizio di qualità inferiore rispetto a strutture che lavorano a pieno regime. Come medico”, ha poi aggiunto facendo probabilmente sobbalzare l’Assessore al Bilancio Marcolini, “non mi interessa niente della parte finanziaria. Mi interessa del servizio erogato ai cittadini”, lasciando ovviamente intendere che al termine dell’attuazione del piano sanitario dovremmo avere una sanità regionale più efficace e più efficiente. Sempre Ciccarelli, che è sceso più degli altri nel dettaglio, ha sottolineato come la riorganizzazione vada ad attenuare alcune disomogeneità del sistema attuale per quanto concerne sia la disponibilità di posti letto che di personale nelle differenti Aree Vaste, procedendo ossia in direzione di una maggiore omogenizzazione, senza per questo però ignorare le differenze di utenza e di necessità esistenti tra i vari territori.
“Guardate”, ha ammonito durante il suo intervento per anticipare probabilmente quella che sembra essere la maggior resistenza dei territori, “la nostra sanità è come una parete bianca su cui compare un’unica macchia nera. Quella macchia è il numero di presidi ospedalieri che ci fanno penultimi dopo la Calabria. Chi invoca il commissario, e non si sa perché lo faccia, deve sapere che i commissari sono spesso Ufficiali della Finanza o dei Carabinieri che devono fare tornare i conti. Non sono medici. E non si farebbero problemi a chiudere di sana pianta quelle strutture che noi oggi stiamo riconvertendo in Case della Salute”. Gli ultimi due punti importanti della riforma riguardano il soccorso e le reti di specialità. Per quanto riguarda il soccorso nel piano c’è un rafforzamento e un investimento che porterà gli standard marchigiani ben al di sopra di quelli nazionali. “Intervenire al momento giusto portando il paziente nel posto giusto”, questa la filosofia di fondo che tende a superare un sistema ad oggi troppo complesso dove spesso la prima trattazione delle emergenze avviene in strutture non adeguate che si limitano a passare i pazienti verso altre strutture con una sensibile perdita di tempo. La riorganizzazione dell’emergenza-urgenza procederà con l’accorpamento del personale del 118 al Pronto Soccorso e con il passaggio alle dipendenze dirette del pubblico di quel personale attualmente al esercizio del 118 ma con altri regimi contrattuali. Infine, ci sarà una valorizzazione del personale infermieristico e si vedrà il nascere di una centrale unica tra emergenza e continuità assistenziale.
In Provincia i veri e propri Pronto Soccorso dovrebbero rimanere nelle strutture di primo livello provviste di reparti di terapia intensiva, cioè Macerata, Camerino e Civitanova. Le altre, come già spiegato, saranno dotate di punti di primo intervento. Per quanto riguarda le reti di specialità, un altro punto nodale del nuovo assetto organizzativo, esse dovrebbero consentire una da una parte maggior omogeneità nella qualità dei servizi erogati e nell’aggiornamento del personale medico. Dall’altra di individuare velocemente il “nodo della rete” dove rispondere al meglio alle necessità del paziente.
