Macerata, la città dalle due facce
Il bello e il brutto convivono in armonia

Punti di vista. La cultura porta bellezza, ma si può migliorare - di Mauro Montali -

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di Mauro Montali

Il bello e il brutto a Macerata. Questione intrigante. A parte le tapparelle della Prefettura, che sono  davvero brutte ma sono lì dal 1905, e quindi lasciamole stare per almeno altri vent’anni, in città non c’è altro che declini in questa direzione. Io parlo della città dentro le mura, ovviamente.  Certo, via Trento, con il suo ecomostro, è un cazzotto in un occhio. A destra, andando verso via dei Velini, c’è l’ultramoderno e il supertecnologico, a sinistra c’è il medioevo, appena ritoccato da ottocento. Ma a forza di passarci, lo scempio urbanistico è diventato quasi uno spettacolo. Da portarci i turisti e fargli pagare il biglietto. Un’attrattiva. Assolta, dunque, anche via Trento e la sua società di trasformazione urbana. Vedere assieme Manhattan e Addis Abeba non è cosa di tutti i giorni. Evviva.
Dico via Trento, tanto per cominciare, non per caso. Perchè dall’altra parte, sempre a sinistra, c’è la cornice buona della civitas Mariae e cioè corso Cavour. Un paradigma tutto maceratese: da un lato la city finanziaria, con le sue banche, le assicurazioni, la camminata veloce e distratta, il traffico compulsivo, lo smog, un atelier di quadri, appartamenti per studenti, e dall’altro lato, gli stessi palazzi offrono quella vista, antropologicamente eccezionale, che si può godere, per l’appunto, da via Trento. Città bifronte, da ipocrisia collettiva, cresciuta sicuramente per caso da un borgo in cui il peccato e il pentimento vanno a braccetto. Sennò che cattolici professionisti sarebbero i maceratesi? E pensare che a poche decine di metri di distanza c’è il tesoro: Ficana, viale Carradori, lo stadio della Vittoria, il trionfo dell’architettura povera (Ficana) e del migliore liberty marchigiano. Un’altra contraddizione in termini. Ma si sa l’armonia uccide l’intelligenza che viene forgiata solo dall’esplosione della diversità. Spettacolo magnifico.

corsocavour

Spostiamoci su corso Cairoli. E’ l’altra grande direttrice per entrare in città. Qui il clima cambia totalmente. Chi viene da Civitanova e dal mare e magari per la prima volta entra a Macerata scopre una città che scoppia di vita. In quelle poche centinaia di metri trovi di tutto: corso Cairoli è la metafora della vita. L’ospedale è lì dietro: dalle casse da morto alle culle per neonati, dai cibi ai gioielli, dagli occhiali alle librerie,  dalle bische storiche della casbah allo spaccio, corso Cairoli è una città a sè stante. Un microcosmo assolutamente autonomo. Leggenda metropolitana vuole, poi, che il popolo di corso Cairoli faccia apposta a passare sulle strisce pedonali, quelle subito dopo la svolta a sinistra per il direzionale e viale don Bosco, per impedire il più possibile l’accesso alle auto e ai visitatori alla “città alta”. Leggenda sia chiaro… Non ne siamo del tutto sicuri. Del resto l’identità dei “cassettà”, i casettari, è molto forte. Hanno le loro ritualità, le loro feste rionali, forse parlano un altro dialetto o forse, nel segreto delle loro case, professano un’altra religione, come i “marrani” in Spagna, gli ebrei convertiti. Cinquecento anni fa, i casettari,  venivano di là dal mare e chissà che non abbiano preservato le loro tradizioni. Al di là dello scherzo: corso Cairoli e dintorni rappresentano un che di eccezionale. Da ricerca sociologica. E da tesi di laurea.

corsocairoli

I cancelli: un altro pezzo di città non comunicante con il centro. I giovani, tutti un pò border line, guardano più a Corridonia che non a piazza della Libertà: di notte popolano via Garibaldi con schiamazzi e birre in mano mentre l’unico night, lì a pochi metri, offre la sua mercanzia. A metà via, però, c’è la mitica facoltà di Filosofia dove grandi professori, da Sandor Petofi, Filippo Mignini e Roberto Mancini in giù, hanno creato un’istituzione di tutto rilievo nel panorama culturale italiano.
Del centro inutile parlarne: non c’è una pietra fuori posto. Certo, è desolantemente deserto. Per la gioia dei turisti che si possono godere la città in tutta libertà. Colpa di scellerate scelte amministrative e politiche: fino a che il parcheggio a nord non sarà realizzato rimarrà sempre così. Eppure palazzo Buonaccorsi, palazzo Ricci e così via avrebbero bisogno di ben altre folle.
Una città piccola, Macerata, dove convivono diversi borghi isolati l’uno dall’altro. Questo è il suo grande fascino e la sua unicità. Forse Ascoli è più bella. Ma c’è un particolare: non ha l’università. E quando non c’è cultura di fondo non c’è neanche la bellezza. Bisognerebbe arrivare, rimanendo sulla costa adriatiaca, fino a Trani, ma qui vale lo stesso discorso fatto per Ascoli. Lecce, ecco. Qui il confronto si perde. Ma di strada bisogna farne tanta.

(Foto di Guido Picchio)

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Siamo tornati su questo argomento dopo la conferenza sull’estetica tenuta dal professor Zecchi che ha acceso un lungo dibattito nel nostro giornale sul bello e il brutto di Macerata:

https://www.cronachemaceratesi.it/?p=17579

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