Se la conferenza ha attenuato molti dei dubbi e delle preoccupazioni dei sindaci e degli operatori, all’interno della sala erano chiaramente udibili le contestazioni dei cittadini di Cagli e di Cingoli in difesa dei loro ospedali. Contestazioni contro gli sprechi e per la mancanza di trasparenza negli appalti anche da parte di esponenti di Giovane Italia e Pdl. Con magliette con scritto «L’ospedale di Cagli non si tocca», Un gruppo di manifestanti del Comitato cittadino di Cagli si è poi confrontato con il governatore delle Marche Gian Mario Spacca, ha chiesto che venga conservata l’attuale dotazione di posti letto la struttura serve un territorio di 25 mila persone. Più rumorosi i cingolani che, con tamburi, bandiere e finte trombe, hanno fatto sentire la loro voce. “Giù le mani dall’ospedale di Cingoli”, appariva scritto in uno striscione, “meglio chiudere la Regione Marche”. Le prime reazioni del Sindaco di Macerata, dopo le nette prese di posizione dei giorni scorsi, sono apparse positive. Carancini ha sottolineato come si stia andando nella giusta direzione del dialogo e si è mostrato ottimista, in attesa che la Regione incontri la Conferenza dei Sindaci. Uguale soddisfazione traspare nelle parole della Consigliera Regionale Paola Giorgi che, anche come membro della quinta commissione, ha voluto sottolineare i numerosissimi incontri avuti negli ultimi giorni con i rappresentanti dei territori per recepire i problemi e le istanze portate dai Sindaci. A chi, come il Consigliere Regionale di Tolentino Massi, proponeva di dare una diversa forma giuridica alle singole Aree Vaste, la Giorgi ha ribattuto come un tale sistema porterebbe indietro la sanità marchigiana di dieci anni, non solo creando “l’anarchia” all’interno del sistema ma andando a ricreare quelle fonti di disorganizzazione e di spesa che le ultime riforme hanno faticosamente superato. Sempre la Consigliera Regionale del Centro Democratico, riferendosi più nello specifico a Macerata, ha sottolineato l’urgente necessità di valorizzare la rete di neuropsichiatria infantile che potrebbe avere il suo vertice proprio nel nostro presidio, con alla guida il dott. Pincherle. Proprio in riferimento alle patologie dell’infanzia e dell’adolscenza, inoltre, Paola Giorgi, ha puntato il dito verso la necessità di presa in carico “di soggetti che presentano patologia psichiatrica grave, prevalentemente disturbi alla condotta alimentare, con carattere di emergenza in età preadolescenziale ed adolescenziale e che deve essere affrontata con interventi specializzati e specifici”.
Un messaggio chiaro dunque da parte di tutti gli attori in gioco. Una sanità che in base ai parametri ministeriali è tra le otto regioni in Italia a soddisfare ancora pienamente i requisiti di legge sia come prestazioni erogate che per rispetto dei parametri finanziari ma allo stesso tempo una sanità che non solo è obbligata a cambiare ma a farlo anche rapidamente. Siamo evidentemente ad un punto di svolta per certi versi epocale. Un momento che ovviamente presenta i suoi rischi, in particolare nell’esatta individuazione delle diverse caratteristiche che dovranno avere le Case della Salute, ma nelle parole oggi ascoltate un momento che lascia trasparire anche una certa soddisfazione per quanto messo in campo. Allo stato attuale, comunque, come più volte ripetuto dai rappresentanti istituzionali, possiamo amcora parlare di un “work-in-progress”, di un modello la cui attuazione andrà costantemente monitorata e modificata prima che entri a regime.
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scusate ma non capisco cosa sia una “casa della salute” a me sembra un trabocchetto x non dire “ospedale”,io rimango dell’opinione che vanno chiusi totalmente,lasciare solamente un presidio di Pronto Soccorso!!!!!!!!!!!!!!
Cingoli avrà il suo pronto soccorso con medico sempre presente?
Non so se il dato di Marcolini è attendibile (nelle Marche abbiamo un dipendente pubblico ogni 550 abitanti), ma se lo fosse mi sembra ancora più incredibile la condizione di Camerino che avrà un tasso di dipendenti pubblici di almeno 1 su 20…
Le riforme coraggiose sono quelle che a basso costo offrono miglioramenti evidenti.
Partiamo da una considerazione oggettiva: la maggioranza delle persone che transita nel pronto soccorso degli ospedali sono codici verdi o bianchi. Ovvero persone che NON dovevano andare al pronto soccorso.
Se l’hanno fatto è, spesso, perchè la rete di assistenza dei mmg non funziona. Prendiamo ad esempio il periodo 22 aprile/5 maggio: sono 14 giorni in cui il mio medico di famiglia (come il pediatra) ha tenuto/terrà lo studio aperto solo per 5 giorni.
Ci vogliono medici di medicina generale consorziati nella stessa struttura e con disponibilità 24 ore su 24, unito all’obbligo di passare prima dal medico di base che in pronto soccorso. In caso d’urgenza, le ambulanze.
A quel punto la riforma sanitaria si può fare anche tagliando molte di quelle strutture periferiche che, francamente, non appaiono competitive con i grandi centri ospedalieri.
Gentile Laura,
da quanto è stato spiegato in questi giorni il vero e proprio Pronto Soccorso, seguendo una legge nazionale, si avrà solo dove sono presenti unità di rianimazione ed UTIC. Da quanto detto oggi a Cingoli verrà mantenuto un punto di primo intervento, immagino per quelle emergenze che non necessitano di particolari attrezzature. Per quanto riguarda la presenza del medico, in passato si era ventilata l’ipotesi, per garantire un servizio h24, di utilizzare nelle ore notturne i medici presenti all’interno della struttura. Credo comunque che questi aspetti siano in via di pianificazione e probabilmente verranno in parte concordati con i Sindaci. Spero di esserle stato utile.
Grazie Spacca per tagliare la sanità!!!! Ma i costi e gli sprechi della politica mai????????????????????
Spacca spacca… ma chi vi rivota più????
Lo spero…..
SANITA’ E SPESE RELATIVE
Assodato il fatto che nella sanità pubblica ci sono stati fiumi di sprechi a tutti i livelli, sarebbe ora di evidenziare anche che la popolazione ha fatto ben poco per mantenere la propria salute, vuoi per lo stile di vita e/o vuoi per l’alimentazione moderna.
Basta guardarsi in giro per vedere che l’obesità è in aumento e che colpisce strati della popolazione sempre più giovane.
Le malattie non trasmissibili quali Diabete e Cancro aumentano esponenzialmente nella nostra società cosiddetta evoluta, queste malattie costano alla società fiumi di denaro e presto si arriverà ad un punto di non ritorno, dove le risorse necessarie per curare queste malattie non saranno più disponibili.
Se le previsioni relative alla diffusione del diabete si compiranno, la spesa sanitaria mondiale inerente al diabete si raddoppierà dai 213 di oggi ai 396 miliardi di dollari nel 2025. Si stima che il diabete rappresenti nel mondo tra il 5% e il 10% della spesa sanitaria totale sino ad arrivare ad un 25% in alcune nazioni. (Prof. FRANCESCO FALLUCCA Presidente Centro Internazionale Studi sul Diabete)
Diabetici in Italia: circa 190.000 nel 1920 (Istat) e 3.926.200 nel 2012. Morti per cancro in Italia: 23.062 nel 1920 e 175.000 morti. Di cancro ci sono 364.000 di nuovi ammalati l’anno e si stima che 1 uomo su 2 ed 1 donna su 3 sono destinati a sviluppare un tumore durante il corso della loro vita. (AIOM, AIRTUM, 2012)
in pratica quando nevica, a Cingoli pregate di non ammalarvi, l’ospedale più vicino è San Severino..
Questa cosa mi fa ribrezzo!…..che ne sanno loro dei veri disagi che sì vivono nell’entroterra….
Percorrere le strade Provinciali per andare al più vicino ospedale sarà come fare un “rally” per evitare le “BUCHE” che si trovano… visto che la manutenzione è semplicemente una chimera…!!! Taglia, taglia, taglia… ma i famosi tagli della P.A. promessi dove sono ? Ci vorrebbe più sincerità e meno frottole… specialmente in vista di elezioni…!!! Ogni tanto… spesso… preoccupatevi di meno della poltrona e dedicatevi di più per i cittadini che vi mantengono… con tanti sacrifici…!!!
Per Max Alunni: credo che ti sei sbagliato, credo che i cittadini di Cingoli dovranno andare a Jesi o a Macerata.
davvero un dispiacere sentire che i Recanatesi non avranno più il loro ospedale!! Esprimo a tutti loro la mia solidarietà . con affetto mftardella
Sulla carta il modello non è sbagliato: se devo fare un intervento chirurgico preferisco farlo in un ospedale ben attrezzato ( pronto anche ad affrontare eventuali emergenze) dove trovo medici che hanno esperienza e tecnica adeguata derivante da una attività chirurgica molto consistente; il bisogno di cure ( normali) effettuabili a domicilio dopo una prima fase di stabilizzazione anche presso strutture a bassa intensità assistenziale, può essere effettivamente garantito da strutture come la Casa della salute.
A tal proposito non bisogna inventarsi niente; ci sono già esperienze avanzate e ben funzionanti anche in Italia ( Emilia Romagna-Lombardia ) dove queste strutture racchiudono in modo perfettamente organizzato e funzionale tutto quello che ci dve essere nella medicina di base: ambulatori dei MMG che garantiscono aperture delle strutture per almeno 12 ore anche nei giorni festivi ( rotazione a turni dei medici di MMG-ne gioverebbe anche la loro professionalità); punto di primo intervento collegato con il 118; astanteria con alcuni posti letto per l’osservazione breve 24-48 ore; ambulatori specialistici e diagnostici ben attrezzati che funzionano a pieno regime almeno 6 giorni alla settimana; posti letto per lungodegenze; posti letto per riabilitazioni; servizi di assistenza e ospedalizzazione domicliare. Andare a vedere le liste di attesa ad esempio e verificare il grado di soddisfazione dei cittadini.
Dunque, basta copiare e fare in fretta. Non bisogna essere geni: occore soltanto che qualcuno “imponga” finalmente a tutti i soggetti interessati di “fare” quello che deve essere fatto.
Chiudre i piccoli ospedali poco sicuri e abbastanza inefficenti e sostituirli con le Case della salute insieme ad una rete veramente efficente ed efficace del 118 e Medicina d’urgenza è la strada giusta da perseguire.
E’ invece inaccettabile e completamente inefficente oltre che fonte di sprechi, rimanere in mezzo al guado: ovvero avere ospedaletti che non sono più ospedali perché ogni giorno vengono loro sottratti personale e attrezzature ( oppure quest’ultime rimangono inutilizzate) e non avere servizi territoriali adeguati in loro sostituzione. Esattamente quello che è accaduto fino ad oggi. Tutto il personale si deve adeguare a partire dai medici e specialisti ospedalieri che devono smetterla di opporre resistenze a lavorare nel territorio. Così come i MMG devono smetterla di fare gli scrittori di ricette e tornare a fare il medici a partire dal rendere perfettamente fruibile e funzionale la Casa della Salute.
La Regione ha la grave responsabilità di non aver preso a calci in culo i Dirigenti evidentemente incapaci, preposti alla riorganizzazione. Ha tollerato per troppo tempo che regnasse il caos organizzativo e i tempi di attesa anche per prestazioni non particolarmente complesse diventassero biblici.
Il problema dei dirigenti adeguati si pone ineludibilmente: un conto è gestire al meglio una macchina complessa la cui organizzazione è già definita, altro invece è riformare e riorganizzare completamente questa macchina complessa. Non è detto che uno stesso Direttore possa essere in grado di fare l’una e l’altra cosa. E l’attuale Direttore Generale dell’ASUR dovrebbe essere il primo a rendersene conto.
Secondo me , ad esempio, non è credibile che un Direttore generale dell’ASUR già esso medico possa imporre ad altri medici un cambiamento così radicale delle loro abitudini operative e possa incidere seriamente sulle prevedibilissime resistenze delle piccole e grandi baronie costituitesi nel sistema ospedaliero ( che poi sono il motivo principale per cui nel territorio non c’è più niente che funzioni) e anche tra i MMG.
Come si dice…”tra cani….”
Sottoscrivo parola per parola quanto detto da Saben.
E’ ovvio che ora Ciccarelli parla da Direttore Generale dell’ASUR! Certo che qualche anno fà ,quando era rappresentante sindacale dell’ANAAO ed Aiuto all’Ospedale di Macerata,parlava tutt’altra lingua….
Quela che chiamano svolta epocale, sarà il fatto che lasceranno senza assistenza centinaia di migliaia
di cittadini. Possibile che non si riesca a capire che mentre la popolazione è in aumento, loro fanno la
solita cazzata di ridurre la sanita. Ma i due consiglieri regionali di Tolentino che cazzo fanno a favore di
questa città, hanno completamente annullato il servizio sanitario, non si sono ancora accorti che Macerata
non ha capienza per tutto. Forse è il caso di augirare a questi grandi amministratori, l’esperienza di
soggiornare in ospedale per qualche settimana.
Mi piacerebbe sapere chi ha dato parere negativo sul mio commento, visto che ho esposto a differenza di altri
(lecchini) la realtà. Aumentano gli utenti, la popolazione è sempre più vecchia (quindi necessità di maggiore
sanità) e questi riducono e allontanano i servizi. Se avessimo la sanità di 15 anni fà, non ci trovremmo in queste condizioni, gli ospedali, le asl, gli ambuatori sono stati riempiti di gente che è li solo per ritirirare lo stipemdio. Naturalmente sempre a spese del servizio sanitario.
Mentre sono diminuiti gli operatori sanitari veri e propri.